Cassazione Civile, Sez. Lav., 14 maggio 2024, n. 13231 - Riconoscimento del diritto alla rendita ai superstiti. Omesso accertamento sulla conoscenza, da parte dell'avente causa, dell'esposizione a rischio del dante causa



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto - Presidente

Dott. MARCHESE Gabriella - Rel. Consigliere

Dott. BUFFA Francesco - Consigliere

Dott. SOLAINI Luca - Consigliere

Dott. CERULO Angelo - Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA
 


sul ricorso 15007-2019 proposto da:

A.A., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato FABIO LUZI;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati EMILIA FAVATA, LUCIANA ROMEO, che lo rappresentano e difendono;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 504/2018 della CORTE D'APPELLO di ANCONA, depositata il 13/03/2019 R.G.N. 176/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/01/2024 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE
 

Fatto


1. l'odierna ricorrente, nella qualità di coniuge superstite, ha proposto domanda per il riconoscimento del diritto alla rendita ai superstiti;

2. la Corte di appello, in riforma della decisione di primo grado, ha ritenuto prescritto il diritto alla prestazione, ai sensi dell'art. 112 del D.P.R. nr. 1124 del 1965; ha, in particolare, ancorato la decorrenza del termine triennale all'entrata in vigore del Decreto Ministeriale del 2008 con cui era stata "tabellata" la malattia per la quale era deceduto il dante causa; in base al decreto, la patologia era causalmente riconducibile alle lavorazioni alle quali il congiunto era stato addetto e, pertanto, dalla vigenza della norma, sussisteva la oggettiva possibilità che l'esistenza della malattia, ed i suoi caratteri di professionalità e di indennizzabilità fossero conoscibili. L'azione del coniuge superstite, intrapresa in data 30.12.2014, oltre il termine triennale di cui all'art.112 D.P.R. cit., decorrente dal 21 luglio 2008, era definitivamente prescritta;

3. avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per cassazione la parte in epigrafe, con un unico e articolato motivo, successivamente illustrato con memoria;

4. ha resistito l'INAIL, con controricorso;

5. il Collegio ha riservato il deposito dell'ordinanza nel termine di sessanta giorni dall'adozione della decisione in Camera di consiglio.
 

Diritto


6. con l'unico motivo di ricorso, parte ricorrente - ai sensi dell'art. 360 nr. 3 cod. proc. civ. - deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 del D.P.R. n. 1124 del 1965 nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio;

7. per la ricorrente, la sentenza impugnata non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi di diritto in punto di individuazione del dies a quo di decorrenza del termine triennale;

8. in particolare, la Corte di appello avrebbe omesso l'accertamento, in concreto, della conoscenza o conoscibilità, da parte dell'erede, dell'origine professionale della malattia, non conseguibile solo per effetto dell'entrata in vigore delle tabelle ministeriali;

9. nel caso di specie, la derivazione della malattia dall'esposizione del congiunto ad agenti nocivi nel corso del rapporto di lavoro era raggiunta esclusivamente nel 2014, a seguito di una comunicazione del Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro; fino ad allora, invece, la patologia era ritenuta da collegare al fumo di tabacco;

10. il motivo è fondato;

11. per costante giurisprudenza di legittimità, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione, in relazione alla domanda di riconoscimento della rendita ai familiari superstiti dell'assicurato, rileva la conoscenza o oggettiva conoscibilità del collegamento fra la malattia professionale indennizzabile e la morte dell'assicurato; la condizione conoscitiva dev'essere ancorata non ad uno stato interiore del familiare superstite ma ad elementi obiettivi o obiettivabili da cui desumere l'acquisita cognizione, da parte del medesimo soggetto, della malattia professionale e del nesso di causalità tra la stessa e la morte dell'assicurato;

12. si è, in particolare, precisato che il dies a quo di decorrenza della prescrizione deve essere individuato con riferimento ad uno o più fatti che diano certezza, ricavata anche da presunzioni semplici, della conoscenza, da parte dei suoi aventi causa, dell'esistenza dello stato morboso, dell'eziologia professionale della malattia e del raggiungimento della soglia indennizzabile (v., ex plurimis, Cass. nn. 17356 del 2021, 12569 del 2020, 2842 del 2018);

13. in altre parole, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione di cui all'art. 112 D.P.R. nr. 1124 del 1965, in relazione alla prestazione di cui all'art. 85 del medesimo D.P.R., per verificare la condizione di conoscibilità, con riferimento ai superstiti, il giudice di merito deve accertare, sia pure in base ad elementi presuntivi, il momento dal quale, in base all'ordinaria diligenza, è ragionevole ritenere che gli eredi siano a conoscenza di tutti i termini del rapporto eziologico (e, quindi, dell'esposizione a rischio del dante causa, della malattia e del rapporto di causalità tra i due termini);

14. a tale riguardo, si è chiarito come la conoscenza o conoscibilità dell'eziologia professionale di una malattia debba necessariamente comprendere "la conoscenza (o possibilità di conoscenza) della presenza dell'agente nocivo nell'ambito del processo lavorativo ed inoltre dell'esposizione ad esso del lavoratore interessato con modalità tali da poter costituire un probabile fattore causale della malattia" (così Cass. nr. 13806 del 2023, punto 20; in precedenza, Cass. nr. 17656 del 2020, punti 14 e ss.);

15. ritornando al caso che occupa, la Corte territoriale, pur richiamando correttamente la regola di diritto, ha, poi, errato nell'applicazione della stessa, omettendo l'accertamento puntuale in ordine alla conoscenza, da parte dell'avente causa, dell'esposizione a rischio del dante causa;

16. a ben vedere, infatti, rispetto agli eredi, che sono terzi nel rapporto di lavoro, il decreto ministeriale che ha fissato normativamente (così da rendere oggettivamente conoscibile) il nesso eziologico tra una data esposizione a rischio (nella specie, alle polveri di legno duro) e una particolare malattia (nella specie, neoplasia polmonare inoperabile) non rende, però, automaticamente oggettiva anche la conoscenza (e/o conoscibilità), da parte del coniuge superstite, dell'antecedente del rapporto causale stesso (vale a dire l'esposizione a rischio del congiunto) che rappresenta, invece, un segmento fattuale indispensabile per formulare in concreto il necessario giudizio di eziologia professionale della patologia;

17. il riferimento, nella sentenza impugnata, ai fini che qui interessano, esclusivamente al provvedimento che ha "tabellato" la malattia del de cuius rende l'indagine del giudice di merito incompleta in relazione alla conoscenza (e/o conoscibilità) dell'eziologia professionale della malattia, che deve comprendere anche quella della esposizione del dante causa all'agente nocivo, nell'ambito del processo lavorativo;

18. la sentenza impugnata va, dunque, cassata e la causa va rinviata alla stessa Corte d'appello, in diversa composizione per il nuovo accertamento ed anche per le spese del giudizio di legittimità;
 


P.Q.M.
 

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi della ricorrente riportati nella ordinanza.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2024.