Audizione dell’avvocato generale presso la Corte d’appello di Bari, del procuratore aggiunto presso il Tribunale di Lecce e di un sostituto procuratore presso il medesimo Tribunale

Intervengono il dottor Massimo Piccioli, avvocato generale presso la Corte d’appello di Bari, il dottor Ennio Cillo, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Lecce, e la dottoressa Paola Guglielmi, sostituto procuratore presso il medesimo Tribunale.

PRESIDENTE
Ringrazio per la partecipazione il dottor Massimo Piccioli, avvocato generale presso la Corte d’appello di Bari, il dottor Ennio Cillo, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Lecce, e la dottoressa Paola Guglielmi, sostituto procuratore presso il medesimo Tribunale.
Premesso che la nostra presenza in Puglia non è dettata da particolari fatti o fenomeni, l’obiettivo che la Commissione si è data con l’odierna missione è quello di prendere direttamente coscienza e consapevolezza della tematica che ci compete in tutte le Regioni d’Italia, ivi incluse le Province autonome, soprattutto al fine di verificare l’impatto della nuova normativa (che ormai ha tre anni) in materia di sicurezza sul lavoro sui soggetti istituzionali presenti nei vari territori. Per questo motivo siamo oggi a Bari e chiediamo cortesemente la vostra collaborazione.

CILLO
Signor Presidente, onorevoli senatori, siamo noi che vi ringraziamo e cogliamo con vero piacere questa occasione, non solo per un’espressione di cortesia e di maniera ma anche perché, come operatori, ci sentiamo confortati dall’attenzione che il legislatore pone alla complessità di questo fenomeno e alla necessità che esso sia affrontato, coordinando interventi legislativi con esperienze concrete.
Certamente l’aver coordinato nel Testo unico tutta una serie di disposizioni preesistenti ha per noi rappresentato una semplificazione e, quindi, anche un modo per rendere più incisivo il nostro lavoro. Analogamente, il meccanismo di controlli sempre frequenti e di applicazione di prescrizioni, molte volte rispettate e molte volte adeguate, consente tutto sommato un graduale adeguamento ai criteri di sicurezza. Certo, parliamo di un contesto estremamente delicato.
Vi darò qualche indicazione complessiva che ho colto anche sentendo i colleghi procuratori di Brindisi e di Taranto per illustrarvi complessivamente quella che, a nostro avviso, è una prudente linea di tendenza rispetto al fenomeno degli infortuni, specialmente degli infortuni mortali sul lavoro.
La sensazione che abbiamo in questo momento è che forse, anche grazie al maggior numero di controlli e di adeguamenti, ci sia una leggera progressiva riduzione del fenomeno delle morti e degli infortuni. Su questo mi esprimo con molta prudenza perché queste nostre valutazioni non derivano da grandi numeri e quindi non è facile dare statisticamente un’indicazione esatta. Inoltre, in una materia così delicata, sappiamo che, purtroppo, un grave incidente può sempre essere dietro l’angolo e questo potrebbe in qualche modo smentire quello che sto dicendo. Tuttavia, confrontando i dati degli ultimi anni (di questo vi parlerà più specificamente la collega Guglielmi che ha una grande esperienza in materia in quanto da molti anni è nel pool sicurezza sul lavoro della procura di Lecce), per quanto riguarda Brindisi, Taranto e Lecce registriamo tendenzialmente una modesta riduzione, che comunque rappresenta un trend significativo, dei fenomeni di morti e di infortuni gravi sul lavoro, anche se recentemente si segnala un’inchiesta per un importante infortunio sul lavoro a Brindisi. Non bisogna, dunque, abbassare la guardia.
Rispetto a Taranto è meritevole di segnalazione anche la problematica relativa alle malattie professionali. Come immaginate, la procura di Taranto si sta interessando, soprattutto con due processi di grande portata, alle problematiche sugli effetti per la salute e sui tumori derivanti dall’inalazione di polveri di amianto. Come è noto, questi fenomeni emergono molti anni dopo l’effettiva esposizione, quindi i dati odierni fotografano una realtà, dal punto di vista del contesto lavorativo, risalente anche agli anni passati.
Tuttavia, quest’attenzione alla sicurezza sul lavoro - intesa in senso stretto come violazione della disciplina antinfortunistica ma contemporaneamente anche come qualità del lavoro nell’ambito delle aziende più importanti, in particolare a Taranto e a Brindisi che hanno grandi poli industriali - è effettiva. Da Taranto, infatti, mi veniva sollecitata questa sottolineatura circa l’impegno che si sta portando avanti in ordine al riscontro sulle malattie professionali.
Vi è anche da dire che rispetto alla realtà di Brindisi tale attenzione è necessaria perché alcuni impianti del polo industriale lì presente sono ormai risalenti negli anni; quindi anche i sistemi con cui tali impianti sono stati progettati devono essere oggetto di un aggiornamento e di una valutazione sotto il profilo antinfortunistico, delle malattie professionali e, ovviamente, anche dal punto di vista ambientale, dal momento che i due aspetti vanno di pari passo.
In ultimo, prima di lasciare spazio ai colleghi, vorrei segnalare che in provincia di Lecce si sono verificati di recente due episodi molto rilevanti di lavoro nero con utilizzazione di immigrati. Nel caso più recente, una società a partecipazione spagnola, interessata alla realizzazione di numerosissimi impianti fotovoltaici, impiegava circa 300 operai in condizioni così gravi, sotto il profilo della qualità della prestazione e della mancanza di qualunque prevenzione antinfortunistica, da far ipotizzare, almeno da parte della procura, addirittura l’ipotesi della riduzione in servitù. Si trattava, infatti, di situazioni abnormi per quanto riguarda la durata della giornata lavorativa e la mancanza di qualunque presidio antinfortunistico. Si è poi avuto un altro caso analogo di impiego di manodopera sempre di origine extracomunitaria, talvolta non in regola; tale vicenda si era originata in Sicilia, ma le squadre di lavoratori venivano utilizzate in varie parti d’Italia e anche in Puglia, in genere per la raccolta di prodotti agricoli. Vi segnalo questi fenomeni perché, a fronte di situazioni di debolezza e di ricattabilità sotto il profilo economico-sociale, è evidente come venga a soffrire anche l’applicazione della disciplina antinfortunistica.
Questo è il quadro a grandi tinte; per quanto riguarda invece più specificamente la nostra esperienza nel quotidiano, sicuramente la collega Paola Guglielmi, che ha una grande esperienza concreta nel campo, potrà illustrarvi più compiutamente la situazione.

GUGLIELMI
Signor Presidente, da quasi 20 anni mi occupo di sicurezza sui luoghi di lavoro, quindi ho avuto occasione di studiare il decreto legislativo n. 81 del 2008 e le successive modifiche del 2009 per la specificità della materia, ma anche per la necessità di formare il personale con cui lavoriamo, atteso che uno degli aspetti fondamentali, che sempre ribadisco, è la necessità di una stretta collaborazione tra gli organi giudiziari, quindi gli uffici di procura e la polizia giudiziaria che si occupa delle inchieste.
Ciò detto, in ordine alla necessità di approfondimento che ho avuto da subito, ritengo che il fenomeno della sicurezza sui luoghi di lavoro vada analizzato sotto due punti di vista: quello delle contravvenzioni e del relativo sistema sanzionatorio e quello delle lesioni gravi e dell’omicidio colposo. I due temi sono paralleli e distinti al tempo stesso, perché il fenomeno delle contravvenzioni presenta sempre numeri elevatissimi.
Scendendo nello specifico, nel 2007 parliamo di 1.365 contravvenzioni e nei primi cinque mesi del 2011 nella procura di Lecce ne sono state elevate 848. L’altissima quantità di contravvenzioni è un segnale assolutamente positivo e non negativo, come invece può sembrare prima facie, perché il sistema introdotto nel 1994 con i decreti di ricezione delle direttive CE e il sistema confermato dal decreto legislativo n. 108 del 2005 sono comunque sistemi che privilegiano, in materia non di delitti ma di pura contravvenzione, la prevenzione.
Quindi, il dato significante di cui secondo me la Commissione deve tener conto è che un numero molto elevato di contravvenzioni è assolutamente positivo perché è indice di forte controllo del territorio da parte degli organi vigilanti. Ovviamente, tale elemento è compatibile con un’attività intensa e a pieno organico dei servizi ispettivi della ASL e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Un trend ottimistico emerge poi dal fatto che per la maggior parte queste contravvenzioni non giungono a una sanzione penale, ma vengono estinte - come sicuramente chi mi ascolta sa bene - prima di arrivare dinanzi al giudice. La volontà del legislatore, infatti, è sempre stata quella di privilegiare la prevenzione rispetto alla sanzione. Intendo dire che il legislatore ha confermato, con il già citato decreto legislativo n. 108 e con il decreto legislativo n. 106 del 2009, la volontà di premiare chi adempie alla prescrizione e paga una somma a titolo di sanzione amministrativa ed in questo modo evita il giudizio penale.
Ben venga quindi un alto numero di contravvenzioni. Ho sempre espresso un giudizio positivo circa la conferma che il Testo unico fa (e anzi amplia nel 2009) del sistema sanzionatorio di questo tipo. Ciò che interessa allo Stato e anche alla magistratura in materia di contravvenzioni non è sottoporre alla sanzione penale (quando non ci sono lesioni e morti) la piccola azienda, il piccolo imprenditore e anche la grande azienda, bensì l’effettività della prevenzione. Pertanto, pur avendo accertato la violazione della norma, in presenza di una volontà riparatoria, risarcitoria, quindi della volontà del datore di lavoro di mettere in regola e di porre in sicurezza la struttura, ben venga l’abdicare alla volontà sanzionatoria.
Completamente diverso è il caso in cui da un infortunio sul cantiere o nell’azienda derivi lesione grave o anche morte. In questo frangente, il trend è in leggera diminuzione, come diceva il procuratore Cillo, ma mi sento fortemente di dire che sono benvenute le sanzioni elevate, come quelle disposte dal legislatore per l’omicidio colposo derivante da violazioni sulle norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. Pertanto, nelle fattispecie di cui agli articoli 590 e 589 del codice penale, la magistratura, alla luce dei dati del territorio, auspica che non si abdichi mai alla punizione, anzi ritiene che la sanzione della pena detentiva elevata sia certamente un deterrente.
A mio avviso, pertanto, l’operazione che è stata voluta di accorpamento nel Testo unico di tutta la legislazione precedente (parliamo del decreto legislativo n. 626 del 1994 o ancora del decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955) merita certamente un plauso e lo stesso dicasi - lo prendano per quello che vale l’opinione di modesti operatori del settore sul campo - per l’accorpamento in un testo unico che ha reso quest’operazione molto più facile per noi magistrati, ma anche per la polizia giudiziaria.
È dunque positivo il salvataggio del sistema sanzionatorio così come disposto dal decreto legislativo n. 109 del 2007, che lo ha anche ampliato perché è stato applicato pure alle contravvenzioni in cui c’è solo l’ammenda e addirittura alle sanzioni amministrative. Dal punto di vista delle procure, merita invece minore apprezzamento la riduzione delle pene detentive e pecuniarie a carico di datori di lavoro, dirigenti e preposti per l’efficacia deterrente che da sempre ha avuto la pena detentiva nel nostro sistema.
A mio parere, merita un cenno la perplessità, che ho subito avuto, in ordine all’introduzione dell’esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, introdotta dall’articolo 30 del decreto legislativo n. 81, e addirittura dell’esimente della responsabilità penale nel caso di delega di funzioni. Mi riferisco al coordinamento tra l’articolo 16, comma 3, e l’articolo 30, cioè all’esimente in materia penale qualora sia stato efficacemente attuato un sistema di gestione ex articolo 30; questo però è un discorso più complesso. Ho parlato immediatamente alla Confindustria locale dicendo che ovviamente attuare un’esimente penale non è così semplice. Una volta aperta un’inchiesta, perché l’esimente prevista dall’articolo 16 ci sia, si deve verificare in concreto nel sistema giudiziario l’esistenza di tutti i parametri voluti dalle due norme. Ricordo inoltre che l’onere della prova è pur sempre a carico dell’impresa che viene inquisita; si apre comunque un’inchiesta e bisogna stare attenti. Ho delle perplessità a dire che esiste tout court un’esimente, che invece va valutata in concreto; bisogna valutare se effettivamente il sistema di gestione sia efficacemente attuato e se tutti i parametri siano realizzati.
Ripeto comunque che il giudizio complessivo su questa normativa e sui dati concreti che emergono dalla nostra realtà a livello territoriale siano tutto sommato sufficientemente positivi e soprattutto ottimistici, nella misura in cui però riusciremo ad avere controlli numerosi ed effettivi, personale a pieno organico e quindi dei servizi ispettivi. Vorrei dire a me stessa - ma credo che nelle realtà che andrete a vedere sia sempre lo stesso - che laddove esiste una forte specializzazione anche in magistratura (come naturalmente è auspicabile) vi è un forte e continuo coordinamento tra magistratura che esplica le sue funzioni e i servizi locali, e ritengo che nel nostro territorio ciò sia stato attuato in maniera soddisfacente.

PICCIOLI
Signori componenti della Commissione, permettetemi di porgervi innanzi tutto i saluti del procuratore generale, il dottor Antonio Pizzi, il quale alcuni giorni fa ha inviato una comunicazione alla prefettura di Bari, facendo presente che per impegni elettorali a Milano (è noto il ballottaggio odierno) non sarebbe potuto essere presente e ha delegato me come avvocato generale.
L’argomento con cui nel telegramma di convocazione era stata richiesta la partecipazione del procuratore generale di Bari era piuttosto ampio e generico: audizione in materia di infortuni sul lavoro. Le procure generali non hanno un contatto diretto con questo tipo di eventi giudiziari. Il contatto diretto viene ovviamente tenuto dai procuratori della Repubblica nei circondari del distretto. Pertanto, riferire con ampiezza di documentazione e di cognizione a codesta Commissione avrebbe richiesto un interpello ai procuratori della zona di Bari - si tratta di quattro procure: Bari, Foggia, Trani e Lucera -, con la richiesta di dati particolari sulla materia specifica degli infortuni sul lavoro. Non vi è stato il tempo di ottenere queste informazioni e, pertanto, le mie considerazioni saranno di carattere generale. Va ovviamente chiarito che, qualora occorrano alla Commissione dei dati particolari e più precisi, sarà cura della procura generale acquisirli nel più breve tempo possibile e trasmetterli alla Commissione senatoriale.
Per quanto riguarda la generalità del fenomeno degli infortuni sul lavoro nel distretto di Bari, va premesso che in questo distretto non sono operativi grossi complessi industriali, a differenza del distretto della procura generale di Lecce, in cui il principale stabilimento è insediato a Taranto - mi riferisco all’Ilva -, anche se pure a Brindisi ve ne sono di particolarmente cospicui. Nella zona che riguarda Bari e il suo distretto vi sono delle medie industrie, in relazione alle quali non risultano particolari criticità, nel senso che queste attività industriali non presentano particolari punti di deficienze o altro.
Il controllo che viene eseguito dalle forze di polizia giudiziaria, dagli ispettorati del lavoro e dalle ASL rientra nei parametri della normalità. Non si sono registrati casi particolari di episodi venuti alla ribalta della cronaca nazionale. Certo, incidenti sul lavoro (soprattutto nei campi dell’edilizia e dell’agricoltura) sono purtroppo ricorrenti ed è piuttosto difficile poterne bloccare un eventuale aumento. C’è da dire però che l’attività dei controlli consente comunque di tenere il fenomeno degli infortuni sul lavoro entro certi limiti, anche se non si può dire che si tratti di limiti soddisfacenti. In materia di infortuni sul lavoro, infatti, non si può mai parlare di soddisfattività dei risultati; è chiaro però che più è incisivo il controllo, minore è la probabilità di incidenti.
Quanto ai casi che posso ricordare a memoria, recentemente avvenuti nell’ambito del distretto di Bari, forse qualcuno ricorderà il caso tragico successo un paio di anni fa, o poco più, nel circondario del Tribunale di Trani. In occasione della pulizia di una cisterna ferroviaria che aveva trasportato in precedenza prodotti chimici, a causa delle esalazioni mortali verificate al suo interno, il primo operaio intervenuto perse i sensi; poi, purtroppo, a seguire, intervennero altri colleghi che provvedevano alla pulitura della cisterna e, alla fine, vi furono cinque morti, tra cui anche il capomastro, o comunque il titolare della piccola azienda che provvedeva alle pulizie. Ho riportato questo come dato di entità di perdite nell’attività lavorativa, va ricordato però che l’intervento di soccorso degli operai a favore l’uno dell’altro corrisponde sicuramente ad un alto grado di umanità che, purtroppo, si è concluso negativamente con la morte. Ripeto, è un fatto di rilievo comparso di recente sulla stampa. Fortunatamente, nell’ambito del distretto di Bari non vi sono altri casi così rilevanti e tragici, perché - come dicevo - non ci sono grosse aziende e imprese e l’attività industriale e lavorativa si svolge a livelli di media entità.
Per quanto ci risulta, le attività di controllo e di prevenzione che svolgono gli organi di polizia giudiziaria, gli ispettorati del lavoro e le ASL rientrano nella norma. I controlli, quindi, ci sono, vengono eseguiti e danno dei risultati che, tutto sommato, possono essere accettati. Non mi risulta vi siano da fare altre osservazioni particolari sempre - ovviamente - di carattere generale.
Come dicevo, le forze di polizia, gli ispettorati e le ASL lavorano tempestivamente e con coscienza. Certo, come diceva la collega di Lecce, se fosse possibile, sarebbe altamente auspicabile ottenere dagli organi competenti un aumento degli organici di polizia giudiziaria che segue queste vicende e del personale degli ispettorati del lavoro e delle ASL preposte alla tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. Tuttavia, se le condizioni economiche del Paese sono quelle che sono, credo non si possa sperare troppo in incrementi di organico.
Non ho altre indicazioni particolari, se non quella, signor Presidente, di riconfermarle che, occorrendo alla Commissione dei maggiori dettagli, questi potranno essere forniti per iscritto nel più breve tempo possibile.

GUGLIELMI
Signor Presidente, prendo la parola nuovamente perché nel mio intervento ho tralasciato due cose. Quanto alla prima, tengo a dire che sia io che il dottor Cillo siamo in condizione di dettare oggi a verbale e di fornire, se ritenuto utile dalla Commissione, tutti i dati dal 2007 al 2011, per avere un’idea del trend che il fenomeno sta avendo.
In secondo luogo, in ragione della mia esperienza personale sono in condizione di dire - in ciò concordo in parte con il procuratore di Brindisi che ha riferito al dottor Cillo - che la maggior parte degli infortuni è legata a determinati aspetti e carenze della sicurezza suoi luoghi di lavoro. Il primo aspetto è quello della formazione. Nonostante si parli dal 1994 (ossia dall’introduzione delle tredici direttive dell’Unione europea) della necessità di una cultura della sicurezza diffusa in ogni fase della formazione - dall’apprendistato al pensionamento -, il fenomeno è ancora carente. La formazione è lasciata molto alla buona volontà dei singoli operatori e anche delle persone, come me e come altri, che si prestano a formare il personale. Il primo punto, quindi, è quello della formazione.
Il secondo punto è il piano di sicurezza. Anche su questo vi sono delle grandissime carenze, perché non sempre i datori di lavoro hanno compreso che non si può fare il copia e incolla. Il piano di sicurezza non è il documento di valutazione rischi, non è un documento che può circolare all’interno delle imprese con caratteristiche simili, come fosse la fotocopia di un altro documento; è invece un documento importantissimo. Non serve a nulla parlare di sicurezza, se non ci sono la formazione e la valutazione dei rischi.
L’ultima carenza riguarda essenzialmente le strutture di protezione, non solo quelle di protezione individuale, ma anche quelle dell’intera azienda. Nel Salento il fenomeno più grande è quello dei cantieri - fissi e mobili - e la maggior parte delle morti avviene ancora per carenza nella costruzione delle opere provvisionali. Il concetto di opera provvisionale è ancora in evoluzione; non ci sentiamo in grado di dire che la cultura della sicurezza sia veramente un dato raggiunto.
Scusate se ho chiesto nuovamente la parola, ma ci tenevo a far sapere che possiamo fornirvi dei dati, se ne avete bisogno.

CILLO
Allo stesso modo, potremmo fornire anche i dati dei colleghi di Brindisi e Taranto che abbiamo sentito per le stesse ragioni.

NEROZZI
In relazione a quest’ultima osservazione che ha fatto, sarebbe interessante analizzare anche le forme di subappalto e il grado di subappalto e delle gare al massimo ribasso. Ci sono gare al massimo ribasso? Quanti sono i gradi di subappalto? Uno, due, tre o quattro?
Nel caso di subappalto, di quanto è inferiore la cifra? Qui c’è una criticità molto forte.

GUGLIELMI
Enorme.

NEROZZI
Sarebbe interessante avere dei dati standardizzati su una zona tutto sommato omogenea e sull’edilizia. Allo stesso modo, sarebbe interessante avere dati anche in relazione alle malattie professionali nell’esperienza di Brindisi e di Taranto (ricordo che il procuratore di Brindisi ci ha illustrato la situazione), data la rilevanza delle iniziative industriali sul territorio e la gravosità dal punto di vista ambientale e di salute (a Taranto è molto presente la problematica dell’amianto, mentre a Brindisi vi sono più aspetti).
Un altro dato interessante è relativo agli incidenti in agricoltura, soprattutto in relazione a Foggia, ma non solo. Si tratta di incidenti che riguardano i lavoratori, perché c’è un elemento intensivo dell’agricoltura che non è presente in altre zone, oppure i coltivatori diretti? Lo chiedo perché da altre parti si tratta prevalentemente di coltivatori diretti mentre, sulla base di interventi precedenti, è parso di capire che in questo caso il fenomeno riguardi più i lavoratori.

PICCIOLI
In provincia di Foggia, soprattutto nel periodo estivo per la raccolta del pomodoro, c’è un fortissimo afflusso di stranieri, la maggior parte dei quali extracomunitari. Francamente in questo momento non sono in grado di precisare il tasso di infortunistica in questo campo perché, come risulta evidente alla Commissione, questi sono dati che vanno riferiti dalla procura di Foggia e vanno disaggregati a seconda della qualità di coltivatori diretti o di...

NEROZZI
Da quanto riportato dai giornali (stiamo quindi parlando di dati non scientifici) sembrerebbe di capire che a Foggia non ci siano stati incidenti mortali.

PICCIOLI
Di recente no.

NEROZZI
E quindi, pur con lo sfruttamento, con il lavoro nero che è immenso...

PICCIOLI
È un altro aspetto critico, che però esula dagli infortuni.

NEROZZI
Pur con tutti questi aspetti estremamente negativi, potrebbe emergere che laddove c’è la grande impresa intensiva ci sono strumenti tecnici migliori rispetto alle zone dove sono presenti coltivatori diretti. Questo è un elemento interessante rispetto all’attrezzatura, e noi ci dobbiamo occupare anche di questo. Questa è la ragione per cui ho fatto questa domanda.

PICCIOLI
Per questo va richiesta questa specificazione.

NEROZZI
Poi c’è il lavoro nero che incide. A Foggia due anni fa ci sono stati altri fatti, che rientrano nel penale, visto che sono spariti dei lavoratori. Questo però non rientra nell’ambito degli infortuni sul lavoro, si tratta di un caso più complicato.

PICCIOLI
È un caso di sfruttamento.

NEROZZI
È un caso più grave.

CILLO
Proprio in riferimento a due delle problematiche che lei segnalava, mi permetto di dire che ho dei rapporti abbastanza frequenti con l’ANCE della Provincia di Lecce, anche perché - ma questo è tutt’altro argomento - abbiamo insieme un progetto pilota per le demolizioni delle costruzioni abusive.

NEROZZI
L’ANCE della Provincia di Taranto è all’avanguardia rispetto ad alcuni protocolli nazionali, quindi probabilmente c’è un coordinamento.

CILLO
Infatti, l’ANCE in Provincia di Lecce ci ha segnalato ripetutamente - sia pure in sede di confronto - la problematica che lei sottolineava, la necessità cioè che vi sia comunque un limite ad alcuni tipi di subappalti in ribasso, perché come imprenditori si rendono conto che, al di sotto di certe soglie, non è ragionevole garantire la sicurezza. È pur vero che le somme specificamente destinate alla sicurezza sono quelle sulle quali non si effettua un ribasso, ma se complessivamente l’affidamento del subappalto è a livelli di ribassi eccessivi, ciò finisce inevitabilmente col ripercuotersi sulle modalità di lavoro e sulla qualità. Quindi, concordo sul fatto che si debba provare ad approfondire - anche se non è semplice - il criterio delle soglie di massimo ribasso, anche complessive, rispetto alla realizzazione delle opere.
A proposito invece di quello che lei diceva circa le malattie professionali, mi permetto di depositare l’avviso di conclusione delle indagini, che mi ha inviato il collega di Taranto, relativo a questa complessa indagine sulle malattie professionali, anche perché vi è il riferimento alle ipotesi di cui all’articolo 437 del codice penale in relazione agli infortuni mortali.
A proposito dell’articolo 437 del codice penale, volevo dire (è una riflessione che facevo insieme alla collega venendo qui) che rispetto all’adeguamento previsto nelle contravvenzioni vi è massima disponibilità (a volte cerchiamo anche di valutare benevolmente un adempimento o un pagamento un po’ più tardivo). Tuttavia, rispetto alle ipotesi in cui intervenga lo SPESAL e dia le prescrizioni di adeguamento (purtroppo è successo più di una volta), a queste non si ottempera e poco tempo dopo si verifica l’infortunio proprio per il mancato adeguamento ad esse. In quel caso, contestiamo il reato di cui all’articolo 437 del codice penale perché intendiamo che comunque vi sia stata almeno una previsione dell’evento di particolare gravità. È proprio questo, secondo me, l’approccio corretto: da una parte, massima disponibilità verso chi si adegua, dall’altra, un doveroso rigore nei confronti di chi non ottempera.
Ad ogni modo, se lo ritenete utile, mi permetterò di produrre una missiva che ha inviato il procuratore di Taranto, richiamando complessivamente anche l’applicazione della direttiva Seveso a tutti i casi di industrie a rischio, perché anche in tal senso l’adeguamento più generale dell’attività di una grande industria a rischio può avere effetti benefici complessivi sulla qualità e sul controllo.
Mi permetto di segnalare, inoltre, un breve schema, anche se non è firmato, che richiama i due processi più importanti che abbiamo in materia di sfruttamento della manodopera immigrata e di lavoro nero. Essi pongono, infatti, anche la questione relativa agli strumenti giuridici in casi talmente gravi che mettono in evidenza la mancanza di qualunque tutela antinfortunistica. Nello specifico, si tratta di casi di schiavismo, di persone messe a lavorare oltre 12 ore al giorno con qualsiasi condizione meteorica, sotto la poggia e nel fango, alle quali si è persino negato l’utilizzo degli stivali. In una delle intercettazioni, a chi dice: «qui si continuano a lamentare perché gli stivali che gli date sono troppo piccoli», viene risposto «si taglino i piedi o taglino gli stivali». Siamo di fronte a situazioni di rapporti con il prestatore d’opera che investono livelli di gravità penale assai maggiori, tant’è vero che - come dicevo - è stata contestata la riduzione in servitù. Il GIP ha accolto le richieste di misure cautelari, mentre il riesame non concorda sull’individuazione di questa ipotesi di reato; ve ne do comunque notizia perché mi sembra un fatto significativo e, laddove ci si dovesse orientare per non configurare l’ipotesi di riduzione in servitù, occorrerebbe forse riflettere su casi così estremi di sfruttamento del lavoro - che contestualmente mettono a rischio sia la sicurezza che gli altri profili della personalità del lavoratore - per individuare sanzioni adeguate, magari un po’ più mirate, che consentano di avere una risposta sanzionatoria certa.

MORRA
Presidente, vorrei intervenire sui dati forniti dalla dottoressa Guglielmi circa l’elevatissimo numero di contravvenzioni, che il procuratore ha interpretato come un bicchiere mezzo pieno, nel senso di darne una lettura positiva dal punto di vista dell’attività di controllo «di tipo preventivo» presente sul territorio. Vorrei leggere meglio questo dato per trarre delle conclusioni che siano di aiuto a noi legislatori.
Un elevatissimo numero di contravvenzioni significa innanzi tutto la presenza di un’attività e quindi di una dotazione di organico più o meno sufficiente, contrariamente a quanto ci è stato sempre detto, ma questo è inessenziale. Il vero problema che vorrei capire è un altro. Possiamo leggere l’elevatissimo numero di contravvenzioni nei termini da lei indicati ma anche diversamente. C’è da chiedersi infatti quale sia il motivo per il quale le contravvenzioni siano così tante. Non c’è una cultura della sicurezza?
La sicurezza nelle aziende non viene vissuta come valore? Ritengo che questo sia uno dei punti fondamentali perché, a mio parere, bisognerebbe intervenire a monte.
Secondo punto: mancanza di conoscenza di norme. Come si disarticola questo elevatissimo numero di contravvenzioni tra grandi e piccole aziende all’interno del mondo produttivo? Secondo noi, la vera attività di prevenzione sta a monte della contravvenzione. Noi pensiamo di avere molti spazi da coprire con il lavoro di tutti; spesso non basta il livello centrale, non basta il legislatore nazionale. È un aspetto che vorrei capire meglio perché l’elevatissimo numero di contravvenzioni per me può anche significare volontà di evadere le norme che può portare anche all’incidente più serio.

GUGLIELMI
Forse, quando ho parlato di elevato numero di contravvenzioni, mi sono espressa male. Distinguevo il discorso rispetto al trend delle lesioni gravi e delle ipotesi di cui all’articolo 589 del codice penale, ossia degli infortuni sul lavoro dai quali è derivata lesione o morte, che dal 2007 al 2011 sono in leggero calo. Dicevo invece che le contravvenzioni, cioè le violazioni di normativa in questa materia senza infortunio, sono comunque molto elevate e continuo a dire che questo è un segnale positivo.
Innanzi tutto, per avere il dato esatto avrei dovuto dire: nel territorio del Salento, a fronte di 1.600 contravvenzioni l’anno, c’è stato un tot numero di accessi, perché in procura arrivano solo gli accessi che accertano una violazione. Non possedendo questo dato, posso solo dire che esso continua ad essere molto elevato. Mentre è in leggero calo il numero degli infortuni, non è in calo il dato contravventivo. Tutti coloro che si occupano della materia - ripeto, mi occupo di questa materia dagli anni Novanta - non fanno che ribadire il concetto che la contravvenzione equivale a prevenzione, ove si consideri che fra l’80 e l’85 per cento - dato che forse non avevo fornito - dei reati contravvenzionali viene estinto con la procedura di cui al decreto legislativo n. 758 del 1994. Questo è il dato positivo. Siccome in questa materia la volontà del legislatore, più che la sanzione, è l’effettività della prevenzione, il dato positivo è un numero alto di verifiche. Infatti, se le contravvenzioni sono circa 1.600, le verifiche sono comunque un numero elevato.
Apro una parentesi: sono un numero elevato perché io accerto in questa materia una certa passione. Credo che la passione - così come la vedete in me - vi sia e vi debba comunque essere in chiunque lavori in questa materia. Penso che a pieno organico, a mezzo organico, sotto organico, i servizi ispettivi - soprattutto i servizi ASL (questo è il dato di cui dispongo) - lavorino con una certa passione, lavorino bene, lavorino parecchio. A fronte di questo, il dato positivo è che circa l’80-85 per cento (questo dato è matematico, ve lo dico con tranquillità, ed è sempre stato alto) dei reati contravvenzionali non arriva alla sanzione penale, al decreto penale o all’oblazione, ma viene archiviato dalla procura. In sede di accertamento amministrativo-giurisdizionale (parlo con persone che credo conoscano il meccanismo; è un procedimento ex decreto legislativo n. 758), infatti, il contravventore per lo più ottempera alla prescrizione, viene ammesso a pagare la relativa sanzione amministrativa e il procedimento penale si estingue con l’archiviazione. Ciò vuol dire che ho ottenuto l’effetto sostanziale di prevenire l’infortunio.

PRESIDENTE
È stato molto interessante il suo discorso iniziale, dottoressa Guglielmi, e adesso l’ha ribadito in riferimento anche al decreto legislativo n. 106 del 2009. Sicuramente cercheremo di porre un’ulteriore attenzione su questo successivo decreto che ha modificato il testo unico.
Per quanto riguarda il discorso delle procure, noi contiamo molto su di esse.

GUGLIELMI
Fate bene.

PRESIDENTE
Contiamo molto sulle procure (quindi vi ringraziamo per la presenza) perché riusciamo a comprendere - così come anche questa mattina abbiamo avuto contezza - come si procede. Al di là dell’aridità della norma, c’è tutto un processo dinamico che pone in essere chi lo svolge - come prima diceva la dottoressa Guglielmi - con passione. Questo permette anche di vedere in controluce il problema.
Ci siamo permessi di inviare una nota a tutte le procure generali d’Italia per quanto riguarda gli infortuni che si determinano sulle strade (parlo di infortuni sul lavoro, di mezzi in movimento, non solo di infortuni in itinere), chiedendo la cortesia di prestare un’attenzione particolare nell’analizzare la scena dell’infortunio, che spesso si derubrica ad infortunio stradale; questo è l’approccio da parte dei primi soggetti preposti a fare gli accertamenti. Di questo ci siamo fatti carico proprio per aprire un dialogo con le procure. A detta di molti magistrati che si interessano di questi argomenti, di fatto, dai verbali, dai rilevamenti si evince un approccio volto a far emergere invece un incidente stradale, spesso sottovalutando o quanto meno non evidenziando a dovere la scena dell’infortunio. Il magistrato dovrà poi intervenire, intanto però la scena si è modificata.
Ho fatto questo esempio ma ce ne sarebbero molti altri. È importante avere una collaborazione con chi deve svolgere un ruolo delicato e importante come il vostro perché la normativa deve essere calata nella realtà e interpretata nel modo più corretto. Non dico altro perché è la vostra professione. Questo discorso vale anche per il procuratore generale.

PICCIOLI
Si chiede alle procure una specificazione più dettagliata se quell’incidente avvenuto sulla strada sia, per esempio, un incidente in itinere?

PRESIDENTE
No, il mio esempio serve a far comprendere che ci teniamo al rapporto con le procure. Visto che ci sono problematicità, questa interlocuzione ha lo scopo di comprendere come approcciarsi ai problemi di questo tipo con l’attuale normativa. Non è nelle nostre intenzioni chiedere informazioni straordinarie o di dettaglio, ma soltanto capire qual è l’approccio alla normativa, perché ne´ da parte nostra ne´ da parte vostra c’è interesse a fornire dettagli, a meno non espressamente richiesti da noi: ciò sarebbe suonato strano, peraltro non vi sarebbe stato neppure il tempo necessario per farlo. Ma non è questo il concetto.
Credo che le procure generali debbano avere un sistema di raccordo con i vari magistrati che nelle rispettive procure si interessano a questo tema e quindi hanno un quadro della situazione. Questo tuttavia non dovrebbe succedere perché siamo arrivati noi, ma perché rientra nella loro professionalità e vocazione d’istituto. Faccio queste precisazioni per chiarire il motivo per cui chiediamo alle procure generali di fornirci il quadro della situazione.
Vi ringraziamo per la collaborazione, sperando di riuscire a colmare in futuro qualche lacuna; del resto, le leggi sono sempre perfettibili.
Dichiaro conclusa l’audizione.