Tribunale di Bologna, Sez. Pen., 21 febbraio 2011 - Caduta al suolo e responsabilità


 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

TRIBUNALE DI BOLOGNA

 

SEZIONE PENALE

 

il Giudice dott.ssa Luciana Caselli

 

all'udienza dibattimentale del 14.12.2010

 

Con l'intervento del P.M. Dott. M. Sgarbi (Vpo)

 

e con l'assistenza del cancelliere G. Cavallo

 

ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo

 

la seguente

 

SENTENZA

 

Nei confronti di:

 

C.G. nato il ***

 

Ivi residente

 

Contumace

 

D.D.

 

nata il ***

 

residente a ***

 

Contumace

 

P.A.

 

nato ***

 

residente a ***

 

Come presente

 

IMPUTATI

 

tutti:

 

a) del delitto di cui agli artt. 590 co. I, II e III in relazione all'art. 583 co. I n. 1) c.p. perché, nella rispettiva qualità C. di amministratore unico dell'omonima ditta s.r.l. con sede in Afragola Na ditta appaltante i lavori, D'A. di socio accomandatario dell'impresa D.M. s.a.s. con sede in Raccarainola Na ditta appaltatrice, P. di direttore tecnico dei lavori per conto dell'impresa D.M. e quindi preposto, per colpa consistente in negligenza, imprudenza, imperizia e violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro indicate sub b), cagionava lesioni personali gravi (trauma cranio facciale commotivo, fratture plurime massiccio facciale e frattura polso sinistro da precipitazione, trauma toracico chiuso) dalle quali derivava una malattia con durata superiore ai quaranta giorni al lavoratore dipendente della D.M. M.R..

 

In particolare perché, mentre il M. era intento a montare un velux sul tetto dell'edificio in costruzione nel cantiere di via ***, precipitava al suolo attraverso l'apertura predisposta sulla falda per l'installazione dell'infisso, in quanto la medesima priva di adeguata protezione ed il lavoratore sprovvisto di cintura di sicurezza. C.G., D'A.D.:

 

b) del reato di cui agli artt. 10 co. 1, 16 e 77 D.P.R. 164/56, 43 co. 5 lett. a), 89 co. 2 lett. a) D.Lgs. 626/94, perché, nelle rispettive qualità descritta sub a), omettevano di realizzare idonee opere provvisionali per l'esecuzione di lavori ad altezza superiore a metri due, nonché omettevano di disporre ed esigere che i lavoratori facessero uso di cintura di sicurezza per l'esecuzione dei lavori sul tetto a falda particolarmente inclinata descritti sub a), omettendo infine di fornire ai medesimi lavoratori l'addestramento per l'uso della cintura di sicurezza.

 

P.:

 

c) del reato di cui agli artt. 10 co. 1, 78 lett. b) D.P.R. 164/56, 43 co. 5 lett. a), 89 co. 2 lett. a) D.Lgs. 626/94 perché, nella qualità descritta sub a), omettevano di esercitare la dovuta vigilanza sui lavoratori per garantire l'osservanza da parte di questi delle norme previste per l'uso delle cinture di sicurezza nei lavori sul tetto a falda particolarmente inclinata.

 

In Bologna, il ***

 

 

FattoDiritto

 

Con decreto emesso dal Pubblico Ministero in data 6.8.07, C.G., D'A.D. e P.A., in atti generalizzati, erano citati a giudizio per rispondere dei reati a loro rispettivamente ascritti, come in epigrafe enunciati. All'udienza del 9.1.08, aperto il dibattimento, il Pubblico Ministero formulava richiesta per l'esame dei testi di cui alla lista che, nulla osservando le difese, veniva ammessa con l'esame dei testi della lista nell'interesse di D'A.D. e P.A..

 

Nel corso dello svolgimento dell'istruttoria dibattimentale, col consenso delle parti, si acquisiva il verbale di s.i. della persona offesa, M.R., rese il 9.6.06; si assumevano le testimonianze degli operanti, B.P. e L.A., nonché quelle dei testi a difesa C.S. e S.G., e con l'acquisizione di rilievi fotografici.

 

Previo consenso delle parti alla rinnovazione, mediante lettura, degli atti compiuti dinanzi ad altro Giudicante, con il consenso delle parti, si acquisiva la consulenza tecnica dell'Arch. S.D. - con rinuncia degli ulteriori testi della difesa -, i verbali di ispezione ed i documenti relativi all'infortunio in contestazione di cui al verbale di udienza, si procedeva infine all'esame di P.A. ed all'acquisizione del P.O.S. (Piano Operativo di Sicurezza) della ditta D'Av.D.. All'odierna udienza, infine, esaurita l'istruttoria dibattimentale, il Giudice, sentite le conclusioni delle parti in epigrafe riportate, pronunciava sentenza con lettura del dispositivo.

 

Va premesso che a C.e., D'A.D. ed a P.A. è contestato, il Cr. nella qualità di amministratore unico dell'omonima ditta s.r.l. con sede in Afragola (Na) (ditta appaltante i lavori), D'A.D. nella qualità di socio accomandatario della s.a.s. D.M. con sede in Roccarainola (ditta appaltatrice), e P.A. nella qualità di direttore tecnico dei lavori per conto dell'impresa D.M. e quindi preposto, per colpa consistente in negligenza, imprudenza, imperizia e violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (e cioè omettendo di realizzare idonee opere provvisionali per l'esecuzione dei lavori ad una altezza superiore a due metri, di disporre nonché esigere che i lavoratori facessero uso di cintura di sicurezza per l'esecuzione dei lavori sul tetto a falda particolarmente inclinata e di fornire ai lavoratori l'addestramento per l'uso della cintura di sicurezza), di avere cagionato a M.R. (dipendente della D.M.) lesioni personali gravi (trauma cranio facciale commotivo, fratture plurime massiccio facciale e frattura polso sx. da precipitazione, trauma toracico chiuso), dalle quali derivava una malattia con durata superiore a 40 gg.. In particolare, mentre il Mu. era intento a montare un velux sul tetto dell'edificio in costruzione nel cantiere di via ***, precipitava al suolo attraverso l'apertura predisposta sulla falda per l'installazione dell'infisso, in quanto la medesima era priva di adeguata protezione ed il lavoratore sprovvisto di cintura di sicurezza.

 

Passando alla disamina delle risultanze processuali, dalle sommarie informazioni di M.R. si desume che il giorno dell'infortunio (il 10.1.06), egli lavorava nel cantiere di Bologna, via ***, come dipendente della D.M.; in ordine alla dinamica dell'infortunio, M. ha dichiarato che ricordava "poco" ("specie per quanto è accaduto dopo") ma che, al momento dell'infortunio, era impegnato a montare una finestra con altri due operai, precisando che ciascuno di loro aveva in dotazione una cintura di sicurezza con bretelle da nessuno indossata in quanto non vi erano punti di ancoraggio - né essi erano stati in precedenza predisposti - e che P.A., nella sua qualità di caposquadra, dirigeva i lavori di montaggio delle finestre; non ricordava, infine, se vi fosse un'impalcatura di protezione sotto le finestre sul lato interno. Ha aggiunto che aveva in dotazione scarpe, guanti e casco di protezione e che erano stati istruiti sulle modalità d'uso dei D.P.I. (v. verbale di s.i. rese da M.R. il 9.9.06).

 

All'esito della verifica effettuata sul posto, B.P. - intervenuto il giorno stesso dell'infortunio - (in servizio, all'epoca del fatto, presso l'Ausl di Bologna - Servizio Protezione Sicurezza Ambiente di Lavoro -), aveva individuato il punto di impatto del M. al suolo in corrispondenza di una macchia di sangue - ancorché ripulita - situata al di sotto di un'apertura nel tetto; ha dichiarato che, grazie al ponteggio adiacente al fabbricato, "salire sul tetto non aveva condizioni particolari di pericolo" - e che, salendo sul tetto, appurava l'esistenza di una "linea di vita" in cima al coperto (e cioè una fune fissata ed un cavo in acciaio con i due tubolari all'estremità del coperto, alla quale il lavoratore si poteva agganciare), facente parte integrante del coperto stesso. Al riguardo, il teste ha precisato che tale fune era un punto d'aggancio inidoneo, in quanto avrebbe potuto garantire la caduta al lavoratore che si trovasse in corrispondenza dell'apertura della finestra nel punto più alto; per contro, chi si trovasse nel punto basso, per il cd."effetto pendolo", poteva nella caduta sbattere contro la parete laterale; si rendeva piuttosto necessario un sistema di funi per una corretta trattenuta.

 

Il teste L.A. (patimenti, in servizio presso l'Ausl di Bologna - Servizio Prevenzione Sicurezza Ambiente di Lavoro -), intervenuto sul cantiere il giorno seguente l'infortunio, procedeva al sequestro del cantiere medesimo per le "condizioni non proprio sicure dell'intero cantiere", dato che quasi tutte le aperture nel tetto (ove avrebbero dovuto essere installate le finestre) erano prive di protezioni nella parte inferiore, il ponteggio - installato sui quattro lati della costruzione - aveva diverse carenze (appoggio scorretto del piede del ponteggio sul perimetro della costruzione, scorretto ancoraggio del ponteggio alla costruzione con filo di ferro, mancanza del corrente intermedio del ponteggio); inoltre, un'apertura in corrispondenza del vuoto - lungo la scala, non era protetta ed i parapetti si presentavano incompleti. In particolare, rispetto all'infortunio a seguito di caduta del lavoratore dall'alto, si constatava la mancanza di un'idonea opera provvisionale - per lavori eseguiti ad oltre due metri di altezza ed in presenza di un'apertura nel coperto sul solaio del primo piano -, quali un ponteggio, un trabatello od un ponte su ruote che impedisse una caduta, la mancanza di un piano d'uso delle cinture di sicurezza e di formazione, nonché l'addestramento all'uso delle cinture di sicurezza dei lavoratori - che di norma prevedeva il rilascio di un documento di avvenuta formazione e di avvenuto addestramento controfirmato dal lavoratore stesso -. In ordine alla realizzazione dei lavori nel cantiere in questione, l'operante accertava che C.G. rivestiva la carica di legale rappresentante della ditta capofila di un'associazione temporanea di imprese che aveva in appalto i lavori di ristrutturazione dell'edificio, la quale subappaltava alla ditta D.a. i lavori per il montaggio e l'installazione degli infissi.

 

Dall'atto di assegnazione di incarico di direttore tecnico dei lavori e responsabile della sicurezza del cantiere di Bologna, emerge inoltre che, a fare data dall'8.1.06, P.A. veniva delegato dalla legale rappresentante della D.M. s.a.s allo svolgimento dell'incarico di direttore dei lavori e della sicurezza c/o la suddetta impresa per il cantiere di Bologna, in via (...) (v. testimonianza di B.P. all'udienza del 25.11.08, testimonianza di L.A. all'ud. del 25.11.08, rilievi fotografici, visure camerale, contratto di appalto tra C.G. e D.M. s.a.s.).

 

P.A., nel corso del dibattimento, ha dichiarato che rivestiva la carica di responsabile della sicurezza per la ditta D.M. dal giorno dell'infortunio. Prima dell'inizio dei lavori, aveva tenuto una riunione con gli operai ed in quella sede impartiva l'istruzione per lo svolgimento dei lavori di montaggio degli infissi di tipo "velux": in particolare, M.R. avrebbe dovuto rimanere al piano di calpestio per fornire le indicazioni necessarie al gruista, il quale sollevava con la gru l'infisso nell'apertura (trovandosi all'altro lato dell'edificio ed a causa del tetto spiovente, questi infatti non vedeva coloro che installavano l'infisso) attraverso un balcone prospiciente la gru (dal lato opposto rispetto a quello in cui veniva montato l'infisso); per contro, P., unitamente al G., rimaneva sul ponteggio laterale per montare le staffe nella parte inferiore - sulle quali installare l'infisso - e per il tramite del lucernaio, guardava il M.; tuttavia, il M. saliva sul tetto - tramite l'impalcatura dall'altro lato del fabbricato posto che P. non lo vedeva accedere al tetto -, forse perché "secondo lui guardava meglio", e cadeva di sotto tramite l'apertura; il predetto imputato ha aggiunto che M.R. aveva le cinture di sicurezza ma non le indossava perché avrebbe dovuto rimanere al piano calpestio.

 

Infine, P. ha dichiarato che avrebbero terminato di fissare le finestre velux, nel lato superiore, dall'interno, previa installazione di un'impalcatura o di un trabatello, precisando che aveva scelto tale modalità per montare le finestre, in quanto meno pericolosa; M.R. aveva montato altre volte finestre di quel tipo ed era consapevole, per averlo detto a lui quella mattina, della pericolosità di accedere sul tetto (v. esame di P.A. all'udienza del 27.4.2010 e del 23.11.2010). Anche il gruista, C.S., sentito in giudizio, ha dichiarato che il P. aveva spiegato le modalità dei lavori: mentre lui sollevava un telaio di finestra, l'operaio, che poi si faceva male, "aveva la funzione di chiamarmi la manovra con la gru perché non c'avevo visibilità e doveva passare su questo soppalco", ovvero lo guardava dall'interno del balconcino ed al contempo guardava gli altri operai che dovevano montare l'infisso, così permettendogli di fare la manovra con la gru; ha aggiunto che l'infortunato si affacciava mentre sistemava la gru e gli diceva "mo' vado a vedere che cosa dobbiamo fare", non lo vedeva più e dopo 1 minuto circa, sentiva le urla perché l'operaio predetto era caduto al di sotto (v. testimonianza di C.S. all'udienza del 10.3.09).

 

Parimenti, G.S. ha dichiarato che P., la mattina dell'infortunio, aveva impartito le seguenti direttive: loro due rimanevano sul ponteggio situato sopra al casolare per mettere degli angolari ed il M. doveva rimanere al piano di sotto e trasmettere al gruista le informazioni ed i segnali dal balcone, che riceveva da loro vedendoli tramite il lucernario; all'improvviso, sentiva un rumore e notava Mu. a terra; l'infortunio si verificava dopo 15 - 20 minuti dall'inizio dei lavori ed in tale periodo, non aveva sentito il P. impartire a M. indicazioni diverse da quelle precedenti, specificando che nel corso di detto periodo era sempre rimasto insieme a P..

 

In ordine alle modalità di lavoro, ha precisato che dopo avere fissato una staffa a forma di "L" sul tetto, avrebbero appoggiato l'infisso vicino a queste due staffe e, poi, scendendo al piano di calpestio, avrebbero installato l'infisso stesso dall'interno del fabbricato (v. testimonianza resa da G.S. all'udienza del 10.3.09). Ebbene, le dichiarazioni di M.R. in ordine alle modalità dell'infortunio, il quale ha riferito, come sopra accennato, che in quel momento era impegnato a montare una finestra, si sono rivelate alquanto generiche per l'imprecisione nel suo ricordo - legata verosimilmente al trauma subito -, tanto che non ricordava neppure le generalità degli altri operai che lavoravano insieme a lui (v.s.i. rese da M.R. cit.), pur lavorando per la stessa ditta e con gli stessi dipendenti da almeno 5 anni (v. esame di P.A., testimonianza di G.S. cit.). A fronte di ciò, per contro, dalle convergenti dichiarazioni di P. e degli altri operai presenti sul luogo ed al momento dell'infortunio (il gruista S.C. e G.S.), è emerso che la p.o. saliva sul tetto all'improvviso ed all'insaputa di P.A. e degli altri soggetti, e comunque contrariamente alle direttive impartite dal primo e cioè di rimanere al piano di calpestio per fare da tramite tra coloro che installavano dall'esterno l'infisso (P. e G.) ed il gruista, al fine di guidare le operazioni per il sollevamento dell'infisso da parte di quest'ultimo. Alla luce di tali risultanze, in ragione dello sfumato ricordo in capo al M. sulle modalità dell'infortunio, non può neppure verosimilmente escludersi che il predetto abbia dichiarato - in modo alquanto generico - di essere impegnato, al momento dell'infortunio, a montare una finestra, ricostruendo a posteriori l'accaduto dalle modalità della caduta, che si verificava attraverso un'apertura del tetto. D'altra parte, la metodologia di installazione dell'infisso tipo "velux", fissandolo nel lato inferiore dall'esterno - utilizzando un apposito ponteggio - per poi scendere al piano di calpestio e fissarlo nella parte superiore, montando un trabatello, veniva prevista come metodologia alternativa nello stesso P.O.S. della D.M. s.a.s.; in ogni caso, G.S., il quale lavorava presso la Do.Ma. da dieci anni, ha dichiarato che tali modalità erano quelle da sempre utilizzate per le finestre di tipo "velux"(v. testimonianza di G.S. cit.).

 

Giova osservare che, secondo il condivisibile orientamento della Suprema Corte, il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità quando il comportamento del dipendente, rientrante nelle mansioni che gli sono proprie, sia abnorme e si ritiene tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte da parte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (cfr., tra le altre, C. n. 10.11.09, n. 7267, avuto riguardo al comportamento imprudente del lavoratore, addetto all'esecuzione di lavori ad una altezza di 6 metri, di utilizzare, per accelerare i tempi di lavorazione, un improprio carrello sollevatore, in luogo del regolare mezzo di sollevamento già impegnato per altri lavori).

 

Tanto premesso in punto di diritto, sulla scorta delle risultanze come sopra esposte, appare imprevedibile da parte degli imputati il comportamento del Mu., il quale, di sua iniziativa e contrariamente alle direttive ricevute dal P., anziché rimanere al piano di calpestio del fabbricato per fare da tramite (tra coloro che installavano gli infissi sopra al ponteggio esterno ed il gruista) nelle istruzioni per sollevare fino alla apertura l'infisso da montare, saliva sul tetto dell'edificio, senza usare la cintura di sicurezza, tenuto conto peraltro che egli ben conosceva il metodo di installazione di quel tipo di finestra, posto che lavorava presso la ditta D.M. già da vari anni e che il metodo di installazione di quel tipo di finestre era sempre il medesimo.

Pertanto, va esclusa la riconducibilità dell'infortunio alla condotta colposa degli imputati, i quali dunque vanno assolti, ex art. 530 c.p.p., perché il fatto non sussiste. Inoltre, a C.G. ed a D'A.D. è contestato, sub b), di avere omesso di realizzare idonee opere provvisionali per l'esecuzione di lavori ad altezza superiore a 2 m. e di avere omesso di disporre ed esigere che i lavoratori facessero uso di cintura di sicurezza per l'esecuzione dei lavori sul tetto a falda inclinata in modo particolare e di fornire ai medesimi lavoratori l'addestramento per l'uso della cintura; al capo c), al solo P.A. è, infine, contestato di avere omesso di esercitare la dovuta vigilanza sui lavoratori per garantire l'osservanza da parte di questi delle norme previste per l'uso di cinture di sicurezza nei lavori sul tetto a falda particolarmente inclinata.

 

Sulla base delle risultanze ricavabili dall'accertamento del personale dell'Ausl, è, come sopra anticipato, emerso che l'intero cantiere presentava delle carenze sia per quanto riguarda i ponteggi esterni al fabbricato - pertinenti ai lavori appaltati dalla ditta del Cr. - incompleti e comunque carenti (appoggio scorretto del piede del ponteggio sul perimetro della costruzione, scorretto ancoraggio del ponteggio alla costruzione con filo di ferro, mancanza del corrente intermedio del ponteggio), che rispetto alle aperture nel tetto, le quali erano sprovviste di protezione nella parte inferiore; inoltre, non era stata attuata la formazione specifica e l'addestramento dei lavoratori in ordine all'uso delle cinture di sicurezza (v. testimonianza resa da L.A. cit.).

 

Orbene, sulla scorta di tali emergenze dibattimentali, è provato che D'A.D., quale legale rappresentante della ditta appaltatrice dei lavori di installazione degli infissi nel cantiere in questione, ha omesso di realizzare opere provvisionali per lavori da eseguire ad altezza superiore a 2 metri, ha omesso di disporre ed esigere che i lavoratori facessero uso di cintura di sicurezza, nonché di fornire ai lavoratori l'addestramento per l'uso delle cinture di sicurezza.

 

D'A.D. va dichiarata penalmente responsabile dei reati a lei ascritti al capo b) (avendo adempiuto al pagamento ex art. 24 del D.Lvo n. 758/94, nei termini di legge solo per le violazioni di cui agli artt. 10 e 16 del D.P.R. n. 164/1956) (v. v. Ausl del 4.1.07) -.

 

L'imputata non appare meritevole delle attenuanti generiche, non essendo emersi elementi suscettibili di favorevole apprezzamento a tale fine.

 

I reati in contestazione devono ritenersi uniti dal vincolo della continuazione, in quanto esponenziali del medesimo disegno criminoso desumibile dalle omogenee modalità di svolgimento delle condotte e dalla loro unitarietà logica e temporale.

 

Quanto al trattamento sanzionatorio, alla luce di tutti i criteri di cui all'art. 133 cod. pen, stimasi equa la pena di Euro 1.800 di ammenda (così determinata, p.b. per gli artt. 43 comma 5 ed 89 comma 2 lett. a) D.lg. n. 626/1994, ritenuto più grave, Euro 1.700 di ammenda, aumentata per la continuazione, ex art. 81 cpv. cp., di Euro 100 di ammenda, nella misura definitiva).

 

Consegue, ai sensi dell'art. 535 c.p.p., la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.

 

Sussistono le condizioni oggettive e temporali per concedere a favore dell'imputata l'indulto, ex Lege n. 241/06, della pena sopra inflitta.

 

Per contro, per quanto concerne il reato sub b) contestato a C.G. e quello sub e) a carico di P.A., risultando effettuato il pagamento della somma di 1/4 del massimo della pena pecuniaria prevista per il reato contestato, come si evince dal verbale dell'Ausl del 16.5.06 (in relazione alla c.n.r. del 12.6.06 per C.G.) e di cui al verbale dell'Ausl in data 4.1.07, i reati si sono estinti per essere intervenuto pagamento della sanzione amministrativa ex art. 24 del D.Lvo 758/94.

 

Per quanto sopra esposto, va dichiarato non luogo a procedere, ai sensi dell'art. 531 c.p.p., nei confronti di C.G. e di P.A. perché i reati sub b) e c) a loro rispettivamente contestati si sono estinti.

 

È fissato, a norma dell'art. 544 comma 3 c.p.p., il termine di giorni settanta per il deposito della motivazione della presente sentenza.

 

 

P.Q.M.

 

 

Visti gli articoli di legge in epigrafe indicati, gli artt. 24 D.lg. n. 758/94, 531 c.p.p.

 

Dichiara non doversi procedere nei confronti di C.G. e di P.A. per i reati a loro rispettivamente ascritti ai capi b) e c) perché i reati si sono estinti per intervenuto pagamento della sanzione amministrativa.

 

Visto l'art. 530 c.p.p.

 

Assolve C.G., D'A.D. e P.l. dal reato di cui al capo a) perché il fatto non sussiste.

 

Visti gli artt. 533 e segg. c.p.p.

 

Dichiara D'A.D. responsabile dei reati di cui al capo b), unificati gli stessi sotto il vincolo della continuazione, avuto riguardo al più grave reato di cui all'art. 43 comma 5 ed 89 comma 2 lett. a) D.lg. n. 626/1994 e la condanna alla pena di Euro 1.800 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena condonata.

 

Fissa in gg. 70 il termine per il deposito della motivazione.

 

Così deciso in Bologna, il 14 dicembre 2010.

 

Depositata in Cancelleria il 21 febbraio 2011.