Infortunio occorso ad un lavoratore per la pulizia di una macchina MDO per la lavorazione di films polipropilenici, effettuata con i rulli in movimento - Responsabilità del datore di lavoro e del dirigente - Sussiste
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Coco Giovanni Silvi - Presidente -
Dott. Campanato Graziana - Consigliere -
Dott. Brusco Carlo Giuseppe - Consigliere -
Dott. Bianchi Luisa - rel. Consigliere -
Dott. Visconti Sergio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
S E N T E N Z A / O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
D.L.A., n. il (omissis);
F.R., n. il (omissis);
avverso la sentenza della Corte di Appello de L'Aquila del 26/05/2005;
visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in Pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. Bianchi Luisa;
udito il Pubblico Ministero nella persona del Sost. Proc. Gen. Cons. Dott. D'Angelo Giovanni che ha concluso per inammissibilità del ricorso del D.L.; rigetto ricorso F.;
Uditi i difensori Avv.ti (.......) Sabatino (Chieti) e Marcantonio Luigi (Campobasso).
F a t t o e D i r i t t o
La Corte di appello dell'Aquila ha confermato la sentenza resa dal Tribunale di Lanciano con la quale D.L.A. e F. R. sono stati condannati alla pena di 200,00 Euro di multa ciascuno perchè, nelle rispettive qualità di responsabile legale della Bimo Italia s.p.a. e di responsabile della produzione, cagionavano, per colpa consistita nella violazione di norme antinfortunistiche, al dipendente G.A. lesioni al braccio ed alla mano destra; in data (omissis) il predetto G., mentre era intento alla pulizia della macchina MDO per la lavorazione di films polipropilenici, effettuata con i rulli in movimento alla velocità di due metri al minuto, rimaneva incastrato con la mano e l'avambraccio nei rulli, cagionandosi le lesioni di cui al capo di imputazione.
La Corte di appello riteneva entrambi gli imputati responsabili dell'infortunio per violazione del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 48 dal momento che entrambi avevano concordato e condiviso le istruzioni contenute nella comunicazione interna del 19 novembre 1997 con la quale si fornivano istruzioni per la pulizia della macchina con i rulli in movimento; solo a distanza di pochi giorni dall'infortunio, con una successiva comunicazione, si era prescritto che la pulizia avvenisse a rulli fermi; tali prime istruzioni, contrarie al disposto di legge e non giustificate da particolari esigenze tecniche, risultavano altresì contrarie al libretto di istruzione che prescriveva che la pulizia avvenisse a rulli fermi.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, con separati ricorsi, entrambi gli imputati formulando i motivi di seguito indicati.
Secondo D.L. la sentenza sarebbe illogica per non aver tenuto conto che con l'appello si era fatto presente che i testi avevano dichiarato che la macchina era stata fornita senza libretto di istruzione e che le modalità di pulizia erano state indicate dagli istruttori della casa di produzione della macchina stessa che avevano spiegato che si doveva procedere a macchina in movimento, sia pure a velocità ridotta; neppure si poteva ritenere che vi fosse violazione del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 48 atteso che tale norma non stabilisce un divieto assoluto, dovendosi invece solo assicurare, qualora non sia procedere a macchina ferma, le garanzie necessarie alla tutela dei lavoratori, ciò che nella specie era stato fatto avendo la direzione imposto la presenza di un supervisore, allontanatosi momentaneamente al momento del fatto.
F. con un primo motivo ribadisce l'eccezione già formulata in appello in relazione alla inesistenza del verbale dell'udienza del 14 maggio 2004 del giudizio di primo grado; lamenta la violazione dell'art. 134 c.p.p., n. 3 e art. 139 c.p.p. dal momento che per tale udienza è mancata del tutto la riproduzione fonografica, e sostiene che tale forma di documentazione non può essere sostituita dal verbale riassuntivo.
Con un secondo motivo censura la affermazione di responsabilità in totale assenza dell'elemento soggettivo, attribuibile in via esclusiva all'ing. D.L. secondo quanto dallo stesso dichiarato e cioè che tutte le istruzioni aziendali riguardanti le misure di sicurezza sugli impianti ed in particolare quelle del 19 novembre 1997 erano state impartite dalla direzione e il F. le aveva soltanto redatte senza poterne influenzare il contenuto.
Il ricorso di D.L. deve essere dichiarato inammissibile per tardività.
Ed invero la sentenza della Corte di appello di L'Aquila è stata pronunciata il 26.5.2005, e la motivazione è stata depositata il 6.7; la notifica dell'estratto contumaciale all'imputato è avvenuta il 27.9.2005; il temine per l'impugnazione di giorni 30 (ai sensi dell'art. 585 c.p.p., lett. b, etra dunque scaduto alla data del 9.11.2005 in cui è stato depositato il presente ricorso.
Il primo motivo di ricorso presentato da F. è infondato essendo al riguardo sufficiente ricordare che ai sensi dell'art. 140 c.p.p. è espressamente prevista la possibilità di redigere il verbale in forma riassuntiva quando gli atti da verbalizzare hanno contenuto semplice o quando si verifica una contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di ausiliari tecnici.
Correttamente dunque il giudice di appello ha ritenuto applicabile tale disposizione con riferimento alla semplicità degli atti.
Quanto alla ritenuta responsabilità, la Corte di appello ha correttamente messo in luce la qualità di dirigente del F. e la esistenza di una situazione di corresponsabilità tra il medesimo ed il D.L. in ordine alla sicurezza sul lavoro per non essere emersa nè una completa delega di funzione del primo al secondo nè, al contrario, un esonero totale di quest'ultimo; tale convincimento, motivato sulla base delle testimonianze degli stessi soggetti interessati da cui la Corte di appello ha ricavato un sostanziale accodo al riguardo, non può essere messo in discussione in questa sede sulla base di un singolo brano di una deposizione testimoniale, che, avulsa dal contesto in cui è contenuta, non può ritenersi significativa e non può portare ad una rivisitazione della decisione assunta. Può peraltro ancora osservarsi che il soggetto responsabile della sicurezza sul lavoro non può addurre a propria valida scusa quella di aver dovuto uniformarsi alle direttive del datore di lavoro, in quanto un atteggiamento del genere, laddove colui che lo pone in essere è consapevole della inadeguatezza delle misure in atto, contraddice alla specifica funzione che l'ordinamento gli attribuisce ed equivale sostanzialmente ad una ammissione di responsabilità.
Conclusivamente, il ricorso di D.L. deve essere dichiarato inammissibile e quello di F. rigettato con le conseguenti statuizioni di legge.
P. Q. M.
La Corte:
- dichiara inammissibile il ricorso di D.L. e la condanna al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende
- rigetta il ricorso di F. e condanna entrambi i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2006.
Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2006