Cassazione Penale, Sez. 4, 16 marzo 2011, n. 10656 - Tutela dell'incolumità dei dipendenti e dei terzi
Responsabilità per infortunio mortale di un terzo.
Era accaduto che la committente A., che gestiva il condominio di (OMISSIS) di proprietà del Comune di (OMISSIS), aveva appaltato lavori di manutenzione straordinaria alla Società Mario D'A. s.r.l. per l'esecuzione di opere di ripavimentazione del cortile ed apertura di un passo carraio; a sua volta la D'A. aveva subappaltato le opere alla Società P.s.a.s..
Il giorno (OMISSIS) verso le ore 14-30, G.G. che stava nei pressi della sua abitazione era stato investito e schiacciato da un autocarro, di proprietà della Società P. e guidato da B. F., che proveniente dall'ingresso di (OMISSIS) stava effettuando retromarcia senza la possibilità di vedere la parte retrostante nonostante gli specchi retrovisori ed in assenza di un operaio a terra incaricato di segnalare la presenza di persone ed ostacoli. L'area dove era avvenuto l'incidente era adibita a cantiere ma contemporaneamente vi era passaggio di persone; per indicare la presenza del cantiere erano state apposti solo dei nastri bianchi e rossi.
La posizione dei singoli imputati era così individuata:
- C.A., legale rappresentante della Società P. s.a.s., era accusato di avere violato il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 228 per non avere adibito una persona per provvedere alle necessarìe segnalazioni da impartire al conducente dell'autocarro Iveco; nonchè per avere violato il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 non avendo cooperato con l'Impresa D'alessio all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi.
- S.F., funzionario dell'A. - ente committente - e responsabile dei lavori, era accusato di avere violato il D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5, comma 1, lett. a e art. 6, comma 2 per non avere verificato l'attuazione delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro.
- D.N., funzionario dell'A. era direttore dei lavori e coordinatore in fase di esecuzione e direttore operativo, era accusato di non avere verificato, non ottemperando al disposto D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5, comma 1, lett. a con opportune azioni di coordinamento e controllo l'attuazione delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e coordinamento con la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro.
- F.M., capo cantiere della Società Mario D'A. s.r.l., era accusato di avere contravvenuto all'art. 12, comma 3, cit. D.Lgs. per non avere controllato in cantiere quanto contenuto nel piano di sicurezza e coordinamento, in particolare in ordine alla recinzione, agli accessi, alla segnaletica e viabilità del cantiere.
Ricorrono in Cassazione - La Corte di Cassazione 4^ Sezione Penale annulla senza rinvio la sentenza impugnata ai fini penali nei confronti di F.M., D.N. e S.R., perchè estinto il reato per prescrizione. Rigetta i ricorsi di tali ricorrenti ai fini civili.
Dichiara inammissibile il ricorso di C.A..
Afferma la Suprema Corte che "In particolare, in ordine alle specifiche doglianze fatte valere dagli imputati, va detto che i Giudici di merito hanno correttamente messo in evidenza la posizione di garanzia di cui erano titolari gli stessi nella gestione del cantiere per la tutela dell'incolumità dei dipendenti e dei terzi, essendo stato impiantato il cantiere nell'ambito di un cortile condominiale con passaggio di persone.
Parimenti, sono stati individuati analiticamente gli elementi di colpa addebitabili a ciascuno di essi.
D'altro canto, ricorre nel caso di specie il rapporto di causalità materiale tra la condotta omissiva di F., D., S. e l'evento, accertamento questo che, come è noto, configura un giudizio di fatto riservato al Giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente e logicamente motivato.
Inoltre, ricorre la corrispondenza causale tra la violazione della regola cautelare posta a carico dei prevenuti e la produzione del risultato offensivo; in altre parole, secondo il criterio della cd. "concretizzazione de rischio", risulta, nella vicenda in esame, che l'evento lesivo verificatosi rappresenta la realizzazione del rischio che la norma cautelare violata dagli imputati doveva prevenire.
Pertanto, i ricorsi dei ricorrenti medesimi concernenti le statuizioni civili vanno rigettati."
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente -
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere -
Dott. GALBIATI Ruggero - rel. Consigliere -
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere -
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1. C.A. N. il (OMISSIS);
2. F.M. N. il (OMISSIS);
3. D.N. N. il (OMISSIS);
4. S.F.R. N. il (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1549/2006 della Corte di Appello di Milano in data 08/01/2010;
udita la relazione svolta dal consigliere Ruggero Galbiati;
udito il Pubblico Ministero in persona del dott. MAZZOTTA Gabriele che ha concluso per l'annullamento senza rinvio nei confronti di F., D. e S.. Inammissibilità del ricorso di C.;
udito il difensore avv.to Sinicato Federico (per C. e D.).
Fatto
1. Il Tribunale di Milano, con sentenza in data 10-5-2005, dichiarava C.A., D.N., F.M., S. F.R. responsabili per il reato ex art. 113 c.p., art. 589 c.p., commi 1 e 2 per avere nelle rispettive qualità cagionato la morte di G.G., abitante in (OMISSIS), per negligenza, imprudenza, imperizia, nonchè per violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. Il Giudice monocratico, concesse le circostanze attenuanti generiche solo a D. - F. - S., condannava quest'ultimi alla pena di mesi otto di reclusione, e condannava C. alla pena di anni uno di reclusione. Condannava tutti gli imputati in solido al risarcimento dei danni in favore della parte civile da liquidarsi in separato giudizio.
2. In fatto, era avvenuto che la committente A., che gestiva il condominio di (OMISSIS) di proprietà del Comune di (OMISSIS), aveva appaltato lavori di manutenzione straordinaria alla Società Mario D'A. s.r.l. per l'esecuzione di opere di ripavimentazione del cortile ed apertura di un passo carraio; a sua volta la D'A. aveva subappaltato le opere alla Società P.s.a.s..
Il giorno (OMISSIS) verso le ore 14-30, G.G. che stava nei pressi della sua abitazione era stato investito e schiacciato da un autocarro, di proprietà della Società P. e guidato da B. F., che proveniente dall'ingresso di (OMISSIS) stava effettuando retromarcia senza la possibilità di vedere la parte retrostante nonostante gli specchi retrovisori ed in assenza di un operaio a terra incaricato di segnalare la presenza di persone ed ostacoli. L'area dove era avvenuto l'incidente era adibita a cantiere ma contemporaneamente vi era passaggio di persone; per indicare la presenza del cantiere erano state apposti solo dei nastri bianchi e rossi.
La posizione dei singoli imputati era così individuata:
- C.A., legale rappresentante della Società P. s.a.s., era accusato di avere violato il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 228 per non avere adibito una persona per provvedere alle necessarìe segnalazioni da impartire al conducente dell'autocarro Iveco; nonchè per avere violato il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 non avendo cooperato con l'Impresa D'alessio all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi.
- S.F., funzionario dell'A. - ente committente - e responsabile dei lavori, era accusato di avere violato il D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5, comma 1, lett. a e art. 6, comma 2 per non avere verificato l'attuazione delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro.
- D.N., funzionario dell'A. era direttore dei lavori e coordinatore in fase di esecuzione e direttore operativo, era accusato di non avere verificato, non ottemperando al disposto D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5, comma 1, lett. a con opportune azioni di coordinamento e controllo l'attuazione delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e coordinamento con la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro.
- F.M., capo cantiere della Società Mario D'A. s.r.l., era accusato di avere contravvenuto all'art. 12, comma 3, cit. D.Lgs. per non avere controllato in cantiere quanto contenuto nel piano di sicurezza e coordinamento, in particolare in ordine alla recinzione, agli accessi, alla segnaletica e viabilità del cantiere.
3. Il Tribunale, nel merito delle contestazioni, rilevava che l'area condominiale dove si stavano svolgendo i lavori non era separata da quella di libero accesso per gli abitanti e frequentatori del complesso edilizio. Infatti, le opere avevano avuto inizio in ritardo rispetto agli accordi, e cioè nell'aprile 2001, in modo confuso tanto che in alcune parti era iniziata la pavimentazione, in altre avevano avuto inizio gli scavi, in altri punti vi erano ammassi di terra e detriti; operavano nel cantiere contemporaneamente più mezzi meccanici; era stata effettuata un'apertura provvisoria in (OMISSIS) per fare entrare i camion.
Il Tribunale dava pure atto degli elementi di fatto acquisiti secondo cui vi era stata in data (OMISSIS) una riunione tra i rappresentanti della committente A. ( D.N.) e quelli della Società D'A. ( F.M.) ed in quella occasione era emersa la posizione irregolare in cui si trovava la Società P., priva di regolare contratto di subappalto, ed era stato disposto l'allontanamento dal cantiere di tutti i dipendenti di detta Società.
Inoltre, in data (OMISSIS), D.N., per conto della committente A., aveva inviato un fax diretto al responsabile dei lavori S.F. e all'impresa D'A. quale appaltatrice dei lavori invitando quest'ultima a realizzare transenne in prossimità dei futuri lavori di sbancamento per la costruzione di nuovi percorsi pedonali, predisponendo chiara ed efficace segnalazione di divieto di accesso ai non addetti ai lavori.
Peraltro, anche tenuto conto di tale documentazione, in ogni modo pervenuta ai destinatari dopo l'occorso nel primo pomeriggio, il Tribunale riteneva parimenti sussistenti gli addebiti rivolti a D. e S., funzionari dell'A., di non avere verificato adeguatamente e tempestivamente l'applicazione delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e coordinamento.
4. Proposta impugnazione da parte degli imputati, la Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 8-1-2010, confermava la responsabilità dei prevenuti e le pene irrogate.
In ordine all'eccezione sollevata di intervenuta prescrizione, rilevava che la causa di estinzione non era configurabile perchè sia in dispostivo che in motivazione della sentenza di primo grado non vi era alcuna affermazione attestante che le circostanze attenuanti generiche fossero state concesse con giudizio di prevalenza sulle aggravanti, mentre solo in motivazione la pena di otto mesi di reclusione irrogata a D., S., F. veniva giustificata, secondo il Giudice di Appello in base ad un mero errore di calcolo, "per effetto dell'applicazione dell'art. 62 bis cod. pen.". Ne conseguiva che la prescrizione aveva durata complessiva di quindici anni per cui non poteva ritenersi decorsa.
5. I prevenuti presentavano ricorso per cassazione.
C.A. contestava la responsabilità attribuitagli.
Affermava che egli aveva inviato al cantiere un camion pieno di materiale da scaricare affidando la guida dell'autocarro a B. F., il quale era accompagnato da altro operaio tale C..
Invero, secondo la logica comune, avrebbero dovuto provvedere costoro ad evitare ogni danno a terze persone e non certo il proprietario del camion. Chiedeva l'annullamento della decisione.
6. D.N. e S.F. censuravano l'argomentazione svolta dalla Corte di Appello secondo cui l'ampia comunicazione, via fax, inviata dal D. e pervenuta ai destinatari alle ore 10,20 (e quindi prima dell'incidente avvenuto alle ore alle ore 14,30 dello stesso giorno), circa gli adempimenti da attuare per mettere in sicurezza il cantiere non fosse sufficiente ad evitare la configurazione di profili di colpevolezza nei loro confronti per l'accaduto. Aggiungevano che l'incidente era avvenuto a causa del comportamento tenuto dalla Società appaltatrice D'A. e dalla Società subappaltatrice P. che non si erano attenute alle prescrizioni contenute nel Piano di Sicurezza e Coordinamento (redatto dalla A. e dalla D'A.) in cui vi erano precise condizioni per non consentire l'accesso di persone estranee al cantiere e per disciplinare la viabilità pure all'interno della sede di lavoro.
Ne conseguiva l'interruzione del nesso di causalità tra gli eventuali addebiti rivolti ad essi ricorrenti ed il grave occorso.
Censuravano l'affermazione resa dalla Corte di merito secondo cui il Giudice di primo grado aveva inteso effettuare il giudizio di comparazione tra attenuanti generiche ed aggravanti contestate ritenendole equivalenti; per contro, ad avviso del ricorrente, la comparazione era stata compiuta qualificando le attenuanti come prevalenti, tanto era vero che l'applicazione dell'attenuante ex art 62 bis cod. pen. aveva determinato la diminuzione della pena base per 1/3.
Rilevavano che, appunto in considerazione di quanto osservato al punto 2, il reato doveva ritenersi essersi prescritto al 25-11-2008.
In tal senso, chiedevano anche declaratoria di estinzione del delitto contestato.
7. F.M. evidenziava l'insussistenza di omissioni concretamente a lui addebitabili e che potessero ritenersi aver causato l'incidente, mentre questo doveva ascriversi ad altri soggetti. In tal senso, i Giudici di merito non avevano adeguatamente apprezzato le risultanze probatorie, tra l'altro al momento del fatto egli era assente dal cantiere e non era a conoscenza della presenza nella zona di lavoro dei dipendenti della Società P. che erano stati allontanati dal cantiere dal Geom. D. due giorni prima a seguito della riunione tenutasi il (OMISSIS).
Eccepiva anche l'intervenuta prescrizione del reato.
In conclusione, chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata ed in subordine l'annullamento senza rinvio per essere il delitto estinto per prescrizione.
Diritto
1. Deve ritenersi che agli imputati F., D., S. siano state concesse dal Giudice di primo grado le circostanze attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante: in tal senso depone quanto riportato nel dispositivo ed il calcolo della pena effettuato in motivazione. Ne consegue che nei confronti dei predetti il reato di omicidio colposo deve ritenersi essersi prescritto il 25/11/2008 essendo avvenuto il fatto il (OMISSIS).
Al riguardo, si rileva che questa Corte di legittimità ha ripetutamente affermato che, in presenza di una causa estintiva del reato, l'obbligo del Giudice di assolvere per motivi di merito si riscontra solo quando gli elementi rilevatori dell'insussistenza del fatto ovvero della sua non attribuibilità penale al prevenuto emergono in modo incontrovertibile, tanto che la valutazione di essi da parte del Giudice sia assimilabile più ad una constatazione che ad un accertamento.
In altre parole, per pervenire al proscioglimento nel merito dell'imputato, una volta sopraggiunta la prescrizione del reato, deve applicarsi il principio di diritto secondo cui "positivamente" deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l'estraneità dell'imputato per quanto contestatogli e ciò nel senso che si evidenzi l'assoluta assenza della prova di colpevolezza ovvero la prova positiva dell'innocenza dell'imputato, (v. così, Cass. 8-6-2004 n31463; Cass. 18-5-2007 n. 26008; Cass. S.U. 30/09/2010 n 43.055).
Il che non è ravvisabile nel caso di specie.
Difatti, alla luce delle argomentazioni svolte dai Giudici di merito, sono evidenziabili elementi attestanti la condotta colposa attuata dagli imputati F.M., D.N. e S.R. e nè ricorrono profili logico-giuridici tali da escludere la sussistenza del nesso di causalità tra l'azione dei prevenuti e l'evento.
Ne discende che, ai sensi degli artt. 129 e 578 c.p.p., la sentenza impugnata va annullata senza rinvio relativamente alle statuizioni penali, per essere il reato contestato agli anzidetti ricorrenti estinto per prescrizione.
2. Peraltro, la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione non comporta, come è noto, un'automatica conferma delle statuizioni civili, ma in relazione a tale aspetto giuridico il Giudice anche di legittimità deve prendere in esame i motivi di ricorso, con accertamento di essi in modo esaustivo e non limitato al riscontro della mancanza di prova dell'innocenza dell'imputato ex art. 129 c.p.p., comma 2 (v. così, Cass. 8-6-2004 n. 31464).
Sul punto, va detto che i Giudici di merito hanno manifestato un logico, coerente ed adeguato apparato argomentativo con il quale sono stati in modo ampio evidenziati ed esaminati gli elementi di prova a disposizione, è stata fornita una corretta e ragionevole interpretazione di essi, sono state indicate le specifiche ragioni che hanno indotto a scegliere alcune conclusioni processuali e non altre, sono state date risposte esaustive alle obbiezioni della difesa.
In particolare, in ordine alle specifiche doglianze fatte valere dagli imputati, va detto che i Giudici di merito hanno correttamente messo in evidenza la posizione di garanzia di cui erano titolari gli stessi nella gestione del cantiere per la tutela dell'incolumità dei dipendenti e dei terzi, essendo stato impiantato il cantiere nell'ambito di un cortile condominiale con passaggio di persone.
Parimenti, sono stati individuati analiticamente gli elementi di colpa addebitabili a ciascuno di essi.
D'altro canto, ricorre nel caso di specie il rapporto di causalità materiale tra la condotta omissiva di F., D., S. e l'evento, accertamento questo che, come è noto, configura un giudizio di fatto riservato al Giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente e logicamente motivato.
Inoltre, ricorre la corrispondenza causale tra la violazione della regola cautelare posta a carico dei prevenuti e la produzione del risultato offensivo; in altre parole, secondo il criterio della cd. "concretizzazione de rischio", risulta, nella vicenda in esame, che l'evento lesivo verificatosi rappresenta la realizzazione del rischio che la norma cautelare violata dagli imputati doveva prevenire.
Pertanto, i ricorsi dei ricorrenti medesimi concernenti le statuizioni civili vanno rigettati.
3. Il reato contestato ad C.A., al quale non sono state concesse le circostanze attenuanti generiche, non risulta prescritto, dovendosi applicare in tal caso la prescrizione complessiva di anni 15. Il ricorso avanzato dal predetto si palesa sostanzialmente generico e manifestamente infondato, inteso a disattendere, senza valida argomentazione, la specifica responsabilità ricorrente a suo carico.
Il C. va condannato al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di ragioni di esonero, anche al versamento della sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
La Corte di Cassazione 4^ Sezione Penale annulla senza rinvio la sentenza impugnata ai fini penali nei confronti di F.M., D.N. e S.R., perchè estinto il reato per prescrizione. Rigetta i ricorsi di tali ricorrenti ai fini civili.
Dichiara inammissibile il ricorso di C.A., che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2011