Fatto
La Corte d'appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 16 novembre 2005, ha dichiarato inammissibile l'appello proposto da A.B. avverso la sentenza di primo grado nella parte in cui questa aveva respinto la domanda da lui svolta nei confronti della datrice di lavoro Carrozzeria L.D.V. s.p.a.,di risarcimento danni ex art. 2087 cc. in relazione alla sindrome da tunnel carpale al polso pretesamente contratta nel lavoro.
La Corte territoriale ha viceversa accolto l'appello incidentale della società avverso il riconoscimento dei danni da ipoacusia da risarcire al B., operato dal giudice di primo grado limitatamente a quelli derivanti dall'aggravamento della malattia verificatosi nel 1989, in quanto ritenuto non coinvolto dalla prescrizione decennale accertata con riguardo all'insorgere nel 1981 della malattia.
Sulla prima questione, la Corte territoriale ha rilevato la novità delle richiesta formulata solamente in appello relativamente alla sindrome del tunnel carpale al polso sinistro, laddove in primo grado la domanda sarebbe stata riferita esclusivamente al polso destro.
Inoltre e comunque, anche con riferimento al preteso danno al polso destro, i giudici hanno accertato l'inesistenza di specifici motivi di appello avverso la sentenza di rigetto della relativa domanda, essendosi il ricorrente limitato a riprodurre il contenuto del ricorso ex art. 414 c.p.c, censurando la decisione del primo giudice, relativa all'assenza di nesso di causalità tra il lavoro espletato e la malattia, col tardivo deposito di osservazioni scritte di un medico, neppure nominato consulente di parte.
In ordine alla seconda questione, la Corte territoriale ha ricordato che secondo la giurisprudenza dì questa Corte suprema, qualora una unica condotta determini, dopo un primo evento lesivo, ulteriori conseguenze pregiudizievoli, la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni rappresentati da queste ultime, decorre dal loro prodursi solo nel caso in cui queste non costituiscano un mero aggravamento, ma integrino nuove ed autonome lesioni.
Estendendo pertanto l'accertata prescrizione decennale del diritto al risarcimento danni da ipoacusia accertata nel 1981 (il ricorso introduttivo del giudizio risale infatti al novembre 1999) anche al relativo aggravamento, la Corte ha respinto anche tale domanda del B..
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione A.B..
Resiste con rituale controricorso la società.
Il B. ha depositato in prossimità dell'udienza copia della sentenza della Corte Costituzionale del 12 febbraio 2010 n. 46, relativa secondo il ricorrente a un "caso analogo a quello che verrà in discussione il giorno 15.6.2010".
Diritto
A.B., dopo avere riassunto la vicenda processuale; avere dichiarato non convincente la "tesi" della Corte territoriale in merito alla novità della richiesta di danni per la responsabilità contrattuale della datrice di lavoro in ordine al verificarsi della sindrome del tunnel carpale al polso sinistro; avere lamentato che la stessa Corte avrebbe trascurato la circostanza che la manifestazione del morbo in questione era avvenuta in costanza di rapporto di lavoro e dopo avere valutato come non pertinente al caso di specie il richiamo operato dalla sentenza impugnata alla teoria dell'aliquid novi in materia di prescrizione del diritto al risarcimento danni, deduce i seguenti motivi di ricorso:
"Violazione di legge in relazione all'art. 360 c.p.c. punto n. 3 e n. 5. Omessa CTU medico legale in appello - Erroneo utilizzo delle risultanze della CTU di primo grado in relazione all'omessa CTU in appello.
Errata applicazione di norma di legge — Mancata ricostruzione anamnestìca specialistica otorinolaringoiatra per il periodo in contestazione (post 1989) - Vizio logico-giuridico — Erroneo utilizzo delle risultanze peritali di ufficio e di parte - omessa/erronea valutazione del fatto - Omessa valutazione della prescrizione -Mancata valutazione dell'aggravamento/frazionamento del danno - in subordine mancata valutazione del metus ".
Premesso che il lavoratore dipendente si viene normalmente a trovare in una situazione di metus nei confronti del datore di lavoro, situazione che dovrebbe indurre a ritenere che la prescrizione dei relativi diritti decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro, che nel caso di specie sarebbe avvenuta nel 1998, il ricorrente si limita a riprodurre ampi stralci del ricorso introduttivo del giudizio e dell'atto di appello, per sostenere:
- che la richiesta di danni in relazione al tunnel carpale al polso sinistro era stata chiesta fin dal primo grado;
- che le osservazioni medico-legali del proprio medico erano state depositate solo nel corso dell'appello in quanto fino a quel momento egli aveva il braccio ingessato e pertanto non era stato possibile effettuare la valutazione medico legale;
- che la prescrizione relativa al diritto al risarcimento danni derivanti dall'ipoacusia deve ritenersi interrotta da ogni fatto di aggravamento in costanza di esposizione al fattore morbigeno;
- che la Corte d'appello, nella situazione di dubbio medico legale quanto al tunnel carpale, avrebbe dovuto disporre nuova CTU.
Conclude chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata con ogni conseguenza di legge.
Nel controricorso, la società deduce preliminarmente l'inammissibilità del ricorso, in ragione del fatto che, non essendo stata riportata nella procura a margine della copia notificata dello stesso il nominativo dell'avvocato cui è riferita, difetterebbe la prova della anteriorità del relativo mandato rispetto a tale notifica.
Nel merito, la società deduce l'infondatezza delle censure svolte col ricorso, di cui chiede il rigetto.
Preliminarmente va disattesa la deduzione di inammissibilità del ricorso.
In proposito, risulta dal ricorso notificato (e quindi presumibilmente anche nell'originale al momento della notifica) che la procura a margine dello stesso non indica il nome dell'avvocato che ne è destinatario. Dall'esame dell'atto si rileva peraltro che il ricorso reca nell'intestazione il logo dello studio dell'avv. Fulvio C., che questi aveva sottoscritto il ricorso e che aveva autenticato la sottoscrizione apposta dalla parte in calce alla procura.
Alla luce di tali circostanze devesi affermare che qualora la procura speciale per ricorrere in cassazione sia stata apposta in margine all'atto di ricorso, la circostanza che per mera svista lo spazio destinato a contenere il nome dell'avvocato-procuratore sia rimasto in bianco non infirma la validità della procura, quando coincidano il nome dell'avvocato indicato nell'epigrafe del ricorso, quello del sottoscrittore dello stesso e quello di colui che ha autenticato la firma della parte.
Deriva da ciò l'infondatezza della deduzione di inammissibilità in esame.
Il ricorso è peraltro infondato.
I giudici di merito, interpretando l'atto introduttivo del giudizio di primo grado, hanno accertato che in esso la richiesta di danni per la sindrome del tunnel carpale del polso sinistro non fosse presente, la domanda iniziale riguardando in proposito unicamente il polso destro. Conseguentemente hanno ritenuto inammissibile l'atto di appello nella parte in cui estendeva la domanda anche con riguardo alla sindrome verificatasi al polso sinistro.
Il ricorrente censura tale interpretazione riproducendo ampi stralci del ricorso introduttivo, nel quale accanto a qualche accenno al successivo prodursi della sindrome in esame anche al polso sinistro, non si rinviene peraltro l'evidenza che la domanda riguardasse anche quest'ultima.
Per quanto concerne poi la domanda riferita al polso destro, a fronte dell'accertamento della Corte territoriale che l'atto di appello non conteneva al riguardo specifiche censure, svolte poi solo tardivamente nel corso del giudizio con il deposito di osservazioni scritte di un medico, critiche nei riguardi della relazione della C.T.U. espletata in primo grado, il ricorrente si limita a produrre nuovamente irritualmente tali osservazioni in questa sede, sostenendo, ma omettendo di dedurre di aver chiesto di provare e provato in appello, che la tardività sarebbe stata giustificata dal fatto che "fino ad allora il paziente era stato nuovamente ingessato al braccio in aggravamento e pertanto non era possibile effettuare la valutazione medico-legale precedentemente al deposito in appello".
A tutto ciò consegue la correttezza della dichiarazione della Corte territoriale di inammissibilità dell'appello del B. sul punto.
Per quanto riguarda l'aggravamento dell'ipoacusia, ritenuto dal primo giudice comportare un danno biologico dell' 1%, viceversa valutato dai giudici d'appello come coinvolto dalla prescrizione decennale del diritto nascente dall'originaria malattia del 1981, va preliminarmente disattesa la pretesa del ricorrente ad una decorrenza della prescrizione dalla cessazione del rapporto di lavoro, in ragione del metus normalmente sofferto dai dipendente in corso di rapporto.
Va infatti in proposito ricordato che con la sentenza n. 63 del 1966, la Corte costituzionale dichiarò l'illegittimità costituzionale degli artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2 e 2956 n. 1 cod. civ. nella parte in cui consentivano che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorresse durante il rapporto di lavoro.
Consegue da ciò che qualora, come nel caso di specie, si tratti del diritto del lavoratore al risarcimento del danno derivante dalla violazione da parte del datore di lavoro degli obblighi di cui all'art. 2087 cod. civ., la relativa prescrizione (decennale in caso di azione di responsabilità contrattuale) decorre dal momento in cui il danno si è manifestato, anche in corso di rapporto di lavoro.
Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, tale decorrenza resta ferma anche con riguardo al successivo aggravamento del danno, salvo che questo sia dovuto ad una causa autonoma, dotata di propria efficienza causale (Cass. 11 settembre 2007 n. 19022).
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha pienamente osservato il principio enunciato, ritenendo, evidentemente anche in considerazione della modestia dell'accertato aggravamento dell'ipoacusia (che il C.T.U. nominato nel giudizio di primo grado aveva valutato come possibilmente originato "dall'uso di strumentari diversi"), che esso costituisse conseguenza della medesima causale della originaria malattia del 1981, conseguentemente valutando come fondata l'eccepita prescrizione decennale del relativo diritto (donde l'irrilevanza del richiamo alla sentenza della Corte costituzionale operato con la recente memoria dalla difesa del ricorrente).
Concludendo, in base alle considerazioni esposte, il ricorso va respinto, con le normali conseguenze anche in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla società le spese di questo giudizio, liquidate in per spese ed € 1.800,00, oltre accessori, per onorari.
Così deciso in Roma il 15 giugno 2010
Depositato il 28 luglio 2010.