Cassazione Penale, Sez. 4, 28 marzo 2011, n. 12462 - Disturbo ansioso-depressivo misto: Mobbing


 

 

 
 
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente

Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto - rel. Consigliere

Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) C.F. N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 374/2009 CORTE APPELLO di TORINO, del 11/03/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/02/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSAFRA Umberto;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. RIELLO Luigi che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore Avv. Pietrangeli Barnabei Mauro, del Foro di Roma, in sostituzione dell'Avv. Dell'Abate Rosario A., del Foro di Rivarolo Canavese, difensore di fiducia del ricorrente, che si riporta ai motivi di ricorso ed insiste nel loro accoglimento.

 

FattoDiritto

 

Con sentenza in data 11.3.2010, la Corte di Appello di Torino, in parziale riforma di quella emessa in data 24.9.2008 del Tribunale di Torino-Sezione distaccata di Chivasso che aveva affermato la penale responsabilità di C.F. in ordine al delitto di lesioni personali colpose, aggravate dalla violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro, in danno di V.L. (disturbo ansioso-depressivo misto, sostanzialmente "mobbing", fino al (OMESSO)), valutate come prevalenti le circostanze attenuanti generiche, rideterminava la pena inflitta a C.F. in euro 200,00 di multa.

 

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il difensore di fiducia di C.F. deducendo la mancanza e manifesta illogicità della motivazione e la violazione dell'articolo 597 c.p.p. con specifico riferimento ai capi e punti relativi al risarcimento del danno e alla provvisionale (di euro 10.000) riconosciuti in primo grado in favore della parte civile costituita e su cui la sentenza impugnata, nonostante lo specifico motivo di appello, aveva omesso di pronunciarsi, e tanto benchè, a seguito di perizia disposta in grado di appello, fosse stato notevolmente ridimensionato il danno ipotizzato in capo alla parte civile.

 

Il ricorso è inammissibile, trattandosi di censure non prospettate autonomamente con l'atto di gravame e comunque totalmente generiche.

 

In effetti, la sentenza impugnata tace in tema di interessi civili, di risarcimento del danno, di provvisionale e di spese in favore dalla parte civile costituita: ma ve n'è ampia ragione.

Invero, si trattava non di veri ed autonomi motivi di appello, bensì di mere richieste conclusive del tutto aspecifiche ed articolate solo in via subordinata e "necessariamente" (avverbio adoperato al riguardo nell'atto di appello: pag. 18) dipendente dall'accoglimento delle precedenti censure in tema di responsabilità penale, come diretta conseguenza dell'eventuale assoluzione impetrata e non già della mera riduzione della pena a seguito del giudizio di prevalenza delle concesse circostanze attenuanti generiche oggetto di ulteriore e successiva richiesta.

Sicchè il silenzio serbato al riguardo, ovverossia l'implicito rigetto di tali collegate richieste finali riposa, con tutta evidenza, sulla congrua e corretta motivazione a sostegno della conferma della responsabilità penale del ricorrente.

Peraltro, l'aspecificità delle doglianze in tema di interessi civili in sede di appello si ripercuote su quelle oggetto del ricorso in esame che s'appalesano del pari del tutto generiche.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in euro 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.