SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni



Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»



Seduta 30, martedì 30 giugno 2009

Audizione dei rappresentanti del Fondo italiano abbattimento barriere architettoniche (FIABA)



Presidenza del presidente TOFANI

Intervengono, in rappresentanza del FIABA (Fondo italiano abbattimento barriere architettoniche), il dottor Giuseppe Trieste, Presidente, il dottor Adriano Morelli dell’Ufficio di presidenza, gli avvocati Alessandro Bardini e Paolo D’Agostino dell’Ufficio legale, la dottoressa Claudia Benedetti dell’Ufficio legislativo e il dottor Angelo Maria Palmieri dell’Osservatorio parlamentare accessibilità e fruibilità.

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca l’audizione dei rappresentanti del Fondo italiano abbattimento barriere architettoniche (FIABA).
Comunico che, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del Regolamento interno della Commissione, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo.
Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori. Comunico altresì che della seduta sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.
Do il benvenuto ai nostri ospiti, ricordando loro che questa Commissione si occupa della prevenzione e del contrasto agli infortuni sul lavoro, come d’altronde risulta dall’informazione già inviata con lettera alla vostra Associazione. Siamo pertanto interessati a raccogliere elementi in tal senso.
Cedo la parola al presidente Trieste.

TRIESTE
Signor Presidente, ringraziandola per l’invito, desidero innanzitutto premettere che FIABA è nata con lo scopo di creare una cultura della qualità della vita nei diversi ambiti della società attuale. La disabilità è uno degli ostacoli che la persona può incontrare, che possono essere di tipo fisico, psicologico o culturale. Noi ci confrontiamo quotidianamente con questi ostacoli e, la maggior parte delle volte, le problematiche ad essi connesse non vengono superate proprio perché è radicata in noi una certa cultura, un certo modo di essere. Rimaniamo attaccati al passato, che costituisce senz’altro una grande esperienza ma che, purtroppo, non è il presente e non sarà nemmeno il futuro.
FIABA nasce sulla base di un’esperienza quarantennale: tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta ci siamo occupati, da pionieri, dello sport per i disabili attraverso l’associazione ANTHAI (Associazione nazionale per la tutela degli handicappati), che è per così dire la madre di FIABA. Ci siamo resi conto che se il mondo della disabilità continuerà a viaggiare in maniera separata dal contesto della società non avrà prospettive per un futuro d’integrazione. Si fa un gran parlare di pari opportunità, dell’essere tutti uguali ma se, nello stesso tempo, si costruisce un mondo a parte tali condizioni non si verificheranno mai.
FIABA nasce, all’inizio del terzo millennio, proprio per creare una cultura della qualità di vita, che deve essere uguale anche nella disabilità, condizione quest’ultima che riguarda non solo le persone affette da un handicap a causa di incidenti e malattie ma che va intesa a 360 gradi.
Ad esempio, se ho paura a recarmi in una grande città perché provengo da un piccolo centro e temo il traffico di Roma, questa rappresenta una disabilità di tipo psicologico; se ho avuto un incidente ed ho riportato delle menomazioni fisiche ho una disabilità di tipo fisico. Le disabilità si dividono infatti in tre grandi famiglie: fisiche, psichiche e sensoriali.
Essendo l’Italia tra i primi dieci Paesi industrializzati del mondo, abbiamo il dovere di far sì che tutti gli individui, ciascuno nella propria diversità, possano godere di una pari qualità di vita. Quello della diversità è un contesto nel quale madre natura pone noi tutti. La scienza ci dice che non esistono due DNA uguali: basta già questo a dimostrare che siamo diversi l’uno dall’altro, diversità che si manifesta con differenti caratteristiche fisiche. Oggi anche la Convenzione dell’ONU per i diritti dei disabili, ratificata pochi mesi fa, opera affinché tutte le persone, ciascuna nella propria diversità, possano godere di pari diritti (come recita, del resto, la Costituzione italiana).
Tuttavia non dobbiamo guardare solo alla situazione del nostro Paese; abbiamo anche un dovere verso l’esterno, verso una dimensione che è molto più vasta. La comunità mondiale che arriva nel nostro Paese vuole farlo con le sue credenze, la sua cultura, il suo modo di essere, le sue caratteristiche fisiche, che spesso sono diverse dalle nostre (ad esempio, un cittadino dei Paesi del Nord ha determinati tratti fisici, mentre un cittadino del Sud America ne ha altri). Oggi, con la globalizzazione, ci confrontiamo quotidianamente non solo con i turisti, ma anche con i tanti emigrati che vogliono tornare in Italia, con i loro figli e nipoti, che sono nati in altri Paesi, ma le cui origini sono italiane. Dobbiamo pertanto costruire un ambiente che sia in grado di consentire alle persone di muoversi liberamente.
Per fare ciò possiamo attuare misure che pur essendo semplicissime, a livello di abbattimento di barriere culturali e architettoniche, presentano una difficoltà enorme. Basterebbe costruire le nostre città con criteri di accessibilità globale. Siamo tutti ben consapevoli delle barriere fisiche esistenti: dall’anziano che non riesce a fare le scale, alla giovane donna in stato di gravidanza o con un bambino piccolo, per la quale diventa estremamente complicato e difficile salire le scale o salire su un mezzo di trasporto pubblico. Pensiamo alla grande invenzione rappresentata dalle valigie con le rotelle. Solo poche decine di anni fa si vedevano le donne, quelle del Sud in particolare, trasportare le valigie sulla testa mentre gli uomini le portavano sulle spalle. Oggi tutto è cambiato, ma ogni volta che trasportiamo una valigia ed incontriamo un gradino dobbiamo comunque sollevarla.
Venerdì scorso sono stato a Venezia con l’avvocato Bardini, responsabile dell’ufficio legislativo di FIABA, per verificare la situazione del ponte di Calatrava, che è estremamente difficile. Infatti, senza nulla togliere al valore artistico del ponte stesso, basta sostare pochi secondi ad osservare chi lo attraversa per rendersi conto che il 90 per cento delle persone lo fa con estrema difficoltà; pensiamo a quei turisti che arrivano a Venezia in treno, e si trovano a piazzale Roma con le valigie, oppure alla difficoltà di attraversare quel ponte con un passeggino. Basti pensare che un’ambulanza vi staziona in maniera permanente proprio perché spesso la gente cade e si fa male. Questa è una parentesi che chiudo subito, perché le polemiche sono tante. Calatrava è famoso nel mondo oltre che per progettare ponti, anche per aver presentato progetti di ponti accessibili.
A causa delle nostre barriere culturali, da una parte, abbiamo voluto che realizzasse un ponte per l’Italia, dall’altra, però, non siamo stati disponibili a dargli una sede adeguata per accoglierlo. È come invitare delle persone a casa propria e non metterle a loro agio: questo è quanto accaduto.
Tornando al tema all’attenzione della vostra Commissione, non bisogna dimenticare che il lavoro – e quindi la prevenzione sul lavoro – per l’individuo è tutto: è il nucleo, il perno centrale. Importantissima è quindi la qualità dell’ambiente di lavoro, ovvero l’eliminazione dei rischi e delle barriere fisiche, che costituiscono un grande problema per tutta la comunità, non solo per le persone con disabilità. Se osserviamo come una famiglia vive la propria giornata, a partire dal momento in cui si sveglia fino al momento in cui esce di casa per affrontare tutto il suo percorso di vita, ci rendiamo conto che si tratta di una vera e propria corsa a ostacoli.
Oggi, in uno Stato sociale, quale dovrebbe essere il nostro Paese, non è più pensabile che ciò avvenga. Un esempio banale potrà chiarire immediatamente il concetto: venti o trent’anni fa si costruivano case senza l’impianto di riscaldamento. A partire dal momento in cui si sono cominciate a realizzare le prime abitazioni con il riscaldamento tutti lo hanno voluto; ora, addirittura, stiamo affrontando la terza fase di questo processo: non vogliamo solo il caldo, ma anche il freddo, per avere una temperatura costante.
In questi venti o trent’anni è intervenuto un processo culturale, un cambiamento.
Lo stesso può essere fatto per quanto riguarda le barriere fisiche. La gente comune, cominciando a godere del piacere di fruire dei luoghi dove ci si muove quotidianamente (la propria casa, l’ufficio, gli spazi per il tempo libero ed i mezzi di trasporto) senza barriere, cosa farà? Adeguerà il vecchio, rendendosi molto più disponibile ad abbattere le barriere realizzate fino ad oggi.
Signor Presidente, spero di aver illustrato esaurientemente il motivo per cui il FIABA è in contatto con tutte le istituzioni del Paese. Nell’opuscolo che abbiamo lasciato agli atti potrete trovare elencata una rete di protocolli – che oggi sono più di 280 – che vedono come protagonisti la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei ministri, le Conferenze dei Presidenti delle Regioni, l’UPI, l’ANCI e tutte le istituzioni e gli ordini professionali che raggruppano coloro che si occupano dei progetti, dai Consigli nazionali degli architetti, degli ingegneri e dei geometri, ai consulenti del lavoro, al Consiglio nazionale del notariato.
Cos’ha a che vedere quest’ultimo con la tematica in oggetto? Se un bene presenta un paletto sull’accessibilità globale, nel momento in cui si stipula un atto, ecco che diventa estremamente importante la sensibilità di questi professionisti circa tale aspetto. Se tutti assieme, ognuno per il settore di propria competenza, faremo la nostra parte, in un gioco di squadra, per costruire lo Stato sociale adeguato al momento che vive il nostro Paese, andremo nella giusta direzione.
Vorrei infine spendere qualche parola sull’OPAF, l’Osservatorio parlamentare per l’accessibilità e la fruibilità, di cui molti di voi fanno parte.
Stiamo lavorando ad un Testo unico che raccolga tutta la materia legislativa prodotta sulla materia dal dopoguerra ad oggi, che spesso è contraddittoria, al fine di arrivare ad un documento unico, attuale e proiettato nel futuro, cosicché il nuovo nasca ad accessibilità globale e si crei una cultura di modifica del vecchio per la comodità di ognuno di noi. Questa è prevenzione; se diamo ad un cittadino una casa senza barriere questa gli resterà per tutta la vita, qualunque problema fisico possa subentrare, potrà sempre viverci: non possiamo aspettare la disabilità per accorgerci che un ambiente non è più utilizzabile, che non si può vivere nella propria casa o non si può andare a mangiare in un ristorante con i propri amici o in vacanza in un albergo. L’Osservatorio serve proprio a questo: l’aiuto che chiediamo a tutti voi è che ognuno, secondo il proprio ruolo e la propria competenza, contribuisca a far sì che il nuovo nasca senza barriere.
Un’ultima notazione: se non possiamo evitare disgrazie come il terremoto, possiamo però ricostruire un Abruzzo ad accessibilità globale. E ` molto importante che questa Regione rimanga nella storia come la prima ad elevata accessibilità, affinché possa rappresentare un esempio per tutte le altre Regioni italiane. Pertanto l’aiuto che chiediamo va in questa direzione, in modo da sensibilizzare la comunità – attraverso i parlamentari e tutti i rappresentanti delle nostre istituzioni, da quelle centrali a quelle locali – affinché ciascuno contribuisca a questa causa secondo il proprio ruolo e la propria competenza: tutti insieme ce la possiamo fare!

PRESIDENTE
La ringrazio per il suo contributo, presidente Trieste.
Prima di ascoltare gli ulteriori eventuali interventi, vorrei fare una precisazione.
Con riguardo a quanto ci ha riferito, atteso che per quanto concerne la nostra attenzione e la nostra sensibilità facciamo nostro tutto ciò che riguarda il contrasto ai limiti di qualsiasi tipo, devo però ricordare che le nostre specifiche attività sono orientate verso le problematiche relative agli infortuni sul lavoro e quindi alla loro prevenzione. Pertanto, al di là del quadro generale che ci ha tracciato, gradiremmo sapere se avete da riferirci elementi più direttamente legati alle nostre strette competenze, che possano interessare i lavori della nostra Commissione parlamentare d’inchiesta.
Del resto, nell’interlocuzione che c’è stata con i nostri Uffici, è stato richiesto in modo specifico il riferimento a questo tema, qualora ne ricorra l’esigenza, che è chiaro non si deve trovare ad ogni costo. Se vi sono aspetti che possono riguardare la tematica alla quale mi sto riferendo – cioè quella che concerne le nostre competenze – in conseguenza dell’attività di un’associazione così attiva e dinamica come la vostra, che tra l’altro ho l’onore di conoscere da tempo, vi saremmo grati se ce li riferiste.
Vorremmo però avere un’interlocuzione più mirata, o oggi, nel corso di quest’audizione, oppure tramite una documentazione che potrete farci pervenire in un momento successivo. Essendo però questo il tema che dobbiamo approfondire, vorremmo sentire ciò che avete da riferirci in proposito.

BENEDETTI
Sono la Presidente dell’Osservatorio nazionale permanente sulla sicurezza e del dipartimento sicurezza di Assoforum, un’organizzazione che raccoglie 110 associazioni: mi trovo qui in questa duplice veste, insieme al presidente del FIABA, a cui mi lega, oltre che un solido rapporto di amicizia, una condivisione di obiettivi.
Il presidente Trieste nel suo intervento ha fatto cenno al Testo unico su cui stiamo lavorando: si tratta della più recente tra le attività che stiamo svolgendo insieme. Ritengo dunque sia opportuno tornare a trattare l’argomento oggetto dell’attenzione della Commissione, anche perché il presidente Trieste è stato molto esaustivo nel descrivere le encomiabili attività che FIABA sta portando avanti.
Desidero, in primo luogo, ringraziare la Commissione d’inchiesta per averci accolto. L’Osservatorio che ho l’onore di presiedere lavora da otto anni su una serie di attività, non ultime quelle finalizzate a divulgare la cultura della legalità, del rispetto delle regole e del valore stesso della propria vita e di quella altrui, la cui mancanza molto spesso è uno dei fattori che causano gli infortuni sul lavoro. Purtroppo assistiamo quasi quotidianamente ad un aumento notevole di tali infortuni. La nostra attività non ha riguardato solo gli incontri e i convegni che abbiamo svolto nel 2006 e nel 2007. Abbiamo continuato infatti il nostro percorso arrivando a stipulare un protocollo d’intesa con l’Associazione costruttori edili romani (ACER), proprio nell’intento di divulgare la cultura del rispetto delle regole, nei luoghi di lavoro e nei cantieri. Abbiamo iniziato anche una serie di progetti per capire come far sì che gli strumenti forniti ai lavoratori, come il casco e le scarpe di sicurezza, possano diventare, in un mondo in cui la tecnologia progredisce rapidamente, sempre più fruibili e confortevoli, come prescrive la normativa. Bisogna infatti fare in modo che tali strumenti vengano indossati con continuità e non tolti e appoggiati in un canto appena il direttore dei lavori gira la testa: proprio da fatti simili possono nascere gli infortuni. Bisogna evitare la disattenzione, il mancato rispetto delle regole, la non comprensione. Come diceva prima il presidente Trieste, l’Italia è diventata un Paese multietnico: ci sono molti lavoratori, anche senza considerare coloro che lavorano in nero, che non conoscono la lingua italiana. È dunque estremamente difficile dare loro un segnale di attenzione, ancorché all’ultimo momento, e fare in modo che conoscano le regole e dunque le rispettino.
La legislazione in materia è ampia e ben fatta. C’è però carenza di una cultura della legalità, di rispetto della regole e forse anche di consapevolezza del valore irripetibile della propria vita. Un atto di disattenzione su un ponteggio può portare alla morte o all’inabilità permanente di chi lo compie. L’intenzione di coniugare questo fenomeno con quello della disabilità deriva proprio dal fatto che gli infortuni sul lavoro molto spesso causano non solo la morte, ma anche nuovi disabili. L’Osservatorio sulla sicurezza sta dunque portando avanti una serie di attività culturali nelle scuole: abbiamo cominciato dalle scuole superiori, per poi proseguire con le scuole medie e con le elementari, proprio perché bisogna combattere un atteggiamento mentale, simile a quello che in automobile ci porta a non utilizzare la cintura di sicurezza, o che ci fa guidare in modo disattento un motorino, magari mentre ascoltiamo l’I-pod.
Per tutto ciò ritengo ci sia la necessità di una maggiore formazione e informazione e per questo intendiamo dare il nostro supporto e la nostra collaborazione. L’Osservatorio, al di là delle iniziative che porta avanti ogni anno, sta organizzando una serie di convegni sulla sicurezza nei cantieri e sul lavoro, per cui abbiamo scelto lo slogan: «Formare e prevenire per non morire». È un titolo forte, che però sta scuotendo le coscienze e sta portando risultati. La nostra esperienza, unita alla voglia di collaborare con le istituzioni per migliorare il nostro sistema di vita, senza sostituirci ad esse, ci ha portato a lavorare con le persone qui presenti, con la regia magistrale e la capacità di coinvolgimento del presidente Trieste, per realizzare una proposta di legge capace di coniugare fenomeni diversi in una serie di concatenazioni, che al momento possono non apparire immediate, ma che esistono. Ciò al fine di stimolare la prevenzione, per fare in modo che non ci siano più morti sul lavoro e che non ci siano più famiglie che devono piangere perché una disattenzione o una banalità ha privato un loro caro della vita. Per questo bisogna rafforzare e diffondere il concetto del valore della vita.

PALMIERI
Come segretario dell’Osservatorio parlamentare accessibilità e fruibilità di FIABA, desidero innanzitutto collegarmi a quanto detto dal presidente Trieste in riferimento all’accessibilità globale, facendo un riferimento particolare all’accessibilità dei cantieri. Il FIABA e i tecnici dell’Osservatorio stanno lavorando per inserire nel testo che stiamo elaborando anche la possibilità di creare un cantiere di lavoro più accessibile, per prevenire gli incidenti sul lavoro diminuendo i rischi. Molte morti bianche, compresa quella verificatasi proprio nelle ore scorse, hanno infatti evidenziato la non accessibilità dei cantieri, che creano ai lavoratori difficoltà di accesso con i propri strumenti di lavoro. Sappiamo che una riforma del Testo unico in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro è recentemente approdata in Senato e a tal proposito, come FIABA, chiediamo ai membri della Commissione di agire affinché venga inserito in tale testo il tema della maggiore accessibilità.
Oggi, rispetto a qualche anno fa, vediamo che nei cantieri è aumentato l’utilizzo del casco, ma spesso le impalcature o altri luoghi del cantiere non sono all’avanguardia quanto ad accessibilità e vivibilità. Nella documentazione che consegneremo alla Commissione viene citato il rapporto dell’INAIL del mese di maggio, in cui si fa presente come il rischio in Italia sia doppio rispetto agli altri Paesi europei perché abbiamo buone leggi, ma mal applicate. Invitiamo dunque i membri della Commissione a lavorare affinché nella modifica del Testo unico non si guardi solo all’aspetto dell’incolumità fisica, che è principale, ma anche a quello dell’accessibilità, che è un mezzo di prevenzione.

PRESIDENTE
Desidero dare una risposta al dottor Palmieri. In primis, il testo al quale lei fa riferimento è il decreto correttivo del decreto legislativo n. 81 del 2008. Sono già stati espressi in merito i pareri delle Commissioni competenti di Camera e Senato e questa Commissione se ne è occupata nel momento dell’emanazione del decreto stesso da parte del Governo.
Noi cerchiamo di fare del nostro meglio sulla questione della cultura e dell’accessibilità. È un discorso complesso, ma io non considererei l’Italia così lontana dagli altri Paesi europei, che noi abbiamo peraltro avuto modo di visitare. L’ultimo rapporto dell’INAIL è molto chiaro su questo tema: negli ultimi due anni vi è stato un abbattimento significativo del numero dei morti sul lavoro: meno 10 per cento nel 2006-2007 e meno 7,2 per cento nel 2007-2008. Lo stesso numero degli infortuni è sceso intorno a 870.000, considerando tutte le casistiche.
C’è senz’altro molto da fare, ma noi stiamo andando avanti, con l’impegno profuso da tutti noi anche da associazioni come la vostra. Non facciamo quindi affermazioni che sono ormai datate, perché le epoche avanzano e noi dobbiamo fotografare l’esistente.
Tranne un’eccezione, infatti, negli ultimo otto anni vi è stato un calo del numero degli infortuni sul lavoro. Bisogna poi tenere conto di un aspetto: spesso in altre nazioni d’Europa gli infortuni in itinere vengono estrapolati dal computo degli infortuni e, quindi, il dato finale esclude questa casistica. Anche nel caso dei dati forniti dall’INAIL qualche giorno fa, cui facevo riferimento, vi sono quasi 300 infortuni in itinere che noi riteniamo essere infortuni sul lavoro a tutti gli effetti. Il discorso va inserito in questo quadro; quindi, per tanti aspetti siamo nelle stesse condizioni di altre nazioni dell’Europa, quali la Francia o la Germania.
Cerchiamo di credere nelle azioni che portiamo avanti, altrimenti si rischia di recitare una sorta di ritornello, secondo cui siamo sempre gli ultimi.
Noi siamo come tanti altri: abbiamo qualche pregio e tantissimi difetti. Cerchiamo perciò di vedere la situazione in questo modo. Se si esaminano le statistiche dell’Unione europea, ci si rende conto di tale situazione.
Si consideri poi che in Italia disponiamo di una struttura di certificazione unica, che è l’INAIL; questo è importante e costituisce un quadro di riferimento di notevole certezza e attenzione, che non ci risulta esistere in altre Nazioni europee
Che ci siano situazioni da migliorare è vero, anche perché la nostra battaglia terminerà quando il dato sugli infortuni e il dato sulle morti sul lavoro si sarà azzerato. Continuiamo a lavorare, quindi, con la consapevolezza che tutte le istituzioni, e anche le associazioni, sono mobilitate in tal senso. Desideravo dirvi ciò perché, altrimenti, rischiamo di lasciarci andare ad una retorica stantia e la situazione non è affatto tale.

PALMIERI
Presidente, io però parlavo di accessibilità e non di statistiche sugli incidenti mortali.

PRESIDENTE
Sì, ma anche il significato di accessibilità va ben compreso, perché è un concetto molto generico. Se con accessibilità ci riferiamo ai soggetti portatori di handicap, allora bisogna comprendere quali lavori questi devono svolgere e – al di là dell’accessibilità – se li possono svolgere oppure no; altrimenti, scadiamo in una retorica addirittura peggiore di quella cui mi riferivo. I cantieri hanno delle strutture che, secondo la legge, sono sicure: poi, purtroppo, c’è chi trasgredisce.
Noi stiamo approfondendo anche la questione delle certificazioni CE, per capire se esse corrispondano alle nostre garanzie; ipotizziamo inoltre di sostenere misure di rottamazione di macchine e strutture nel settore edilizio, così come accade per il settore automobilistico.
Vi è quindi tutto un lavoro, le cui risultanze sono pubblicate sul sito di questa Commissione, che può essere utile per capire cosa cerchiamo di fare per dare delle risposte ed essere particolarmente attivi in questo senso (naturalmente sempre nel limite delle nostre funzioni).

TRIESTE
Presidente, desidero ringraziare lei e tutti i membri della Commissione. Tra l’altro, per noi questa è la prima audizione, stiamo imparando ed è quindi estremamente importante.
La mentalità di FIABA non è certo quella di lamentarci. L’obiettivo è raggiungere dei primati. Poiché il nostro Paese è primo in tante cose rispetto al resto del mondo, ci piacerebbe, come lei diceva, arrivare anche in questo settore al giorno in cui avremo un numero di morti e di incidenti sul lavoro pari allo zero. Allora potremo essere davvero soddisfatti e rappresentare altresì un modello per il mondo intero.
È con questa filosofia che FIABA si muove in tutti i settori. Quando parliamo di accessibilità, parliamo soprattutto della libertà dell’essere umano nel muoversi, qualunque siano le sue condizioni. Lo scienziato inglese Stephen Hawking, pur essendo totalmente immobilizzato, per le capacità mentali è una vera autorità rispetto a suoi colleghi che pure sono fisicamente avvantaggiati.
Siamo bravi a sviluppare delle teorie, ma vogliamo diventare altrettanto bravi nell’applicarle. È in questa direzione che noi spingiamo perché, all’interno della tematica del rispetto del lavoro, non vi è solo la questione della tutela del posto di lavoro (cui tutti i cittadini hanno diritto) ma anche quella di far sì che, correndo meno rischi, si abbia più entusiasmo nel lavorare e si possa godere della vita e del piacere di muoversi liberamente nelle nostre città e nel mondo.

PRESIDENTE
Ringrazio gli auditi e auguro loro buon lavoro, aggiungendo che se vi fossero documenti che, anche in corso d’opera, riterrete opportuno inviare, fin d’ora ve ne siamo grati.
Dichiaro conclusa l’audizione.
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Fonte: Senato della Repubblica