REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCALI Piero
Dott. IACOPINO Silvana Giovanna
Dott. MAISANO Giulio
Dott. MASSAFRA Umberto
Dott. MARINELLI Felicetta

- Presidente
- Consigliere
- rel. Consigliere
- Consigliere
- Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) M.F. N. IL ***;
avverso la sentenza n. 302/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 01/07/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/04/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAISANO Giulio;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. DELEHAYE Enrico che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. *** del Foro di Alessandria che ha concluso per l'accoglimento del ricorso

Svolgimento del processo

Con sentenza del 1 luglio 2009 la Corte d'Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Monza del 21 dicembre 2006, ha prodotto la pena inflitta a M.F. a mesi quattro di reclusione per il reato di cui all'art. 589 c.p.. Il M. rispondeva di tale reato perché, quale direttore generale e procuratore speciale in materia di sicurezza della S.P.L., per colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia ed in particolare per non avere collocato delle transenne protettive intorno alla reggitrice a pressione nonché un dispositivo di blocco automatico del piano mobile della pressa, permettendo a K.Z.I. di introdursi sul piano di lavoro della pressa, cagionava la morte di questi per schiacciamento.
La Corte territoriale ha motivato la conferma della responsabilità dell'imputato considerando che anche l'eventuale condotta colposa della parte offesa non esimerebbe il datore di lavoro dalla propria responsabilità. Infatti, anche se non è stato possibile ricostruire con precisione l'incidente in quanto nessuno vi ha assistito, la prevedibilità dell'eventuale negligenza del lavoratore che, nel caso specifico, potrebbe avere tenuto un comportamento anomalo, avrebbe comunque imposto l'adozione di presidi di sicurezza quali dispositivi di blocco in presenza di un lavoratore sotto la pressa. In particolare la macchina non era dotata di un cancello o transennatura con fotocellula che avrebbe consentito di fermarla automaticamente al passaggio di taluno nella zona del suo movimento. Né è discriminante l'acquisto della macchina in epoca precedente all'ingresso in società dell'imputato, in quanto le eventuali colpe di terzi non eliminano le responsabilità connesse al dovere di controllo del personale e di verifica dei macchinari.

L'imputato propone ricorso avverso tale sentenza lamentando, con il primo motivo, l'erronea applicazione del combinato disposto degli artt. 40, 41, 42 e 589 c.p. e dell'art. 192 c.p.p., commi 1 e 2, e art. 530 c.p.p., comma 2, anche in relazione all'art. 27 Cost., comma 1; manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo della sentenza impugnata e di quella di primo grado richiamata.
In particolare il ricorrente deduce che, non essendovi elementi certi sulle effettive modalità dell'incidente, doveva essere provata specificamente la responsabilità dell'imputato e che doveva considerarsi l'ipotesi di svolgimento dell'incidente più favorevole all'imputato in conseguenza del principio del favor rei.
La responsabilità dovrebbe essere esclusa dal comportamento anomalo della vittima comprovato anche dalla posizione in cui è stato trovato, accovacciato sotto la macchina, e che escluderebbe che stesse svolgendo le proprie mansioni lavorative.
Inoltre il lavoratore conosceva bene il funzionamento della macchina essendovi stato anche all'uopo istruito.
Con secondo motivo si deduce erronea applicazione degli artt. 42 e 43 c.p. anche in relazione all'art. 589 c.p. ed all'art. 27 Cost., comma 1, in ordine all'insussistenza sia della riferibilità della condotta contestata all'imputato, sia dell'elemento psicologico del reato in capo allo stesso; manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo della sentenza impugnata e della sentenza di primo grado richiamata, poiché l'imputato avrebbe dovuto essere assolto per non avere commesso il fatto o perché lo stesso non costituisce reato;
nullità della sentenza per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza. In particolare il ricorrente deduce che l'installazione e collaudo della macchina in epoca antecedente al suo ingresso in società lo esimerebbe da ogni responsabilità. Comunque l'eventuale culpa in eligendo o vigilando rispetto alla scelta dei tecnici incaricati del controllo della macchina, non potrebbe essere rilevante nel caso in esame in quanto vi sarebbe contrasto tra accusa e sentenza non essendo mai stata contesta tale colpa all'imputato.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato e va conseguentemente rigettato.
Riguardo al primo motivo va considerato che, come ripetutamente affermato da questa Corte, in tema di infortuni sul lavoro, l'eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcun effetto esimente per uno dei soggetti indicati dal D.P.R. n. 547 del 1955, art. 4 che si sia reso comunque responsabile di specifica violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica, in quanto la normativa relativa è diretta a prevenire gli effetti pure della condotta colposa dei lavoratori per la cui tutela è adottata (Cass. 14 dicembre 1999 n. 3580).
L'incontestabile omissione delle misure antinfortunistiche costituite dalle transenne protettive intorno alla reggitrice a pressione, nonché dal dispositivo di blocco automatico del piano mobile della pressa, si pone in chiaro rapporto di causalità con la determinazione dell'evento. Come correttamente esposto dai giudici di merito, la mancata protezione della macchina da parte di qualsiasi dispositivo di sicurezza, ha causato l'evento rendendo irrilevante l'eventuale comportamento colposo del lavoratore vittima dell'incidente. E del resto, la carente situazione è stata posta in sicurezza dopo l'evento mortale.
Infondato è pure il secondo motivo relativo all'elemento soggettivo del reato. Sebbene non sia stata espressamente contestata la colpa in eligendo o in vigilando, il ricorrente, quale responsabile della sicurezza dell'azienda ove è avvenuto l'incidente, aveva comunque l'onere di verificare la funzionalità ed il rispetto delle misure di sicurezza delle macchine di cui l'azienda era dotata, indipendentemente dall'epoca del loro acquisto per ipotesi antecedente a quella di ingresso del responsabile stesso in società.
Pertanto è corretta l'affermazione di responsabilità dell'imputato sulla base dei suddetti principi di diritto suddetti che rendono irrilevanti le ulteriori deduzioni del ricorrente.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, quarta sezione penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.