• Datore di Lavoro
  • Lavoratore
  • Infortunio sul Lavoro
  • Dispositivo di Protezione Individuale

 

Responsabilità del titolare di una ditta edile e del suo incaricato per lesioni personali colpose ad un dipendente: in particolare per colpa e per specifica violazione della norma antinfortunistica di cui al D.P.R. n. 164 del 1956, art. 71, consentivano che l'operaio B.F. demolisse un solaio senza assicurargli mezzi di protezione; in questo modo qualificando l'originaria contestazione d'omessa predisposizione della puntellatura del medesimo, cagionavano la caduta del solaio e dell'operaio che aveva riportato lesioni personali gravi.

 

Condannati in primo e secondo grado, ricorrono in Cassazione.

 

La Corte afferma che:

"Nella specie, nella contestazione, considerata nella sua interezza, sono contenuti gli elementi del fatto costitutivo del reato con particolare riferimento, quanto al profilo della colpa, alle disposizioni del citato D.P.R. n. 164 del 1956, art. 71, che disciplina l'esecuzione dei lavori di demolizione ponendo l'obbligo di verificare, prima dell'inizio dei lavori, le condizioni di stabilità e di conservazione della struttura da demolire e, all'esito di tale verifica, di eseguire le opere di rafforzamento e puntellamento necessarie a evitare che durante la demolizione si verifichino crolli improvvisi.
Conseguentemente la condotta contraria si atteggia anche a elemento costitutivo della colpa per inosservanza di leggi che connota il delitto di lesioni di cui all'art. 590 cod. pen.."

 

"In materia di prevenzione d'infortuni, il datore di lavoro e il suo incaricato hanno l'obbligo di garantire la sicurezza del posto di lavoro e, nel caso in esame, gli imputati non l'hanno osservato, come ritenuto dai giudici di merito, i quali hanno riscontrato la colpa con argomentazioni logiche e puntuali proprio con riferimento alla mancata adozione da parte dei predetti delle necessarie misure di prevenzione a tutela del lavoratore cui non poteva essere imputato di avere tenuto un comportamento avente carattere eccezionale e abnorme rispetto al procedimento lavorativo."


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MAIO Guido - Presidente
Dott. TERESI Alfredo - rel. Consigliere
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere
Dott. SARNO Giulio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:


C.D., nato a (OMISSIS) (OMISSIS), e da C. G., nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte d'Appello di Napoli in data 15.07.2009 che, giudicando in sede di rinvio, ha confermato la condanna alla pena di mesi 3 giorni 15 di reclusione loro inflitta nel giudizio di primo grado quali colpevoli del reato di cui all'art. 590 cod. pen. e D.P.R. n. 164 del 1956, art. 71, comma 1;
Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;
Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Teresi;
Sentito il PM nella persona del PG Dott. PASSACANTANDO Guglielmo, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
Sentito il difensore del ricorrente, avv. Mario Corsiero, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

 


Fatto Diritto

 

Con sentenza 15.03.2004 il Tribunale di Avellino condannava C. D. e C.G. alla pena di mesi 3 giorni 15 di reclusione quali responsabili del reato di lesioni personali colpose per avere il primo, quale titolare di una ditta edile e, il secondo, quale soggetto che aveva impartito l'incarico di lavoro, per colpa e per specifica violazione della norma antinfortunistica di cui al D.P.R. n. 164 del 1956, art. 71, consentito che il dipendente operaio B.F. demolisse un solaio senza assicurargli mezzi di protezione così qualificando l'originaria contestazione d'omessa predisposizione della puntellatura del medesimo, cagionando così la caduta del solaio e dell'operaio che aveva riportato lesioni personali gravi, nonchè al risarcimento dei danni in favore del B., costituitesi parte civile.


Sull'appello degli imputati, la Corte d'appello di Napoli, con sentenza 14.03.2005, confermava quella di primo grado.

Su ricorso degli imputati, questa Corte, con sentenza in data 3.07.2008, annullava con rinvio la suddetta sentenza per vizio procedurale.

Con sentenza 15.07.2009 la Corte d'Appello di Napoli, giudicando in sede di rinvio, confermava la sentenza di primo grado rilevando che incombeva sul datore di lavoro e sul suo incaricato l'onere di approntare le misure idonee a scongiurare il pericolo insito nell'esecuzione del lavoro e che la condotta, asseritamente imprudente del lavoratore, quando è collegata alle mansioni svolte, non interrompe il nesso causale.

Proponevano ricorso per cassazione gli imputati denunciando mancanza e manifesta illogicità della motivazione.
La Corte non aveva risposto alle obiezioni difensive incentrate sul rilievo che il lavoro in questione non presentava alcun rischio per lavoratore specializzato che aveva attuato una condotta imprudente particolarmente grave ponendosi sull'estremità di uno spezzone di trave poco prima tagliata.
Lamentavano di essere stati condannati per un fatto diverso da quello contestato perchè, prevedendo l'originaria contestazione come elemento di colpa il mancato puntellamento del solaio, i giudici di merito avevano radicato la responsabilità sul mancato rafforzamento dell'opera da abbattere.

Aggiungevano che il reato, commesso il (OMISSIS), era prescritto perchè il termine massimo di anni 7 mesi 6, non aumentabile perchè la difesa dell'imputati non aveva chiesto alcun rinvio d'udienza, era scaduto il 14.05.2009, prima della pronuncia della sentenza di rinvio.

Chiedevano l'annullamento della sentenza.

Il motivo sulla mancanza di correlazione tra accusa e sentenza è infondato.


Hanno affermato le SU di questa Corte che, "con riferimento al principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, dalla fattispecie concrete nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, si da pervenire a un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare le violazioni del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto letterale tra contestazione e sentenza perchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando, l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia pervenuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione" (Cassazione S.U. n. 16/1996, Di Francesco, rv. 205619).
Il suddetto principio può ritenersi violato solo in caso d'assoluta incompatibilità di dati, quando cioè la sentenza riguardi un fatto del tutto nuovo rispetto all'ipotesi d'accusa, mentre non ricorre violazione se i fatti siano omogenei e in rapporto di specificazione.


Nella specie, nella contestazione, considerata nella sua interezza, sono contenuti gli elementi del fatto costitutivo del reato con particolare riferimento, quanto al profilo della colpa, alle disposizioni del citato D.P.R. n. 164 del 1956, art. 71, che disciplina l'esecuzione dei lavori di demolizione ponendo l'obbligo di verificare, prima dell'inizio dei lavori, le condizioni di stabilità e di conservazione della struttura da demolire e, all'esito di tale verifica, di eseguire le opere di rafforzamento e puntellamento necessarie a evitare che durante la demolizione si verifichino crolli improvvisi.
Conseguentemente la condotta contraria si atteggia anche a elemento costitutivo della colpa per inosservanza di leggi che connota il delitto di lesioni di cui all'art. 590 cod. pen..

E' quindi irrilevante che nella contestazione sia stata menzionata la mancata puntellatura del solaio, peraltro non praticabile per l'inaccessibilità del piano sottostante, essendo stato chiaramente enunciato che la colpa consisteva nella mancata adozione di opere di rafforzamento della struttura ovviamente diverse dal puntellamento.
Non vi è quindi divergenza tra l'accusa e la sentenza di condanna che ha proceduto alla qualificazione giuridica del fatto legittimamente utilizzando i dati, acquisiti in contraddittorio nel dibattimento, di specificazione del fatto.
Avendo il fatto conservato la sua originaria fisionomia, va, quindi, escluso che abbia subito modifica negli elementi essenziali e fondamentali e che sia stato leso il diritto di difesa.

Il secondo motivo è generico e articolato in fatto.
In materia di prevenzione d'infortuni, il datore di lavoro e il suo incaricato hanno l'obbligo di garantire la sicurezza del posto di lavoro e, nel caso in esame, gli imputati non l'hanno osservato, come ritenuto dai giudici di merito, i quali hanno riscontrato la colpa con argomentazioni logiche e puntuali proprio con riferimento alla mancata adozione da parte dei predetti delle necessarie misure di prevenzione a tutela del lavoratore cui non poteva essere imputato di avere tenuto un comportamento avente carattere eccezionale e abnorme rispetto al procedimento lavorativo.

 


Va, però rilevato che il reato, commesso il (OMISSIS), è prescritto per il decorso del termine di anni 7 mesi 6 in data 14.05.2009, prima della pronuncia della sentenza d'appello.

Deve, pertanto, essere emessa la relativa declaratoria con la conferma delle statuizioni civili.

 

P.Q.M.

 


La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinti per prescrizione e conferma le statuizioni civili della sentenza.