Responsabilità del presidente del consiglio di amministrazione e del consigliere delegato di una s.p.a per infortunio ad un proprio dipendente: in particolare, al momento dell'infortunio, tale lavoratore stava eseguendo la lucidatura di un pezzo tornito e, a tal fine, teneva con le mani alle sue estremità una tela-smeriglio e l'avvicinava al pezzo che era in moto, premendola sulla superficie dello stesso. Ad un certo punto, il pezzo aveva trascinato la tela, provocando anche il trascinamento delle mani dell'operatore.

Ricorso in Cassazione - Respinto.

La Corte afferma infatti: "aveva rilevato la integrativa sentenza di prime cure (cui quella ora impugnata fa esplicito riferimento) che "la verificazione dell'evento lesivo è ... da addebitarsi al non aver impedito i datori di lavoro l'utilizzo del tornio di cui all'imputazione per operazioni cui la macchina non era adatta e comunque in difformità alle indicazioni del costruttore, omettendo l'apprestamento di misure tecniche adeguate, nonchè omettendo di valutare il rischio relativo all'operazione di lucidatura, di informare il lavoratore sui rischi specifici dell'attività e di fornirgli una adeguata formazione in materia di sicurezza"."


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORGIGNI Antonio - Presidente

Dott. MARZANO Francesco - rel. Consigliere

Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere

Dott. D'ISA Claudio - Consigliere

Dott. IZZO Fausto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza


sul ricorso proposto da:

1) B.B., n. in (OMISSIS); 2) P. A., n. in (OMISSIS);

avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano in data 29.3.2007.

Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal Consigliere Dott. Francesco Marzano;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Monetti Vito, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;

Non comparsi i difensori dei ricorrenti.

Osserva:

Fatto

 

1. Il 20 gennaio 2006 il Tribunale di Como condannava B. B. ed P.A., rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione e consigliere delegato della s.p.a. G.P.A. Italiana, - riconosciute loro le attenuanti generiche e quella del risarcimento del danno prima del giudizio - a pena pecuniaria, in sostituzione della corrispondente pena detentiva, ritenuta di giustizia, per imputazione di cui all'art. 590 cod. pen., in danno di F.K., dipendente di tale società.

Al momento dell'infortunio tale lavoratore stava eseguendo la lucidatura di un pezzo tornito e, a tal fine, teneva con le mani alle sue estremità una tela-smeriglio e l'avvicinava al pezzo che era in moto, premendola sulla superficie dello stesso.

Ad un certo punto, il pezzo aveva trascinato la tela, provocando anche il trascinamento delle mani dell'operatore, riuscendo tuttavia F. a bloccare la macchina azionando con il piede il pulsante di emergenza: il lavoratore aveva riportato un trauma da schiacciamento del primo dito della mano destra, con frattura della falange intermedia e conseguente malattia ed incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per il ritenuto periodo di giorni sessantuno.

Si contestava agli imputati, nelle suindicate qualità, la "mancata attuazione di misure tecniche organizzative idonee a ridurre al minimo i rischi da uso del tornio Jesco da parte del suddetto lavoratore temporaneo, evitando che l'attrezzatura venisse usata per operazioni e secondo condizioni per le quali non era adatta (anche in relazione alle indicazioni del costruttore ...)"; la "omessa valutazione del rischio connesso a detta operazione ed omessa individuazione delle misure di prevenzione infortuni idonee ..."; di "non aver adeguatamente formato in materia di sicurezza il lavoratore con riferimento al posto di lavoro ed alle mansioni da svolgere...".

Sui gravami degli imputati, la Corte di Appello di Milano, con sentenza del 29 marzo 2007, diminuiva la pena inflitta dal primo giudice e concedeva il beneficio della non menzione della condanna riportata, confermando nel resto.

2.0. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorsi gli imputati, per mezzo del comune difensore.



B. denuncia:

a) vizi di violazione di legge e di motivazione. Assume che illegittimamente i giudici del merito avevano ritenuto che le lesioni in questione fossero guarite nel suindicato termine di sessantuno giorni, con i conseguenti riflessi sulla procedibilità dell'azione penale in mancanza di querela; "è mancato un giudizio obiettivo, basato su riscontri probatori, sulla durata della malattia ovvero dell'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni, ciò in quanto ... si rinviene esclusivamente certificazione medica specifica e dettagliata ... costituito dal primo certificato rilasciato dal Pronto Soccorso in cui si indica una prognosi di 25 giorni senza valutazione di possibili postumi, dopodichè il nulla non essendovi traccia nei prescritti proseguimenti di malattia di quale fosse il quadro clinico definito o in via di sviluppo, sia esso caratterizzato da un aggravio/complicanza di guarigione sia esso caratterizzato da una esigenza terapeutica";

b) il vizio di motivazione. Deduce la ricorrente che, quanto alla "omessa formazione ed informazione del lavoratore in merito alle mansioni nel cui svolgimento avvenne l'infortunio", la Corte territoriale avrebbe "recisamente obliterato le argomentazioni spese sul punto" con l'atto di appello, ritenendo semplicemente "condivisibile" l'assunto al riguardo del primo giudice, laddove si era dedotto che "le circostanze riferite dal caporeparto e dall'infortunato, in merito all'asserita assenza di attività di formazione/informazione, non fossero affatto riconduciteli ad una carenza cautelare dell'azienda, bensì fossero proporzionate e commisurate alla esperienza già maturata dal lavoratore con specific(o) riferimento alla mansione assegnatagli ..."; il teste A. aveva riferito che "l'infortunato era un tornitore esperto che non aveva bisogno di alcuna istruzione...";

c) vizi di violazione di legge e di motivazione: si assume che illegittimamente era stata ritenuta la violazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, essendosi rilevato come "la lavorazione di lucidatura a mano ... non potesse affatto definirsi un'operazione per cui l'utensile utilizzato nel caso di specie non fosse adatto ...";

d) vizi di violazione di legge e di motivazione. Premesso che "nei motivi di appello si perveniva alla conclusione che ... l'unica condotta contestata etiologicamente rilevante nella causazione dell'infortunio fosse quella consistita non aver impedito l'uso dei guanti di stoffa nell'operazione di lucidatura", rileva la ricorrente che si era in quella sede pure osservato che, in riferimento al disposto di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, "gli imputati avessero compiutamente adempiuto alla detta prescrizione normativa"; rilevato che il predetto teste A. aveva riferito che "l'operazione in azienda si esegue senza l'utilizzo dei guanti, in quanto pericolosi per il trascinamento delle mani stesse", deduce che "il datore di lavoro - pur senza cristallizzare la misura operativa in una previsione scritta - aveva posto in essere le misure organizzative idonee affinchè in azienda l'operazione di lucidatura avvenisse conformemente alle istruzioni del tornio" e "non risultava dimostrato che il datore di lavoro avesse potuto hic et nunc impedire l'iniziativa pericolosa posta in essere autonomamente dal lavoratore (lucidatura con indosso i guanti)".

 

2.1. P., dal canto suo, ripropone, pressochè alla lettera, le stesse doglianze della precedente ricorrente.

Diritto

 

3. I ricorsi, che è d'uopo esaminare congiuntamente per la sovrapponibilità dei motivi che li sorreggono, sono infondati.



Quanto, invero, al primo profilo di censura, hanno ben chiarito i giudici del merito che, "sentiti sul punto la persona offesa ed il dottor I., che aveva sottoscritto i due certificati con i quali la prognosi di 25 giorni di inabilità assoluta al lavoro veniva prolungata", era emerso che "detto prolungamento era stato valutato sulla base di manifestazioni cliniche obiettive, riferite dall'infortunato e riscontrate nel corso delle visite mediche, concernenti in particolare estrema difficoltà di movimenti anche minimi del dito e conseguente dolore"; hanno soggiunto che "detta valutazione effettuata da un medico dell'INAIL appare poi confermata anche da altro sanitario sempre di detto ente, che riporta una prognosi di giorni 61"; hanno, infine, considerato, che, peraltro, stante la natura delle lesioni, schiacciamento del primo dito della mano destra con frattura della falange intermedia, appare di ovvia evidenza che la malattia e l'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni abbiano avuto la durata diagnosticata".

Tale argomentare, come si vede, si appalesa del tutto congruo e convincente ed immune di rinvenibili vizi di illogicità, che, peraltro, la norma vuole dover essere manifesta, cioè coglibile immediatamente, ictu oculi: ed a fronte di tale del tutto logico argomentare, la ricorrente propone, in sostanza, un inammissibile diverso accertamento fattuale in questa sede di legittimità.

Quanto agli altri motivi di doglianza, aveva rilevato la integrativa sentenza di prime cure (cui quella ora impugnata fa esplicito riferimento) che "la verificazione dell'evento lesivo è ... da addebitarsi al non aver impedito i datori di lavoro l'utilizzo del tornio di cui all'imputazione per operazioni cui la macchina non era adatta e comunque in difformità alle indicazioni del costruttore, omettendo l'apprestamento di misure tecniche adeguate, nonchè omettendo di valutare il rischio relativo all'operazione di lucidatura, di informare il lavoratore sui rischi specifici dell'attività e di fornirgli una adeguata formazione in materia di sicurezza".

In particolare, si era rilevato che "non risulta che il lavoratore fu informato dei rischi specifici della propria attività, nè che gli fu fornita una idonea formazione in materia di sicurezza, emergendo anzi in atti prova contraria dalle dichiarazioni rese dal capo reparto macchine della ditta A.M. ...", e il mancato adempimento di tale obbligo "si pone in collegamento causale con l'infortunio, in quanto dagli atti emerge che il lavoratore eseguì l'operazione di lucidatura in assenza di istruzioni, con modalità contrastanti con quelle previste nelle note guida per la sicurezza operativa allegate al manuale d'uso e manutenzione del tornio ...", che, tra l'altro, "avvertivano come non dovrebbero mai essere indossati guanti quando la lucidatura sta per essere eseguita ...", mentre " F.K. indossava invece i guanti fornitigli dall'impresa".

Lo stesso manuale di istruzioni indicava "specifiche modalità di utilizzo nel caso in cui la tolleranza richiesta è raggiungibile solo mediante l'uso di tela smeriglia contro componenti rotanti, tra le quali viene evidenziata in sede ispettiva la possibilità di porre la tela smeriglia su un portautensile, utilizzo che, a detta delle note guida per la sicurezza operativa, elimina completamente tutti i rischi di lesioni alle mani"; e "non risulta che il predetto portautensile fosse utilizzato nella prassi, nè che fu utilizzato nel caso concreto di cui è processo, poichè l'operazione venne svolta tenendo con le due mani la tela smeriglia ed avvicinando la stessa al pezzo da lucidare, con la macchina in moto: operazione sconsigliata dal punto 41 dei principi generali riguardanti la sicurezza dell'operatore del predetto manuale".

Aveva anche osservato il primo giudice "come il documento di valutazione dei rischi adottato dall'azienda ... avesse omesso di valutare lo specifico rischio di trascinamento delle mani relativo alla sopracitata operazione di lucidatura, conseguentemente omettendo l'individuazione delle misure di prevenzione e protezione, in violazione pertanto del disposto di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, comma 2 ... A seguito delle prescrizioni imposte nel verbale di contravvenzione della A.S.L., l'impresa eseguiva successivamente la valutazione del rischio ed individuava la misure di prevenzione e protezione conseguenti, estinguendo in tal modo i reati contravvenzionali...".

E, richiamate integralmente tali circostanze fattuali, insindacabilmente accertate dai giudici del merito, e le conseguenti logiche considerazioni di quello di prime cure, ribadisce la Corte territoriale che,"in particolare, va ricordato, sul punto, che per la specifica operazione che l'infortunato stava eseguendo la ditta costruttrice del tornio sconsigliava l'uso della macchina".

E il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 35, prescrive, com'è noto che "il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della salute" (comma 1); e "il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte ..." (comma 2; i commi successivi pure specificano gli ulteriori, e specifici, obblighi incombenti sul datore di lavoro).

Ed i giudici del merito hanno dato puntuale contezza della rilevata omissione di tali obblighi da parte degli imputati, con argomentare anche al riguardo puntuale ed immune di vizi di illogicità.

 

4. I ricorsi vanno, dunque, rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.

 

La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2009