Cassazione Civile, Sez. Lav., 17 maggio 2024, n. 13763 - Esposizione a rischi per la salute e assenza di misure di sicurezza. Nesso di causalità tra violazione del dovere di sicurezza, gravante ex art. 2087 cod. civ. sulla parte datoriale, e patologie


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia - Presidente

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Consigliere

Dott. LEONE Margherita Maria - Consigliera

Dott. RIVERSO Roberto - Consigliere

Dott. PONTERIO Carla - Rel. Consigliera

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

sul ricorso 8055-2022 proposto da:

E - DISTRIBUZIONE Spa, (già ENEL DISTRIBUZIONE Spa), società con socio unico, soggetta all'attività di direzione e coordinamento di ENEL Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell'avvocato FURIO TARTAGLIA, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato STEFANO MATTEI;

- ricorrente -

contro

A.A., B.B., C.C., in qualità di eredi di D.D., domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati GABRIELE INELLA, MARIA ANTONIETTA DE SANTIS, GIANFRANCO DE CORSO;

- controricorrenti -

nonché contro

GENERALI ITALIA Spa;

avverso la sentenza n. 3200/2021 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 28/09/2021 R.G.N. 755/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dalla Consigliera CARLA PONTERIO.
 

Fatto


1. La Corte d'Appello di Roma ha respinto l'appello di edistribuzione Spa (già Enel Distribuzione Spa), confermando la pronuncia di primo grado, di condanna della citata società al risarcimento del danno differenziale in favore di D.D. e di Generali Italia Spa a manlevare la datrice di lavoro.

2. La Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che le prove raccolte dimostrassero l'esposizione del lavoratore, in ragione del carattere gravoso delle mansioni svolte, ai rischi per la salute, in assenza della adozione delle necessarie misure di prevenzione, tra cui la sottoposizione del dipendente a sorveglianza sanitaria.

3. Avverso tale sentenza la società e-distribuzione Spa ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi. Gli eredi di D.D. hanno resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

4. Il Collegio si è riservato di depositare l'ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell'art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal D.Lgs. n. 149 del 2022.
 

Diritto


5. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell'art. 10 del D.P.R. n. 1124 del 1965 per avere la Corte d'appello riconosciuto il danno differenziale pur in assenza di condanne penali a carico del datore di lavoro ovvero di accertamento di fatti di reato.

6. Con il secondo motivo è dedotta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 414, 115, 116 c.p.c. nonché degli artt. 2087, 1218 e 2697 c.c., con riferimento alla mancata allegazione avversaria di specifiche inadempienze datoriali e alla mancata ammissione della prova richiesta dalla società a supporto dell'adozione di tutte le misure concretamente attuabili; inoltre, violazione o falsa applicazione dell'art. 132 n. 4 c.p.c. e dell'art. 118 disp. att. c.p.c., vizio di motivazione apparente o omessa pronuncia quanto all'inesistenza di motivazione sul rigetto delle istanze istruttorie, in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c.

7. Con il terzo motivo è dedotta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 2087 e 2697 c.c., dell'art. 37 c.c.n.l. Enel 1973, degli artt. 4, 24, 33 e 34 e tabella d.p.r. 303 del 1956 nonché degli artt. 16, 21 e 22 D.Lgs. 626 del 1994, in relazione alla imputata omissione della sorveglianza sanitaria; violazione o falsa applicazione dell'art. 132 n. 4 c.p.c. e dell'art. 118 disp. att. c.p.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c. e vizio di motivazione apparente, in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c.

8. Con il quarto motivo di ricorso è denunciato l'omesso esame di documenti rispetto alla prova sull'assolvimento dell'obbligo di valutazione dei rischi, ai sensi dell'art. 360 n. 4 c.p.c.; violazione o falsa applicazione dell'art. 132 n. 4 c.p.c. e dell'art. 118 disp. att. c.p.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c. e vizio di motivazione apparente.

9. Con il quinto motivo è dedotta violazione o falsa applicazione dell'art. 2087 c.c., dell'art. 10 del d.P.R. n. 1124 del 1965, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., in relazione alla ritenuta responsabilità datoriale in assenza di qualsiasi carenza, specifica negligenza o inadempimento a norme positive di sicurezza; violazione o falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., degli artt. 115, 132 n. 4 c.p.c. e dell'art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione alla ritenuta omessa dimostrazione da parte dell'Enel di aver adottato le cautele dovute per l'attenuazione dei rischi specifici; violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e vizio di motivazione apparente.

10. Con il sesto motivo è dedotta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., falsa applicazione dei principi sull'onere della prova e dell'art. 2087 c.c., in relazione alla violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché degli artt. 1223 e 2697 c.c., con riguardo al profilo che una sorveglianza sanitaria avrebbe consentito di evitare il danno.

11. Il ricorso non è fondato, richiamandosi, anche ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c., i precedenti di legittimità che si sono pronunciati su fattispecie sovrapponibili a quella oggetto di causa (v. Cass. n. 31957 del 2022; n. 31955 del 2022; n. 31919 del 2022; n. 31852 del 2022; n. 28968 del 2022; n. 28946 del 2022; n. 7385 del 2022).

12. Il primo motivo di ricorso è infondato, avendo la sentenza d'appello accertato la responsabilità del datore di lavoro con criteri di tipo civilistico, conformemente all'orientamento consolidato espresso da questa Suprema Corte (v. Cass. 7385 del 2022; n. 7471 del 2022; n.  31852 del 2022; n. 31919 del 2022; n. 12041 del 2020; n. 9166 del 2017; n. 27699 del 2017).

13. Neppure il secondo motivo può trovare accoglimento.

14. E' sufficiente leggere i brani della sentenza d'appello che, nella parte dedicata allo svolgimento del processo, riassumono le allegazioni e deduzioni del lavoratore ("di essere stato dipendente Enel dall'1.10.1974 al pensionamento del 31.3.2002, con mansioni di operaio elettricista di squadra ...e di essere stato adibito dal 1974 al 1998 alle attività di palificazione/elettrificazione, costruzione, manutenzione e ammodernamento degli elettrodotti; di aver svolto compiti di deforestazione e taglio alberi, scavi per i sostegni e getti per le fondamenta, palificazione, armamento dei sostegni ecc. ... di aver trasportato manualmente a spalla il materiale necessario, tra cui i sostegni lunghi dai 9 ai 12 m. e del peso da 1 a 1,5 quintali ciascuno, per i lavori in zone inaccessibili ai mezzi meccanici; che detti lavori comportavano scuotimenti e vibrazioni degli arti superiori, mani e polsi, movimentazione manuale di carichi e posture coatte, con sforzo del rachide e delle ginocchia; di essere stato riconosciuto affetto da malattie professionali eziologicamente riconducibili alle lavorazioni svolte, con menomazione dell'integrità psicofisica nella misura dell'8%; che la società aveva violato le norme poste a tutela della salute e, in particolare, aveva omesso, fino al 2007, la sorveglianza sanitaria e la valutazione dei rischi connessi alla movimentazione manuale dei carichi, al sovraccarico biomeccanico degli arti, alle vibrazioni meccaniche ed aveva altresì omesso di informare e formare i lavoratori, come prescritto dal decreto legislativo 626/1994 agli articoli 21 e 22") per escludere la sussistenza delle violazioni contestate quanto all'obbligo di allegazione facente capo alla parte ricorrente in primo grado. Sulla base di tali allegazioni relative alle modalità di svolgimento della prestazione, "non specificamente contestate da Enel Spa" (sentenza d'appello, p. 6, secondo cpv.), la Corte territoriale ha accertato, con apprezzamento insindacabile in questa sede, che le mansioni cui era adibito il lavoratore rientravano nell'ipotesi prevista dalla lettera i) dell'art. 37 c.c.n.l. Enel ("personale che presta la propria opera in condizione di particolare gravosità e disagio") e che tanto comportava il dovere per la società datrice di adottare tutte le ulteriori e diversificate misure quali, in particolare, la sottoposizione a controlli medici necessari a prevenire il verificarsi di conseguenze dannose per la salute. I Giudici di secondo grado si sono conformati al consolidato orientamento di questa Suprema Corte, secondo cui grava sul lavoratore l'onere di provare di aver subito un danno a causa dell'attività svolta, nonché il nesso di causalità tra l'uno e l'altra, mentre incombe sul datore l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie al fine di evitare il danno, ricomprendendosi in questa categoria anche quelle misure di sicurezza c.d. innominate, cioè non espressamente contemplate dalla legge, ma comunque fondate su conoscenze tecnico-scientifiche o su altre fonti analoghe (Cass. n. 10319 del 2017; n. 29879 del 2019; n. 12041 del 2020). Neppure fondato è il rilievo di mancata ammissione dei testimoni, in quanto tale vizio può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. n. 27415 del 2018; n. 5654 del 2017).

15. Anche il terzo motivo è da respingere avendo la Corte di merito ritenuto applicabili, alla fattispecie oggetto di causa, le disposizioni del d.P.R. n. 303/1956 e del D.Lgs. n. 626/1994 sull'obbligo di sorveglianza sanitaria, in base agli accertamenti eseguiti e alle prove raccolte sul concreto contenuto delle mansioni svolte dal lavoratore. Le critiche mosse dalla società, in quanto denunciano la violazione di legge contestando il contenuto di tale accertamento fattuale, non possono trovare accoglimento. Né vi è spazio per ritenere sussistenti le anomalie motivazionali idonee ad integrare violazione dell'art. 132 n. 4 c.p.c., come delineate dalle S.U. di questa Corte con le sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014.

16. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile perché contesta l'apprezzamento della Corte di merito circa la mancata effettuazione, nel relativo documento predisposto dalla società, della valutazione dei rischi specifici connessi all'attività espletata dal lavoratore, venendo in rilievo anche in tal caso un'attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, sindacabile per vizio motivazionale solo nei ristretti limiti delineati nel paragrafo precedente, laddove parte ricorrente si è limitata a contrapporre all'apprezzamento della Corte di merito il proprio apprezzamento sulla completezza ed idoneità del documento di valutazione rischi elaborato dalla società.

17. Il quinto motivo di ricorso deve essere respinto in tutti i profili articolati. Innanzitutto, non si ravvisa violazione dell'art. 132, comma 2 n. 4 cod. proc. civ. in quanto le ragioni esposte a sostegno del decisum risultano agevolmente percepibili nei loro presupposti fattuali e logico-giuridici. La Corte di merito, infatti, una volta accertata l'attività in concreto espletata dal dipendente ed il nesso causale con le patologie riscontrate, ha posto la concreta fattispecie in relazione con la disciplina antiinfortunistica rilevando una serie di violazioni al dovere di sicurezza gravante ex art. 2087 cod. civ. sulla parte datoriale. In relazione agli altri profili di censura, si rileva che parte ricorrente, pur formalmente denunziando (anche) violazione e falsa applicazione di norme di diritto, non incentra le proprie doglianze sul significato e la portata applicativa delle norme evocate bensì sulla ricognizione della concreta fattispecie a mezzo delle risultanze di causa, ponendo quindi sostanzialmente una quaestio facti che, nel giudizio di cassazione, può essere validamene veicolata solo attraverso la deduzione di omesso esame di un fatto controverso e decisivo, nei limiti di cui all'art. 36Data comma 1 n. 5 c.p.c. come descritti nelle citate sentenze delle S.U.

18. Il sesto motivo è parimenti da respingere. Le censure non si confrontano con le ragioni della decisione avendo la Corte di merito espressamente ritenuto provato il nesso di causalità tra la violazione del dovere di sicurezza, gravante ex art. 2087 cod. civ. sulla parte datoriale, e le patologie accertate, anche in base agli esiti della consulenza tecnica di ufficio. La verifica del nesso di causalità costituisce accertamento di fatto istituzionalmente demandato al giudice di merito e pertanto incrinabile ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. solo dalla deduzione di omesso esame di un fatto storico decisivo, nel caso di specie neppure formalmente dedotto dalla odierna ricorrente. Nei termini in cui sono formulate, le censure mirano a contrastare il nesso di causalità tra la mancata adozione delle misure di prevenzione e l'insorgere della patologia accertata ma in tal modo esprimono un mero dissenso valutativo rispetto alle conclusioni cui è giunta la Corte di merito e, in quanto tali, sono inidonee a sollecitare il sindacato di legittimità.

19. Le residue censure risultano assorbite dalle considerazioni finora svolte.

20. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto e le spese di lite regolate secondo soccombenza.

21. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.

 

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge, da distrarsi in favore degli avvocati Gabriele Inella, Maria Antonietta De Santis, Gianfranco De Corso, antistatari.

Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.

Così deciso nell'adunanza camerale del 28 febbraio 2024

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2024.