Cassazione Civile, Sez. Lav., 14 maggio 2024, n. 13170 - Slaccia la cintura e scivola durante lo smontaggio di un ponteggio. Azione di regresso dell'Inail. Obbligo di vigilanza del datore di lavoro



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE


composta aagn ill.mi Sigg.ri magistrati:

Dott. BERRINO Umberto - Presidente -

Dott. MARCHESE Gabriella - Rel. Consigliere -

Dott. BUFFA Francesco - Consigliere -

Dott. SOLAINI Luca - Consigliere -

Dott. CERULO Angelo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA
 


sul ricorso 14168-2019 proposto da:

A.A., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato ALESSANDRA APRILE;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati ANDREA ROSSI, LETIZIA CRIPPA, che lo rappresentano e difendono;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 3/2019 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 17/01/2019 R.G.N. 466/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/01/2024 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE

 

Fatto


1. la Corte di appello di Catania ha confermato la decisione di primo grado che aveva accolto l'azione di regresso dell'Inail, nei confronti dell'odierno controricorrente, per i costi sostenuti in relazione all'infortunio sul lavoro subito da un dipendente;

2. la Corte territoriale ha ricostruito nei termini che seguono la dinamica dell'infortunio: il lavoratore, mentre era impegnato nell'attività di smontaggio di un ponteggio a due impalcati presso un cantiere edile, scivolava dalla scala a pioli che collegava i due impalcati; in particolare, l'infortunio aveva luogo mentre scendeva dal secondo impalcato al primo;

3. la Corte di merito ha osservato come il lavoratore avesse sganciato la cintura di sicurezza: durante la discesa, infatti, non era possibile mantenerla agganciata, per mancanza di dispositivi atti allo scopo;

4. in ragione di ciò, la Corte escludeva la sussistenza di un comportamento abnorme o imprevedibile del lavoratore, riconducibile alla categoria del rischio elettivo: il dipendente era stato costretto alla condotta (poi rilevatasi imprudente) per poter completare l'attività richiestagli;

5. a tale riguardo, giudicava, altresì, irrilevante il fatto che il costruttore non avesse previsto un corrimano per la scala a pioli; ciò non esimeva da responsabilità il datore di lavoro, tenuto ad adottare ogni cautela dettata dalla comune esperienza; era, peraltro, del tutto prevedibile la possibilità di scivolare durante l'operazione di discesa; pertanto, il datore avrebbe dovuto installare un dispositivo di ancoraggio della cintura di sicurezza alla struttura fissa al fine di evitare la caduta del lavoratore. Né andava sottaciuto che al datore di lavoro era comunque richiesto di prevenire anche condizioni di rischio determinate dalla possibile negligenza, imprudenza o imperizia del lavoratore, con l'unico limite del rischio elettivo;

6. in definitiva, per la Corte di appello, il datore era tenuto, un lato, a dotare l'ambiente di lavoro di dispositivi atti ad impedire infortunio, dall'altro, a controllare personalmente o tramite preposto incaricato che il personale utilizzasse effettivamente tutti i presidi forniti, condotte che nella specie non erano state osservate;

7. avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la parte indicata in epigrafe, con due motivi;

8. l'INAIL ha resistito con controricorso;

9. entrambe le parti hanno depositato memoria;

10. il Collegio ha riservato il deposito dell'ordinanza nel termine di sessanta giorni dall'adozione della decisione in Camera di consiglio.
 

Diritto


11. con il primo motivo - ai sensi dell'art. 360 nn 3 e 5 cod.proc.civ.- è dedotta la "manifesta illogicità giuridica rispetto alle risultanze istruttorie in correlazione all'applicazione dell'art. 2087 cod. civ.";

12. per parte ricorrente, la Corte di appello non avrebbe tenuto conto di fatti assolutamente rilevanti. In particolare, non avrebbe considerato che il ponteggio era dotato di dispositivi anti caduta e che il lavoratore era dotato della cintura di sicurezza;

13. con il secondo motivo - ai sensi dell'art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 e 2697 cod.civ.;

14. parte ricorrente deduce che il dipendente aveva impiegato un ponteggio regolamentare; il lavoratore, inoltre, era dotato di una cintura di sicurezza e di funi di aggancio a punti fissi (anche durante l'operazione di discesa) e, quindi, assume la sussistenza di una condotta abnorme del lavoratore;

15. i motivi possono trattarsi congiuntamente presentando analoghi profili di inammissibilità;

16. in modo evidente, la violazione di legge è argomentata in relazione a circostanze fattuali diverse da quelle accertate in sentenza;

17. parte ricorrente, sotto l'apparente formulazione di un error in iudicando tende a contestare la ricostruzione della vicenda accreditata dalla sentenza impugnata. In proposito, giova ribadire che il vizio di falsa applicazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito (ex plurimis, Cass. nr. 13643 del 2019, in motiv, par. 7), la cui censura è possibile, in sede di legittimità, nei ristretti limiti del vizio di cui all'art. 360 nr. 5 cod.proc.civ., qui neppure ritualmente illustrato, anche a volere riqualificare i rilievi in termini di errore sui fatti;

18. sotto un diverso profilo, il ricorso non si confronta con il decisum che individua la responsabilità datoriale tanto nella omessa predisposizione di un "sicuro" ambiente di lavoro quanto nell'omesso controllo del rispetto della normativa antinfortunistica da parte del dipendente; condotta quest'ultima che ha rivestito uguale efficacia causale rispetto alle lesioni occorse al lavoratore, poiché l'obbligo di garanzia del datore di lavoro si estende fino a coprire il rischio della condotta negligente ed imprudente del prestatore, con il solo limite di quella abnorme;

19. si tratta, con riferimento a queste ultime argomentazioni, di passaggi motivazionali non puntualmente scalfiti dai motivi di ricorso e, comunque, in linea con gli orientamenti di questa Corte (v., ex plurimis, Cass. nr. 2403 del 2022, in motiv., Par.12.4.) che, finanche in relazione ad eventi che riguardano lavoratori in posizione apicale, con possibilità cioè di modulare da un punto di vista organizzativo la propria prestazione, ravvisano sempre in capo al soggetto datore di lavoro un obbligo di vigilanza del rispetto di misure atte a prevenire conseguenze dannose per la salute psicofisica del dipendente lavoratore, al quale connettere la responsabilità ex art. 2087 cod. civ. e salva la ipotesi che la condotta del lavoratore si configuri come abnorme e del tutto imprevedibile;

20. alla stregua di quanto precede, il ricorso va dichiarato inammissibile, con le spese che seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

21. sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.

 

P.Q.M.


La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7.800,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2024.

Depositata in Cancelleria il 14 maggio 2024.