Cassazione Penale, Sez. 4, 09 marzo 2011, n. 9400 - Responsabilità per omissione di presidi di sicurezza nella macchina
Responsabilità del direttore generale ed institore di una S.p.A. per aver cagionato al lavoratore C. M. lesioni personali gravi consistite in una "frattura esposta terzo e quarto mc mano dx", dalle quali derivava una malattia giudicata guaribile in più di quaranta giorni.
Il profilo colposo contestato riguardava l'inosservanza del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 35, comma 1, e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articoli 41 e 68.
L'infortunio si era verificato mentre il lavoratore stava avviando il ciclo produttivo su una trafilatrice in quanto la sua mano destra veniva schiacciata dalla barra in corso di inserimento nell'imboccatura della macchina.
Assolto in primo grado, viene condannato in appello e avverso quest'ultima sentenza ricorre in Cassazione - Rigetto.
Afferma la Corte che "la sentenza impugnata ha evidenziato che l'incidente si è verificato nella fase di attrezzamento della macchina trafilatrice, fase in cui l'operatore poteva accedere alla parte della macchina ove avviene l'imbocco della barra per l'inizio del nuovo ciclo delle operazioni di trafilatura. In tale fase esisteva un rischio di schiacciamento delle mani, poichè erano privi di protezione elementi mobili, quali le ganasce e il carrello porta pezzo, che veniva azionato manualmente. "
"Rilevava altresì la sentenza impugnata che era stato accertato che i comandi della macchina consentivano all'operatore un controllo soltanto parziale degli elementi mobili della macchina, non sufficiente ad evitare condizioni di pericolo, collegate al rapido avvicinamento della barra alla bocca della trafila, una volta azionato il comando che serra le ganasce, come appunto si è verificato nella fattispecie di cui è processo."
Conclude dunque che correttamente i giudici della Corte di appello "hanno ritenuto che l'imputato aveva violato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 68, dal momento che, nella sua qualità di direttore generale ed institore della ditta "S.A. E. G. M. S.p.A.", aveva consentito che la zona pericolosa di operazione non fosse adeguatamente protetta o comunque provvista di dispositivi di sicurezza."
E' pacifico che "la responsabilità può essere esclusa solo nel caso di assoluta impossibilità di apporre le idonee protezioni e di dotare le macchine di dispositivi di sicurezza, in quanto la normativa sopra indicata mira a proteggere i lavoratori anche da eventi accidentali, indipendenti dal comportamento del lavoratore medesimo. Nella fattispecie di cui è processo, invece, era assolutamente possibile dotare la macchina delle protezioni e dei dispositivi di sicurezza, tanto che un dispositivo conforme alle prescrizioni normative è stato montato sulla macchina dopo l'infortunio."
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORGIGNI Antonio - Presidente
Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere
Dott. D'ISA Claudio - Consigliere
Dott. MARINELLI Felicetta - rel. Consigliere
Dott. MONTAGNi Andrea - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) G. A. N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 2893/2009 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 29/06/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/02/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI;
udito il P.G. in persona del Dott. D'Ambrosio Vito che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Bonvicini Massimo del foro di Brescia che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
Fatto
G. A. è stato tratto a giudizio davanti al Tribunale di Brescia per rispondere del reato di cui all'articolo 40 cpv e articolo 590 c.p., comma 1, articolo 111 c.p., articolo 583 c.p., comma 1, n. 1 per avere, in qualità di direttore generale ed institore della ditta "S.A. E. G. M. S.p.A." cagionato al lavoratore C. M. lesioni personali gravi consistite in una "frattura esposta terzo e quarto mc mano dx", dalle quali derivava una malattia giudicata guaribile in più di quaranta giorni.
Il profilo colposo contestato riguardava l'inosservanza del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 35, comma 1, e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articoli 41 e 68.
L'infortunio si era verificato il (Omissis) in (Omissis): il C. si infortunava mentre stava avviando il ciclo produttivo sulla macchina trafilatrice sita nel reparto barre della S.A. E. G. M., in quanto la sua mano destra veniva schiacciata dalla barra in corso di inserimento nell'imboccatura della trafilatrice.
Con sentenza del 16.02.08 il Tribunale di Brescia aveva assolto G.A. dal reato di cui sopra perchè il fatto non costituisce reato.
Avverso tale decisione ha proposto appello il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Brescia.
La Corte di Appello, con la sentenza oggetto del presente ricorso emessa in data 29.06.2010, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava G.A. colpevole del delitto ascrittogli e lo condannava alla pena di euro 1500,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
Avverso la predetta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l'imputato, a mezzo del suo difensore, e concludeva chiedendone l'annullamento con o senza rinvio.
All'udienza pubblica dell'11/02/2011 il ricorso era deciso con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito.
Diritto
G.A. ha censurato la sentenza impugnata per i seguenti motivi:
1) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) per per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo della sentenza impugnata e da altri atti del procedimento tra cui il verbale di prescrizione e la relazione della Asl, acquisiti agli atti del dibattimento, nonchè la relazione del consulente tecnico della difesa con riguardo all'elemento soggettivo del reato di lesioni colpose commesso con violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro. Mancata applicazione dei criteri di valutazione delle prove sia con riguardo alla dinamica dell'infortunio, sia con riguardo alle condizioni di sicurezza delle operazioni, con omessa indicazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati nella motivazione, e per l'effetto con violazione degli articoli 192 e 546 cod. proc. pen..
Secondo il ricorrente la sentenza di primo grado aveva correttamente ricostruito la dinamica dell'infortunio, in termini diversi da quelli ipotizzati dalla persona offesa, in quanto aveva ritenuto che il C., nella fase di avvio del ciclo, stesse guidando la mano nella trafila con la mano destra e, mentre agiva contemporaneamente con la sinistra sui pulsanti, la mano destra fosse rimasta schiacciata tra la barra e l'imbocco. L'operatore avrebbe pertanto tenuto una condotta in contrasto con le prescrizioni date dall'azienda secondo cui in siffatta operazione andava impiegato l'apposito attrezzo. La Corte territoriale invece aveva effettuato una motivazione basata esclusivamente sulla versione resa dall'infortunato, senza considerare le argomentazioni contenute nella relazione del consulente della difesa e senza dar conto di quanto riferito dall'ufficiale di polizia giudiziaria della Asl, che non aveva escluso che l'infortunio fosse avvenuto durante la fase di imbocco, in cui l'operatore tentava di guidare manualmente la barra nella trafila, agendo nel contempo sui pulsanti. La sentenza impugnata, inoltre, ad avviso del ricorrente, non aveva considerato le prescrizioni di natura tecnica contenute nella direttiva macchine, che integrano il precetto normativo, direttiva che consentiva di ritenere la conformità alle prescrizioni tecniche del macchinario oggetto dell'infortunio.
2) Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale. Elemento soggettivo del reato di lesioni colpose commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro: articolo 43 cod. pen. in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articoli 41 e 68.
Osservava sul punto il ricorrente che nel macchinario in oggetto non solo erano presenti pulsanti incassati per prevenire l'avviamento incidentale, ma il macchinario era altresì dotato, secondo quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 69, anche in via sussidiaria, di dispositivi di arresto immediato della macchina. Pertanto, in contrasto con quanto ritenuto nella sentenza impugnata, gli interventi eseguiti successivamente all'infortunio a seguito della diffida degli organi di controllo e vigilanza hanno tenuto proprio conto dell'infortunio in oggetto; non potendo gli interventi porsi, con giudizio ex ante, nell'ottica della prevedibilità del rischio, se è vero, come risulta anche dalla sentenza, che in passato mai nessun infortunio si era verificato.
Ad avviso del ricorrente, pertanto, sarebbe erronea l'interpretazione della legge penale effettuata nella sentenza impugnata sia con riguardo al profilo della prevedibilità, sia con riguardo al profilo di colpa specifica ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 68.
Il proposto ricorso è infondato.
La Corte di Appello, infatti, ha correttamente evidenziato i profili di colpa in capo allo G..
In particolare la sentenza impugnata ha evidenziato che l'incidente si è verificato nella fase di attrezzamento della macchina trafilatrice, fase in cui l'operatore poteva accedere alla parte della macchina ove avviene l'imbocco della barra per l'inizio del nuovo ciclo delle operazioni di trafilatura. In tale fase esisteva un rischio di schiacciamento delle mani, poichè erano privi di protezione elementi mobili, quali le ganasce e il carrello porta pezzo, che veniva azionato manualmente. E stato appunto in tale fase che il C. si è trovato con la mano destra nella zona pericolosa e ha subito il trapassamento della stessa. Rilevava altresì la sentenza impugnata che era stato accertato che i comandi della macchina consentivano all'operatore un controllo soltanto parziale degli elementi mobili della macchina, non sufficiente ad evitare condizioni di pericolo, collegate al rapido avvicinamento della barra alla bocca della trafila, una volta azionato il comando che serra le ganasce, come appunto si è verificato nella fattispecie di cui è processo.
Correttamente quindi i giudici della Corte di appello hanno ritenuto che l'imputato aveva violato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 68, dal momento che, nella sua qualità di direttore generale ed institore della ditta "S.A. E. G. M. S.p.A.", aveva consentito che la zona pericolosa di operazione non fosse adeguatamente protetta o comunque provvista di dispositivi di sicurezza durante il funzionamento in modalità manuale. Per quanto attiene poi alla dinamica dell'incidente i giudici della Corte territoriale osservavano correttamente che non vi era ragione di dubitare delle precise dichiarazioni dell'infortunato, confermate in dibattimento, ma che, comunque, se anche si volesse ipotizzare che il C. avesse attivato la chiusura delle morse con la mano sinistra, mentre ancora la mano destra si trovava in zona operativa, ciò non escluderebbe la responsabilità del datore di lavoro, che aveva omesso di dotare la zona pericolosa della macchina delle protezioni necessarie. è infatti pacifico che la responsabilità può essere esclusa solo nel caso di assoluta impossibilità di apporre le idonee protezioni e di dotare le macchine di dispositivi di sicurezza, in quanto la normativa sopra indicata mira a proteggere i lavoratori anche da eventi accidentali, indipendenti dal comportamento del lavoratore medesimo. Nella fattispecie di cui è processo, invece, era assolutamente possibile dotare la macchina delle protezioni e dei dispositivi di sicurezza, tanto che un dispositivo conforme alle prescrizioni normative è stato montato sulla macchina dopo l'infortunio.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.