T.A.R. Veneto, Sez. 1, 10 ottobre 2011, n. 1510 - Infermità contratta dal dipendente ed eziologia
N. 01510/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00250/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 250 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Mauro O., rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo Gozzi, con domicilio eletto presso Mauro Papandrea in Venezia-Mestre, viale Garibaldi, 89;
contro
Ministero della Giustizia;
per l'annullamento
della nota prot. n. GDAP-0220242-2011 dell'1.6.2011 a firma del Dirigente del Personale e della Formazione del DAP - Missione per la gestione dei procedimenti previdenziali - Servizio della Previdenza; della nota prot. n. GDAP-0225721-2011 del 7.6.2011 a firma del Dirigente del Personale e della Formazione del DAP - Missione per la gestione dei procedimenti previdenziali - Servizio della Previdenza - Settore Amministrativo Sanitario del Personale di Polizia Penitenziaria; nonchè di ogni altro atto annesso, connesso o presupposto;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2011 il dott. Claudio Rovis e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Considerato
quanto segue.
1.- In relazione al ricorso principale, in punto di diritto il Collegio deve innanzitutto chiarire che con l'entrata in vigore del DPR n. 461/01 è stato affidato a un solo organo, il Comitato di verifica per le cause di servizio, il compito di accertare l'esistenza del nesso causale e/o concausale della dipendenza da causa di servizio dell'infermità contratta dal dipendente (cfr., ex multis, CdS, IV, 26.5.2008 n. 2507).
Il suddetto DPR n. 461/01 non solo attribuisce a detto organo competenza esclusiva nella materia in questione, ma impone all'organo di Amministrazione attiva di conformarsi al parere da esso reso e di assumerlo come motivazione dell'adottando provvedimento, sia esso di accoglimento che di rigetto (CdS, IV, 10.7.2007 n. 3911).
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, che il Collegio condivide, nelle controversie aventi ad oggetto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità sofferte da pubblici dipendenti il sindacato che il giudice della legittimità è autorizzato a compiere sulle determinazioni assunte dagli organi tecnici, ai quali la normativa vigente attribuisce una competenza esclusiva in materia, deve necessariamente intendersi limitato ai soli casi di travisamento dei fatti e di macroscopica illogicità ictu oculi rilevabili (cfr. CdS, IV, 14.4.2010 n. 2099; VI, 31.3.2009 n. 1889).
Si tratta di limiti che perimetrano in termini chiari, puntuali e ineludibili l'ambito entro il quale il giudice amministrativo può svolgere il proprio compito, che, avendo ad oggetto la verifica della regolarità del procedimento, non gli consente in alcun caso di sovrapporre il proprio convincimento a quello espresso dall'organo tecnico, in quanto fondato su nozioni scientifiche e su dati di esperienza tecnico-discrezionale (cfr., tra le più recenti, CdS, IV, 8.6.2009 n. 3500).
Ciò premesso in diritto, e passando all'esame della fattispecie concreta oggetto del presente giudizio, il Collegio ritiene che il parere reso dal Comitato di verifica nell'adunanza del 29.10.2009 e confermato, dopo aver esaminato tutta la documentazione amministrativa e sanitaria trasmessa, nell’adunanza del 6.10.2010 non possa che riconoscersi congruamente motivato in punto di diniego del riconoscimento del nesso eziologico con l’attività svolta.
Nell’adunanza del 29.10.2009 il Comitato ha descritto puntualmente l'infermità e la sua eziologia, ed ha giudicato – per quanto qui interessa - che “l’infermità non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio trattandosi di necrosi di una zona circoscritta o estesa di tessuto miocardico causata da ischemia protratta per occlusione di un vaso coronarico interessato da processo aterosclerotico o da fenomeni funzionali stenosanti (spasmi), favorito da fattori di rischio individuali, congeniti o acquisiti, e frequentemente legato alle abitudini di vita del soggetto, sull’insorgenza o decorso della quale il servizio prestato così come acquisito agli atti, considerato in ogni suo aspetto, non può aver svolto alcun ruolo, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante, tenuto conto che non risulta essere stato caratterizzato da particolari abnormi responsabilità ovvero da eccezionali disagi tali da prevalere, rispetto agli elementi individuali favorenti, nel’insorgenza o nella successiva evoluzione dell’infermità".
Giudizio, questo, pienamente confermato nella riunione del 6.10.2010, “in quanto nelle osservazioni presentate dall’interessato non si rilevano elementi di valutazione tali da far modificare il precedente giudizio espresso”.
Il Comitato, dunque, ha escluso che nella fattispecie qui scrutinata potesse ravvisarsi quantomeno la sussistenza di un rapporto di concausalità tra servizio prestato ed infermità diagnosticata: ed è pervenuto alle suddette conclusioni, come espressamente affermato in entrambi i pareri, "dopo aver esaminato e valutato, senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti".
Secondo il ricorrente tale giudizio sarebbe errato sotto il profilo tecnico, e produce specifica documentazione volta a comprovare il rilievo asseritamente svolto dalle condizioni e dall'ambiente di lavoro sulle riscontrate affezioni.
Siffatta specificazione deve essere disattesa perché la documentazione acquisita nel procedimento non dimostra - a giudizio del Collegio - che il servizio prestato dal ricorrente, pur nella sua obiettiva gravosità, sia effettivamente assurto, per averlo impegnato in termini presumibilmente eccedenti i limiti di tollerabilità normali, al ruolo di fattore genetico della contratta infermità.
Ma anche a prescindere da tali considerazioni, il giudizio del Comitato non sembra esibire profili di inattendibilità percepibili in questa sede.
Né, peraltro, sussistono i presupposti per l'espletamento di una consulenza tecnica, tenuto altresì conto dei limiti che, per costante giurisprudenza, l'utilizzo di questo mezzo istruttorio incontra nel processo amministrativo al cospetto di valutazioni, quali quelle sulla dipendenza da causa di servizio, che la legge riserva in via tendenzialmente esclusiva a determinati organi.
In effetti, nel processo amministrativo di legittimità la possibilità per il giudice di controllare la tenuta delle valutazioni tecniche formulate in sede amministrativa non comporta che egli possa sostituire il proprio apprezzamento a quello dell'Amministrazione, nemmeno avvalendosi della consulenza tecnica, dovendosi in sede giurisdizionale solo appurare, in base alle deduzioni di parte, se il criterio tecnico concretamente valorizzato in sede procedimentale risulti o meno attendibile (cfr., ex pluribus, CdS, IV, 7.7.2008 n. 3380).
Per completezza, va altresì specificato che il parere medico-legale sulla dipendenza da causa di servizio, in quanto espresso da organi tecnici imparziali e dotati di specifica competenza tecnica, non può essere contraddetto da pareri sanitari di parte - come quello allegato dal ricorrente -, se non in caso di palese irragionevolezza e di evidente travisamento dei fatti, esclusa nel caso di specie da quanto sopra esposto.
Conclusivamente, dunque, per le suesposte considerazioni il ricorso principale è infondato e deve essere respinto.
2.- È invece fondato e va accolto il ricorso per motivi aggiunti con il quale il ricorrente ha contestato l’illegittimità (per violazione di legge e per eccesso di potere) dei provvedimenti con cui il Ministero della Giustizia lo ha dispensato dal servizio per infermità e, sul presupposto della reiezione da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze dell’istanza dell’interessato tesa ad ottenere il transito in quell’Amministrazione ai sensi dell’art. 75 del DLgs n. 443/92, ha, rispettivamente, disposto la cessazione del relativo trattamento economico con decorrenza dal 17 maggio 2011.
Gli artt. 75 e 76 del DLgs 30 ottobre 1992 n. 443, chiaramente rivolti a protezione del lavoratore, statuiscono, rispettivamente, che “il personale del Corpo di polizia penitenziaria che abbia riportato un'invalidità non dipendente da causa di servizio, la quale non comporti l'inidoneità assoluta ai compiti d'istituto, può essere, a domanda, trasferito nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli dell'Amministrazione penitenziaria, o di altre amministrazioni dello Stato, ovvero, per esigenze di servizio, d'ufficio nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli dell'Amministrazione penitenziaria, semprechè l'infermità accertata ne consenta l'ulteriore impiego” (art. 75, III comma) e che “il trasferimento d'ufficio del personale di cui al comma 3 dell'articolo 75 nelle corrispondenti qualifiche di altro ruolo dell'Amministrazione penitenziaria è disposto con decreto del Ministro di grazia e giustizia, sentite le commissioni di cui all'articolo 50 in relazione alla qualifica rivestita dall'interessato, nonché la commissione consultiva di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1981, n. 738” (art. 76, II comma).
A tal proposito deve evidenziarsi che nella seduta del 28 maggio 2009 la CMO di Padova aveva espressamente affermato che, qualora il CVS avesse giudicato non dipendente da causa di servizio l’infermità contratta dall’odierno ricorrente (come è effettivamente avvenuto), “l’interessato è non idoneo permanentemente al servizio nella Polizia penitenziaria in modo assoluto, ma sì idoneo al servizio in altri ruoli dell’Amministrazione penitenziaria o in altre Amministrazioni dello Stato ai sensi dell’art. 75 del DLgs n. 443/92”.
L’Amministrazione, dunque, avrebbe dovuto esprimersi, investendo del caso la commissione di cui all’art. 50 del DLgs n. 443/92 nonché la commissione consultiva di cui all'articolo 4 del decreto del DPR 25 ottobre 1981, n. 738 (cfr. l’art. 76, cit. IV comma), sulla idoneità dell’odierno ricorrente ad essere impiegato in altri ruoli dell'Amministrazione penitenziaria, in modo da garantire, in caso positivo, la conservazione della sua posizione professionale: essa, invece, non ha preso in alcuna considerazione la possibilità di reimpiego del dipendente.
3.- Le spese possono essere compensate in ragione della reciproca, parziale soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, respinge il ricorso principale ed accoglie il ricorso per motivi aggiunti, salve e riservate le ulteriori determinazioni che l’Amministrazione assumerà in merito all’impiego del ricorrente in altri ruoli dell'Amministrazione penitenziaria.
Compensa le spese e le competenze del giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Antonio Borea, Presidente
Claudio Rovis, Consigliere, Estensore
Alessandra Farina, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/10/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)