REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIDIRI Guido |
- Presidente |
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
N.P.F.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell'avvocato PANARITI BENITO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati DEIDONÈ IDA ANNA, PALUMBO FRANCESCO, giusta mandato a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
- RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., (già FERROVIE DELLO STATO S.P.A., SOCIETÀ DI TRASPORTI E SERVIZI PER AZIONI), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio dell'avvocato VESCI GERARDO & PARTNERS, che la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;
- I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e PUGLISI LUCIA, che lo rappresentano e difendono giusta mandato in calce al controricorso;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 735/2005 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 24/03/2006 r.g.n. 613/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/06/2010 dal Consigliere Dott. PASQUALE PICONE;
udito l'Avvocato PALUMBO FRANCESCO;
uditi gli Avvocati ACHILLE CARONE FABIANI per delega GERARDO VESCI per le FERROVIE; ZAMMATARO VITO per delega LUCIA PUGLISI per l'Inail;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
La sentenza di cui si domanda la cassazione accoglie l'appello dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni del lavoro - Inail - e, in riforma della decisione del Tribunale di Verona n. 159 del 2001, rigetta la domanda proposta da N.F. nei confronti dell'Istituto per la costituzione di rendita da malattia professionale denunciata in data 25.1.1996. La Corte di appello di Venezia, confermato il difetto di legittimazione passiva di Rete Ferroviaria Italiana, subentrata alle Ferrovie dello Stato alle cui dipendenze il N. aveva lavorato dal 1970 al 28.12.1990, già ritenuto dal primo giudice, esclude, sulla base delle valutazioni del consulente tecnico nominato nel giudizio di secondo grado, il nesso di causalità tra carcinoma epodermoico della laringe ed esposizione lavorativa all'asbesto, in mancanza di elevato grado di probabilità della correlazione.
Il ricorso di N.F. si articola in tre motivi; resistono con i rispettivi controricorsi l'Inail e la R.F.I. SpA. R.F.I. SpA deposita anche memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
Preliminarmente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nei confronti di R.F.I. SpA perché non si contesta la statuizione relativa al difetto di legittimazione passiva di questo soggetto, sulla quale pertanto si è formato il giudicato.
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione di norme di diritto (art. 41 c.p., D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 74 e art. 140 e segg.).
All'esito di articolate considerazioni in ordine alla letteratura scientifica che sostiene non solo la possibilità ma un certo grado di probabilità che il cancro della laringe sia da collegare al fattore causale dell'esposizione alle polveri di amianto, il ricorrente formula tre quesiti di diritto che, nella sostanza, così individuano la questione sottosta al giudice di legittimità: se l'esposizione all'asbesto, pur nell'incertezza scientifica circa la riconducibilità del cancro della laringe a tale fattore di rischio, debba essere considerata causa della malattia professionale allorché non siano presenti altri fattori di rischio la cui efficienza causale è scientificamente accertata (fumo, alcol) e se non debba ritenersi esistente, in base al decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali [ in G.U. n.d.r.] n. 134 del 10.6.2004, una presunzione normativa in ordine alla probabilità del nesso causale tra esposizione all'amianto e patologia.
Con il secondo motivo si denunzia vizio di motivazione omessa, anche sotto il profilo della violazione degli artt. 191 e 194 c.p.c., perché la sentenza impugnata non avrebbe considerato le osservazioni alla consulenza tecnica formulate dal ricorrente. Il quesito di diritto che conclude il motivo concerne l'obbligo del giudice di giustificare le ragioni per cui aderisce alle conclusioni del consulente tecnico disattendendo le obiezioni formulate dalla parte.
La Corte, esaminati congiuntamente i primi due motivi del ricorso per la connessione tra le argomentazioni, li giudica non fondati.
La giurisprudenza della Corte è univoca nell'enunciare il principio secondo cui, nell'ipotesi di malattia ad eziologia multi fattoriale - quale il tumore - il nesso di causalità relativo all'origine professionale di essa non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione, che può essere, peraltro, data anche in via di probabilità, ma soltanto ove si tratti di "probabilità qualificata", da verificare attraverso ulteriori elementi idonei a tradurre in certezza giuridica le conclusioni in termini probabilistici del consulente tecnico (Cass. 20 maggio 2004, n. 9634).
Ed infatti, in tema di malattia professionale derivante da lavorazione non tabellata, la prova della derivazione della malattia da causa di lavoro grava sul lavoratore e deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un "elevato grado di probabilità" (Cass. 21 giugno 2006, n. 14308; 26 maggio 2006, n. 12559; 11 giugno 2004, n. 11128). A questi principi si è uniformata la Corte di appello di Venezia nell'escludere la rilevanza della mera possibilità o della limitata probabilità dell'eziopatogenesi professionale, non essendo stati acquisiti dagli studi di settore elementi, neppure a livello statistico, che consentano di ravvisare la presenza di un elevato grado di probabilità.
Nella sostanza, il ricorrente non contesta tale dato, limitandosi a sostenere che l'assenza di altri fattori di rischio sarebbe sufficiente per fondare un giudizio di probabilità qualificata e non di mera possibilità, ma tale affermazione è confutata dalla motivazione della sentenza impugnata che, sulla base dei riferimenti e dei giudizi tecnici del consulente di ufficio, osserva come risulti certamente evidenziato che la mortalità per tumori in genere è più alta nei lavoratori esposti alle polveri di asbesto che nella popolazione in generale, ma non è stata constatata, al momento, una maggiore frequenza dei tumori della laringe, come invece per i tumori polmonari.
In definitiva, è scientificamente accertato che l'asbestosi è una malattia cronica legata alle proprietà delle fibre di asbesto di provocare una cicatrizzazione (fibrosi) del tessuto polmonare; ne conseguono irrigidimento e perdita della capacità funzionale. La malattia può inoltre essere complicata da infezioni, da germi comuni o tubercolari; inoltre in polmoni asbestotici è più facile anche l'insorgenza di tumori polmonari e mesoteliomi pleurici e il carcinoma polmonare è in generale il tumore maligno più frequente.
Ma l'evidenza di una associazione fra asbesto e tumore della laringe risulta classificata al massimo, solo in base ad alcuni degli studi in materia, come "limitata".
Comunque, contrariamente all'assunto del ricorrente, è proprio il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 27 aprile 2004 (in Gazz. uff., 10 giugno, n. 134), recante l'elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia, ai sensi e per gli effetti del T.U. n. 1124 del 1965, art. 139 a confermare che il cancro della laringe è malattia la cui origine lavorativa non è di elevata probabilità (lista 1a), ed è perciò inserita nella lista 2a, contenente l'elenco delle malattie la cui origine lavorativa è di "limitata probabilità", sicché non raggiunge la soglia del grado elevato di probabilità necessario per il riconoscimento del diritto alla rendita.
Il terzo motivo è inammissibile perché censura la sentenza con riguardo ad una statuizione (la percentuale della diminuzione della capacità lavorativa) che non contiene perché rimasta assorbita.
Al rigetto del ricorso non consegue la statuizione sulle spese, ricorrendo le condizioni previste per l'esonero della parte soccombente dal rimborso a norma dell'art. 152 disp. att., nel testo originario, quale risultante a seguito della sentenza costituzionale n. 134 del 1994, non essendo applicabile la modificazione introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, u.c. conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326) a giudizio introdotto in data 25.5.1999, (prima del 2 ottobre 2003, data di entrata in vigore del decreto).
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso nei confronti dell'INAIL e lo dichiara inammissibile per R.F.I..
Nulla da provvedere sulle spese e gli onorari del giudizio di cassazione.