Cassazione Penale, Sez. 4, 29 ottobre 2024, n. 39608 - Bambino beve detersivo dentro una bottiglietta di succo di frutta riposta dietro il bancone del bar. Tutela dei dipendenti e dei terzi.



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere

Dott. CENCI Daniele - Consigliere

Dott. RICCI Anna Luisa Angela - Consigliere

Dott. LAURO Davide - Relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A. nato a S il (Omissis)

parte civile: B.B., nata a S il (Omissis),

esercente la responsabilità genitoriale sul minore C.C., nato a S il (Omissis);

difesa dall'avv. GIUSEPPE TUCCILLO, del foro di NAPOLI;

avverso la sentenza del 04/12/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere DAVIDE LAURO;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCESCA COSTANTINI che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

letta la memoria depositata dal difensore, avv. LUIGI CAFARO, del foro di VALLO DELLA LUCANIA, che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso.

 

Fatto


1. Con sentenza del 4 dicembre 2023, Corte di appello di Salerno ha riformato, limitatamente al trattamento sanzionatorio (previo riconoscimento delle attenuanti generiche in regime di prevalenza, la sentenza con cui il Tribunale di Vallo della Lucania, in composizione monocratica, aveva dichiarato A.A. responsabile del reato di cui all'art. 590, commi 2 e 3, cod. pen., avendo cagionato, per colpa, al minore C.C. delle lesioni consistite nella intossicazione da sostanza chimica.

In favore della parte civile, costituitasi attraverso il genitore B.B., è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, nonché il favore delle spese.

1.1. Secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, il giorno 20 ottobre 2016 B.B., insieme al figlio minore (al tempo di mesi 16), ed alla di lei madre, si erano recati presso il bar "La sfoglia d'oro", nella titolarità di A.A.

Mentre le due donne consumavano un caffè, il minore si portava dietro il banco, afferrava una bottiglietta di succo di frutta, senza tappo, e ne beveva il contenuto, consistente in detersivo per lavastoviglie.

La sostanza, con un ph molto elevato, cagionava al minore le lesioni di cui alla imputazione.

I giudici di merito hanno ritenuto sia la violazione delle norme in tema di conservazione dei prodotti per la pulizia e la disinfezione, sia il concorso nella produzione dell'evento lesivo da parte della madre del minore, al tempo di soli 16 mesi; inoltre, nel ritenere la fattispecie aggravata di cui al comma 3 dell'art. 590 cod. pen., hanno evidenziato che gli obblighi gravanti sul datore sono strumentali non solo alla tutela dei suoi dipendenti, ma anche dei terzi che si trovano nell'ambiente di lavoro.

2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.

2.1. Con il primo motivo si deduce violazione della legge processuale penale, in quanto erroneamente il Tribunale ha ritenuto tardiva l'eccezione sulla inosservanza dei termini a comparire.

Si osserva sul punto che all'udienza del 2 aprile 2019 il giudice si limitò a dichiarare la procedibilità in assenza dell'imputato, mentre solo all'udienza successiva (11 luglio 2019) furono affrontate le questioni preliminari, e quindi fu dichiarata l'apertura del dibattimento.

In ogni caso, si osserva come la violazione del termine a comparire, per essere sanata, richiede la notificazione dell'ordinanza con cui si rinvia il processo all'imputato, per consentirgli di godere dell'intero termine.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce sempre violazione della legge processuale penale, in quanto erroneamente il Tribunale, all'udienza del 11 luglio 2019, ammise la costituzione di parte civile, avvenuta in violazione del termine ultimo di cui all'art. 491 cod. proc. pen.

In maniera contraddittoria, infatti, il Tribunale prima rigettò l'eccezione formulata dalla difesa, e poi ammise la costituzione di parte civile, che invece avrebbe dovuto avvenire in un momento anteriore rispetto alla discussione delle questioni preliminari, ovvero al momento della costituzione delle parti.

2.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione della legge penale sostanziale, non potendosi predicare il carattere colposo della condotta del A.A.

Nei confronti di quest'ultimo non è possibile rivolgere alcun addebito, né in termini di colpa generica, né di colpa specifica (in quanto la norma invocata disciplina tutt'altra fattispecie, ovvero le prescrizioni in materia di confezionamento ed imballaggio dei prodotti alimentari).

Vi è stata, ad ogni modo, interruzione del nesso di causalità, in ragione tanto del comportamento abnorme del minore, quanto della condotta gravemente colposa della madre e della nonna (presenti al fatto, diversamente dal A.A., che, dopo aver servito il caffè si allontanò), le quali sono venute meno agli obblighi di vigilanza su di loro gravanti, ed in capo alle quali deve essere riconosciuta una posizione di garanzia.

Obblighi il cui adempimento avrebbe di certo impedito il verificarsi dell'evento lesivo.

Va inoltre esclusa l'aggravante contestata, in quanto il minore non era alle dipendenze del ricorrente, né quello in cui è accaduto il fatto può ritenersi, per la persona offesa, un luogo di lavoro.

2.4. Con il quarto motivo si deduce violazione della legge penale sostanziale, non avendo i giudici di merito riconosciuto la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen., erroneamente valorizzando le conseguenze dannose della condotta sul minore.

Con lo stesso motivo, infine, si lamenta la mancata valutazione di una serie di contraddizioni esistenti tra le dichiarazioni rese dalla madre e dalla nonna del minore, le quali perciò sono state erroneamente poste alla base del diniego della invocata causa di non punibilità.

Nelle sole conclusioni, infine, vi è un isolato riferimento alla violazione dell'art. 521 cod. proc. pen.

3. Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.

 

Diritto


1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.

2. Preliminarmente va osservato che il termine di prescrizione non è maturato.

Avuto riguardo alla data di commissione del reato (20 ottobre 2016) il termine massimo di prescrizione previsto dall'art. 157, comma 1, cod. pen., aumentato ai sensi degli artt. 160, comma 3, e 161 cod. pen., deve ritenersi pari a 7 anni e 6 mesi, e non risulta ad oggi interamente decorso, computando anche i periodi di sospensione (dal 2 dicembre 2020 al 6 luglio 2021).

2.1. Il primo motivo è infondato.

Dall'esame degli atti, consentito in ragione della natura della questione posta dal ricorrente, risulta che l'eccezione relativa alla tardività della notifica del decreto di citazione a giudizio era stata formulata all'udienza del 11 luglio 2019, successiva a quella del 2 aprile 2019.

Osserva il Collegio che nel caso in cui all'imputato sia stato regolarmente notificato il decreto di citazione diretta a giudizio, ma non sia stato osservato il termine dilatorio per comparire di cui all'art. 552, comma 3, cod. proc. pen., nessuna nullità si verifica ove il giudice rinvii preliminarmente il processo ad altra udienza, concedendo per intero un nuovo termine di sessanta giorni, senza disporre la notificazione dell'ordinanza di rinvio all'imputato assente, in quanto l'avviso orale della successiva udienza rivolto al difensore vale anche come comunicazione all'interessato e sostituisce la notificazione allo stesso, ai sensi dell'art. 148, comma 5, cod. proc. pen., spettando al difensore presente la rappresentanza del proprio assistito ex art. 99, comma 1, cod. proc. pen. (cfr., Sez. 2, n. 17966 del 11/04/2023, Qiu, non mass.; Sez. 2, n. 11986 del 05/02/2020, Borsani, Rv. 278832 - 01; conf., Sez. 2, n. 193 del 21/11/2019, De Fabbio, Rv. 277816 - 01, con riguardo alla analoga situazione del mancato rispetto del termine dilatorio in appello).

2.2. Il secondo motivo non è fondato.

È pacifico, e risulta dagli atti, che la costituzione di parte civile avvenne prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.

Un più risalente indirizzo interpretativo, seguito anche dai giudici di merito, ha individuato il termine ultimo per la costituzione nell'apertura del dibattimento (Sez. 5, n. 29394 del 10/05/2019, Zamboni, Rv. 276900 - 02).

L'orientamento più recente individua l'ultimo limite utile nella fase relativa all'accertamento della costituzione delle parti (Sez. 5, n. 1338 del 21/10/2022, Lo Guercio, non mass.; Sez. 3, n. 42436 del 26/10/2021, Ottaviani, non mass.; Sez. 3, n. 15768 del 18/02/2020, O., Rv. 280264 - 03).

Si osserva, infatti, che l'art. 491 cod. proc. pen., facendo riferimento (anche) alle questioni concernenti la costituzione di parte civile, presuppone che in tale momento processuale la costituzione sia già avvenuta e la costituzione avviene, come noto, mediante il deposito dell'atto in udienza o la notifica dello stesso alle parti.

Osserva il collegio che, nel caso in esame, a prescindere dall'adesione all'una o all'altra opzione interpretativa, la costituzione della parte civile non risulta comunque tardiva, poiché intervenuta quando ancora si stava discutendo della costituzione delle parti, avuto riguardo alla questione della insufficienza del termine a comparire, posta dalla difesa del ricorrente.

2.3. Anche il terzo motivo è infondato.

Quanto alla connotazione colposa della condotta, i giudici di merito, in linea con la imputazione, hanno ritenuto esistente sia la colpa generica, sia la colpa specifica.

Irrilevante essendo che l'imputato non fosse presente al momento dei fatti, il ricorso sul punto assume una connotazione meramente assertiva (p. 8), salvo poi spostare l'attenzione sulla concorrente condotta degli adulti cui era affidato il bambino.

Inoltre la doglianza, nella parte relativa al profilo della colpa specifica, è manifestamente infondata: diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, al cap. 1, p. 10 del regolamento Ce n. 852/2004 è previsto, in linea con la imputazione, che "i prodotti per la pulizia e la disinfezione non devono essere conservati nelle aree dove vengono manipolati alimenti".

Regolamento che non trova applicazione, per espressa previsione, nel caso, non ricorrente nella specie, di consumo o uso domestico privato ("Le norme comunitarie non dovrebbero applicarsi alla produzione primaria per uso privato domestico, né alla preparazione, alla manipolazione o alla conservazione domestica di alimenti destinati al consumo privato domestico").

La previsione tende, con evidenza, a neutralizzare il rischio di commistione tra detersivi ed alimenti, e dunque è posta a tutela della salute pubblica, non certo soltanto dei lavoratori.

Così come costituisce un profilo essenziale della responsabilità colposa, che l'evento realizzatosi concretizzi il rischio che la regola cautelare violata intende prevenire ed evitare (Sez. 4, n. 36857 del 23/04/2009, Rv. 244979; Sez. 4, n. 43645 del 11/10/2011, Rv. 251930); cosa che certamente è accaduta nella specie, essendosi verificata proprio quella commistione che la norma intende prevenire.

In questa prospettiva, ricorre anche l'aggravante di cui al comma 3 dell'art. 590 cod. pen., come rilevato anche dai giudici di merito.

Questa Sezione ha già affermato che ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante del fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, occorre che l'evento realizzatosi concretizzi il rischio che la regola cautelare violata mirava a prevenire, con la conseguenza che ove la persona offesa dal reato non sia un lavoratore ma un terzo, la circostanza è ravvisabile solo se la regola prevenzionistica sia dettata a tutela di qualsiasi soggetto che entri in contatto con la fonte di pericolo sulla quale il datore di lavoro ha poteri di gestione e non anche quando la regola prevenzionistica sia posta a beneficio precipuo del lavoratore (Sez. 4, n. 51142 del 12/11/2019, Festa, Rv. 277880 - 01; conf., Sez. 4., n. 38200 del 12/05/2016, Marano, Rv. 267606 - 01; Sez. 4, n. 11360 del 1/11/2005, dep. 2006, Sartori, Rv. 233662; Sez. 4 n. 6025 del 6/02/1989, Terranova, Rv. 181105-01).

Alcune regole prevenzionistiche sono infatti dettate a tutela di qualsiasi soggetto che venga a contatto con la fonte di pericolo sulla quale il datore di lavoro ha poteri di gestione, e tali debbono intendersi quelle relative alla sicurezza alimentare.

Del resto, il già citato regolamento contiene ripetuti riferimenti alla necessità di tutelare, per effetto delle sue prescrizioni, la salute pubblica.

Né può sostenersi che la presenza della persona offesa abbia assunto caratteri tali da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra la condotta inosservante e l'evento.

Tale decorso atipico non può nemmeno risolversi nella sola concorrente condotta colposa della madre e della nonna del minore, o nell'imprudenza di quest'ultimo (peraltro di soli 16 mesi).

Interruzione che, deve essere esclusa ogniqualvolta la condotta non sia caratterizzata da eccezionalità, abnormità e straordinarietà ovvero da circostanze tali da stravolgere il normale corso degli accadimenti e da farla quindi assurgere al ruolo di causa sopravvenuta, sufficiente da sola a determinare l'evento.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento si riferisce non solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, ma anche a quello di un processo non completamente avulso dall'antecedente, caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta (Sez. 4, n. 49491 del 08/11/2023, Giuliani, non mass.; Sez. 4, n. 25689 del 03/05/2016, Di Giambattista, Rv. 267374; Sez. 2, n. 17804 del 18/03/2015, Vasile, Rv. 263581).

In questa prospettiva si è ritenuta l'interruzione del nesso causale nell'ipotesi in cui la causa sopravvenuta inneschi un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta (Sez. 4, n. 18800 del 13/04/2016, Bonanni, Rv. 267255).

Nella specie, il detersivo era in una bottiglietta di succo di frutta priva di tappo, dietro al banco di un locale aperto al pubblico: in un tale contesto, la condotta della persona offesa fu imprudente, ma non certo abnorme, al punto da innescare un autonomo decorso causale, generando un rischio del tutto eccentrico rispetto a quello derivante dalla mancata custodia del detersivo in luogo separato da quello in cui si trovavano gli alimenti.

2.4. Il quarto motivo è inammissibile, perché generico, non indicando con la necessaria specificità i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata.

Il carattere assertivo della doglianza si scontra, infatti, con la funzione tipica dell'impugnazione che è quella della critica argomentata avverso la decisione; tale revisione critica si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità, debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta, anche al fine di delimitare con precisione l'oggetto del gravame ed evitare, di conseguenza, impugnazioni generiche o meramente dilatorie (Sez. 6, n. 39247 del 12/7/2013, Tartaglione, Rv. 257434 -01; Sez. 6, n. 1770 del 18/12/2012, Lombardo, Rv. 254204 - 01). Contenuto essenziale del ricorso in cassazione è, pertanto, il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento oggetto di impugnazione (per tutte, Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, Galtelli, Rv. 268822 - 01).

Nel caso di specie, la Corte d'Appello ha escluso l'applicazione dell'art. 131-bis cod. pen. sia con riguardo al giudizio sulla offesa (ritenuta non tenue, nei confronti di un minore), sia in relazione all'entità della colpa, sia in relazione al luogo in cui è accaduto il fatto (aperto al pubblico).

Il diniego è quindi fondato, per questo aspetto, sulla impossibilità di riconoscere al fatto, così come accertato, quel minimo disvalore cui la legge ancora il giudizio di particolare tenuità.

A fronte di tali argomentazioni il ricorrente si è limitato a riportare taluni contributi testimoniali, di cui sollecita un non consentito esame in punto di attendibilità, allo scopo di sottolineare la concorrente colpa di chi aveva in custodia il minore.

La sentenza impugnata, del resto, si colloca motivatamente nell'alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, comma 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo (Sez. Un. n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590); non è necessaria, tuttavia, la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti dal predetto art. 133, essendo sufficiente, come accaduto nella specie, l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti (così Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 - 01; conf. Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, Milone, Rv. 274647 - 01).

2.5. Solo nelle conclusioni del ricorso vi è uno stringato riferimento alla ritenuta violazione dell'art. 521 cod. proc. pen., già eccepita con l'atto di appello ma motivatamente disattesa dalla Corte territoriale (pp. 6 e 7 sentenza impugnata).

Anche in questo motivo, in quanto del tutto aspecifico, è inammissibile.

2. Il ricorso va pertanto rigettato.

3. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in quanto imposto dalla legge.

 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, 17 settembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2024.