Corte di Appello di Trento, Sez. Pen., 13 maggio 2011 - Socio lavoratore: Soggetto tutelato e insieme destinatario delle norme antinfortunistiche
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D'APPELLO DI TRENTO
SEZIONE PENALE
composta dai signori magistrati:
Dott. Carmine Pagliuca |
- Presidente - |
ha pronunciato in Camera di Consiglio la seguente
SENTENZA
nei confronti di
B.L. nt. *** residente a Dorsino (TN) n. *** (dom. dich.)
Non sofferta carcerazione preventiva
Libero - non comparso
Imputato
del delitto previsto e punito dall'art. 590 comma 3 in rif. all'art. 71 comma 1 D.Lgs. 81/2008 perché, in qualità di socio al 50% della falegnameria "B. S.n.c." responsabile in materia di salute e sicurezza, per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia nonché nella specifica violazione della norma antinfortunistica sopra richiamata, cagionava al suo socio lavoratore B.Z. le lesioni personali gravi consistite in "amputazione parziale del 2 dito mano destra e ferita con perdita di sostanza 3, 4, 5 dito mano destra con prognosi di 59 gg. come da certificati medici in atti. In particolare metteva a disposizione di B.Z. la macchina per la lavorazione legno "toupie" modo TS. 110 priva della prevista protezione costituita da una falsa guida per chiudere lo spazio tra le due guide e rendere inaccessibile l'utensile fresa.
Appellante
L'imputato avverso la sentenza del Tribunale di Trento sezione distaccata di Tione in composizione monocratica n. 30069/09 del 20/11/2009 che dichiarava l'imputato colpevole del reato ascrittogli e con le att. gen. ed il rito, lo condannava alla pena di 1 mese e 10 gg. di reclusione, oltre alle spese. Pena sospesa.
Udita la relazione della causa fatta in Camera di Consiglio dal Consigliere D.ssa Iolanda Ricchi
Sentito il Procuratore Generale dr. Stefano Diez che ha concluso chiedendo la conferma per la responsabilità penale e nulla oppone per la concessione dei benefici di legge e alla riduzione della pena.
Sentito il difensore di fiducia avv. G.R., di Trento che chiede l'accoglimento dei motivi d'appello.
FATTO e DIRITTO
Il Giudice monocratico del Tribunale di Trento, con sentenza 20.11.2009, giudicando con il rito abbreviato condizionato all'audizione della parte offesa, ritenuta la penale responsabilità, ha condannato B.L. nella qualità di socio al 50% della F. S.n.c. per l'infortunio occorso al fratello, B.Z., che il (...), lavorando presso il macchinario Toupie mod. TS. 119 utilizzato per tagliare listelli di legno, nell'occasione privo della prevista protezione, subiva lesioni personali gravi consistite nella parziale amputazione del 2 dito della mano destra e ferite al 3 4 5 dito con prognosi di 59 giorni. Il Giudicante ha ritenuto:
- che l'imputato fosse il destinatario delle norme antinfortunistiche,oltre che in base alle disposizioni normative (art. 4 D.P.R. 547/55) anche sulla base della modifica dell'atto costitutivo della società, depositata nell'anno 1998 che lo indicava quale responsabile della sicurezza ed in particolare del controllo della prevenzione di infortuni e malattie professionali, nonché dell'osservanza delle norme riguardanti la salute, la sicurezza e la tutela ambientale;
- che la dinamica dell'incidente deve ricondursi alla mancata protezione delle lame del macchinario utilizzato, rimossa in precedenza dallo stesso infortunato, B.Z., senza peraltro avvertire il fratello,
- che il comportamento colposo ascritto al socio B.L. deve ravvisarsi nella violazione dell'art. 71 d.lgs. 81/08,alla cui vigilanza sull'osservanza era tenuto l'imputato in virtù della posizione di garanzia rivestita, vigilanza che avrebbe potuto comodamente espletare trattandosi di impresa di ridotte dimensioni (un solo dipendente) in cui entrambi i soci lavoravano quotidianamente,
- che per il profilo soggettivo deve ritenersi la prevedibilità della condotta dannosa stante la pericolosità del macchinario utilizzato.
Escluso che la condotta del socio lavoratore possa aver avuto rilevanza esclusiva nella causazione dell'evento, il Giudice, concesse le attenuanti generiche, ha condannato l'imputato, con la diminuzione per il rito, alla pena di mesi uno giorni dieci di reclusione.
Propone tempestivo appello il Difensore di B.L. censurando l'affermazione di responsabilità ed in particolare, in primo luogo, la ritenuta sussistenza della posizione di garanzia in capo all'imputato. Evidenziando la peculiarità del caso costituito dalla posizione dell'infortunato di socio e legale rappresentante della società al pari del fratello e non di semplice lavoratore, lamenta la mancata considerazione della natura ed efficacia dell'atto in base al quale il primo giudice ha ritenuto sussistente la posizione di garanzia dell'imputato. Tale atto pone in capo all'imputato il controllo della prevenzione infortuni e non ha efficacia liberatoria nei confronti del socio infortunatosi, non prevedendo alcun trasferimento di funzioni in capo al B.L. Inoltre, l'atto non prevede la disponibilità di mezzi finanziari e sul piano pratico non risulta aver mai avuto alcuna effettività. Dalle deposizioni di B.Z. e del dipendente L.F. si desume, infatti, come anche nell'ambito della sicurezza del lavoro le decisioni fossero sempre assunte insieme dai fratelli B., mentre, all'interno dell'azienda, sussisteva una precisa divisione dei compiti tra i due soci, di talché ciascuno di essi agiva in totale autonomia nel settore di competenza. Lamenta, inoltre, la valutazione del primo Giudice circa la condotta mantenuta dalla parte offesa. Il macchinario in cui si verificò l'infortunio era di competenza pressoché esclusiva dell'infortunato e questi aveva deciso, all'insaputa del fratello, di sostituire il presidio antinfortunistico da lui stesso realizzato, con quello, originale, in dotazione del macchinario. La qualità di socio - datore di lavoro dello stesso infortunato non può far invocare l'efficacia liberatoria della delega, permanendo comunque il dovere di controllo sull'adempimento dei doveri del delegato. L'infortunato, nel caso, era il primo destinatario delle norme antinfortunistiche e la sua negligente e gravemente incauta condotta ha assunto i caratteri della abnormità ed eccezionalità tale da escludere la responsabilità del socio. Difetta quindi il requisito della colpevolezza. Ancora, la Difesa evidenzia come la condotta omissiva dell'imputato sarebbe consistita nel consentire al fratello/socio l'utilizzo di un macchinario privo della prevista protezione, mentre è la stessa p.o. ad affermare di avere riposizionato in loco la protezione originaria in dotazione del macchinario. Detto macchinario è conforme ai requisiti di legge, come attestato dalla certificazione CEE, il che consentiva un giustificato affidamento della falegnameria in relazione al suo utilizzo.
Chiede pertanto l'assoluzione del proprio assistito.
In via subordinata deduce l'erronea applicazione dell'art. 62 bis, 62 n. 6 c.p., l'eccessività della pena e la mancata concessione della non menzione della condanna. Chiede, in via ulteriormente subordinata, l'applicazione della sola pena pecuniaria. All'odierna udienza camerale, nell'assenza dell'appellante, all'esito della discussione le parti hanno concluso come in atti. L'appello è infondato in punto di responsabilità.
La sentenza di primo grado adeguatamente e condivisibilmente motivata può essere integralmente richiamata, mentre i motivi d'appello costituiscono la mera riproposizione di argomentazioni difensive già confutate dal primo Giudice. In particolare, quanto alla posizione di garanzia, osserva la Corte come, secondo costante giurisprudenza di legittimità; "l'obbligo di adottare le misure idonee e necessarie alla tutela dell'integrità fisica dei lavoratori, quando si tratti di società di persone e non risulti l'espressa delega a persona di particolare competenza nel settore della sicurezza, incombe su ciascun socio" (Sez. 4, Sentenza n. 32193 del 26/05/2009 Ud. (dep. 06/08/2009) Rv. 245113; Sez. 4, n. 18683 del 27/02/2004 Ud. - dep. 22/04/2004 - Rv. 228361; conf. Sez. 3, n. 26122 del 12/04/2005 Ud. - dep. 15/07/2005 - Rv. 23195). Infatti, la normativa individua tra i beneficiari delle norme di tutela, oltre ai lavoratori dipendenti, anche i soci lavoratori, (anche di fatto), ditalché "il socio lavoratore è contemporaneamente soggetto tutelato e destinatario delle norme antinfortunistiche".
Nel caso di specie, a maggior ragione deve ritenersi sussistente la posizione di garanzia dell'imputato, in quanto risulta come proprio B.L. fosse stato espressamente indicato, nello statuto (cfr. modifica all'atto costitutivo della società 30.10.2008) quale responsabile della sicurezza e prevenzione antinfortunistica. Non si tratta, come pare ritenere il Difensore, di una delega alla funzione indicata, ma di una norma statutaria che, conferendogli la qualità di responsabile, vale a confermare la posizione di garanzia rivestita, indipendentemente dalle prassi adottate all'interno dell'azienda. A nulla rilevano, pertanto i rilievi prospettati circa l'assenza di autonomia decisionale e di spesa del B.L. che potrebbero avere incidenza solo nell'ipotesi di rilascio di delega di funzioni (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 44890 del 21/10/2009).
Né peraltro, nel caso, è in discussione l'eventuale responsabilità dell'infortunato nell'incidente occorsogli, come pare ritenere il Difensore, poiché anche il concorso colposo dello stesso, vuoi per la qualità di socio, vuoi per l'imprudenza nella condotta mantenuta, non sarebbero comunque sufficienti ad esimere da responsabilità l'altro socio, sia in quanto a sua volta responsabile per la posizione rivestita, sia perché, come nel caso, espressamente onerato dalla posizione di garanzia.
Nel merito, la decisione impugnata appare sostanzialmente corretta ed la motivazione fornisce, con argomentazioni basate su una compiuta valutazione delle risultanze probatorie, una persuasiva risposta ai quesiti concernenti l'infortunio oggetto del processo: il Tribunale, dopo aver analizzato tutti gli aspetti della vicenda (posizione di garanzia del B., disposizioni di legge violate e dinamica dell'infortunio) ha ampiamente e diffusamente esposto le ragioni per le quali ha ritenuto sussistente la penale responsabilità dell'imputato.
Per completezza, tuttavia, appaiono necessarie alcune precisazioni in relazione alle questioni sollevate dall'appellante.
In primo luogo va osservato che soltanto nelle dichiarazioni rese all'udienza B.Z. ha affermato di aver rimosso la protezione da lui stesso predisposta per le lame del macchinario e di averla sostituita con quella, originaria, in dotazione. Al contrario, risulta accertato (cfr. dichiarazioni dello stesso B. all'UOPSA in data 26.11.2008, dichiarazioni di L.F. 14.1.2009, accertamento ispettivo compiuto il 15.10.2008, nonché i rilievi fotografici allo stesso allegati) che, al momento dell'infortunio, il macchinario in questione era totalmente privo della protezione costituita da una falsa guida per chiudere lo spazio tra le due guide e rendere inaccessibile la fresa. In particolare l'assenza di protezione è riscontrabile nella foto n. 2 scattata dagli Ispettori del Lavoro intervenuti nell'immediatezza del fatto, dalle dichiarazioni dello stesso B. ora richiamate e, soprattutto, dalle sommarie informazioni del dipendente Li. è desumibile come detta protezione fosse stata rimossa diversi mesi addietro e come, solo dopo l'infortunio e la relativa visita ispettiva, fosse stata posizionata in sede. Consegue che la difforme versione resa all'udienza dalla parte offesa, circa la presenza della protezione "originale" del macchinario altro non costituisce se non un tentativo di minimizzare la responsabilità del fratello imputato.
Pare dunque evidente che la responsabilità di B.L. deve ritenersi sussistente avuto riguardo ai principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità circa gli obblighi e le responsabilità del datore di lavoro in relazione all'uso, da parte del lavoratori, degli strumenti previsti dalla legge per la prevenzione degli infortuni. Sostiene la Suprema Corte che: "le norme dettate per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire la insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla di lui disattenzione, ma anche in riferimento a quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso. Ne consegue, pertanto, che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di apportare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure il dipendente ne faccia effettivamente uso" (Sez. 4, n. 16380 del 03/10/1990 Ud. - dep. 10/12/1990 - imp. Ma., Rv. 185986). Analogamente le Sezioni Unite della Suprema Corte, enunciando il principio secondo il quale: "al fine di escludere la responsabilità per reati colposi dei soggetti obbligati D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, ex art. 4 a garantire la sicurezza dello svolgimento del lavoro, non è sufficiente che tali soggetti impartiscano le direttive da seguire a tale scopo, ma è necessario che ne controllino con prudente e continua diligenza la puntuale osservanza" (Cass. SU 21 maggio 1988, Iori), valgono a confermare l'assunto.
Nel caso, oltre al comportamento certamente imprudente e negligente del socio lavoratore, deve ritenersi accertato che abbia contribuito alla diretta causazione dell'infortunio l'omissione da parte del "datore di lavoro" (cioè di colui che rivestiva la posizione di garanzia) del controllo sulla osservanza delle norme antinfortunistiche, consentendo così la manomissione del macchinario e l'inosservanza da parte del socio lavoratore finanche delle norme di comune prudenza.
Peraltro, non può fondatamente ritenersi che la condotta imprudente del socio B.Z. abbia rivestito quei caratteri di abnormità e eccezionalità tali da escludere la sussistenza del nesso causale tra violazione imputata ed evento: l'attività svolta da B.Z. e le modalità di espletamento come dallo stesso descritta, appaiono del tutto usuali, né risulta realizzata una condotta del tutto anomala, esorbitante dal procedimenti di lavoro cui era addetto ovvero l'inosservanza, da parte sua, di precise disposizioni antinfortunistiche o di ordini esecutivi.
Infine, la ricostruzione del fatto come sopra precisata vale ad escludere qualsiasi valenza alla tesi difensiva volta a dimostrare come la presenza di una certificazione di conformità del macchinario alle norme CEE, e la presenza dell'originaria protezione prevista, avesse creato un affidamento in capo al debitore di garanzia sulla presenza di sufficienti presidi antinfortunistici. Peraltro, anche a prescindere dall'accertata assenza di qualsiasi presidio sul macchinario al momento dell'incidente, pare opportuno rammentare come la costante giurisprudenza di legittimità non ritenga sufficiente la presenza sul macchinario della marchiatura di conformità "CE" o l'affidamento riposto nella notorietà e competenza del costruttore, ad esonerare da responsabilità del soggetto destinatario del precetto antinfortunistico, che, invece è tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati (Cass. Sez. Sez. 4, Sentenza n. 37060 del 12/06/2008 Ud. (dep. 30/09/2008) Rv. 241020 V. e altro).
La sentenza deve dunque essere confermata in punto di responsabilità. Resta da considerare la quantificazione della pena, reputata dall'appellante eccessiva e non attestata sulla sola pena pecuniaria, come sarebbe stato equo considerando la peculiarità della situazione ed il modestissimo grado di colpa del prevenuto. La Corte non ritiene fondata la richiesta di determinazione della sola pena pecuniaria, avuto riguardo alla gravità del fatto e delle conseguenze derivatene e, tuttavia ritiene maggiormente adeguata ai parametri dell'art. 133 c.p. una riduzione della pena inflitta dal primo Giudice. Va, peraltro, evidenziato come, in realtà, il Giudicante abbia ritenuta la prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti pur non esplicitando tale giudizio di valenza (non si comprenderebbe altrimenti la quantificazione della pena inferiore ai minimi edittali).
La pena inflitta può essere rideterminata, tenuto conto dell'elevato grado del contributo colposo della vittima alla realizzazione dell'evento muovendo dalla pena base, valutate le attenuanti prevalenti, di mesi uno di reclusione, ridotta per il rito a giorni venti di reclusione.
P.Q.M.
Visto l'art. 599 c.p.p., in parziale riforma della sentenza impugnata, specificato che le concesse attenuanti generiche vanno valutate prevalenti sulla contestata aggravante, riduce al pena a giorni venti di reclusione. Conferma nel resto.
Fissa il termine di giorni trenta per il deposito della sentenza.
Così deciso in Trento il 15 aprile 2011.
Depositata in Cancelleria il 13 maggio 2011.