Cassazione Penale, Sez. 4, 21 dicembre 2010, n. 44861 - Produzione di fuochi pirotecnici


 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

 


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco - Presidente

Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere

Dott. MAISANO Giulio - Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto - rel. Consigliere

Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

  

sentenza


sul ricorso proposto da: 1) V.G., N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1409/2007 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 09/12/2008;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/11/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. De Santis Fausto, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore avv. Del Corso Stefano, del Foro di Pisa, e avv. Lucibello Pier Matteo, del Foro di Firenze, di fiducia del ricorrente; i quali insistono per l'accoglimento del ricorso.
 
  

  

 

Fatto

 

 

Con sentenza in data 11.7.2006 il Tribunale di Pontedera, fra l'altro, dichiarava V.G., N.F., C. R. e M.G. colpevoli del delitto di omicidio colposo plurimo, in danno di T.G., S. F., T.I. e S.V. e di lesioni colpose in danno di P.S., limitatamente, per C. e M., alle prime due vittime (reati commessi il (OMISSIS)), condannando il V. alla pena di anni cinque di reclusione e gli altri alle rispettive pene di giustizia, oltre al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili alle quali venivano assegnate distinte provvisionali immediatamente esecutive.

 

Con sentenza in data 9.12.2008 la Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma di quella suddetta, assolveva N.F., C.R. e M.G. dal reato loro ascritto per non aver commesso il fatto, confermando la condanna inflitta al V..

 

Per quest'ultimo residuava la contestazione dei delitti di cui all'art. 41 c.p., art. 589 c.p., commi 1, 2, e 3, art. 590 c.p., commi 1 e 3 perchè, nella qualità di titolare della ditta per la produzione di fuochi pirotecnici C., cagionava l'evento per colpa dovuta ad imprudenza, negligenza, imperizia ed inosservanza di norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro e consistita in particolare:

 

- nell'avere omesso di effettuare o far effettuare, da esperti del settore, una compiuta analisi e valutazione dei rischi inerenti alle procedure di fabbricazione degli artifici pirotecnici ed alla tipologia edilizia dei locali (destinati alla fabbricazione), in caso di esplosione, al fine di adottare misure preventive, protettive, organizzative e procedurali nei contesti sopra indicati, nonchè di elaborare un documento contenente una relazione sulla valutazione dei rischi e sulle conseguenti misure per la sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 4, comma 2);

 

- nell'avere omesso di rendere edotti i lavoratori dello stabilimento dei rischi specifici cui erano esposti e di portare a loro conoscenza le norme essenziali di prevenzione correlata alla precedente oggettiva analisi del rischio, in particolare nell'avere omesso di impartire ai dipendenti della fabbrica adeguate prescrizioni (o direttive) secondo le quali, all'interno del laboratorio n. 11 destinato alla fabbricazione degli artifici pirotecnici Magnum con miscela costituita da perclorato di potassio ed alluminio ad alto potenziale esplosivo, non dovessero essere presenti, al momento della fabbricazione di detti artifici pirotecnici, quantitativi di miscela esplosiva eccedenti le necessità contingenti di produzione e nell'avere comunque omesso di esercitare vigilanza e controlli quotidiani, al fine di verificare se all'interno di detto laboratorio venissero portati quantitativi di miscela esplosiva eccedenti le contingenti necessità di produzione;

 

- nell'avere omesso di fornire adeguate prescrizioni e direttive circa le regole di sicurezza da seguire nel laboratorio n. 11 nel maneggiare la miscela esplosiva per il caricamento degli artifizi pirotecnici Magnum costituita da perclorato di potassio ed alluminio e nel riempire, tramite apposito dosatore, i tubetti di cartone degli artifizi pirotecnici con detta miscela, allo scopo di evitare sollecitazioni a frizione tra la polvere residua del caricamento ed il cassetto scorrevole del dosatore;

 

- per avere omesso di assumere le informazioni necessarie affinchè le strutture edilizie, in particolare quella del laboratorio n. 11 soddisfacessero requisiti essenziali della resistenza meccanica e della stabilità e della sicurezza nell'uso (D.P.R. 21 aprile 1993, n. 246 che recepisce la Direttiva europea Prodotti da Costruzione (89/106 Cee) e nell'avere quindi omesso, ai sensi del capitolo 1^ paragrafo 6) Allegato al R.D. n. 635 del 1940 (Regolamento di applicazione del T.U.L.P.S. R.D. n. 773 del 1931), che nella costruzione delle strutture edilizie destinate ad officina di lavorazione a rischio di esplosione, venissero impiegati materiali leggeri ed atti a ridursi in piccoli pezzi in caso di scoppio, che le pareti consistessero in tavole sottili o fatte con una mescolanza di terra cretosa e di paglia sminuzzata o di materiale leggero cementato convenientemente (anziché pannelli in calcestruzzo armato di rilevanti dimensioni (sino a 8,5 mq. circa) e di rilevante peso (sino a 3.000 Kg.) e di elevata resistenza meccanica, talché neanche il picco di sovrappressione che si determina in occasione di una esplosione di artifici pirotecnici di 5 categoria non é riuscito a frantumare m piccoli pezzi), che i tetti dei locali contenenti esplosivi venissero costituiti in modo da offrire il minimo possibile ostacolo all'azione dell'esplosione e da evitare proiezioni di materiali pesanti o fortemente dannosi, nell'aver comunque omesso in particolare che le travi costituenti l'orditura principale e secondaria della copertura fossero ancorate ai pilastri con vincoli ulteriori al semplice appoggio, in modo da non crollare in caso di esplosione.

 

Avverso tale sentenza ricorrono per Cassazione i difensori di fiducia di V.G. deducendo i seguenti motivi.

 

1. La mancanza di motivazione e la falsa ed erronea applicazione della legge penale ed extrapenale con riferimento alla individuazione e alla applicazione della regola cautelare asseritamente violata che si rappresenta come frutto di travisamento del fatto storico.

Riprendendo le emergenze della perizia e delle consulenze, si ribadisce -nel contestare l'adeguatezza e correttezza della risposta data dalla sentenza impugnata ai rilievi critici mossi con i motivi d'appello alla sentenza di primo grado- che la presenza di una quantità di miscela "lampo" (perclorato di potassio con polvere di alluminio) superiore ai 9 kg. non poteva dirsi in alcun modo giuridicamente significativa rispetto agli eventi prodotti sulle persone offese, dal momento che - si sosteneva -anche i soli 9 kg. contenuti nella bacinella rossa, legittimamente presente sul luogo di lavorazione, erano sufficienti a determinare gli eventi attribuiti
al V..

Per superare tale obiezione, la Corte aveva, secondo il ricorrente, "rimodellato arbitrariamente" il contenuto della regola cautelare violata dal V., assumendo che in laboratorio non potessero essere detenuti più di 200 gr. di miscela "lampo". Si contesta che un "ciclo di lavorazione" possa corrispondere, come concepito dalla Corte di appello, al confezionamento di 100 o 200 "Baby magnum" che, in base a calcoli fatti sulla scorta di quanto affermato dal teste F., si giunge a determinare in ricorso pari a ventiventicinque secondi.

Si contesta la correttezza del richiamo al R.D. 18 giugno 1899, n. 232 (art. 8), che si assume implicitamente abrogato dal D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 ed inapplicabile al caso di specie poiché la disciplina sugli esplosivi, secondo la giurisprudenza della S.C., non si applica alle materie esplodenti come i fuochi pirotecnici.

 

2. La violazione dell'art. 62 bis c.p., artt. 99 e 133 c.p. nonché la mancanza   e   manifesta   illogicità   della   motivazione,   contestando   le
argomentazioni (con richiamo alla recidiva oggi non più contemplata per i reati colposi) addotte dalla Corte territoriale per confermare la pena inflitta dal giudice di primo grado, per negare le attenuanti generiche e l'omessa considerazione dell'integrale risarcimento delle parti civili e del soddisfacimento delle pretese dell'INAIL, sia pur successivamente al fatto.

 

 

Diritto

 

 

Il ricorso è parzialmente fondato e merita accoglimento per quanto di ragione.

Il primo motivo di ricorso è aspecifico.

Invero, si limita a riproporre in questa sede pedissequamente la medesima doglianza rappresentata dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattesa con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile (pagg. 8-13).
Ed è stato affermato che "è inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev'essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all'inammissibilità" (Cass. pen. Sez. 4, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e successive conformi, quale: Sez. 2, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).


Non è, del resto, consentito rappresentare in questa sede il "travisamento del fatto storico", poichè "in tema di motivi di ricorso per Cassazione, a seguito delle modifiche dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) ad opera della L. n. 46 del 2006, art. 8, mentre non è consentito dedurre il "travisamento del fatto", stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, è, invece, consentito dedurre il vizio di "travisamento della prova", che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano (Cass. pen. Sez. 5, 25.9.2007, n. 39048, rv. 238215).

E la Corte territoriale ha dato ampiamente e congruamente conto, sulla scorta delle emergenze istruttorie, dell'assunto che l'unico ciclo di produzione concerneva 100 artifici pirotecnici Magnum "e non più di uno contemporaneamente" con la conseguente necessità di disporre di appena 90 grammi di miscela esplosiva e "l'esigenza di non interrompere la produzione quella di un ulteriore pari quantitativo, pronto ad essere immesso nel ciclo, donde il già menzionato quantitativo consentito, secondo norma e prudenza, corrispondente, indicativamente a 200 gr. (a fronte dei 90 gr. + 90 gr. a stretto rigore richiesti)".

 

Il ragionamento opposto dal ricorrente, di converso, è di puro fatto, palesemente macchinoso e nemmeno sorretto da sufficiente dimostrazione, fondandosi sulla estrapolazione di una singola affermazione di un teste (la cui deposizione non viene nemmeno allegata per intero, in ossequio la principio di autosufficienza del ricorso, valevole anche in sede penale) e con successiva elaborazione in base a dati assunti in via del tutto presuntiva.

Nè certo può ritenersi che il Giudice a quo abbia in tal modo "arbitrariamente rimodellato la regola cautelare violata" dal momento che, comunque, "in tema di infortuni sul lavoro non occorre, per configurare la responsabilità del datore, che sia integrata la violazione di specifiche norme dettate per la prevenzione degli infortuni stessi, essendo sufficiente che l'evento dannoso si sia verificato a causa dell'omessa adozione di quelle misure ed accorgimenti imposti all'imprenditore dall'art. 2087 c.c. ai fini della più efficace tutela dell'integrità fisica del lavoratore" (Cass. pen. Sez. 4, n. 13377 del 28.9.1999, Rv. 215537 ed altre).


Ed è appena il caso di rilevare che la disciplina degli esplosivi può concernere anche le materie esplodenti, come sono qualificati i fuochi pirotecnici (ma in relazione alla loro individuale e scarsa micidialità), laddove queste siano accumulate in considerevoli quantitativi in un medesimo luogo abitato e, a fortiori, negli opifici in cui vengono industrialmente fabbricati, presentandosi nel loro insieme, cioè, come oggettivamente ed intrinsecamente pericolosi per la pubblica incolumità (cfr. Cass. pen. Sez. 1, n. 9363 del 1.6.1994, Rv. 200134; n. 579 del
5.12.1995, Rv. 203465).

Ad ogni modo, si deve rilevare, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 1, e non ravvisandosi cause d'inammissibilità o di sospensione per un periodo utile alla data odierna, il decorso del termine prescrizionale di sette anni e sei mesi previsto per il reato di lesioni colpose in danno di P.S., alla data (OMISSIS) con conseguente estinzione del medesimo per effetto di tale causa.
Del resto, il reato di omicidio colposo plurimo non è configurabile come reato unico, ma come concorso formale di più reati con unificazione soltanto quoad poenam, sicchè il termine di prescrizione del reato va computato con riferimento a ciascun evento di morte o di lesioni (peraltro indicate nell'imputazione con la specifica norma - art. 590 c.p., commi 1 e 3 - che le prevede), dal momento in cui ciascuno di essi si è verificato
(Cass. pen. Sez. 4, n. 12472 del 15.6.2000, Rv. 217947; n. 3127 del 27.1.1999, Rv. 213221; n. 47380 del 29.10.2008, Rv. 242827).

 

La seconda censura è, invece, fondata.


Invero, a parte la necessità, conseguente all'estinzione per prescrizione del reato di lesioni colpose, di operare l'adeguata e necessaria riduzione dell'aumento di pena ad essa relativo, non enucleabile dal calcolo operato dai giudici di merito (che hanno aumentato la pena base, determinata in quattro anni di reclusione, cumulativamente di un anno di reclusione ex art. 589 c.p., comma 3, per tutti i residui reati di omicidio colposo e lesioni colpose), di certo la motivazione addotta in ordine alla determinazione della pena, dell'aumento della pena base e al diniego delle circostanze attenuanti generiche con il richiamo alla recidiva non più rilevante in relazione ai reati colposi come da modifica, ex L. n. 251 del 2005, art. 4, dell'art. 99 c.p., comma 1, ed omettendo qualsiasi considerazione in ordine al risarcimento integrale del danno in favore delle parti offese che avevano per giunta revocato la costituzione di parte civile, non può ritenersi appagante ed esaustiva nè, tanto meno, manifestazione di una compiuta valutazione dei parametri indicati dall'art. 133 c.p..

 

Consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di lesioni colpose in danno di P. S., perchè estinto per prescrizione (senza pronuncia in ordine alle statuizioni civili, atteso il completo e congruo risarcimento del danno subito e la piena soddisfazione della persona offesa in ordine ad esso, come da quietanza in atti) e l'annullamento della detta sentenza relativamente al trattamento sanzionatorio in ordine ai residui reati, con rinvio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze. Il ricorso dev'essere, nel resto, rigettato.

 

  

P.Q.M.

 

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di lesioni colpose in danno di P.S., perchè estinto per prescrizione. Annulla la sentenza impugnata relativamente al trattamento sanzionatorio in ordine ai residui reati, con rinvio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze.

Rigetta nel resto il ricorso.