Tribunale di Monza, 05 maggio 2011 - Assoluzione di un datore di lavoro
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MONZA
SEZIONE PENALE
Il Tribunale in composizione monocratica in persona del Giudice Dott.ssa Franca Anelli, all'udienza dell'8.3.2011 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
a seguito di citazione diretta a giudizio - art. 530, 533, 535 c.p.p. (riservata e xart. 544, III co. c.p.p. ed indicata la data ultima di deposito nel giorno: 90)
nei confronti di
Ma.Er. nato a Osio Sotto (BG) il (...), res. in Cinisello Balsamo, dom. el. c/o il Difensore in Milano (studio Ma.)
Libero Contumace
Difeso di fiducia dagli avv.ti Ge.Ma. e Pi.Nu. entrambi del Foro di Milano
IMPUTATO
A) Art. 590 c.p. perché, quale datore di lavoro in qualità di presidente del C. di A. della società Er.Ma. S.p.A., per colpa cagionava al dipendente Nd.Ta. lesioni personali gravi consistite in "frattura trasversale scomposta terzo diafisario prossimale IV raggio mano sinistra con verità lacero contusa, lesioni dalle quali derivava una malattia nel corpo durata 114 giorni.
Lesioni personali occorse nel mentre la persona offesa stava spostando un porta-guida dal banco di lavoro dove si trovava in posizione verticale al banco di lavoro attiguo per assemblarlo con il "cappello" dello stampo, utilizzando un carroponte, quando lo stampo, imbracato in modo inadeguato, scivolava e precipitava shiacciando la mano del Nd. sul porta guida.
Colpa generica consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia. Colpa specifica consistita nel non aver formato adeguatamente il dipendente sui rischi specifici in merito all'attività da svolgere e nel non aver preso esame il rischio relativo all'utilizzo dei mezzi di sollevamento (con individuazione degli operatori autorizzati) nel documento di valutazione dei rischi.
Con l'aggravante di aver commesso il fatto con violazione dell'art. 2087 c.c. delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e segnatamente delle disposizioni oggi contenute nell'art. 28 comma II del D.Lvo 81/2008.
In Cinisello Balsamo il (...).
FattoDiritto
L'Accusa non è fondata.
L'espletata istruttoria dibattimentale ha invero escluso proprio quel rilievo di colpa specifica (- non aver formato adeguatamente il dipendente sui rischi specifici in merito all'attivita da svolgere e nel non aver preso esame il rischio relativo all'utilizzo dei mezzi di sollevamento (con individuazione degli operatori autorizzati) nel documento di valutazione dei rischi che l'odierno imputato, Ma.Er., s'è visto contestare con la vocatio in ius (giacché quello generico meramente richiamato e non esplicitato nel capo d'accusa è tamquam non esset) ed egli va dunque assolto con l'adeguata formula dal reato ascrittogli. Questo il fatto che ne era stato genesi.
I. Assunto in data 2.11.1999 dalla Er.Ma. S.p.A. (Officina meccanica di precisione addetta ala produzione di stampi), Nd.Ta., il lavoratore infortunatosi - dopo un breve stage presso l'insediamento produttivo aziendale di Muggiò - era stato trasferito come operaio generico nel reparto montaggio (detto "reparto lamierini") dell'insediamento di Cinisello Balsamo della medesima azienda, ove l'infortunio per cui è processo si è verificato.
La persona offesa, al pari dei suoi colleghi addetti al medesimo reparto, doveva e deve, essendo tuttora alle dipendenze della società, assemblare manualmente componenti di stampi di grosse dimensioni per la movimentazione dei quali - di notevole peso - occorre avvalersi di un carro ponte comandato da una pulsantiera.
Per regola (che rende la relativa operazione a norma e scevra da pericoli per la persona) lo spostamento dei componenti de quibus deve sempre essere effettuato con l'uso di golfari (in pratica degli anelli dotati di una vite da applicarsi sulla parte da movimentare) ai quali debbono essere collegati i ganci delle catene di cui il carro ponte è dotato.
II. Il giorno dell'infortunio, 20.11.2006, Nd.Ta. s'accingeva a spostare uno dei componenti che aveva preparato nei giorni addietro - detto porta-guida - dal banco di lavoro sul quale esso era stato verticalmente appoggiato ad un banco di lavoro attiguo per assemblarlo con il c.d. "cappello" dello stampo.
La preparazione precedentemente effettuata era consistita nel sistemare entro appositi fori predisposti nel porta-guida sei colonne d'acciaio (vale a dire cilindri delle dimensioni di 25 cm di lunghezza e di 3,2 cm di diametro) che hanno per l'appunto la funzione di consentire l'assemblaggio del porta-guida entro il "cappello" dello stampo.
La manovra di spostamento del pezzo comportava tre fasi: il sollevamento, il sormonto (sul lato sinistro) di un altro porta - guida di maggior peso e dimensioni anch'esso collocato sul banco di lavoro e l'appoggio. Il lavoratore provvedeva quindi ad avvicinare il carro ponte e ad azionare la pulsantiera ma in luogo di imbracare il carico utilizzando i golfari in dotazione, egli sistemava i ganci delle catene, collegati al carro ponte, direttamente su una delle sei colonne (segnatamente quella centrale superiore) inserita nel porta - guida. Azionava quindi la pulsantiera con la mano destra e provvedeva a sollevare lo stampo ad una altezza (di circa 70 cm) tale da consentire il sormonto del porta-guida, posizionato di costa alla sua sinistra, superare con ciò l'ostacolo da quest'ultimo rappresentato e indi depositare quello sollevato sul banco di lavoro attiguo. Accadeva però che durante questa operazione, a causa della errata e pericolosa modalità di imbraco (Le fotografie prodotte ed acquisite illustrano molto bene quale deve essere la sicura modalità d'imbraco e l'errore invece commesso dall'infortunato, attribuendo ai pezzi meccanici ed ai componenti i loro nomi tecnici si da far comprendere anche al profano di che si sta discutendo), uno dei ganci scivolava dalla sede della colonna e lo stampo precipitava, urtava il porta - guida posto vicino, e schiacciava contro il bordo superiore di quest'ultimo la mano sinistra del lavoratore che riportava lesioni consistite in frattura trasversale modicamente scomposta del terzo diafisario prossimale quarto raggio della mano sx.
III. Che queste siano le modalità dell'infortunio non v'è dubbio giacché lo ha confermato lo stesso infortunato:
"...ho sempre fatto il montatore meccanico. E' successo che dovevo montare, dovevo spostare un porta - guida delle dimensioni di cinquanta per sessanta, peso 40 kg, e nell'agganciare questo porta-guida avevo un ostacolo, che sarebbe uno stampo... chiamato "cappello"; ho utilizzato il carro-ponte per alzare questo porta-guida e l'ho alzato nel modo tale per superare l'ostacolo e spostarmi verso il mio banco di lavoro. ...Nel manovrare il carro ponte verso la sinistra, la catena si è sganciata e io istintivamente ho messo la mano e nel cadere il porta-guida mi (ha) fratturato... il quarto dito della mano sinistra..." (trascrizioni 26.1.2011 pag. 30).
Che, ancora, la descritta criticità nelle modalità d'imbraco sia la causa (unica) dell'infortunio è parimenti indubbio: sia per affermazione del teste Up. (incaricato dell'inchiesta antinfortunistica), De.Ni., che per ammissione dell'infortunato (il quale lo ha lealmente riconosciuto). Il primo ha invero qualificato (cfr. ibidem a pag. 8) grave imprudenza il mancato utilizzo dei golfari giacché "...questo cosa produce? Che nel momento in cui lui solleva, nel tiro verticale il pezzo rimane assolutamente in equilibrio, ma nel momento in cui lui, dopo avere raggiunto l'altezza del sormonto, deve traslare orizzontalmente, in quel momento lì, probabilmente per qualche oscillazione, i due ganci, uno dei due ganci ha la possibilità di scorrere via lungo questo cilindro, lungo questa colonna e... di fuoriuscire...": e così era, infatti avvenuto; per ammissione dello stesso lavoratore: "...non l'ho agganciato nel modo corretto. Allora noi per spostare un porta - guida dobbiamo usare dei golfari, io non so spiegare perché in quel momento lì non ho messo questi golfari ma l'ho agganciato alle colonne - si chiamano colonne porta - guida - quindi la catena non era bloccata, quindi...nello spostarmi verso sinistra la catena è fuoriuscita..." (trascrizioni pag. 31).
IV. In ragione di tutto ciò, l'odierno imputato è, come si è detto, a giudizio "...per non aver previsto all'interno del documento di valutazione dei rischi la corretta modalità con cui effettuare il sollevamento col carroponte dei carichi (e) non (aver) individuato i soggetti che dovranno avere quella particolare formazione..." (pag. 17 teste De.).
Orbene, in linea di principio, non v'è dubbio alcuno che in caso di violazione (provata) degli obblighi de quibus un profilo di colpa (specifica) di sicuro sussista.
Ciò perché nessuno osa porre in discussione che il datore di lavoro debba mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere e idonee ai fini della salute e sicurezza, riducendo al minimo i rischi derivanti dal loro uso. Né può essere seriamente contestato che la responsabilità del datore di lavoro inizi già al momento della scelta delle attrezzature (con sottesa valutazione del rischio) e continui con la verifica della corretta installazione, utilizzazione e manutenzione, fino alla necessaria informazione, formazione e addestramento dei lavoratori. Secondo poi il modello prevenzionale vigente (L'art. 3 del D.Lgs. 626/94, infatti, che disciplinava la fattispecie qui in esame elenca tra tali misure (lett. s) l'informazione, la formazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro.
Inoltre l'art. 22 dello stesso decreto, così come modificato dall'art. 9 del D.Lgs. 242/96, disciplina specificamente le caratteristiche di tale formazione, introducendo l'obbligo per il datore di lavoro di assicurare ai lavoratori "...una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni...". L'obbligo formativo, quindi, viene posto in relazione, da un lato, alla realtà organizzativa della prestazione lavorativa e, dall'altro, alla posizione soggettiva del dipendente.
Già bastava questa disposizione per far emergere il conseguente postulato secondo cui, nell'eventualità di mutamenti di luogo di lavoro, di posizione nell'organico aziendale e di mansioni, la formazione vada adeguata e rinnovata con riguardo ai diversi compiti cui è adibito il dipendente, e venga ripetuta periodicamente in relazione all'insorgenza di nuovi rischi. Ma il legislatore, nell'art. 22 del D.Lgs. 626/94, ha voluto ulteriormente specificare il contenuto dell'obbligo, stabilendo che la formazione avvenga in occasione: a) Dell'assunzione; b) del trasferimento o cambiamento di mansioni; c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, sostanze e preparati pericolosi;
Per quanto concerne le attrezzature non nuove, l'art. 22 non contiene uno specifico obbligo di formazione; vi provvede, però, l'art. 38 dello stesso decreto, che prescrive "...una formazione adeguata sull'uso delle attrezzature da lavoro..." ai lavoratori incaricati di usarle. Quando poi si tratti di lavoratori addetti ad attrezzature che richiedano "conoscenze e responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici" (art. 35 comma 5), l'addestramento dovrà essere non solo adeguato, ma anche specifico, così da porre in grado il lavoratore d'impiegare tali attrezzature in modo idoneo e sicuro anche con riferimento ai rischi nei confronti di altri soggetti. La puntualizzazione è importante più che per l'affermazione di principio, per la metodologia impiegata dalla nuova normativa prevenzionale, ancora una volta incentrata non sul macchinario o sulla prestazione in sé, quanto sui riflessi dell'attività svolta, in relazione ai rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori. I percorsi formativi, quindi, devono contenere i principi di prevenzione e protezione della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro; il contenuto è, oltretutto, ampiamente controllabile non solo dai soggetti destinatari dell'obbligo di sicurezza, ma deve anche essere sottoposto all'esame del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del medico competente e del rappresentante per la sicurezza, durante la riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi (per le realtà lavorative che occupano più di quindici dipendenti), secondo il disposto dell'art. 11, comma 2, lett. c del D.Lgs. 626/94.
Nella fase attuativa dell'obbligo formativo il datore di lavoro non agisce da solo, ma ". ..in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art.20..." (art. 22, comma 6, D.Lgs. 626/94), istituiti a livello territoriale tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro. Questa forma di concertazione appare particolarmente opportuna in quanto idonea a selezionare un livello di formazione meno carico di adempimenti formali e più corrispondente alla variabilità della casistica ed alla concretezza delle situazioni di rischio3. Tali organismi costituiscono, inoltre, una "prima istanza di riferimento" per la risoluzione di eventuali controversie sull'applicazione del diritto di formazione (art. 20, commi 1 e 2).
Ad ulteriore protezione e, al tempo stesso, a garanzia d'effettività delle prescrizioni contenute nel suddetto decreto, il legislatore riserva una particolare attenzione alla salvaguardia del livello minimo di formazione dei tre soggetti coinvolti nel percorso formativo. L'ultimo comma dell'art. 22, infatti, prevede la possibilità che il Ministero del lavoro e il Ministero della sanità, su parere obbligatorio della commissione consultiva permanente, stabiliscano i "contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro di cui all'art. 10", cioè di quelli che svolgono direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai rischi) al tempo del fatto per cui è processo (non dissimile peraltro da quello nuovo ora cogente), la formazione è sempre stata compresa tra le misure generali per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori che debbono obbligatoriamente essere adottate dal datore di lavoro.
Sennonché l'espletata istruttoria dibattimentale ha provato che:
a) non vi è stata nella specie alcuna omissione nella formazione dei lavoratori e nell'informazione sull'uso - più corretto - del carroponte da eseguirsi qui solo ed esclusivamente con l'uso di golfari in dotazione di tutti gli addetti al reparto: "...tutti gli attrezzisti hanno a disposizione, se non nel proprio reparto ma direi quasi nel proprio banco di lavoro appositi golfari che sono di dimensioni diverse in funzione del peso dello stampo e della piastra che deve essere movimentata... è impossibile sbagliare perché il filetto corrisponde a un certo diametro e questo è determinato in fase di progettazione in funzione del peso della struttura..." (teste Ce., trascrizioni 8.3.2011, pag. 17).
b) L'azienda ha distribuito nel corso degli anni alcuni manuali operativi (vedili prodotti in atti) sul funzionamento e l'utilizzo dei macchinari. I lavoratori sanno che l'uso dei golfari è obbligatorio ed è l'unico mezzo sicuro per azionare il carroponte e movimentare con esso piastre e colonne d'acciaio (con una sola eccezione: "...l'unico momento in cui non si utilizzano i golfari è quando la piastra è nuova, perché non ha fori ovviamente, allora si utilizzano dei magneti che hanno la capacità di due tonnellate e vengono utilizzati per posizionare questa piastra nuova sul trapano e fare i golfari. E' la prima operazione che facciamo, perché serve e per maneggiarli e per mandarli poi alle varie lavorazioni...": dep. teste Ca. da pag. 10 ud. del 26.1.2011 - idem teste Tr. a pag. 4, ud. 8.3.2011: dopo la prima operazione "...quando si tratta di movimentare delle piastre ancora vergini, ancora nuove...(...) dove ci sono delle apposite calamite... certificate ed omologate per ...questa prima maschiatura..." i lavoratori sanno che l'unico uso possibile - e corretto - è il ricorso ai golfari posti a disposizione in varie dimensioni e carature di tutti gli operatori).
c) Ancora all'interno dell'azienda e soprattutto nella parte produttiva esistono dei cartelli, delle istruzioni operative sull'uso delle gru, sull'uso dei dispositivi di protezione individuale, sull'uso dei carrelli e sulla loro corretta modalità di movimentazioni (v. teste Tr., ibidem).
d) L'estensore del documento di valutazione dei rischi (v. teste Ce. da pag. 12 e oltre) periodicamente verifica, con sopralluoghi mensili, le procedure di sicurezza rivedendole, correggendole e adattandole - se necessario - a mezzo di apposito lavoro di formazione con riunioni di capi squadra e capi reparto.
e) Quanto poi al lavoratore infortunato, egli non era apprendista lasciato solo a compiere una operazione in corso di apprendimento ma operatore da qualche anno autonomo che sempre aveva dato buona prova di sé e mai s'era fatto riprendere per errori commessi, di tal ché - per giungere alla affermazione di penale responsabilità del suo datore di lavoro - non rimarrebbe che addebitare a quest'ultimo una culpa in vigilando così sfumata ed astratta da rivelare tutti i tratti della responsabilità oggettiva.
Conclusione inammissibile quest'ultima che pare più corretto sostituire con l'applicazione di altro principio elaborato in materia antinfortunistica:
"Il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, ovvero il suo preposto, è esonerato da responsabilità solo allorché il comportamento del lavoratore si presenti del tutto abnorme dovendosi in tal guisa definirsi quello che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in ambito estraneo alle mansioni affidate ovvero, seppure in esso rientrante, sia consistito in qualcosa radicalmente ed ontologicamente lontano dalle ipotizzabili scelte del lavoratore nell'esecuzione del lavoro" (così Cass. 16.3.2011 n. 10645 conf. Corte App. Perugia 1.12.2009 n. 1139. E il non aver fatto ricorso ai golfari pure in dotazione, per la prima e unica volta, può rientra nell'ultima definizione proposta dalla S.C.).
P.Q.M.
Visto l'art. 530 c.p.p.
Assolve
Ma.Er. dal reato ascrittogli perché il fatto non costituisce reato.
Così deciso in Monza, l'8 marzo 2011.
Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2011.