Cassazione Penale, Sez. 4, 04 gennaio 2011, n. 127 - Tinteggiatura e ponteggio privo di cautele
Responsabilità di un datore di lavoro per infortunio: in primo e secondo grado fu dichiarato colpevole perchè, insieme ad altri, non impediva che venissero eseguite attività di tinteggiatura nel cantiere allestito per il ripristino della facciata di una chiesa, nonostante il fatto che i ponteggi ivi allestiti fossero privi delle necessarie cautele antinfortunistiche.
La Corte territoriale rilevava che dalla sentenza di primo grado risultava che A. fosse addetto all'attività di tinteggiatura nel richiamato cantiere e che il giorno dell'incidente stesse procedendo ad eliminare la carta apposta sulle finestre della facciata e sul pluviale, su indicazione del capo cantiere.
La Corte di Appello di Milano affermava la responsabilità del B., datore di lavoro dell'infortunato, considerando che per la validità ed efficacia della delega, al fine di trasferire gli obblighi di prevenzione, occorre l'effettiva attribuzione al delegato di poteri di decisione e di intervento necessari per esercitare le mansioni delegate.
Ricorso in Cassazione - Rigetto.
La Suprema Corte afferma che "la Corte di Appello di Milano ha chiarito che la responsabilità dell'odierno imputato trova giuridico fondamento nella accertata ingerenza nell'organizzazione nel lavoro di che trattasi, avvenuta in relazione alle direttive che il capo cantiere F., dipendente della ditta B., aveva impartito all'infortunato, nonostante la piena consapevolezza in ordine al non corretto allestimento del ponteggio.
Come noto, la giurisprudenza di legittimità, in tema di infortuni sul lavoro, risulta consolidata nell'affermare che nel caso in cui i lavori siano stati affidati in appalto risponde a garanzia della prevenzione infortunistica anche il committente il quale si sia ingerito nell'organizzazione del lavoro, così partecipando all'obbligo di controllare la sicurezza del cantiere".
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORGIGNI Antonio - Presidente
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere
Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere
Dott. MONTAGNI Andrea - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da: 1) B.E., N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2138/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 23/04/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/11/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. D'Angelo Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore avv. Di Lorenzo Angelo, in sost. Dell'avv. Bontempo.
FattoDiritto
La Corte di Appello di Milano con sentenza in data 23.4.2009 in parziale riforma della sentenza emessa in data 30 maggio 2007 dal Tribunale di Milano, Sezione distaccata di Legnano, nei confronti di B.E., L.E. e P.D., rideterminava la pena inflitta agli appellanti nella misura di mesi due di reclusione ciascuno; confermava nel resto.
La Corte di Appello rilevava che il giudice di primo grado aveva dichiarato colpevoli B.E., nella qualità di legale rappresentante dell'Impresa B. srl, nonchè L.E. e P.D., nelle rispettive qualità, del reato di lesioni colpose per avere procurato a A.G. lesioni personali, in particolare perchè non impedivano che venissero eseguite attività di tinteggiatura nel cantiere allestito per il ripristino della facciata della chiesa sita in (OMISSIS), nonostante il fatto che i ponteggi ivi allestiti fossero privi delle necessarie cautele antinfortunistiche.
La Corte territoriale rilevava che dalla sentenza di primo grado risultava che A. fosse addetto all'attività di tinteggiatura nel richiamato cantiere e che il giorno dell'incidente stesse procedendo ad eliminare la carta apposta sulle finestre della facciata e sul pluviale, su indicazione del capo cantiere.
Richiamato il contenuto degli appelli interposti dagli imputati, la Corte di Appello disponeva la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, con l'esame della parte civile e dell'imputato B..
La Corte di Appello di Milano affermava la responsabilità del B., datore di lavoro dell'infortunato, considerando che per la validità ed efficacia della delega, al fine di trasferire gli obblighi di prevenzione, occorre l'effettiva attribuzione al delegato di poteri di decisione e di intervento necessari per esercitare le mansioni delegate.
Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso per Cassazione B.E., a mezzo del difensore; la parte osserva in primo luogo di avere interposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Milano in data 30.5.2007.
Tanto premesso, il ricorrente con il primo motivo deduce la mancanza e contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato.
Assume che la Corte non abbia chiarito le ragioni per le quali non ha ritenuto operante il subentro nella originaria posizione di garanzia del B., da parte del legali rappresentanti della ditta P.L. Ponteggi.
Con il secondo motivo il ricorrente considera che la Corte territoriale abbia omesso di considerare la scrittura privata intercorsa tra le parti, con la quale l'impresa B. conferiva incarico alla ditta P.L. Ponteggi per la formazione e nolo dei ponteggi presso la Chiesa di (OMISSIS).
Ritiene la parte che detta scrittura soddisfi i requisiti di efficacia della delega di funzioni elencati dalla stessa Corte di Appello.
Con il terzo motivo la parte deduce il travisamento della prova in ordine alla ricostruzione della dinamica del sinistro.
Ritiene che le stesse dichiarazioni rese dall'infortunato, correttamente interpretate alla luce delle ulteriori risultanze istruttorie, indichino che A., al momento del fatto, stesse lavorando al pluviale e non alle finestre. Con il quarto motivo il ricorrente deduce la violazione della L. n. 689 del 1981, artt. 53 e 58, per avere rigettato la Corte di Appello, con motivazione inadeguata, la richiesta di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria.
Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito esposte.
Giova primieramente sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Cass. Sez. 4, sentenza n. 32911 del 11/05/2004, Rv. 229268).
Tanto premesso, si procede all'esame del primo e del secondo motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente.
Invero, la Corte di Appello di Milano ha chiarito che la responsabilità dell'odierno imputato trova giuridico fondamento nella accertata ingerenza nell'organizzazione nel lavoro di che trattasi, avvenuta in relazione alle direttive che il capo cantiere F., dipendente della ditta B., aveva impartito all'infortunato, nonostante la piena consapevolezza in ordine al non corretto allestimento del ponteggio.
Come noto, la giurisprudenza di legittimità, in tema di infortuni sul lavoro, risulta consolidata nell'affermare che nel caso in cui i lavori siano stati affidati in appalto risponde a garanzia della prevenzione infortunistica anche il committente il quale si sia ingerito nell'organizzazione del lavoro, così partecipando all'obbligo di controllare la sicurezza del cantiere (Cass. Sez. 4, sentenza n. 46383 del 6.11.2007, Rv. 239338).
In tali termini si introduce la disamina del terzo motivo di ricorso.
La Corte di Appello di Milano, nella sentenza impugnata, secondo un conferente percorso logico argomentativo, ha proceduto alla analitica ricostruzione della dinamica del sinistro, sulla scorta delle dichiarazioni rese dalla parte offesa.
Il Collegio ha evidenziato che il ponteggio era ancora montato al momento dell'infortunio e che A. non aveva altrimenti utilizzato i trabattelli, per l'eliminazione delle carte dalle finestre della facciata.
La Corte territoriale ha considerato che nel momento in cui A. stava eliminando la carta, prima di iniziare il lavoro riguardante il pluviale, a causa della oscillazione del ponteggio la parte offesa perdeva l'equilibrio rovinando a terra, dopo essersi inutilmente aggrappata al pluviale.
La Corte di Appello ha pure evidenziato che le dichiarazioni della parte civile risultavano precise logiche e coerenti; e che costituivano un chiarimento di quanto già riferito nel dibattimento di primo grado.
La Corte territoriale ha sottolineato che dopo l'infortunio la parte offesa non era stata immediatamente trasferita in ospedale, essendo emerso che il ragazzo era stato accompagnato in un locale adibito a spogliatoio, ove il capocantiere gli toglieva gli abiti da lavoro e gli rimetteva addosso quelli puliti.
Al riguardo la Corte ha evidenziato che detto comportamento era stato posto in essere benchè la gravità delle condizioni dell'infortunato fosse evidente sin dall'immediatezza del fatto.
La Corte di Appello ha coerentemente chiarito che il teste G. - credibile perchè non portatore di alcun interesse nella vicenda - aveva dichiarato di essere sopraggiunto sul posto e che F., capocantiere della ditta B., gli aveva riferito che il ponteggio dal quale era caduto l'operaio non era allestito in modo corretto, perchè non ancorato, privo di rete di protezione e che risultava in precarie condizioni di stabilità.
Si osserva, infine, che anche il quarto motivo di ricorso risulta destituito di fondamento.
Questa Suprema Corte ha chiarito che è esente da vizi la motivazione con la quale il giudice di appello, esercitando il potere discrezionale previsto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 58, respinge l'istanza di sostituzione della pena detentiva, in considerazione dei criteri di cui all'art. 133 c.p.; si è infatti evidenziato che la L. n. 689 del 1981, art. 58, comma 2, deve essere letto in relazione al cit. articolo, comma 1, il quale, nell'orientare il potere discrezionale del giudice nella sostituzione della pena detentiva, menziona espressamente i criteri indicati nell'art. 133 c.p. (Cass. Sez. 3, sentenza n. 39495 del 2008).
Ne deriva che, nel caso di specie, la decisione della Corte di Appello di negare la sostituzione della pena detentiva, tenuto conto del comportamento degli imputati che non hanno manifestato alcun intendimento di assistenza o risarcimento nei confronti dell'infortunato, risulta immune da ogni censura.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.