Cassazione Penale, Sez. 3, 20 luglio 2011, n. 28892 - Omessa valutazione dei rischi e d.lgs. 81/08 non ancora in vigore


 

 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRUA Giuliana - Presidente

Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

Dott. SARNO Giulio - Consigliere

Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 



sul ricorso proposto da:

CA. Gi. Pi. On. nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 14.5.2010 del g.i.p. presso il tribunale di Oristano;

Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Giovanni Amoroso;

Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. MAZZOTTA Gabriele che ha concluso per l'annullamento con rinvio limitatamente alla pena;

Udito l'avv. Lomdardo Domenico che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

la Corte osserva:

 

Fatto



1. Ca. Gi. Pi. On. , imputato del reato p. e p. dal Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 17 perchè quale titolare della ditta G. C. Bu. di. Ca. Gi. , esercente l'attività di costruzione di edifici, non provvedeva a valutare i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori omettendo di elaborare il relativo documento (accertato il (Omissis)), proponeva opposizione al decreto penale di condanna chiedendo il rito abbreviato. Egli non contestava la materialità dei fatti, ma affermava che la pena irrogata in decreto non era corretta per essere computata sulla base di una fattispecie non ancora in vigore al momento della commissione del fatto.

Il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Oristano, con sentenza del 14 maggio 2010, dichiarava Ca. Gi. Pi. colpevole del reato al medesimo ascritto e lo condannava alla pena finale di euro 3330 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, previa sola deduzione per il rito.

Osservava in particolare il g.i.p. che il medesimo Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 304, comma 2, prevede che l'articolo 17, comma 1, e relativa disposizione sanzionatoria entri in vigore decorsi novanta giorni dalla pubblicazione nella G.U., ovvero il 30 luglio sicchè alla data della commissione del fatto la norma era già in vigore.

2. Avverso questa pronuncia l'imputato propone ricorso per cassazione con un solo motivo.

Diritto



1. Il ricorrente deduce che è vero che il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, articolo 17 secondo la previsione del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 306, comma 2, sarebbe dovuto entrare in vigore decorsi 90 giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 30.04.2008. In realtà però l'articolo 306, comma 2, veniva modificato dal Decreto Legge 3 giugno 2008, n. 97, articolo 4, comma 2-bis, convertito in Legge con modificazioni dalla Legge 2 agosto 2008, n. 129, norma entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ossia, il 3 agosto 2008; l'articolo sostituisce le parole contenute all'articolo 306, comma 2, "decorso novanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto sulla Gazzetta Ufficiale" con le seguenti "a decorrere dal 1 gennaio 2009". L'articolo 306, comma 2, di conseguenza risulta modificato nel senso che le disposizioni di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), e articolo 28, nonchè le altre disposizioni in tema di valutazione dei rischi che ad esse rinviano, ivi comprese le relative disposizioni sanzionatorie, previste dal presente decreto, diventano efficaci a decorrere dal 1 gennaio 2009; fino a tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni previgenti che prevedevano un minimo della pena meno elevato.

2. Il ricorso è fondato.

Effettivamente il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, articolo 17 alla data del 12 novembre 2008 non era ancora entrato in vigore e quindi occorre considerare la sanzione prevista dal Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, articolo 89.

Infatti l'articolo 306 Decreto Legislativo cit., come modificato dal Decreto Legge n. 97 del 2008, articolo 4, comma 2-bis, conv. in Legge n. 129 del 2008, stabilisce, al secondo comma, che le disposizioni di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), e articolo 28, nonchè le altre disposizioni in tema di valutazione dei rischi che ad esse rinviano, ivi comprese le relative disposizioni sanzionatorie, previste dal presente decreto, diventano efficaci a decorrere dal 1 gennaio 2009; fino a tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni previgenti.

In particolare il Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, nel disciplinare gli obblighi del datore di lavoro, prevedeva all'articolo 4, comma 2, che il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, valutasse tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, e all'esito di tale valutazione elaborasse un documento contenente una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa; l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuale, conseguente alla valutazione suddetta; il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; documento questo che doveva essere custodito presso l'azienda ovvero l'unità produttiva.

Lo stesso Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 89 ha poi previsto che il datore di lavoro è punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a otto milioni per la violazione, tra le altre norme, dell'articolo 4, commi 2, cit.. è invece il Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 55 - non applicabile nella specie ratione temporis - che contempla, per la violazione dell'articolo 29, comma 1 (mancata redazione del documento di valutazione dei rischi), la più grave pena dell'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400.

Quindi all'epoca la pena massima per la condotta contestata ed accertata a carico dell'imputato era dell'ammenda di lire 8.000.000, mentre la sentenza impugnata considera una pena base di euro 5.000,00, superiore a quella massima allora consentita. Ciò comporta l'illegalità della pena inflitta ed il conseguente annullamento dell'impugnata sentenza limitatamente alla determinazione della stessa.



P.Q.M.

la Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente alla pena inflitta con rinvio per nuovo esame al tribunale di Orestano.