l. La Corte ritiene che la parte dedicata allo svolgimento del processo debba rivestire in questo caso forma sintetica, per punti essenziali, rimandando ai successivi capitoli la trattazione dei numerosi argomenti; la Corte ricorda che si sono tenute 94 udienze (con registrazioni e trascrizioni, per alcune migliaia di pagine), che sono stati sentiti oltre 200 testimoni e circa 20 consulenti delle parti, ognuno dei quali ultimi ha depositato corposi elaborati scritti, in diverse materie (dall'ingegnere al medico all'informatico al traduttore); che tutti gli imputati si sono sottoposti all'esame dibattimentale; che vi sono in atti centinaia di documenti, già facenti parte del fascicolo per il dibattimento formatosi in sede di udienza preliminare ovvero prodotti dalle parti in diverse udienze; che la Procura della Repubblica, i difensori delle parti civili costituite ed ammesse, i difensori degli imputati, della persona giuridica e del responsabile civile hanno avuto necessità di parecchie udienze (22, oltre alle 2 di repliche) per esporre le loro convinzioni, motivazioni e conclusioni (queste ultime, come sopra riportate).
2. La Corte richiama in questa sede tutte le ordinanze emesse nella fase predibattimentale e dibattimentale; richiamo che non costituisce un mero atto formale ma deriva da una rinnovata, attuale conferma (formatasi rivedendo l'intera materia in sede di decisione finale) di quanto in allora deciso e motivato.
La Corte ritiene opportuno ribadire come non sussista - il dato è evidente alla sola lettura delle motivazioni - alcun contrasto tra la decisione di respingere l'eccezione, formulata dalla difesa degli imputati e relativa alla nullità dell'avviso ex art. 415bis c.p.p. (e degli atti conseguenti) per omessa traduzione in tedesco (v. relativa ordinanza) e la successiva decisione della Corte di nominare (v. relativa ordinanza) per gli stessi imputati di nazionalità tedesca, ES. e PR., un interprete in lingua tedesca per l'udienza dedicata al loro esame (v. udienza 4/11/2009). Interprete che la Corte ha nominato dopo che gli imputati avevano manifestato la loro ferma volontà (v. dichiarazione scritta in atti, depositata) di non sottoporsi all'esame dibattimentale se privi di interprete di nomina giudiziale; interprete che la Corte ha quindi nominato non certo perché convinta della da loro riaffermata ignoranza della lingua italiana (v., su questo, gli elementi esposti nella prima ordinanza), bensì al fine di non privare il dibattimento di un rilevantissimo incombente come l'esame degli imputati e di non comprimere in alcun modo il fondamentale diritto - di rango costituzionale - degli stessi imputati di espletare pienamente le loro difese.
In fatto si è poi verificato, all'udienza citata, che in particolare l'imputato ES., a fronte di un'interprete evidentemente emozionata ed in difficoltà sui termini tecnici, l'abbia più volte "corretta" durante le sue traduzioni orali, così dimostrando - ma la Corte non aveva dubbi in proposito, come già esposto in ordinanza e come confermato in dibattimento dal teste onorevole BOR. G. (v. udienza 14/4/2010, pag. 16 trascrizioni) - non solo di conoscere la nostra lingua ad un livello certamente sufficiente a ben comprendere gli atti in allora notificatigli (così come l'imputato PR., v. citata ordinanza) ma di possedere una ottima padronanza della nostra lingua (v. registrazione e trascrizione udienza del 4/11/2009).
3. Molti documenti sequestrati ed altri acquisiti durante il dibattimento sono in lingua straniera, in particolare in tedesco ed in inglese; la Corte, richiamando le ordinanze emesse sul punto, può qui affermare che tutte le decisioni sono state assunte fondandosi su documenti la cui traduzione nella nostra lingua è stata acquisita in dibattimento nel pieno contraddittorio delle parti (v., oltre all'ordinanza relativa, le udienze dedicate all'audizione dell'ing. CV.), senza alcuna contestazione nel merito della correttezza di tali traduzioni (anche la "correzione" della traduzione del termine "from TURIN" è stata acquisita nel contraddittorio delle parti, su richiesta della Procura della Repubblica); alcuni documenti sono stati direttamente tradotti da interpreti nominati da questa A.G. ed il loro operato è stato vagliato e discusso con i consulenti di parte (v. udienza 11/6/2010).
4. Come in tutti i dibattimenti la ricostruzione dei fatti che hanno preceduto e causato gli eventi per cui si procede - ricostruzione ontologicamente "storica", ma nel rispetto delle regole processuali - è avvenuta anche sulla base delle testimonianze delle persone informate.
Come si vedrà ampiamente infra, considerati la complessità anche in fatto degli argomenti, la gravità delle contestazioni mosse, il possibile coinvolgimento emotivo di alcuni testimoni per la tragedia che ha dato origine a questo processo, la Corte - rimarcando che ogni teste ha il dovere imperativo, legislativamente imposto, di dire la verità: obliando tale dovere nessuna ricerca della verità e quindi nessun processo è possibile - ha ricercato e in atti riportato, per ogni argomento trattato, gli elementi (documentali; provenienti da altri testi; logici) idonei a confermare ovvero a smentire le dichiarazioni testimoniali.
Per alcuni argomenti, nei quali le dichiarazioni si sono rivelate di particolare importanza per la ricostruzione - in dettaglio - della realtà dei fatti, la Corte ha volutamente scelto di riportare anche citazioni testuali di tali dichiarazioni, ritenendo la necessità di privilegiare una esposizione puntuale, anche nel riprodurre le parole usate dai testimoni, rispetto al solo riassunto ragionato: peraltro doverosamente sempre effettuato.
Per la descrizione dell'incendio nella notte del 6/12/2007 la Corte ha ritenuto di non dover esporre o riassumere, bensì solo di riportare quanto riferito dai presenti e dai soccorritori.
5. La Corte deve qui dare conto del perché abbia considerato e consideri del tutto attendibile - in particolare - il teste BO. Antonio (operaio addetto quella notte alla Linea 5, unico sopravvissuto della squadra, v. udienze 3 e 5/3/2009); la precisazione è necessaria perché proprio sulla sua testimonianza i difensori degli imputati hanno espresso forti dubbi, ravvisando delle "imprecisioni" ovvero dei "non ricordo" nelle sue dichiarazioni che, a loro avviso, non apparivano giustificabili.
La Corte deve sottolineare come tutte le dichiarazioni di BO. siano state, come vedremo dettagliatamente infra, nei capitoli dedicati ai vari punti, confermate sia tramite altre fonti testimoniali, sia documentalmente (un solo esempio: lo straordinario da lui riferito anche nelle notti precedenti l'incendio); per quanto riguarda la parte della sua testimonianza relativa agli eventi di quella notte, sin dove è stato possibile, le sue dichiarazioni sono state verificate - v., nel capitolo dedicato alle ore precedenti l'incendio, le testimonianze di P.S., P.G., SA. G.; per gli istanti più drammatici (v. infra) sappiamo che la manichetta era stata effettivamente svolta; che, mentre la svolgeva, era chinato dietro il "muletto" lì posteggiato: BO. è stato proprio dal muletto riparato dal repentino "flah fire" che si è sviluppato (v. infra e le numerose fotografie in atti, che "segnano" visivamente l'estendersi dell'incendio). BO. ha inoltre riferito di non essere riuscito a dare l'allarme con il telefono posto sul "pulpito" (v. infra) della Linea 5: anche questa dichiarazione è stata confermata non solo testimonialmente (v. teste MOR., infra citato, udienza 17/3/2009) ma tramite il verbale di accertamento contenuto in faldone 2 (v.).
La Corte ritiene quindi che non solo non vi sia alcun elemento per dubitare della attendibilità del teste BO., ma che tutte le sue dichiarazioni, in ordine alle quali ciò era possibile, abbiano ricevuto conferma aliunde; non riveste quindi fondamento alcuno il "dubbio" che sulle sue dichiarazioni hanno sollevato i difensori degli imputati.
6. Ancora sui testimoni, è doveroso esporre un grave tentativo di impedire a questa Corte di accertare la verità dei fatti, tentativo perpetrato proprio nel corso del dibattimento.
La vicenda è oggetto di un separato procedimento penale, che avrà il suo corso e sul quale questa Corte non vuole e non deve pronunciarsi; ma, come si è appena ricordato, la Corte non solo può ma deve certamente valutare l'attendibilità dei testi escussi, oltre che prendere atto del fatto che alcuni di essi hanno chiesto, ai sensi dell'art. 376 c.p., di "ritrattare" la loro deposizione già resa in dibattimento.
In particolare, la Corte ha appreso da GV. C. (nello stabilimento di Torino dal 1978, nell'ultimo periodo e fino al settembre 2007 capoturno trattamento -v. udienza 24/2/2010, da pag. 3 trascrizioni) che egli era stato avvicinato da CO. A. (nello stabilimento di Torino dal 1979, nell'ultimo periodo responsabile della produzione, diretto collaboratore dell'imputato SA., da settembre 2007 anche responsabile della manutenzione - anche lui teste v. udienza 24/2/2010); che CO. gli aveva telefonato il 30 giugno 2009, chiedendogli di incontrarlo in un bar; GV. gli aveva risposto che non frequentava i bar: CO. era allora, con il consenso di GV., andato a casa sua nel primo pomeriggio, dicendogli che era indicato nella lista dei testimoni della difesa e consegnandogli due fogli in cui erano scritte le domande - che gli sarebbero state rivolte innanzi a questa Corte - ed anche le risposte.
Il teste GV. denunciava il gravissimo fatto alla Procura della Repubblica; durante la sua testimonianza, riferiva (v. pag. 14 delle trascrizioni) che effettivamente molte delle domande che gli erano state poste durante la sua deposizione innanzi alla Corte egli già le conosceva proprio per averle lette sui fogli che gli aveva consegnato CO..
L'episodio riguardante GV. non è stato, purtroppo, isolato, come si è appreso durante le udienze: il teste VCD. L. (responsabile del reparto trattamento dello stabilimento di Torino fino al 2005) aveva reso la sua testimonianza innanzi alla Corte all'udienza del 10/11/2009 (v.); ricevuto l'avviso di garanzia per il reato di falsa testimonianza, chiedeva di essere nuovamente sentito per ritrattare ai sensi dell'art. 376 c.p.; all'udienza del 11/12/2009 (v.) rendeva dichiarazioni diverse dalle precedenti (nel merito, v. infra, nel capitolo dedicato alle condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino) e riferiva che lo stesso imputato CAF. lo aveva chiamato per avere il suo indirizzo di casa ed inviargli la convocazione come teste; che aveva allora egli stesso chiamato CO., "..che era stato suo capo diretto"; CO., dopo avergli detto di "stare tranquillo", lo aveva poi richiamato chiedendogli "se volevamo vederci"; si incontrarono così il lunedì precedente la testimonianza fissata innanzi alla Corte (udienza del 10/11/2009), a Moncalieri dove VCD. era andato all'Ufficio postale a ritirare la raccomandata con l'intimazione; durante questo incontro, CO. raccontò a VCD. che GV. aveva denunciato di avere ricevuto domande e risposte; anche a lui CO. consegnò un foglio, secondo VCD. con le "sole" domande: sul ruolo di CAF., sugli incendi, sul pulsante di emergenza e sui corsi antincendio (v. infra, nei capitoli dedicati a questi argomenti); VCD. dichiarava in udienza di avere subito distrutto il foglio avuto da CO.; VCD. riferiva anche che CO. non aveva utilizzato il suo telefono per chiamarlo, bensì quello della di lui madre; che, inoltre, CO. si era presentato a casa sua anche subito dopo il ricevimento dell'avviso di garanzia. Il teste RS. Marco (operaio nello stabilimento di Torino dal 1995, nell'ultimo periodo impiegato come gestore di manutenzione, fino a dicembre 2008) aveva reso la sua deposizione all'udienza del 17/11/2009; anche lui, ricevuto l'avviso di garanzia per il reato di cui all'art. 372 c.p., chiedeva alla Corte di poter essere risentito ex art. 376 c.p.; anche lui rendeva dichiarazioni diverse (nel merito, v. infra) e, all'udienza del 11/12/2009 (v. da pag. 4 trascrizioni) riferiva che, nel dicembre 2008, quando si era licenziato, l'imputato CAF. gli aveva detto che si sarebbero presto rivisti, perché era indicato nella lista dei testi della difesa e che gli avrebbe dato il PIANO DI SICUREZZA "almeno potevo prepararmi", ma raccomandandogli di "non dirlo a nessuno" (v. pag. 16 trascrizioni): aveva poi provveduto DE. A. (capo reparto trattamento da febbraio 2006 ad agosto 2007, poi a Terni, anche lui teste, v. udienza 24/2/1010) a consegnarglielo, dicendogli: "CAF. ti dà questo" e dandogliene una copia anche per SPI. A. ( in THYSSEN KRUPP AST a Torino dal 2001 a dicembre 2007, analista chimico, teste sentito all'udienza del 26/2/2010, v.); non è dato di conoscere se effettivamente RS. abbia consegnato la copia del PIANO DI EMERGENZA E DI EVACUAZIONE (v. infra, nell'apposito paragrafo) allo SPI.: RS. dice di no, di averlo buttato (v. pag. 21 trascrizioni); a sua volta SPI. dice di avere ricevuto il piano da RS. "...perché mi avrebbero richiesto di esporre il piano di emergenza, se io non me lo fossi ricordato" (v. pag. 31 trascrizioni), ma poco dopo (pag. 34 trascrizioni) dice invece che RS. non gliel'aveva consegnato.
Anche il teste TH. M. (manutentore meccanico nello stabilimento THYSSEN KRUPP AST di Torino dal 2003 a febbraio 2008), rese le sue dichiarazioni all'udienza del 17/11/2009 (v. da pag. 31 trascrizioni), ricevuto l'avviso di garanzia per il reato di falsa testimonianza, chiedeva di essere risentito dalla Corte: ma richiamato all'udienza del 11/12/2009, si limitava a ripetere più volte di avere avuto una conversazione con SP. (il quale sceglierà di avvalersi della facoltà di non rispondere, in quanto indagato di reato connesso, all'udienza del 26/2/2010, v.), senza però riferirne l'oggetto.
Il teste CARV. G. (nello stabilimento di Torino dal 1995, capoturno manutenzione dal 2002 fino al 7/11/2007) sentito alle udienze del 11 e 17/3/2009, ricevuto l'avviso di garanzia per il reato di falsa testimonianza, chiedeva alla Corte di essere risentito ex art. 376 c.p.; l'incombente veniva espletato all'udienza del 5/10/2010, durante la quale CARV. si limitava a riferire che le dichiarazioni da lui rese davanti ai Pubblici Ministeri nel corso delle indagini preliminari "sono certamente la verità" e che non sapeva "dove i Pubblici Ministeri ritengano che io abbia mentito" (v. infra, nel merito).
Per quanto a conoscenza di questa Corte, risultano quindi indagati per falsa testimonianza resa innanzi a questa Corte VCD., RS., TH. e CARV., i quali tutti hanno chiesto di essere sentiti nuovamente innanzi a questa A.G. ex art. 376 c.p.; risultano indagati per induzione a rendere falsa testimonianza CO., DE. e SP.: come si è già indicato sopra, SP. si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre CO. e DE. hanno reso le loro dichiarazioni all'udienza del 24/2/2010 (v.).
Le eventuali responsabilità penali saranno oggetto di separato accertamento; è però evidente come questi episodi inficino profondamente l'attendibilità delle dichiarazioni rese da tutti i soggetti sopra indicati, peraltro - come nel caso di VCD. e di RS. - dagli stessi testi smentite in tutto o in parte, con tratti perfino paradossali, come le affermazioni di VCD. - ingegnere - sulla "forma" del pulsante di emergenza (v. udienze 10/11/2009 e 11/12/2009, in quest'ultima pag. 40-43 trascrizioni).
Non solo: non emergono, purtroppo, come episodi isolati, considerato che, come riferito da più testi, nell'estate del 2009 - essendo già in calendario l'escussione dei testi della difesa innanzi a questa Corte proprio a decorrere dall'autunno 2009 - dalla segretaria (ROS. Vanda, teste, v. udienza 11/12/2009) del direttore di stabilimento e qui imputato SA. è stata organizzata una cena "aziendale", alla quale parteciparono una cinquantina di dipendenti ed ex dipendenti dello stabilimento di Torino, tra i quali gli imputali SA. e CAF. e - certamente, secondo vari testi - CO., DE., RS., BON., ROS., PER., tutti testimoni; cena organizzata allo scopo - secondo la ROS., v. pag. 92 trascrizione - di "salutarsi" ovvero, come riferito da RS., senza "un motivo particolare" (v. udienza 11/12/2009, pag. 9 trascrizioni). La cena, tra l'altro, è certamente successiva alla denuncia sporta da GV., perché lo stesso RS. riferisce (v. pag. 17 trascrizioni): "...ho sentito dire nel dopo cena che GV. aveva denunciato il tentativo di dargli delle domande per il processo". Addirittura GIO. D. (in THYSSEN KRUPP AST a Torino dal 2002, in ultimo responsabile del reparto ecologia - con le funzioni già rivestite da LU. - sino a febbraio 2009, v. udienza 17/12/2009) riferiva alla Corte di avere "dismesso" la scheda del suo cellulare per non essere più "contattato" (v. pag. 64-66 trascrizioni).
L'amara conclusione che la Corte deve trarre dalla vicenda appena esposta è che, proprio nel corso del presente dibattimento, si sono verificati una serie di tentativi (la cui rilevanza penale non deve qui essere considerata) di inficiare la genuinità di numerose testimonianze e ciò anche successivamente e nonostante la conoscenza della denuncia che GV., con senso di responsabilità e consapevolezza dell'importanza del suo ruolo di testimone, aveva sporto; comportamenti gravissimi, perché tesi a vanificare in radice il fine di questo come di ogni giudizio: l'accertamento della verità, possibile in sede processuale solo od anche in forza delle dichiarazioni dei testimoni.