Cassazione Civile, Sez. Lav., 06 maggio 2024, n. 12185 -  Decadenza dal beneficio contributivo previsto dal legge nr. 257 del 1992, art. 13, comma 8



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto - Presidente

Dott. MARCHESE Gabriella - Rel. Consigliere

Dott. BUFFA Francesco - Consigliere

Dott. GNANI Alessandro - Consigliere

Dott. CERULO Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA



sul ricorso 27346-2019 proposto da:

A.A., B.B., C.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 17, presso lo studio dell'avvocato FULVIO ZARDO, rappresentati e difesi dall'avvocato GIANNI CASADIO;

- ricorrenti -

contro

I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato

e difeso dagli avvocati GIUSEPPINA GIANNICO, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 230/2019 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 27/03/2019 R.G.N. 288/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/12/2023 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE.

 

Fatto


1. la Corte d'appello di Bologna, con sentenza nr. 230 del 2019, investita dall'impugnazione dei ricorrenti nei confronti dell'INPS avverso la sentenza di primo grado, respingeva l'appello e confermava la decisione del Tribunale che aveva respinto le domande, da ciascuno degli stessi proposte, volte ad ottenere il beneficio contributivo previsto dal legge nr. 257 del 1992, art. 13, comma 8;

2. la Corte territoriale ha osservato che gli aspiranti al beneficio non avevano presentato all'INAIL la domanda entro il 15 giugno 2005 e , dunque, nei loro confronti, si era maturata la decadenza di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 47, comma 5;

3. avverso la decisione, hanno proposto ricorso per cassazione le parti indicate in epigrafe, sulla base di un unico motivo;

4. ha resistito, con controricorso, l'INPS;

5. chiamata la causa all'adunanza camerale, il Collegio ha riservato il deposito dell'ordinanza nel termine di cui all'art. 380 bis 1, comma 2, cod.proc.civ.

 

Diritto


6. con l'unico motivo è dedotta la violazione dell'art. 47, commi 5 e 6, del DL nr. 269 del 2003 nonché dell'art. 1, co.20, della legge nr. 247 del 2007;

7. i ricorrenti censurano l'interpretazione della normativa di riferimento resa dalla Corte territoriale; deducono che l'esegesi letterale delle norme indicate in rubrica si porrebbe in contrasto con i principi contenuti nella Carta Costituzionale;

8. il motivo è infondato;

9. l'art. 47, comma 5, del DL nr. 269 del 2003, in tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all'amianto, ha introdotto una decadenza speciale riferita all'azione giudiziale. Ha richiesto la presentazione della domanda all'INAIL entro la data del 15 giugno 2005;

10. così testualmente, dispone l'art. 47, comma 5: «I lavoratori che intendano ottenere il riconoscimento dei benefici di cui al comma 1 ( la rivalutazione contributiva dei periodi di esposizione ad amianto per il minor coefficiente dell'1,25 ai fini della misura della pensione)[...] devono presentare domanda alla Sede INAIL di residenza entro 180 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale di cui al comma 6, a pena di decadenza del diritto agli stessi benefici»;

11. nell'interpretare la disposizione in esame, questa Corte ha indicato a quale platea di soggetti si riferisce la disposizione; più precisamente, ha individuato la platea di soggetti che non sono destinatari della disposizione. Ha osservato che «[...] la decadenza speciale dall'azione giudiziaria, prevista dal D.L. nr. 269 del 2003, art. 47, comma 5] non si applica a coloro che «rientrano nel regime previgente, di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8» (v. tra le altre, Cass. nr. 27553 del 2020; Cass. nr. 14895 del 2015);

12. a chiarimento dell'affermazione, la Corte ha precisato che rientrano nel regime previgente: 1) coloro che alla data del 2 ottobre 2003 hanno già maturato il diritto alla pensione oppure hanno ottenuto il riconoscimento del diritto alla rivalutazione in via amministrativa o giudiziaria; 2) coloro che alla data del 2 ottobre 2003 hanno già avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per l'accertamento del diritto (per tutte, v. Cass. nr.7885 del 2015, in motivazione, p.17, e successive conformi;

13. la Corte ha poi ritenuto che la normativa attuativa (in specie, il DM 27 ottobre 2004) dovesse muoversi nel solco tracciato dalla fonte primaria e che, pertanto, era da disapplicare nella parte in cui aveva riferito, indistintamente, il termine di decadenza a tutti i lavoratori che intendevano fare richiesta del beneficio in oggetto (v. anche, ex plurimis, Cass. nr. 1607 del 2022, in motivazione) e non solo a coloro che alla nuova normativa erano assoggettati;

14. nel rinviare ai precedenti indicati, per ogni ulteriore aspetto, anche ai sensi dell'art. 118 disp.att.cod.proc.civ., va chiarito che, nella fattispecie concreta, non si discute di «appartenenza» alle categorie escluse dal perimetro di applicazione della normativa ma, per come deve ritenersi pacifico in causa, di soggetti ai quali la decadenza, secondo l'interpretazione qui ricordata, va riferita. E, tuttavia, si assume l'illegittimità, a monte, della previsione;

15. così non è. L'art. 47 cit., come già detto, ha introdotto una «speciale decadenza». Essa ha natura sostanziale (si parla, infatti, di decadenza dal diritto) e il suo effetto e quello di inibire il conseguimento de benefici previdenziali. La mancata presentazione della domanda, anche all'INAIL, entro il 15 giugno del 2005, pregiudica il riconoscimento del diritto alla rivalutazione contributiva, sia pure nella minor misura stabilita dal comma 1 del medesimo art. 47;

16. si tratta di una previsione che, come altre analoghe, è posta a protezione dell'interesse collettivo alla definitività e certezza delle situazioni giuridiche;

17. i rilievi di incostituzionalità, proposti con il ricorso, sono già stati offerti al vaglio di questa Corte che, sia pure con riferimento al più generale impianto normativo tracciato dal DL nr. 326 del 2003, li ha disattesi (v., in particolare, v. Cass. nr. 17503 del 2014). La Corte ha richiamato i principi enunciati a più riprese dalla Corte Costituzionale secondo cui «le disposizioni modificatrici in senso sfavorevole della precedente disciplina dei rapporti di durata [...] non devono concretare un regolamento irrazionale ed arbitrario, lesivo delle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti e frustrare l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, che è elemento fondamentale dello Stato di diritto. Nella specie, tuttavia, la (comunque solo parziale) frustrazione delle aspettative [...] dei destinatari della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 [...] non si connota da arbitrarietà ed irrazionalità, inserendosi al contrario in un complessivo quadro di trasformazione radicale dell'istituto» ( v. in motivazione, Cass. nr. 17503 cit., con il richiamo a Corte Cost. nr. 376 del 2008);

18. in particolare, l'introduzione del meccanismo decadenziale ( con la previsione di un termine finale per presentare la domanda all'Inail) risponde all'evidente finalità di cristallizzare, in via tendenzialmente definitiva, in un dato momento storico, la platea degli aventi diritto al beneficio previdenziale onde consentire una prognosi degli oneri di spesa e assicurare un equilibrio tra entrate e uscite di bilancio, ai sensi dell'art. 81 Cost.;

19. si tratta, peraltro, di un meccanismo introdotto con modalità tali da non rendere difficoltoso l'esercizio del diritto: vi è stato, infatti, uno spazio temporale ampio -quasi biennale- tra l'entrata in vigore della legge che ha introdotto la decadenza in oggetto e il termine entro il quale gli interessati «a pena di decadenza del diritto» dovevano presentare la domanda all'INAIL;

20. le critiche dei ricorrenti muovono essenzialmente dalla vicenda concreta la cui peculiarità è data dal fatto che l'esposizione all'amianto si sarebbe realizzata in un arco temporale a cavallo della legge nr. 257 del 1992. Il decennio di esposizione, infatti, avrebbe riguardato, in parte, il periodo antecedente al 1992, in parte, quello successivo al 1992;

21. a dire degli stessi, solo la legge nr. 247 del 2007 avrebbe esteso la possibilità di valutare l'esposizione all'amianto per periodi successivi al 1992;

22. la tesi non ha fondamento;

23. l'art.1, co 20, della legge nr. 247 del 2007 (secondo cui: «Ai fini del conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono valide le certificazioni rilasciate dall'[...] INAIL ai lavoratori che abbiano presentato domanda al predetto Istituto entro il 15 giugno 2005, per periodi di attività lavorativa svolta con esposizione all'amianto fino all'avvio dell'azione di bonifica e, comunque, non oltre il 2 ottobre 2003, nelle aziende interessate dagli atti di indirizzo già emanati in materia dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale») si limita ad introdurre una particolare disciplina per i lavoratori che abbiano prestato la propria attività nelle aziende ivi specificate. La norma non incide, invece, sul profilo che qui occupa; al contrario, conferma la necessità che la domanda sia stata presentata entro il 15 giugno 2005;

24. come esattamente osservato dalla Corte di appello, il fondamento normativo del beneficio in esame è -e resta- l'art. 13, comma 8, della legge nr. 257 del 1992 che fa esclusivo riferimento all'esposizione decennale, senza identificare un arco temporale di riferimento;

25. per quanto innanzi, il ricorso va dunque rigettato, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità;

26. sussistono, inoltre, i presupposti processuali per il versamento del doppio contributo, ove lo stesso risulti dovuto.

 

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura di legge e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale, il 13 dicembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2024.