Responsabilità del datore di lavoro di una s.a.s. per infortunio a lavoratore durante le operazioni di carico di tronchi sul rimorchio: quest'ultimo veniva infatti colpito al capo dal braccio idraulico della gru che spostava i predetti tronchi e precipitava al suolo, riportando trauma con fratture pluriframmentarie delle ossa craniche.

 

All'imputato, nella qualità di datore di lavoro, era stato contestato di avere omesso di dotare l'operaio dei presidi antinfortunistici previsti dalla normativa di settore, nonostante l'evidente situazione di pericolo (l'operaio lavorava almeno a 3,70 metri di altezza) e di avere omesso ogni attività formativa volta a prevenire le situazioni di pericolo.

 

La sentenza dì primo grado aveva escluso la responsabilità dell'imputato in assenza della prova che lo stesso si fosse intromesso nel servizio appaltato o che avesse avuto interesse a farlo o che si fosse affidato ad una impresa senza verificarne l'idoneità.

 
La sentenza di secondo grado, nel riformare l'impostazione della sentenza di primo grado, argomentava la responsabilità dell'imputato innanzitutto affermando la violazione del divieto di fornitura illecita di manodopera tra la ditta individuale ..., padre del ricorrente, e la ... s.a.s.

Sul punto i giudici di appello sottolineavano che l'istruttoria dibattimentale svolta in primo grado aveva dimostrato che le operazioni di carico, di trasporto e scarico dei tronchi sulla motrice di proprietà della s.a.s., svolte con l'ausilio della gru di proprietà della stessa, erano sempre effettuate, in occasione delle numerose vendite dei tronchi dalla ditta individuale alla s.a.s, dagli operai ... (coimpuiato, in quanto manovratore della gru, poi assolto) e dalla vittima, solo formalmente alle dipendenze della ditta ma sostanzialmente operanti nell'interesse e sotto le direttive della ...  s.a.s..
I giudici di appello osservavano, altresì, che, in ogni caso, anche nell'ipotesi che la fornitura della manodopera fosse considerata lecita, la responsabilità concorrente di ... era ugualmente configurabile nella qualità di committente per la violazione delle normative antinfortunistiche, atteso che il committente è esonerato dagli obblighi di prevenzione esclusivamente con riguardo ai rischi specifici delle attività proprie dell'appaltatore o del prestatore d'opera. Tale situazione non era configurabile nel caso in esame in cui l'attività di carico e trasporto dei tronchi, ed il relativo rischio, non potevano rientrare nelle attività proprie della ditta individuale in questione, che non era neanche attrezzata per effettuare tali operazioni.

  

Ricorso in Cassazione - Rigetto.

 

Il soggetto che, in violazione del divieto di intermediazione nelle prestazioni di lavoro, si avvalga di fatto delle prestazioni rese da lavoratori formalmente dipendenti da un altro soggetto, risponde penalmente, in caso di inosservanza della normativa prevenzionistica, degli infortuni occorsi a questi ultimi.


 

 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUARTA SEZIONE PENALE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RUGGERO GALBIATI  - Presidente -

Dott GIACOMO FOTI Consigliere -

Dott. FAUSTO IZZO - Consigliere -

Dott. FELICETTA MARINELLI - Consigliere -

Dott. PATRIZIA PICCIALLI - Rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 


sul ricorso proposto da

1) N. il ... avverso la sentenza n. 475/2008 CORTE APPELLO di CATANZARO, del 12/12/2008

visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/10/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI 
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ... che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Udito per parte civile l'Avv. ... del Foro di ..., che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso.

Udito il difensore Avv. ... del Foro di ... che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
 
 
 

 

 

FattoDiritto

 

 

La Corte di appello di Catanzaro ha ritenuto, in riforma della sentenza di primo grado, ... nella qualità di socio accomandatario e legale rappresentante della ... s.a.s., responsabile, per colpa generica e specifica, di un infortunio sul lavoro occorso in data 22 novembre 2000 al lavoratore ... il quale, dipendente, secondo la contestazione, della società sopra indicata, durante le operazioni di carico di tronchi sul rimorchio, veniva colpito al capo dal braccio idraulico della gru che spostava i predetti tronchi e precipitava al suolo, riportando trauma con fratture pluriframmentarie delle ossa craniche.

 

All'imputato, nella qualità di datore di lavoro del ..., era stato contestato di avere omesso di dotare l'operaio dei presidi antinfortunistici previsti dalla normativa di settore, nonostante l'evidente situazione di pericolo (l'operaio lavorava almeno a 3,70 metri di altezza) e di avere omesso ogni attività formativa volta a prevenire le situazioni di pericolo.

 

La sentenza dì primo grado aveva escluso la responsabilità dell'imputato in assenza della prova che lo stesso si fosse intromesso nel servizio appaltato o che avesse avuto interesse a farlo o che si fosse affidato ad una impresa senza verificarne l'idoneità.

 


La sentenza di secondo grado, nel riformare l'impostazione della sentenza di primo grado, argomentava la responsabilità dell'imputato innanzitutto affermando la violazione del divieto di fornitura illecita di manodopera tra la ditta individuale ..., padre del ricorrente, e la ... s.a.s.

 

Sul punto i giudici di appello sottolineavano che l'istruttoria dibattimentale svolta in primo grado aveva dimostrato che le operazioni di carico, di trasporto e scarico dei tronchi sulla motrice di proprietà della s.a.s., svolte con l'ausilio della gru di proprietà della stessa, erano sempre effettuate, in occasione delle numerose vendite dei tronchi dalla ditta individuale alla s.a.s, dagli operai ... (coimpuiato, in quanto manovratore della gru, poi assolto) e dalla vittima, solo formalmente alle dipendenze della ditta ma sostanzialmente operanti nell'interesse e sotto le direttive della ...  s.a.s..
I giudici di appello osservavano, altresì, che, in ogni caso, anche nell'ipotesi che la fornitura della manodopera fosse considerata lecita, la responsabilità concorrente di ... era ugualmente configurabile nella qualità di committente per la violazione delle normative antinfortunistiche, atteso che il committente è esonerato dagli obblighi di prevenzione esclusivamente con riguardo ai rischi specifici delle attività proprie dell'appaltatore o del prestatore d'opera. Tale situazione non era configurabile nel caso in esame in cui l'attività di carico e trasporto dei tronchi, ed il relativo rischio, non potevano rientrare nelle attività proprie della ditta individuale in questione, che non era neanche attrezzata per effettuare tali operazioni.

 

 

Ricorre  per cassazione il ... proponendo un unico motivo, con il quale lamenla la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione, sotto più profili, con riferimento al giudizio di responsabilità.
 
 


Si sostiene, in primo luogo, che l'argomentare della Corte di merito era sganciata dalle risultanze probatorie, che avevano escluso la configurabilità della intermediazione illecita di mano d'opera tra la ditta  di ... e quella dei figli ed era stato immotivatamente ritenuto, trascurando elementi probatori di segno opposto, che il ... fosse di fatto alle dipendenze della s.a.s.
Si sostiene, inoltre, che dalla documentazione acquisita emergeva, contrariamente a quanto affermato in sentenza a conferma della fittizietà delle due imprese, che la ditta ... intratteneva  rapporti  commerciali  con  moltissimi acquirenti, vendendo legnami a diverse altre ditte.

 

Si sostiene, altresì, il travisamento della deposizione testimoniale resa in aula dal teste ... il quale aveva esplicitamente affermato che il ... lavorava per ... e che il giorno del sinistro fu lui ad accompagnare, in sostituzione del datore di lavoro, sul luogo del lavoro tutti gli operai dallo stesso dipendenti, affinché procedessero, sotto la sua diretta sorveglianza, al taglio dei tronchi e successivamente li caricassero sul mezzo della s.a.s, in esecuzione dell'appalto.

 

Si censura la sentenza anche sotto il profilo che non era in linea con il principio consolidato della giurisprudenza di legittimità secondo il quale qualora il giudice di appello dissenta dal primo giudice deve indicare le specifiche ragioni della invalidazione di quelle che sorreggono la sentenza impugnata.

 

Si lamenta che nel ritenere la configurabilità della interposizione di manodopera ed appalto dei servizi la sentenza si sarebbe discostata dai dicta giurisprudenziali in materia e dalla corretta interpretazione dell'art. 3 L. 1369/1960, in base ai quali era da escludere qualsiasi intermediazione laddove difettasse l'autonomia gestionale da parte dell'interposto finalizzata all'adempimento del contratto di appalto.


Si sostiene che documentazione prodotta dimostrava il vizio di motivazione laddove era stata ritenuta la necessità per la ... s.a.s di utilizzare la manodopera della impresa individuale per fini fiscali.


Si sostiene, infine, che era mancata ogni valutazione circa l'effettiva disponibilità da parte degli operai dei presidi di sicurezza e che non era stato tenuto conto che l'imputato neanche avrebbe dovuto esserci sul luogo del lavoro, atteso il contratto di fornitura stipulato, ossia di compravendita franco bosco, comprendente nella esecuzione del contratto di fornitura anche la fase del caricamento sul camion dell'acquirente.

 

Il ricorso non merita accoglimento, siccome infondato.

 

La sentenza impugnata è corretta nell'applicazione dei principi di diritto, non presenta vuoti motivazionali ne è caratterizzata dalle asserite illogicità.

In proposito, giova preliminarmente evidenziare che in questa sede non è in discussione la dinamica dell'infortunio, come accertata dalla Corte di merito e non posta in discussione dal ricorrente ma l'effettiva titolarità del rapporto di lavoro subordinato in virtù del quale l'operaio ... nell'espletamento delle pericolose operazioni di sistemazione dei tronchi sul pianale del rimorchio, perse la vita.
 
 

 

La Corte di appello ha tenuto conto degli elementi acquisiti e ha affermato che il reale datore di lavoro di tutti gli operai della ditta individuale - tra cui il ... - era la ... s.a.s.

 

Trattasi di ricostruzione qui incensurabile, in ordine alla quale deve procedersi a verificare la correttezza della decisione, attraverso la ricognizione delle norme della L. 1369/60 che si assume violata, tenendo anzitutto presente che la finalità della legge in esame è quella di impedire che l'imprenditore, servendosi di strumenti negoziali apparentemente leciti, ottenga prestazioni di lavoro inerenti al ciclo produttivo della propria impresa, in frode alle leggi sul trattamento normativo, retributivo, assicurativo e previdenziale del rapporto di lavoro nell'impresa.

 

La verifica deve riguardare non solo l'assunzione del rischio economico d'impresa in capo all'appaltatore ma anche la configurazione delle organizzazioni imprenditoriali dell'appellante e dell'appaltatore al fine di riscontrare se i lavoratori impiegati per il raggiungimento dei risultati cui si ricollega il servizio contrattualmente assunto siano effettivamente diretti dallo stesso appaltatore ed agiscano realmente alle sue dipendenze e nel di lui interesse.

 

Fra i parametri di individuazione dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato - caratterizzato, ex art. 2094 c.c., dalla prestazione dell'attività lavorativa "alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore" - particolare rilevanza assumono, infatti, l'inserimento della prestazione nella struttura organizzativa dell'impresa, la sottoposizione del lavoratore alle direttive ed al controllo dell'imprenditore, il vincolo dell'orario di lavoro.


La rilevanza anche penale dell'interposizione fittizia di manodopera, va detto, è stata persistentemente mantenuta anche a seguito del novum normativo introdotto con il decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276 (c.d. Riforma Biagi), che, come è noto, per quanto interessa, ha abrogato formalmente la citata legge n 1369/1960.


Infatti, come già puntualmente chiarito in giurisprudenza ex pluribus, cfr. Sezione III, 24 febbraio 2004, Guerra; di recente, Sezione III, 10 giugno 2009, Rillo ed altro), la fattispecie di cui all'articolo 1 della legge n. 1369/1960 (esecuzione di prestazioni lavorative mediante impiego di manodopera assunta dall'appaltatore ma di fatto operante alle dipendenze del committente) resta punibile tuttora ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo cit., in quanto qualificabile come somministrazione di manodopera esercitata da soggetto non abilitato o fuori dei casi consentiti.


Del resto, il ritenere diversamente, il disposto dell' articolo 1 della legge n. 1369/1960 abrogato dal citato articolo 18 costituirebbe interpretazione in contrasto con la legge delega a seguito della quale è stata introdotta la modifica del 2003, laddove e stata puntualmente indicata al legislatore delegato la sanzione penale quale previsione da adottare per le ipotesi di esercizio abusivo di intermediazione privata.

 

Ne deriva così ulteriore e decisiva conferma della riconducibilità delle condotte vietate di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro, previste come reato dalla legge n. 1369/1960, alla nuova fattispecie criminosa di cui all'articolo 18 del decreto legislativo n. 276/2003.

Si è realizzata, a ben vedere, una sorta di abrogatio sine abolitione e, quindi, una continuità normativa in ordine alla rilevanza penale delle condotte di che trattasi (cfr., ancora, Sezione III, 18 aprile 2007. Rollino ed altro).


Ciò premesso, ritiene il Collegio che la Corte di merito abbia correttamente applicato gli anzidetti criteri di valutazione, avendo accertato che l'attività dei due lavoratori (il ... ed il ...) era svolta secondo le esigenze di tempo e di luogo della ... s.a.s. e senza alcun collegamento con l'organizzazione imprenditoriale della ditta individuale, che non possedeva mezzi idonei al carico ed al trasporto dei tronchi venduti.
I giudici di appello hanno posto a fondamento di tale conclusione la circostanza incontrovertibile che la proprietà dei mezzi ( la gru ed il rimorchio) sui quali lavoravano il ... ed il ... erano di esclusiva proprietà della ... s.a.s. ed hanno dimostrato (anche attraverso le dichiarazioni rese dall'imputato, il quale ha affermato di avere condotto lui stesso il camion nel bosco il giorno precedente, nascondendo le chiavi nel passaruota) che, secondo la prassi costante, le operazioni di carico erano effettuate esclusivamente nell'interesse della società, priva di manodopera per l'espletamento di tale prestazione nella perfetta consapevolezza da parte del legale rappresentante della stessa.

Sul punto, è stato in particolare accertato che l'accordo tra padre e figli, tra ditta individuale e s.a.s., prevedeva, secondo un rapporto costante e non occasionale, che le operazioni di carico del rimorchio e di trasporto dei tronchi fossero effettuate dagli operai del padre, che procedevano anche alla pesatura in segheria, atteso che la ... pur possedendo i mezzi era priva di manodopera specializzata per l'uso degli stessi, così ricorrendo sistematicamente all'utilizzo degli operai ... e ... , gli unici in grado di adoperare la gru con braccio meccanico per sistemare i tronche sulla motrice.

 

Da tali elementi la Corte di merito ha condivisibilmente ritenuto che l'attività di carico dei tronchi era in tutta evidenza attività che gli operai, assunti dalla ditta del padre - che non disponeva, però, dei mezzi per effettuare le suddette operazioni - svolgevano in realtà per la ... s.a.s., cosi realizzandosi una interposizione illecita di manodopera, in quanto il ... ed il ... prestavano in sostanza la loro attività lavorativa per conto e sotto le direttive della ..., che avrebbe dovuto vigilare sulla incolumità dei medesimi.

 

Individuato il ruolo ricoperto dall'imputato, mai contestato, i giudici di merito hanno, poi, ritenuto che egli fosse venuto meno ai propri doveri per non aver impartito ai dipendenti precise disposizioni circa l'utilizzo di qualsiasi presidio di sicurezza (è incontestato che il ... era privo di cintura di sicurezza, pur lavorando a circa 3,70 metri di altezza ed era senza casco protettivo e scarpe antiscivolo) e per aver omesso di informare e formare il lavoratore dipendente.

 

Va soggiunto che la sentenza è in linea con la giurisprudenza di questa Corte anche laddove afferma che, in ogni caso, anche nell'ipotesi che la fornitura della manodopera fosse considerata lecita, la responsabilità concorrente di ... era ugualmente configurabile nella qualità di committente per la violazione delle normative antinfortunistiche, atteso che il committente è esonerato dagli obblighi di prevenzione esclusivamente con riguardo ai rischi specifici delle attività proprie dell'appaltatore о del prestatore d'opera.

Tale situazione non era configurabile nel caso in esame in cui l'attività di carico e trasporto dei tronchi, ed il relativo rischio, non potevano rientrare nelle attività proprie della ditta individuale in questione, che non era neanche attrezzata per effettuare tali operazioni.

E' nota in proposito la normativa di riferimento: prima, l'articolo 7 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, poi sostanzialmente trasfuso nel vigente articolo 26 del decreto legislativo 09 aprile 2008 n. 81.

Si tratta di una normativa molto rigorosa, che dimostra l'intendimento del legislatore di assicurare al massimo livello un ambiente di lavoro sicuro, con conseguente "estensione" dei soggetti onerati della relativa "posizione di garanzia" nella materia prevenzionale anche allorquando si verta nell'ipotesi del "contralto di appalto".

Da tale disciplina, secondo assunto pacifico e condivisibile, deriva che, in caso di infortunio, e ammesso che possano aversi intrecci di responsabilità coinvolgenti anche il committente (cfr. da ultimo, Sezione IV, 17 gennaio 2008, Cigalotti), giacchè, questi, in caso di affidamento dei lavori, all'interno dell'azienda, ad imprese appaltatrici о a lavoratori autonomi, è tra l'altro tenuto a cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione ed a fornire alle imprese appaltatrici ed ai lavoratori autonomi dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro.

 

Può anzi ben dirsi che tali obblighi comportamentali determinano a carico del datore di lavoro una posizione di garanzia e di controllo dell'integrità fìsica anche del lavoratore dipendente dell'appaltatore e a fortiori, del lavoratore autonomo operante nell'impresa (cfr. anche Sezione IV, 30 marzo 2004, Aloi; nonché, Sezione IV, 11 febbraio 2004, Ciresa).

 

Ne possono trovare accoglimento le argomentazioni del ricorrente, di natura squisitamente civilistica, in merito al rischio proprio di compravendita franco bosco, che si sostiene comprendente nella esecuzione del contratto di fornitura anche la fase del caricamento sul camion dell'acquirente.

 

Trattasi di circostanza idonea, semmai, a dimostrare una concorrente responsabilità del titolare della ditta individuale, ma non ad escludere quella dell'imputato.

 

Per le ragioni che precedono il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità ed alla rifusione delle spese sostenute in questo giudizio dalle parti civili costituite, liquidate come in dispositivo.
 
 

 

P.Q.M.  

 

 

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese processuali;

condanna il ricorrente alla rifusione delle spese per questo grado di giudizio in favore delle parti civili liquidandole in euro 2.500 oltre accessori come per legge.

Cosi deciso nella camera di consiglio del 20 ottobre 2010