SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico


Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»


Lunedì 30 maggio 2011

Audizioni svolte presso la Prefettura di Bari


Presidenza del presidente TOFANI

Audizione del vice prefetto vicario di Bari
Audizione del comandante regionale dell’Arma dei carabinieri e del comandante regionale dei Vigili del fuoco
Audizione dell’avvocato generale presso la Corte d’appello di Bari, del procuratore aggiunto presso il Tribunale di Lecce e di un sostituto procuratore presso il medesimo Tribunale
Audizione del direttore dell’ufficio regionale dell’INAIL e del direttore dell’ufficio regionale del lavoro
Audizione del dirigente del Servizio programmazione assistenza territoriale sanitaria alle politiche della salute
Audizione di rappresentanti sindacali
Audizione dell’assessore regionale al welfare, lavoro e politiche sociali




Audizione del vice prefetto vicario di Bari

Interviene il vice prefetto vicario di Bari, dottoressa Antonia Bellomo.

PRESIDENTE
Rivolgo un saluto alla dottoressa Antonia Bellomo, vice prefetto vicario di Bari, che ringrazio per l’accoglienza.
I motivi che ci portano oggi a Bari sono legati ai compiti della nostra Commissione. In modo più specifico, stiamo verificando, attraverso incontri nelle varie Regioni d’Italia, l’impatto che il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, (cosiddetto Testo unico) ha avuto nella strutturazione e nell’organizzazione in materia di sicurezza sul lavoro a livello regionale.
Sappiamo benissimo quali sono le competenze che spettano alle Regioni, quindi conosciamo anche il ruolo che svolgono le prefetture. In genere, il primo incontro in prefettura è con il prefetto che ci ospita, anche per comprendere esattamente, in base ai dati che risultano nella fattispecie alla prefettura, come si procede in questo comparto, se vi sono criticità dal punto di vista organizzativo ed elementi di sperimentazione: in sostanza, tutto quello che a voi risulta si stia facendo in questo settore.

BELLOMO
Grazie a lei, Presidente, per avere voluto scegliere la Regione Puglia per una delle vostre visite.
Entro subito nell’argomento. L’impatto della legge nazionale qui in Puglia sta avvenendo gradualmente. Tuttavia, avvertiamo nell’opinione pubblica - e comunque anche i dati lo indicano - un decremento delle fattispecie rilevanti per quanto riguarda gli incidenti sul lavoro. Attribuiamo ciò sicuramente ad una maggiore sensibilità degli imprenditori e dei lavoratori sul tema, frutto non solo delle iniziative di formazione che si sono sviluppate in questi anni ma, ahimè, molto probabilmente, anche dei casi eclatanti di cui la nostra Regione è stata protagonista (mi riferisco all’episodio doloroso di Molfetta).
In tutta la Regione le fattispecie sono in diminuzione, ma ovviamente ogni caso è doloroso e solleva l’attenzione sui familiari delle vittime e su quello che si potrebbe fare di più per la sicurezza sui luoghi di lavoro. Devo dire a tal proposito che parallelamente si è data attuazione alla direttiva nazionale decisa dal Governo nella sede di Reggio Calabria nel gennaio 2010 per un controllo più approfondito di contrasto al lavoro nero, anche in funzione di rintracciare lavoratori extracomunitari irregolari. Questa direttiva è stata attuata nella Regione con particolare riferimento ai settori dell’edilizia e dell’agricoltura e ha portato alcuni risultati. Per la verità, è risultata una certa percentuale di imprese irregolari più in agricoltura che in edilizia, ma i casi di lavoratori extracomunitari emersi sono stati piuttosto modesti e non significativi.
La sensibilità sulla tematica è sicuramente acuita, ma c’è anche una pervicace azione di controllo da parte sia degli istituti a ciò preposti (mi riferisco alla ASL piuttosto che all’Ispettorato del lavoro), sia delle Forze di polizia, perché numerosi controlli sono stati effettuati dallo specifico Nucleo dei carabinieri. Tale Nucleo, infatti, ha fatto controlli non solo nei settori tipici dell’agricoltura e dell’edilizia, ma anche più ad ampio raggio, adottando spesso lo strumento della diffida, che si è rivelato efficace. Si arriva spesso, infatti, alla revoca della diffida perché vengono sanate le irregolarità o, in alcuni casi, alla sospensione dell’esercizio dell’attività d’impresa di alcune aziende.
Non nascondiamo che nel campo della sicurezza del lavoro una grande importanza riveste anche la crisi economica. Si dice spesso che gli oneri della sicurezza incidono pesantemente anche sul costo del lavoro; effettivamente, la crisi economica fa sì che molti comparti siano abbastanza fermi e ci si limiti a piccoli lavori. In buona sostanza, sicuramente l’impatto della normativa è positivo. Inoltre, vi sono anche attività di formazione seguite dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e promosse dagli stessi sindacati dei lavoratori.

PRESIDENTE
Precedentemente al Testo unico - chiamiamolo così per comodità - quindi ancor prima della legge 3 agosto 2007, n. 123, le prefetture svolgevano in molti casi un ruolo di coordinamento con le Province, allora competenti in materia di lavoro. Vorremmo sapere se tra la prefettura e il comitato regionale di coordinamento, di recente istituzione, questo rapporto di collaborazione continua ed è dinamico oppure se ognuno marcia per conto proprio, attese le competenze del comitato in materia.

BELLOMO
Presidente, come lei giustamente ricordava, prima del decreto legislativo n. 81 avevamo un ruolo più incisivo nella tematica.
In effetti nel 2007 era stato stipulato, proprio in prefettura, un protocollo d’intesa con l’ASL, l’Ispettorato del lavoro e l’INAIL perché le ispezioni sul lavoro fossero affiancate anche dalle Forze di polizia. A questo protocollo partecipavano, ovviamente, le Forze di polizia, i Carabinieri, la Finanza, la questura, ciascuno con le proprie specificità, e anche la Provincia, come delegata per materia nel campo del lavoro. Questo protocollo - che in quel periodo ha prodotto alcuni effetti - con la nascita del comitato regionale di coordinamento ha avuto una lenta agonia, fino a perdere un po’ di significato, perché i compiti sono, appunto, di questo comitato, che peraltro, quando si convoca, ce ne dà notizia chiedendo, a volte, anche la partecipazione di uno dei nostri funzionari. È accaduto poco tempo fa per il problema dei lavoratori in nero degli impianti di fotovoltaico, un’occasione sollevata anche dall’opinione pubblica. Soprattutto nel brindisino, in alcuni impianti fotovoltaici, tra l’altro di imprese straniere, venivano impiegati massicciamente lavoratori extracomunitari in nero. Ricordo che l’ultima convocazione è stata proprio su questo punto.
In realtà, però, come lei comprende, i rapporti fra l’organo rappresentante dello Stato, che è il prefetto della Regione, e i comitati regionali sono di stima e collaborazione, quando ce n’è bisogno, ma comunque di autonomia; quindi procedono autonomamente. Ciò nondimeno, le Forze di polizia collaborano e hanno stipulato autonomi protocolli di collaborazione con la Regione o con la ASL.

PRESIDENTE
Dottoressa Bellomo, la ringraziamo per la collaborazione. Dichiaro conclusa l’audizione.

 



Audizione del comandante regionale dell’Arma dei carabinieri e del comandante regionale dei Vigili del fuoco

Intervengono il generale Aldo Visone, comandante della Legione carabinieri Puglia, accompagnato dal luogotenente Salvatore Bianco, responsabile del Nucleo tutela del lavoro, e l’ingegner Michele Di Grezia, comandante regionale dei Vigili del fuoco.

PRESIDENTE
Ringrazio il generale Aldo Visone, comandante della Legione carabinieri Puglia, accompagnato dal luogotenente Salvatore Bianco, responsabile del Nucleo tutela del lavoro, e l’ingegner Michele Di Grezia, comandante regionale dei Vigili del fuoco, per la partecipazione e la collaborazione.
In questa fase, fra le altre iniziative in corso, l’obiettivo della nostra Commissione è verificare nelle varie Regioni italiane (dove stiamo portando la nostra presenza) l’impatto delle nuove normative - mi riferisco alla legge n. 123 del 2007 e al decreto legislativo n. 81 del 2008 - dal punto di vista organizzativo sui territori locali, alla luce delle competenze delle Regioni in materia.
Gradiremmo sapere da voi, in riferimento anche alle vostre specifiche attività, qual è oggi la situazione in tema di contrasto degli infortuni sul lavoro e di malattie professionali, fenomeno quest’ultimo di cui spesso si parla poco ma che, oltre ad essere molto presente, oggi è caratterizzato da una tendenza alla crescita.
Sempre in relazione alle vostre specifiche competenze, vorremmo che ci forniste anche delle indicazioni in merito alle problematiche del lavoro in nero, quindi alle situazioni di irregolarità lavorative che in qualche modo concorrono alla definizione di un quadro di maggiore incertezza e precarietà.

VISONE
Signor Presidente, vorrei preliminarmente illustrare un quadro generale circa l’impegno dell’Arma dei carabinieri per quanto riguarda i fenomeni criminali locali.
Il nostro ordinamento territoriale nell’ambito della Regione Puglia prevede 5 comandi provinciali, 32 comandi di compagnia, 5 tenenze, 221 comandi di stazione. Questa struttura territoriale abbastanza articolata (considerato che siamo disposti su 280 amministrazioni comunali, quindi ci sono 280 municipalità in ambito regionale) consente comunque di avere un quadro della situazione complessivamente chiaro e aggiornato, e permette di contrastare i fenomeni di criminalità comune e organizzata, con un sufficiente impegno e una sufficiente concretezza di risultati.
Per offrire molto rapidamente un quadro generale della situazione criminale, attualmente la maggior parte delle nostre risorse è impiegata su tutto il territorio regionale, ma in particolare nell’area garganica e foggiana (Manfredonia e Cerignola), laddove ci sono fenomeni di delinquenza organizzata abbastanza consistenti che sono stati contrastati con efficaci operazioni di servizio; peraltro, sono stati arrestati anche dei latitanti, alcuni dei quali recentemente, come nei noti eventi che hanno portato alla cattura di 30 criminali. Tale attività ci impegna fortemente in questa zona, mentre l’hinterland barese e la città di Bari presentano una fenomenologia di reati che è più facile contrastare attraverso forme investigative più semplificate, perché è una criminalità di tipo predatorio pericolosissima, ma al tempo stesso immediatamente identificabile per quanto riguarda i personaggi coinvolti, le strategie utilizzate e ciò che effettivamente fanno.
Nelle province salentine, più propriamente nella fascia a confine tra Brindisi e Lecce, siamo molto attenti ad evitare che si ripropongano quei fenomeni di criminalità di tipo mafioso collegati alla Sacra corona unita che in passato hanno dato luogo a importanti operazioni di polizia giudiziaria di contrasto, quali quelle che poi hanno originato l’operazione «Primavera». Nonostante ciò, vi è però il rischio di una ripresa delle attività delinquenziali: molti sono in carcere, molti in libertà vigilata, alcuni sono liberi, quindi vi è la necessità di intervenire. Ciò non esclude tuttavia che a questi fenomeni di criminalità organizzata e comune si debbano aggregare altre situazioni che meritano fortissima attenzione, perché le realtà di cui discutiamo in questa sede (cioè del caporalato, dello sfruttamento del lavoro nero, dei clandestini e dei flussi migratori) permangono, sebbene abbiano subito una riduzione in virtù di un’azione di contrasto complessiva ed efficace.
Ciò è garantito dalla struttura territoriale dell’Arma, che è capillare e abbastanza molecolare, e naturalmente dall’impiego degli specialisti. La struttura territoriale, infatti, assicura un supporto continuo ai soggetti che fanno parte dei cinque Nuclei ispettorato del lavoro disposti nelle cinque Province. C’è effettivamente una logica di coordinamento che si sta amplificando, senz’altro sulla base della recentissima convenzione sottoscritta tra Ministero della difesa e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che garantisce un raccordo ancor più efficace ed effettivo tra l’Arma e le direzioni provinciali del lavoro. Vorrei tuttavia sottolineare come, a parte le riunioni periodiche presso la prefettura e le direzioni provinciali del lavoro che danno luogo a un’azione abbastanza efficace fatta di interventi mirati e selezionati, anche presso il comando regione si tengono riunioni con carattere quadrimestrale o semestrale in esito alle quali vengono assunti provvedimenti mirati. Durante tali incontri, cui partecipano i reparti territoriali e i reparti speciali, tra cui anche i Nuclei ispettorato del lavoro, si esaminano i fenomeni di aggregazione delinquenziale e di criminalità, nonché le modalità con cui essi devono essere contrastati, anche attraverso una riarticolazione del dispositivo organizzativo. Vengono altresì` esaminate specifiche situazioni correlate agli infortuni sul lavoro e quindi collegate alla necessità di controlli su aziende e fasce territoriali ove i fenomeni di cui si parla si verificano e presentano - o possono presentare - indubbi collegamenti con la criminalità comune.
Per quanto riguarda l’operatività dei Nuclei ispettorato del lavoro in ambito regionale, mi permetto di riproporre il concetto che di fatto essi operano in stretta sinergia (c’è una partecipazione effettiva) con l’Arma territoriale. Nel 2010 sono state ispezionate 1.539 aziende essenzialmente nei settori edile (526), dell’agricoltura (302) e del commercio (178). Di fatto, il 50 per cento circa di queste aziende ha manifestato segnali di irregolarità (840); su 4.500 lavoratori controllati, 3.100 sono risultati regolari, 600 circa irregolari, 800 lavoratori sono risultati in nero, di cui 210 stranieri e 24 minori.

MARAVENTANO
Mi scusi generale Visone, quanti sono i minori?

VISONE
24 sono risultati minori. Nell’ambito di 4.500 lavoratori controllati, 3.100 sono regolari, 338 irregolari, 812 in nero, di cui 210 stranieri e 24 minori. Questi dati sono il frutto di una precisa valutazione delle situazioni così come si sono rappresentate. L’evasione contributiva recuperata è pari a 2,6 milioni di euro; 1.478 sono state le diffide per le quali sono stati riscossi 280.000 euro.
Con il supporto delle tabelle dell’INAIL, vorrei ora citare dei dati fondamentali ai fini della comprensione del fenomeno degli infortuni sul lavoro. Sono stati censiti 830 infortuni sul lavoro: si tratta di un dato generale che comprende anche quelli di lieve entità.

PRESIDENTE
A che periodo si riferisce questo dato?

VISONE
Al 2010, signor Presidente. Sono stati riscontrati 830 infortuni sul lavoro; questo dato è estrinsecato dalle tabelle INAIL, che quindi dovrebbero essere precise, ma le nostre, quelle per le quali è intervenuta l’Arma, presentano cifre più contenute, perché fanno riferimento agli interventi dell’Arma e agli infortuni di una certa entità. Gli infortuni nel settore dell’agricoltura sono stati 270, 208 nell’edilizia, 330 nel settore industriale, 14 nel commercio. Rispetto al 2009, c’è un regresso anche di una certa consistenza. Evidentemente su questo si possono fare molte considerazioni, comunque il dato va acquisito nella sua dimensione. Gli infortuni mortali sono 31, per 17 dei quali procede l’Arma.

PRESIDENTE
In quale anno sono 31?

VISONE
Nel 2010, signor Presidente. Ci sono stati 31 infortuni mortali, per 17 dei quali procede l’Arma; vi sono poi 36 casi di maggior spessore per i quali l’Arma ha ricevuto delega dall’autorità giudiziaria.
Per quanto concerne la sicurezza sui luoghi di lavoro, i Nuclei ispettorato del lavoro e l’Arma territoriale nel 2010 hanno effettuato 437 ispezioni, i cui esiti sono stati i seguenti: 239 prescrizioni, 620 ammende, 258 deferimenti all’autorità giudiziaria; sono state contestate 635 violazioni, che in 250 casi sono state pertinenti a omissione delle regole di prevenzione per i lavori relativi a costruzioni in quota, in 164 all’omessa osservanza dell’igiene e salubrità nei luoghi di lavoro, in 144 casi a omessa formazione e informazione dei lavoratori.

PRESIDENTE
Signor generale, questi sono i dati del Nucleo?

VISONE
Sì, signor Presidente. Sono i dati complessivi del Nucleo con l’Arma territoriale, cioè sono dell’Arma. Sono state rilevate 58 violazioni per l’omissione dei dispositivi di protezione individuale. Complessivamente, ci sono state 79 sospensioni di attività perché, nel corso di questi controlli finalizzati alla sicurezza sul lavoro, sono stati individuati circa 300 lavoratori in nero.
Nell’ambito di questi controlli sono emerse criticità complessivamente generalizzate per tutte le attività e tutti i settori, come ad esempio il fatto che, nel corso dei lavori, vengono eseguite simultaneamente molte attività non compatibili tra loro e ciò determina l’infortunio.

PRESIDENTE
Può esplicitare meglio questo concetto?

VISONE
Alcune pratiche dovrebbero essere svolte in modo non simultaneo; bisognerebbe prendere precauzioni perché un’attività si svolgesse in un momento e un’altra successivamente. Inoltre, operazioni che dovrebbero essere poste in essere in luoghi differenti vengono svolte nello stesso luogo, pertanto si creano situazioni non compatibili sia per il loro oggetto che per il luogo in cui si svolgono e naturalmente ciò può essere la causa dell’infortunio. La sicurezza si otterrebbe se si agisse diversamente, ad esempio se, mentre qualcuno si trova su un ponteggio, al di sotto dello stesso non si raccolgono altre cose. In genere, in un cantiere edile può capitare che per irregolarità nella sistemazione di un ponteggio qualcuno lavori a una certa altezza senza avere assunto precauzioni di tipo individuale e che magari sotto il ponteggio ci sia qualcuno che sta lavorando o sta sistemando alcune cose. Naturalmente, proprio perché queste attività potrebbero essere svolte in momenti o luoghi differenti, si potrebbe evitare incidenti adottando una norma procedurale di sicurezza.
Alcune delle cause notorie di incidenti sono anche l’impreparazione professionale dei lavoratori addetti (non credo che stiamo evidenziando criticità nuove), l’omessa adozione o utilizzazione dei dispositivi di protezione e l’inadeguatezza dei piani di sicurezza e coordinamento, che spesso non palesano elementi utili a evitare in concreto il verificarsi di determinati fatti o si traducono in documenti con caratteristiche puramente burocratiche. Mi è stata infatti rappresentata una proposta, che probabilmente è nota, in merito ad un’anticipazione della valutazione della bontà di questi piani da parte del comitato paritetico territoriale, magari anche con il conforto di specialisti dei Nuclei ispettorato del lavoro, proprio per avere una valutazione più accurata sulla regolarità, conformità, utilità e serietà con cui viene redatta questa pianificazione.
Abbiamo - più o meno - già orientato gli altri elementi di criticità che sono: la carenza di misure tecniche e procedurali, la previsione di impianti elettrici non conformi, lo scorretto uso di attrezzature tale da sovraesporre gli operai a pericoli (le cosiddette cadute dall’alto).

MARAVENTANO
Generale Visone, può dirci di quali settori sta parlando per quanto riguarda le attrezzature?

VISONE
Un po’ di tutti i settori.

MARAVENTANO
L’edilizia?

VISONE
Chiaramente il settore che maggiormente ci preoccupa è quello dell’edilizia, perché effettivamente un buon numero di infortuni è riconducibile ad esso, anche se poi, andando ad analizzare i dati, molti degli infortuni sul lavoro del 2010 sono legati alla collocazione di pannelli fotovoltaici, ossia ad una non precisa adozione di tutte le misure che potrebbero essere adottate nella collocazione dei pannelli. Peraltro, in alcune aree - nel Salento, in particolare - questa attività si sta sviluppando sempre più da un punto di vista imprenditoriale. Assistiamo a un fenomeno di abbandono progressivo della terra, che viene acquistata da personaggi i quali si dedicano, in modo particolare e a volte esclusivo, al fotovoltaico. Molti infortuni sono legati a questo, perché c’è una manodopera non completamente orientata.

PRESIDENTE
Generale Visone, conosciamo questi motivi, anche perché se non ci fossero non vi sarebbe alcun infortunio in Italia e in Puglia (o Puglie, come dir si voglia).
Vorremmo sapere se, da parte vostra, ci sono delle riflessioni per una maggiore azione di contrasto. Per il resto, è chiaro che l’infortunio si determina quando vengono meno una serie di condizioni (a parte le accidentalità, che pure esistono). A noi interessano questi elementi. È chiaro che l’infortunio avviene quando accadono determinati eventi (penso a un soggetto che si ferisce o muore perché qualcosa è caduto dal piano di sopra dove lavora un altro soggetto).
Ci interessa soprattutto avere indicazioni sul lavoro di collaborazione che il vostro Nucleo pone in essere. Vorrei sapere, in particolare, se il Nucleo individua necessità di interventi, anche migliorativi e legislativi. Questo è quello che dobbiamo verificare; il resto - ripeto - ci è noto, perché in Italia e in tutto il mondo l’infortunio ha, in genere, le caratteristiche che lei, molto cortesemente, ci ha riferito. Abbiamo a disposizioni i dati che ci vengono trasmessi dagli uffici preposti, anche se sono leggermente diversi da quelli che lei ci ha riferito, pure sugli infortuni mortali.
Si tratta di stabilire il ruolo del Nucleo: secondo voi, deve essere rafforzato, oppure no? Che situazioni di precarietà ha incontrato? Il Nucleo si confronta essenzialmente con gli uffici provinciali del lavoro, quindi l’operatività è molto limitata. Vi chiediamo riflessioni su questo; al resto non siamo interessati.

VISONE
Credo che i dati forniti testimonino una buona attività, che ha consentito un regresso, anche se contenuto, dell’infortunistica e di fatti ad essa collegati. È evidente che il Nucleo ispettorato del lavoro, con questa strutturazione di personale, fa un lavoro estremamente...

PRESIDENTE
Mi scusi, generale Visone, quante unità avete in tutta la Regione?

VISONE
Sono sei unità per Nucleo, se non sbaglio. Ricordo che è un reparto speciale dell’Arma.

PRESIDENTE
Sappiamo tutto: come si è organizzato e come si è evoluto. Siamo addetti ai lavori e abbiamo seguito il percorso: da un unico riferimento di un colonnello a una struttura con tre colonnelli e un generale.
Conosciamo bene come funzionano le cose.

VISONE
Dal punto di vista organico, credo che l’aliquota di personale a disposizione sia sufficiente. È evidente che sarebbe certamente utile se dovesse e potesse lievitare; non credo possano esserci dubbi su questo aspetto con riferimento a tutto il territorio, ma in particolare ad alcune fasce.
Penso, ad esempio, alla fascia foggiana, durante tutto l’anno, anche se ci sono dei momenti della stagione che richiedono un intervento particolare, forte e intenso; penso anche alla fascia Brindisi-Lecce e al barese, nella zona industriale. È chiaro che se potessimo avere un rafforzamento del Nucleo ispettorato del lavoro avremmo la disponibilità di ulteriore personale specializzato che potrebbe essere utile, non solo, specificamente, per l’attività che viene svolta, ma anche nei rapporti riguardanti fenomeni ben più complessi.

PRESIDENTE
La ringrazio, generale Visone.
Cedo ora la parola all’ingegner Michele Di Grezia, comandante regionale dei Vigili del fuoco.

DI GREZIA
Signor Presidente, il Corpo nazionale nella sua generalità e anche nel lavoro specifico nella Regione si attiene alla legislazione vigente, che assegna ad esso alcuni compiti istituzionali, sostanzialmente riconducibili alla prevenzione incendi e al soccorso tecnico urgente.

PRESIDENTE
Fate parte del comitato regionale di coordinamento?

DI GREZIA
Facciamo parte del comitato regionale di coordinamento che si è riunito una volta a Bari, però dall’epoca non sono emerse novità.

PRESIDENTE
Che cosa intende per «una volta»?

DI GREZIA
Intendo nel recente passato, quando non ero ancora in sede. Il comitato è presente anche nelle altre Province ed è particolarmente attivo.

PRESIDENTE
Parlo del comitato regionale di coordinamento.

DI GREZIA
Il comitato regionale si è riunito una sola volta in Regione nel recente passato, quando io non ero ancora in sede. Per l’occasione ho sentito i colleghi che mi hanno preceduto. Il lavoro è terminato lì.

PRESIDENTE
Quindi, a lei risulta che, dal momento della sua istituzione, il comitato si è riunito una sola volta.

DI GREZIA
Sì, così mi è stato riferito.
Come dicevo, i nostri compiti istituzionali sono la prevenzione incendi e il soccorso tecnico urgente; questo è quello che facciamo tutti i giorni e che è ben conosciuto dalla pubblica opinione. Sembrerebbero non esserci, quindi, collegamenti diretti con l’infortunistica sul lavoro; di fatto, invece, ce ne occupiamo e anche ampiamente. Anzitutto, ce ne occupiamo parzialmente con il soccorso tecnico urgente, allorquando siamo chiamati per il recupero di qualche infortunato. Soprattutto, però, ce ne occupiamo in termini di prevenzione incendi e di formazione del personale. Ricordo che la formazione è obbligatoria per legge (a cui anche lei ha fatto riferimento, signor Presidente), ai sensi del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 (ora decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81): stiamo parlando della formazione delle figure addette alla sicurezza, ossia responsabili del servizio di prevenzione e protezione, datori di lavoro, addetti preposti, eccetera.
Per quanto riguarda la prevenzione incendi nel senso letterale del termine, in Italia - unico Paese al mondo - le norme di prevenzione incendi sono legge (di carattere penale). Applichiamo correntemente queste norme; mi scuso per la banalità, ma non rispettarle significherebbe commettere un reato, con tutte le conseguenze del caso. Nell’applicazione di queste norme, anche a tavolino nella fase procedurale istruttoria (con riguardo all’apertura di una qualsiasi nuova attività: industriale, pubblica, di spettacolo, edilizia, eccetera), oltre all’applicazione delle norme di prevenzione incendi, ci occupiamo anche dell’applicazione del decreto legislativo n. 81. Ce ne occupiamo direttamente allorquando, per l’attività che abbiamo in esame in un dato momento, è prevista l’applicazione di alcune norme particolari per la sicurezza sul lavoro. Ovviamente non ci occupiamo dell’applicazione di tutte le norme, ma di quelle più vicine alla prevenzione incendi, ossia alla nostra competenza istituzionale.
Per quanto riguarda la formazione, l’attività è più impegnativa, perché, già al momento dell’emanazione del decreto legislativo n. 626, siamo diventati, in pratica, i formatori privilegiati di quelle figure cui facevo prima cenno. Noi stessi componiamo la commissione di esame finale dei corsi. I corsi che vengono fatti - ciò di cui sto parlando avviene in tutto il Paese e non solo in Regione - hanno una durata e un impegno diversi per i discenti, a seconda dell’attività in cui prestano la loro opera; si va da una settimana a più settimane, secondo ciò che devono fare e del ruolo che devono ricoprire. Ci occupiamo correntemente di questo, sul piano sia della formazione sia dell’esame finale che, per legge, deve essere fatto presso le nostre strutture. Occorre tener presente - lo dico a puro titolo di paragone - che in questo periodo, nel solo Comando provinciale di Bari, si svolgono 2, 3 sedute di esame ogni settimana. Le sedute si tengono anche presso gli altri Comandi, ma la dimensione è minore perché le Province sono più piccole.
Io e il comandante provinciale di Bari, che non siamo originari della Regione, abbiamo apprezzato l’incremento delle domande per frequentare i corsi, registrato nell’ultimo anno e mezzo. Gli esami, se non lo erano, sono diventati ora piuttosto rigidi, compatibilmente con l’impegno del discente, che ovviamente deve abbinare il periodo di studio al lavoro che svolge normalmente. Devo segnalare diverse ripetizioni dei corsi e bocciature; riteniamo, infatti, che chi acquisisce il titolo abilitativo debba poter poi gestire nella maniera migliore possibile il ruolo chiamato a ricoprire.

PRESIDENTE
Con riferimento alle competenze che vi vengono richieste per gli inizi di attività di vario tipo e che riguardano una vostra certificazione, vorrei sapere se svolgete iniziative di verifica e di controllo presso le realtà interessate.

DI GREZIA
Sì, perché - detto in maniera molto semplice - la procedura di prevenzione incendi che porta al rilascio del certificato di prevenzione incendi (che è l’unico titolo abilitativo che rilasciamo) prevede tre fasi. La prima fase è quella dell’approvazione di un progetto presentato all’inizio dal gestore dell’attività che ha interesse ad esercirla; la seconda è quella della realizzazione del progetto approvato; infine, vi è il sopralluogo di collaudo. La procedura si conclude così. Il certificato ha una scadenza pluriennale, al termine della quale ci rechiamo nuovamente a controllare la struttura.

PRESIDENTE
Non sarebbe opportuno se faceste delle verifiche, al di là dei controlli standard di cui adesso ha parlato? Spesso abbiamo registrato fenomeni di infortunio, anche gravi e gravissimi, legati proprio a questo aspetto.
Voi seguite un protocollo (che è la normativa), quindi siete in regola. Da un po’ di tempo è emersa però la necessità che la procedura non termini, nella migliore delle ipotesi, con le tre fasi di cui ha parlato. In qualche caso si è verificato, nell’ambito della prima fase, che la situazione fosse a posto da un punto di vista cartaceo e quindi che la certificazione fosse un atto dovuto, senza dover passare dunque alle altre due fasi, che lei ha correttamente richiamato. Con il trascorrere degli anni, però, rimane un vuoto che - voglio essere chiarissimo - non è rapportabile ai vostri obblighi e competenze ma che noi abbiamo immaginato essere nella normativa vigente. In altre parti d’Italia alcuni suoi colleghi svolgono questa attività di ispezione, ma c’è anche chi - giustamente - segue la procedura in modo corretto e anche rigido e formale. Alla luce della sua esperienza, cosa pensa in proposito? Sarebbe opportuno continuare ad operare in questo modo oppure sarebbe necessaria una vostra azione di verifica dopo aver rilasciato la certificazione, al pari di quanto avviene per altri organismi di carattere ispettivo che hanno anche un ruolo di verifica (penso all’Ispettorato, all’ASL e al Nucleo sulla tutela del lavoro)?

DI GREZIA
Signor Presidente, in realtà quello che ho illustrato prima, come giustamente lei ha sottolineato, è quanto previsto dalla legge.
Nella realtà delle cose, però, eseguiamo sopralluoghi anche a campione, fosse pure in maniera sistematica e non a campione. All’inizio di ogni anno, infatti, l’amministrazione individua (l’ha fatto anche per quest’anno) le attività che devono essere controllate in maniera estemporanea, al di là del periodo temporale in cui, in effetti, ricadrebbe il sopralluogo procedurale.
Mi spiego meglio: quest’anno su tutto il territorio nazionale gli ospedali e le scuole (più o meno sono le stesse attività dell’anno passato) verranno esaminati a campione in ogni Provincia.

PRESIDENTE
Noi ci interessiamo in particolare delle problematiche degli infortuni sul lavoro. Lei ha fatto riferimento a due casi, che sono importantissimi, ma che fuoriescono da un discorso legato agli infortuni sul lavoro. È vero che anche nelle scuole ci sono dei lavoratori (gli insegnanti, i collaboratori e così via), ma noi ci riferiamo alle aziende. Ritornate lì dove è obbligatoria una certificazione che vi compete?

DI GREZIA
Ci ritorniamo se qualche motivo ci chiama, ma in sede territoriale non è possibile.

PRESIDENTE
Qualche suo collega lo fa.

DI GREZIA
Lo so che viene fatto; l’abbiamo fatto anche qui. Comunque, a parte questa fase - che è auspicabile e che potrebbe addirittura essere standardizzata -, si fanno tanti sopralluoghi al di fuori di quei termini. Per esempio, se c’è un esposto, fosse pure anonimo, andiamo comunque a verificare la situazione e, nei casi in cui rileviamo un’inadempienza ai sensi dei decreti legislativi nn. 81 e 626, applichiamo delle sanzioni.
Ho alcuni dati che posso consegnare, se di interesse. Non parliamo tanto delle migliaia di euro comminate all’inadempiente, quanto del numero di queste inadempienze, che per quello che ci riguarda sono diverse decine, distribuite nei vari comandi. Decidere in sede locale di andare il giorno successivo ad ispezionare un’attività è possibile; nella pratica però l’ispezione viene fatta se c’è un motivo a richiederla; in questo momento comunque non è pianificata.

PRESIDENTE
È un problema che conosciamo.

DI GREZIA
È un problema che ho riscontrato anche in altre realtà locali, perché inevitabilmente si scontra con altre questioni.

MORRA
Lei ha detto che ad inizio anno in genere, al di là delle attività di rilascio di certificati e collaudi, individuate delle attività particolari da controllare; quindi, al vostro interno c’è un minimo di programmazione.
Vorrei sapere se questa attività di vigilanza viene in un certo senso concordata con altre istituzioni preposte anch’esse alla vigilanza, se ci sia cioè un minimo di coordinamento. Mi sembra che questo sia un compito proprio del comitato regionale di coordinamento che richiamava il Presidente. Tuttavia, siccome ho l’impressione che, di fatto, questo organismo non funzioni, considerato che una riunione si perde nel tempo, vorrei sapere se in via autonoma concordate e programmate la vigilanza anche con altre istituzioni preposte allo scopo.

DI GREZIA
Quello cui lei fa cenno avviene solo in alcune Province, in particolare a Brindisi, ma per volontà del prefetto che mette intorno ad un tavolo più forze, che poi fanno insieme - direi proficuamente - queste ispezioni.
Per quanto riguarda invece quello cui facevo cenno prima, che deriva da un disposto di legge del nostro ordinamento, si tratta di visite di prevenzione incendi. Si potrebbe anche cogliere quell’occasione, ma in questo momento dobbiamo adempiere alle disposizioni che riceviamo dal centro. Di fatto, andiamo a visitare strutture come ospedali, scuole e quant’altro, anche al di fuori dei termini previsti, ma per motivi relativi alla prevenzione incendi.

PRESIDENTE
Lo sappiamo; valuteremo.
Se il comandante potesse farci pervenire una brevissima memoria per sapere se, secondo voi, è il caso di colmare questo vuoto, magari dando anche indicazioni su come farlo, alla luce delle esperienze da voi maturate sul campo, ve ne saremmo grati, perché ci stiamo sempre più convincendo dell’esistenza di questo vuoto normativo. Diversamente dagli altri soggetti, che continuamente fanno attività ispettive, voi non siete chiamati a effettuarle, quindi non le fate. La situazione si aggrava però lì dove il comitato regionale di coordinamento non funziona perché (senza trovare altri argomenti, visto che il decreto legislativo n. 81 ha ormai svariati anni, essendo stato approvato nel 2008) si dovrebbe riunire ogni tre mesi, mentre dal 2008 si è tenuto una sola volta, e dovrebbe relazionare ogni anno. Il meccanismo è questo: se non si creano processi di interrelazione, tutto diventa difficile e questi non sono altro che discorsi sporadici.
È un problema che non appartiene solo alla Puglia. Non lo dico per quel famoso adagio «mal comune mezzo gaudio», ma si tratta di un fenomeno diffuso. In passato i coordinamenti provinciali e, in qualche modo, i prefetti attivavano i famosi tavoli di coordinamento; tutto questo oggi non c’è più o perlomeno - come lei diceva - c’è qualche eccezione o ancora - come evidenziava il generale Visone in precedenza - ci sono problemi particolari che vanno oltre la questione del lavoro e il quadro investigativo è più ampio e complesso. Paradossalmente, invece di rafforzare il processo di scambio di dati e quindi di coordinamento, mi sembra che il meccanismo si rallenti.

DI GREZIA
Signor Presidente, per quanto riguarda la memoria da lei richiesta, riterrei utile, avendo l’argomento valenza nazionale, che la stessa venisse predisposta dal nostro ufficio centrale, se lei lo ritiene possibile.

PRESIDENTE
Sì.

DI GREZIA
Mi riferisco, in particolare, al direttore centrale, l’ingegner Dattilo, che dovrebbe essere già stato sentito in altre occasioni.

PRESIDENTE
Sì, l’abbiamo sentito.

DI GREZIA
Se per lei può andare bene, lo contatterò io stesso per riferirgli quello che ci siamo detti; poi le farò avere la memoria in sede.

PRESIDENTE
È un momento di collaborazione tra di noi, perché dobbiamo cercare di colmare alcune lacune. Il meccanismo non sta funzionando come dovrebbe.
Se vi è capitato di leggerle e studiarle, trecento e più norme, alla fine, non trovano un naturale sbocco, ma si frenano lì dove dovrebbero essere oggetto di valutazione e verifica; le leggi infatti vanno sempre migliorate e riviste. Tutto questo può avvenire, però, nel momento in cui emergono elementi confermativi della bontà o della problematicità del dettato normativo; in questo caso, si rischia invece che non vi sia ne´ l’uno ne´ l’altro elemento.
Vi ringrazio per la vostra collaborazione e dichiaro conclusa l’audizione.



Audizione dell’avvocato generale presso la Corte d’appello di Bari, del procuratore aggiunto presso il Tribunale di Lecce e di un sostituto procuratore presso il medesimo Tribunale


Intervengono il dottor Massimo Piccioli, avvocato generale presso la Corte d’appello di Bari, il dottor Ennio Cillo, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Lecce, e la dottoressa Paola Guglielmi, sostituto procuratore presso il medesimo Tribunale.

PRESIDENTE
Ringrazio per la partecipazione il dottor Massimo Piccioli, avvocato generale presso la Corte d’appello di Bari, il dottor Ennio Cillo, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Lecce, e la dottoressa Paola Guglielmi, sostituto procuratore presso il medesimo Tribunale.
Premesso che la nostra presenza in Puglia non è dettata da particolari fatti o fenomeni, l’obiettivo che la Commissione si è data con l’odierna missione è quello di prendere direttamente coscienza e consapevolezza della tematica che ci compete in tutte le Regioni d’Italia, ivi incluse le Province autonome, soprattutto al fine di verificare l’impatto della nuova normativa (che ormai ha tre anni) in materia di sicurezza sul lavoro sui soggetti istituzionali presenti nei vari territori. Per questo motivo siamo oggi a Bari e chiediamo cortesemente la vostra collaborazione.

CILLO
Signor Presidente, onorevoli senatori, siamo noi che vi ringraziamo e cogliamo con vero piacere questa occasione, non solo per un’espressione di cortesia e di maniera ma anche perché, come operatori, ci sentiamo confortati dall’attenzione che il legislatore pone alla complessità di questo fenomeno e alla necessità che esso sia affrontato, coordinando interventi legislativi con esperienze concrete.
Certamente l’aver coordinato nel Testo unico tutta una serie di disposizioni preesistenti ha per noi rappresentato una semplificazione e, quindi, anche un modo per rendere più incisivo il nostro lavoro. Analogamente, il meccanismo di controlli sempre frequenti e di applicazione di prescrizioni, molte volte rispettate e molte volte adeguate, consente tutto sommato un graduale adeguamento ai criteri di sicurezza. Certo, parliamo di un contesto estremamente delicato.
Vi darò qualche indicazione complessiva che ho colto anche sentendo i colleghi procuratori di Brindisi e di Taranto per illustrarvi complessivamente quella che, a nostro avviso, è una prudente linea di tendenza rispetto al fenomeno degli infortuni, specialmente degli infortuni mortali sul lavoro.
La sensazione che abbiamo in questo momento è che forse, anche grazie al maggior numero di controlli e di adeguamenti, ci sia una leggera progressiva riduzione del fenomeno delle morti e degli infortuni. Su questo mi esprimo con molta prudenza perché queste nostre valutazioni non derivano da grandi numeri e quindi non è facile dare statisticamente un’indicazione esatta. Inoltre, in una materia così delicata, sappiamo che, purtroppo, un grave incidente può sempre essere dietro l’angolo e questo potrebbe in qualche modo smentire quello che sto dicendo. Tuttavia, confrontando i dati degli ultimi anni (di questo vi parlerà più specificamente la collega Guglielmi che ha una grande esperienza in materia in quanto da molti anni è nel pool sicurezza sul lavoro della procura di Lecce), per quanto riguarda Brindisi, Taranto e Lecce registriamo tendenzialmente una modesta riduzione, che comunque rappresenta un trend significativo, dei fenomeni di morti e di infortuni gravi sul lavoro, anche se recentemente si segnala un’inchiesta per un importante infortunio sul lavoro a Brindisi. Non bisogna, dunque, abbassare la guardia.
Rispetto a Taranto è meritevole di segnalazione anche la problematica relativa alle malattie professionali. Come immaginate, la procura di Taranto si sta interessando, soprattutto con due processi di grande portata, alle problematiche sugli effetti per la salute e sui tumori derivanti dall’inalazione di polveri di amianto. Come è noto, questi fenomeni emergono molti anni dopo l’effettiva esposizione, quindi i dati odierni fotografano una realtà, dal punto di vista del contesto lavorativo, risalente anche agli anni passati.
Tuttavia, quest’attenzione alla sicurezza sul lavoro - intesa in senso stretto come violazione della disciplina antinfortunistica ma contemporaneamente anche come qualità del lavoro nell’ambito delle aziende più importanti, in particolare a Taranto e a Brindisi che hanno grandi poli industriali - è effettiva. Da Taranto, infatti, mi veniva sollecitata questa sottolineatura circa l’impegno che si sta portando avanti in ordine al riscontro sulle malattie professionali.
Vi è anche da dire che rispetto alla realtà di Brindisi tale attenzione è necessaria perché alcuni impianti del polo industriale lì presente sono ormai risalenti negli anni; quindi anche i sistemi con cui tali impianti sono stati progettati devono essere oggetto di un aggiornamento e di una valutazione sotto il profilo antinfortunistico, delle malattie professionali e, ovviamente, anche dal punto di vista ambientale, dal momento che i due aspetti vanno di pari passo.
In ultimo, prima di lasciare spazio ai colleghi, vorrei segnalare che in provincia di Lecce si sono verificati di recente due episodi molto rilevanti di lavoro nero con utilizzazione di immigrati. Nel caso più recente, una società a partecipazione spagnola, interessata alla realizzazione di numerosissimi impianti fotovoltaici, impiegava circa 300 operai in condizioni così gravi, sotto il profilo della qualità della prestazione e della mancanza di qualunque prevenzione antinfortunistica, da far ipotizzare, almeno da parte della procura, addirittura l’ipotesi della riduzione in servitù. Si trattava, infatti, di situazioni abnormi per quanto riguarda la durata della giornata lavorativa e la mancanza di qualunque presidio antinfortunistico. Si è poi avuto un altro caso analogo di impiego di manodopera sempre di origine extracomunitaria, talvolta non in regola; tale vicenda si era originata in Sicilia, ma le squadre di lavoratori venivano utilizzate in varie parti d’Italia e anche in Puglia, in genere per la raccolta di prodotti agricoli. Vi segnalo questi fenomeni perché, a fronte di situazioni di debolezza e di ricattabilità sotto il profilo economico-sociale, è evidente come venga a soffrire anche l’applicazione della disciplina antinfortunistica.
Questo è il quadro a grandi tinte; per quanto riguarda invece più specificamente la nostra esperienza nel quotidiano, sicuramente la collega Paola Guglielmi, che ha una grande esperienza concreta nel campo, potrà illustrarvi più compiutamente la situazione.

GUGLIELMI
Signor Presidente, da quasi 20 anni mi occupo di sicurezza sui luoghi di lavoro, quindi ho avuto occasione di studiare il decreto legislativo n. 81 del 2008 e le successive modifiche del 2009 per la specificità della materia, ma anche per la necessità di formare il personale con cui lavoriamo, atteso che uno degli aspetti fondamentali, che sempre ribadisco, è la necessità di una stretta collaborazione tra gli organi giudiziari, quindi gli uffici di procura e la polizia giudiziaria che si occupa delle inchieste.
Ciò detto, in ordine alla necessità di approfondimento che ho avuto da subito, ritengo che il fenomeno della sicurezza sui luoghi di lavoro vada analizzato sotto due punti di vista: quello delle contravvenzioni e del relativo sistema sanzionatorio e quello delle lesioni gravi e dell’omicidio colposo. I due temi sono paralleli e distinti al tempo stesso, perché il fenomeno delle contravvenzioni presenta sempre numeri elevatissimi.
Scendendo nello specifico, nel 2007 parliamo di 1.365 contravvenzioni e nei primi cinque mesi del 2011 nella procura di Lecce ne sono state elevate 848. L’altissima quantità di contravvenzioni è un segnale assolutamente positivo e non negativo, come invece può sembrare prima facie, perché il sistema introdotto nel 1994 con i decreti di ricezione delle direttive CE e il sistema confermato dal decreto legislativo n. 108 del 2005 sono comunque sistemi che privilegiano, in materia non di delitti ma di pura contravvenzione, la prevenzione.
Quindi, il dato significante di cui secondo me la Commissione deve tener conto è che un numero molto elevato di contravvenzioni è assolutamente positivo perché è indice di forte controllo del territorio da parte degli organi vigilanti. Ovviamente, tale elemento è compatibile con un’attività intensa e a pieno organico dei servizi ispettivi della ASL e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Un trend ottimistico emerge poi dal fatto che per la maggior parte queste contravvenzioni non giungono a una sanzione penale, ma vengono estinte - come sicuramente chi mi ascolta sa bene - prima di arrivare dinanzi al giudice. La volontà del legislatore, infatti, è sempre stata quella di privilegiare la prevenzione rispetto alla sanzione. Intendo dire che il legislatore ha confermato, con il già citato decreto legislativo n. 108 e con il decreto legislativo n. 106 del 2009, la volontà di premiare chi adempie alla prescrizione e paga una somma a titolo di sanzione amministrativa ed in questo modo evita il giudizio penale.
Ben venga quindi un alto numero di contravvenzioni. Ho sempre espresso un giudizio positivo circa la conferma che il Testo unico fa (e anzi amplia nel 2009) del sistema sanzionatorio di questo tipo. Ciò che interessa allo Stato e anche alla magistratura in materia di contravvenzioni non è sottoporre alla sanzione penale (quando non ci sono lesioni e morti) la piccola azienda, il piccolo imprenditore e anche la grande azienda, bensì l’effettività della prevenzione. Pertanto, pur avendo accertato la violazione della norma, in presenza di una volontà riparatoria, risarcitoria, quindi della volontà del datore di lavoro di mettere in regola e di porre in sicurezza la struttura, ben venga l’abdicare alla volontà sanzionatoria.
Completamente diverso è il caso in cui da un infortunio sul cantiere o nell’azienda derivi lesione grave o anche morte. In questo frangente, il trend è in leggera diminuzione, come diceva il procuratore Cillo, ma mi sento fortemente di dire che sono benvenute le sanzioni elevate, come quelle disposte dal legislatore per l’omicidio colposo derivante da violazioni sulle norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. Pertanto, nelle fattispecie di cui agli articoli 590 e 589 del codice penale, la magistratura, alla luce dei dati del territorio, auspica che non si abdichi mai alla punizione, anzi ritiene che la sanzione della pena detentiva elevata sia certamente un deterrente.
A mio avviso, pertanto, l’operazione che è stata voluta di accorpamento nel Testo unico di tutta la legislazione precedente (parliamo del decreto legislativo n. 626 del 1994 o ancora del decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955) merita certamente un plauso e lo stesso dicasi - lo prendano per quello che vale l’opinione di modesti operatori del settore sul campo - per l’accorpamento in un testo unico che ha reso quest’operazione molto più facile per noi magistrati, ma anche per la polizia giudiziaria.
È dunque positivo il salvataggio del sistema sanzionatorio così come disposto dal decreto legislativo n. 109 del 2007, che lo ha anche ampliato perché è stato applicato pure alle contravvenzioni in cui c’è solo l’ammenda e addirittura alle sanzioni amministrative. Dal punto di vista delle procure, merita invece minore apprezzamento la riduzione delle pene detentive e pecuniarie a carico di datori di lavoro, dirigenti e preposti per l’efficacia deterrente che da sempre ha avuto la pena detentiva nel nostro sistema.
A mio parere, merita un cenno la perplessità, che ho subito avuto, in ordine all’introduzione dell’esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, introdotta dall’articolo 30 del decreto legislativo n. 81, e addirittura dell’esimente della responsabilità penale nel caso di delega di funzioni. Mi riferisco al coordinamento tra l’articolo 16, comma 3, e l’articolo 30, cioè all’esimente in materia penale qualora sia stato efficacemente attuato un sistema di gestione ex articolo 30; questo però è un discorso più complesso. Ho parlato immediatamente alla Confindustria locale dicendo che ovviamente attuare un’esimente penale non è così semplice. Una volta aperta un’inchiesta, perché l’esimente prevista dall’articolo 16 ci sia, si deve verificare in concreto nel sistema giudiziario l’esistenza di tutti i parametri voluti dalle due norme. Ricordo inoltre che l’onere della prova è pur sempre a carico dell’impresa che viene inquisita; si apre comunque un’inchiesta e bisogna stare attenti. Ho delle perplessità a dire che esiste tout court un’esimente, che invece va valutata in concreto; bisogna valutare se effettivamente il sistema di gestione sia efficacemente attuato e se tutti i parametri siano realizzati.
Ripeto comunque che il giudizio complessivo su questa normativa e sui dati concreti che emergono dalla nostra realtà a livello territoriale siano tutto sommato sufficientemente positivi e soprattutto ottimistici, nella misura in cui però riusciremo ad avere controlli numerosi ed effettivi, personale a pieno organico e quindi dei servizi ispettivi. Vorrei dire a me stessa - ma credo che nelle realtà che andrete a vedere sia sempre lo stesso - che laddove esiste una forte specializzazione anche in magistratura (come naturalmente è auspicabile) vi è un forte e continuo coordinamento tra magistratura che esplica le sue funzioni e i servizi locali, e ritengo che nel nostro territorio ciò sia stato attuato in maniera soddisfacente.

PICCIOLI
Signori componenti della Commissione, permettetemi di porgervi innanzi tutto i saluti del procuratore generale, il dottor Antonio Pizzi, il quale alcuni giorni fa ha inviato una comunicazione alla prefettura di Bari, facendo presente che per impegni elettorali a Milano (è noto il ballottaggio odierno) non sarebbe potuto essere presente e ha delegato me come avvocato generale.
L’argomento con cui nel telegramma di convocazione era stata richiesta la partecipazione del procuratore generale di Bari era piuttosto ampio e generico: audizione in materia di infortuni sul lavoro. Le procure generali non hanno un contatto diretto con questo tipo di eventi giudiziari. Il contatto diretto viene ovviamente tenuto dai procuratori della Repubblica nei circondari del distretto. Pertanto, riferire con ampiezza di documentazione e di cognizione a codesta Commissione avrebbe richiesto un interpello ai procuratori della zona di Bari - si tratta di quattro procure: Bari, Foggia, Trani e Lucera -, con la richiesta di dati particolari sulla materia specifica degli infortuni sul lavoro. Non vi è stato il tempo di ottenere queste informazioni e, pertanto, le mie considerazioni saranno di carattere generale. Va ovviamente chiarito che, qualora occorrano alla Commissione dei dati particolari e più precisi, sarà cura della procura generale acquisirli nel più breve tempo possibile e trasmetterli alla Commissione senatoriale.
Per quanto riguarda la generalità del fenomeno degli infortuni sul lavoro nel distretto di Bari, va premesso che in questo distretto non sono operativi grossi complessi industriali, a differenza del distretto della procura generale di Lecce, in cui il principale stabilimento è insediato a Taranto - mi riferisco all’Ilva -, anche se pure a Brindisi ve ne sono di particolarmente cospicui. Nella zona che riguarda Bari e il suo distretto vi sono delle medie industrie, in relazione alle quali non risultano particolari criticità, nel senso che queste attività industriali non presentano particolari punti di deficienze o altro.
Il controllo che viene eseguito dalle forze di polizia giudiziaria, dagli ispettorati del lavoro e dalle ASL rientra nei parametri della normalità. Non si sono registrati casi particolari di episodi venuti alla ribalta della cronaca nazionale. Certo, incidenti sul lavoro (soprattutto nei campi dell’edilizia e dell’agricoltura) sono purtroppo ricorrenti ed è piuttosto difficile poterne bloccare un eventuale aumento. C’è da dire però che l’attività dei controlli consente comunque di tenere il fenomeno degli infortuni sul lavoro entro certi limiti, anche se non si può dire che si tratti di limiti soddisfacenti. In materia di infortuni sul lavoro, infatti, non si può mai parlare di soddisfattività dei risultati; è chiaro però che più è incisivo il controllo, minore è la probabilità di incidenti.
Quanto ai casi che posso ricordare a memoria, recentemente avvenuti nell’ambito del distretto di Bari, forse qualcuno ricorderà il caso tragico successo un paio di anni fa, o poco più, nel circondario del Tribunale di Trani. In occasione della pulizia di una cisterna ferroviaria che aveva trasportato in precedenza prodotti chimici, a causa delle esalazioni mortali verificate al suo interno, il primo operaio intervenuto perse i sensi; poi, purtroppo, a seguire, intervennero altri colleghi che provvedevano alla pulitura della cisterna e, alla fine, vi furono cinque morti, tra cui anche il capomastro, o comunque il titolare della piccola azienda che provvedeva alle pulizie. Ho riportato questo come dato di entità di perdite nell’attività lavorativa, va ricordato però che l’intervento di soccorso degli operai a favore l’uno dell’altro corrisponde sicuramente ad un alto grado di umanità che, purtroppo, si è concluso negativamente con la morte. Ripeto, è un fatto di rilievo comparso di recente sulla stampa. Fortunatamente, nell’ambito del distretto di Bari non vi sono altri casi così rilevanti e tragici, perché - come dicevo - non ci sono grosse aziende e imprese e l’attività industriale e lavorativa si svolge a livelli di media entità.
Per quanto ci risulta, le attività di controllo e di prevenzione che svolgono gli organi di polizia giudiziaria, gli ispettorati del lavoro e le ASL rientrano nella norma. I controlli, quindi, ci sono, vengono eseguiti e danno dei risultati che, tutto sommato, possono essere accettati. Non mi risulta vi siano da fare altre osservazioni particolari sempre - ovviamente - di carattere generale.
Come dicevo, le forze di polizia, gli ispettorati e le ASL lavorano tempestivamente e con coscienza. Certo, come diceva la collega di Lecce, se fosse possibile, sarebbe altamente auspicabile ottenere dagli organi competenti un aumento degli organici di polizia giudiziaria che segue queste vicende e del personale degli ispettorati del lavoro e delle ASL preposte alla tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. Tuttavia, se le condizioni economiche del Paese sono quelle che sono, credo non si possa sperare troppo in incrementi di organico.
Non ho altre indicazioni particolari, se non quella, signor Presidente, di riconfermarle che, occorrendo alla Commissione dei maggiori dettagli, questi potranno essere forniti per iscritto nel più breve tempo possibile.

GUGLIELMI
Signor Presidente, prendo la parola nuovamente perché nel mio intervento ho tralasciato due cose. Quanto alla prima, tengo a dire che sia io che il dottor Cillo siamo in condizione di dettare oggi a verbale e di fornire, se ritenuto utile dalla Commissione, tutti i dati dal 2007 al 2011, per avere un’idea del trend che il fenomeno sta avendo.
In secondo luogo, in ragione della mia esperienza personale sono in condizione di dire - in ciò concordo in parte con il procuratore di Brindisi che ha riferito al dottor Cillo - che la maggior parte degli infortuni è legata a determinati aspetti e carenze della sicurezza suoi luoghi di lavoro. Il primo aspetto è quello della formazione. Nonostante si parli dal 1994 (ossia dall’introduzione delle tredici direttive dell’Unione europea) della necessità di una cultura della sicurezza diffusa in ogni fase della formazione - dall’apprendistato al pensionamento -, il fenomeno è ancora carente. La formazione è lasciata molto alla buona volontà dei singoli operatori e anche delle persone, come me e come altri, che si prestano a formare il personale. Il primo punto, quindi, è quello della formazione.
Il secondo punto è il piano di sicurezza. Anche su questo vi sono delle grandissime carenze, perché non sempre i datori di lavoro hanno compreso che non si può fare il copia e incolla. Il piano di sicurezza non è il documento di valutazione rischi, non è un documento che può circolare all’interno delle imprese con caratteristiche simili, come fosse la fotocopia di un altro documento; è invece un documento importantissimo. Non serve a nulla parlare di sicurezza, se non ci sono la formazione e la valutazione dei rischi.
L’ultima carenza riguarda essenzialmente le strutture di protezione, non solo quelle di protezione individuale, ma anche quelle dell’intera azienda. Nel Salento il fenomeno più grande è quello dei cantieri - fissi e mobili - e la maggior parte delle morti avviene ancora per carenza nella costruzione delle opere provvisionali. Il concetto di opera provvisionale è ancora in evoluzione; non ci sentiamo in grado di dire che la cultura della sicurezza sia veramente un dato raggiunto.
Scusate se ho chiesto nuovamente la parola, ma ci tenevo a far sapere che possiamo fornirvi dei dati, se ne avete bisogno.

CILLO
Allo stesso modo, potremmo fornire anche i dati dei colleghi di Brindisi e Taranto che abbiamo sentito per le stesse ragioni.

NEROZZI
In relazione a quest’ultima osservazione che ha fatto, sarebbe interessante analizzare anche le forme di subappalto e il grado di subappalto e delle gare al massimo ribasso. Ci sono gare al massimo ribasso? Quanti sono i gradi di subappalto? Uno, due, tre o quattro?
Nel caso di subappalto, di quanto è inferiore la cifra? Qui c’è una criticità molto forte.

GUGLIELMI
Enorme.

NEROZZI
Sarebbe interessante avere dei dati standardizzati su una zona tutto sommato omogenea e sull’edilizia. Allo stesso modo, sarebbe interessante avere dati anche in relazione alle malattie professionali nell’esperienza di Brindisi e di Taranto (ricordo che il procuratore di Brindisi ci ha illustrato la situazione), data la rilevanza delle iniziative industriali sul territorio e la gravosità dal punto di vista ambientale e di salute (a Taranto è molto presente la problematica dell’amianto, mentre a Brindisi vi sono più aspetti).
Un altro dato interessante è relativo agli incidenti in agricoltura, soprattutto in relazione a Foggia, ma non solo. Si tratta di incidenti che riguardano i lavoratori, perché c’è un elemento intensivo dell’agricoltura che non è presente in altre zone, oppure i coltivatori diretti? Lo chiedo perché da altre parti si tratta prevalentemente di coltivatori diretti mentre, sulla base di interventi precedenti, è parso di capire che in questo caso il fenomeno riguardi più i lavoratori.

PICCIOLI
In provincia di Foggia, soprattutto nel periodo estivo per la raccolta del pomodoro, c’è un fortissimo afflusso di stranieri, la maggior parte dei quali extracomunitari. Francamente in questo momento non sono in grado di precisare il tasso di infortunistica in questo campo perché, come risulta evidente alla Commissione, questi sono dati che vanno riferiti dalla procura di Foggia e vanno disaggregati a seconda della qualità di coltivatori diretti o di...

NEROZZI
Da quanto riportato dai giornali (stiamo quindi parlando di dati non scientifici) sembrerebbe di capire che a Foggia non ci siano stati incidenti mortali.

PICCIOLI
Di recente no.

NEROZZI
E quindi, pur con lo sfruttamento, con il lavoro nero che è immenso...

PICCIOLI
È un altro aspetto critico, che però esula dagli infortuni.

NEROZZI
Pur con tutti questi aspetti estremamente negativi, potrebbe emergere che laddove c’è la grande impresa intensiva ci sono strumenti tecnici migliori rispetto alle zone dove sono presenti coltivatori diretti. Questo è un elemento interessante rispetto all’attrezzatura, e noi ci dobbiamo occupare anche di questo. Questa è la ragione per cui ho fatto questa domanda.

PICCIOLI
Per questo va richiesta questa specificazione.

NEROZZI
Poi c’è il lavoro nero che incide. A Foggia due anni fa ci sono stati altri fatti, che rientrano nel penale, visto che sono spariti dei lavoratori. Questo però non rientra nell’ambito degli infortuni sul lavoro, si tratta di un caso più complicato.

PICCIOLI
È un caso di sfruttamento.

NEROZZI
È un caso più grave.

CILLO
Proprio in riferimento a due delle problematiche che lei segnalava, mi permetto di dire che ho dei rapporti abbastanza frequenti con l’ANCE della Provincia di Lecce, anche perché - ma questo è tutt’altro argomento - abbiamo insieme un progetto pilota per le demolizioni delle costruzioni abusive.

NEROZZI
L’ANCE della Provincia di Taranto è all’avanguardia rispetto ad alcuni protocolli nazionali, quindi probabilmente c’è un coordinamento.

CILLO
Infatti, l’ANCE in Provincia di Lecce ci ha segnalato ripetutamente - sia pure in sede di confronto - la problematica che lei sottolineava, la necessità cioè che vi sia comunque un limite ad alcuni tipi di subappalti in ribasso, perché come imprenditori si rendono conto che, al di sotto di certe soglie, non è ragionevole garantire la sicurezza. È pur vero che le somme specificamente destinate alla sicurezza sono quelle sulle quali non si effettua un ribasso, ma se complessivamente l’affidamento del subappalto è a livelli di ribassi eccessivi, ciò finisce inevitabilmente col ripercuotersi sulle modalità di lavoro e sulla qualità. Quindi, concordo sul fatto che si debba provare ad approfondire - anche se non è semplice - il criterio delle soglie di massimo ribasso, anche complessive, rispetto alla realizzazione delle opere.
A proposito invece di quello che lei diceva circa le malattie professionali, mi permetto di depositare l’avviso di conclusione delle indagini, che mi ha inviato il collega di Taranto, relativo a questa complessa indagine sulle malattie professionali, anche perché vi è il riferimento alle ipotesi di cui all’articolo 437 del codice penale in relazione agli infortuni mortali.
A proposito dell’articolo 437 del codice penale, volevo dire (è una riflessione che facevo insieme alla collega venendo qui) che rispetto all’adeguamento previsto nelle contravvenzioni vi è massima disponibilità (a volte cerchiamo anche di valutare benevolmente un adempimento o un pagamento un po’ più tardivo). Tuttavia, rispetto alle ipotesi in cui intervenga lo SPESAL e dia le prescrizioni di adeguamento (purtroppo è successo più di una volta), a queste non si ottempera e poco tempo dopo si verifica l’infortunio proprio per il mancato adeguamento ad esse. In quel caso, contestiamo il reato di cui all’articolo 437 del codice penale perché intendiamo che comunque vi sia stata almeno una previsione dell’evento di particolare gravità. È proprio questo, secondo me, l’approccio corretto: da una parte, massima disponibilità verso chi si adegua, dall’altra, un doveroso rigore nei confronti di chi non ottempera.
Ad ogni modo, se lo ritenete utile, mi permetterò di produrre una missiva che ha inviato il procuratore di Taranto, richiamando complessivamente anche l’applicazione della direttiva Seveso a tutti i casi di industrie a rischio, perché anche in tal senso l’adeguamento più generale dell’attività di una grande industria a rischio può avere effetti benefici complessivi sulla qualità e sul controllo.
Mi permetto di segnalare, inoltre, un breve schema, anche se non è firmato, che richiama i due processi più importanti che abbiamo in materia di sfruttamento della manodopera immigrata e di lavoro nero. Essi pongono, infatti, anche la questione relativa agli strumenti giuridici in casi talmente gravi che mettono in evidenza la mancanza di qualunque tutela antinfortunistica. Nello specifico, si tratta di casi di schiavismo, di persone messe a lavorare oltre 12 ore al giorno con qualsiasi condizione meteorica, sotto la poggia e nel fango, alle quali si è persino negato l’utilizzo degli stivali. In una delle intercettazioni, a chi dice: «qui si continuano a lamentare perché gli stivali che gli date sono troppo piccoli», viene risposto «si taglino i piedi o taglino gli stivali». Siamo di fronte a situazioni di rapporti con il prestatore d’opera che investono livelli di gravità penale assai maggiori, tant’è vero che - come dicevo - è stata contestata la riduzione in servitù. Il GIP ha accolto le richieste di misure cautelari, mentre il riesame non concorda sull’individuazione di questa ipotesi di reato; ve ne do comunque notizia perché mi sembra un fatto significativo e, laddove ci si dovesse orientare per non configurare l’ipotesi di riduzione in servitù, occorrerebbe forse riflettere su casi così estremi di sfruttamento del lavoro - che contestualmente mettono a rischio sia la sicurezza che gli altri profili della personalità del lavoratore - per individuare sanzioni adeguate, magari un po’ più mirate, che consentano di avere una risposta sanzionatoria certa.

MORRA
Presidente, vorrei intervenire sui dati forniti dalla dottoressa Guglielmi circa l’elevatissimo numero di contravvenzioni, che il procuratore ha interpretato come un bicchiere mezzo pieno, nel senso di darne una lettura positiva dal punto di vista dell’attività di controllo «di tipo preventivo» presente sul territorio. Vorrei leggere meglio questo dato per trarre delle conclusioni che siano di aiuto a noi legislatori.
Un elevatissimo numero di contravvenzioni significa innanzi tutto la presenza di un’attività e quindi di una dotazione di organico più o meno sufficiente, contrariamente a quanto ci è stato sempre detto, ma questo è inessenziale. Il vero problema che vorrei capire è un altro. Possiamo leggere l’elevatissimo numero di contravvenzioni nei termini da lei indicati ma anche diversamente. C’è da chiedersi infatti quale sia il motivo per il quale le contravvenzioni siano così tante. Non c’è una cultura della sicurezza?
La sicurezza nelle aziende non viene vissuta come valore? Ritengo che questo sia uno dei punti fondamentali perché, a mio parere, bisognerebbe intervenire a monte.
Secondo punto: mancanza di conoscenza di norme. Come si disarticola questo elevatissimo numero di contravvenzioni tra grandi e piccole aziende all’interno del mondo produttivo? Secondo noi, la vera attività di prevenzione sta a monte della contravvenzione. Noi pensiamo di avere molti spazi da coprire con il lavoro di tutti; spesso non basta il livello centrale, non basta il legislatore nazionale. È un aspetto che vorrei capire meglio perché l’elevatissimo numero di contravvenzioni per me può anche significare volontà di evadere le norme che può portare anche all’incidente più serio.

GUGLIELMI
Forse, quando ho parlato di elevato numero di contravvenzioni, mi sono espressa male. Distinguevo il discorso rispetto al trend delle lesioni gravi e delle ipotesi di cui all’articolo 589 del codice penale, ossia degli infortuni sul lavoro dai quali è derivata lesione o morte, che dal 2007 al 2011 sono in leggero calo. Dicevo invece che le contravvenzioni, cioè le violazioni di normativa in questa materia senza infortunio, sono comunque molto elevate e continuo a dire che questo è un segnale positivo.
Innanzi tutto, per avere il dato esatto avrei dovuto dire: nel territorio del Salento, a fronte di 1.600 contravvenzioni l’anno, c’è stato un tot numero di accessi, perché in procura arrivano solo gli accessi che accertano una violazione. Non possedendo questo dato, posso solo dire che esso continua ad essere molto elevato. Mentre è in leggero calo il numero degli infortuni, non è in calo il dato contravventivo. Tutti coloro che si occupano della materia - ripeto, mi occupo di questa materia dagli anni Novanta - non fanno che ribadire il concetto che la contravvenzione equivale a prevenzione, ove si consideri che fra l’80 e l’85 per cento - dato che forse non avevo fornito - dei reati contravvenzionali viene estinto con la procedura di cui al decreto legislativo n. 758 del 1994. Questo è il dato positivo. Siccome in questa materia la volontà del legislatore, più che la sanzione, è l’effettività della prevenzione, il dato positivo è un numero alto di verifiche. Infatti, se le contravvenzioni sono circa 1.600, le verifiche sono comunque un numero elevato.
Apro una parentesi: sono un numero elevato perché io accerto in questa materia una certa passione. Credo che la passione - così come la vedete in me - vi sia e vi debba comunque essere in chiunque lavori in questa materia. Penso che a pieno organico, a mezzo organico, sotto organico, i servizi ispettivi - soprattutto i servizi ASL (questo è il dato di cui dispongo) - lavorino con una certa passione, lavorino bene, lavorino parecchio. A fronte di questo, il dato positivo è che circa l’80-85 per cento (questo dato è matematico, ve lo dico con tranquillità, ed è sempre stato alto) dei reati contravvenzionali non arriva alla sanzione penale, al decreto penale o all’oblazione, ma viene archiviato dalla procura. In sede di accertamento amministrativo-giurisdizionale (parlo con persone che credo conoscano il meccanismo; è un procedimento ex decreto legislativo n. 758), infatti, il contravventore per lo più ottempera alla prescrizione, viene ammesso a pagare la relativa sanzione amministrativa e il procedimento penale si estingue con l’archiviazione. Ciò vuol dire che ho ottenuto l’effetto sostanziale di prevenire l’infortunio.

PRESIDENTE
È stato molto interessante il suo discorso iniziale, dottoressa Guglielmi, e adesso l’ha ribadito in riferimento anche al decreto legislativo n. 106 del 2009. Sicuramente cercheremo di porre un’ulteriore attenzione su questo successivo decreto che ha modificato il testo unico.
Per quanto riguarda il discorso delle procure, noi contiamo molto su di esse.

GUGLIELMI
Fate bene.

PRESIDENTE
Contiamo molto sulle procure (quindi vi ringraziamo per la presenza) perché riusciamo a comprendere - così come anche questa mattina abbiamo avuto contezza - come si procede. Al di là dell’aridità della norma, c’è tutto un processo dinamico che pone in essere chi lo svolge - come prima diceva la dottoressa Guglielmi - con passione. Questo permette anche di vedere in controluce il problema.
Ci siamo permessi di inviare una nota a tutte le procure generali d’Italia per quanto riguarda gli infortuni che si determinano sulle strade (parlo di infortuni sul lavoro, di mezzi in movimento, non solo di infortuni in itinere), chiedendo la cortesia di prestare un’attenzione particolare nell’analizzare la scena dell’infortunio, che spesso si derubrica ad infortunio stradale; questo è l’approccio da parte dei primi soggetti preposti a fare gli accertamenti. Di questo ci siamo fatti carico proprio per aprire un dialogo con le procure. A detta di molti magistrati che si interessano di questi argomenti, di fatto, dai verbali, dai rilevamenti si evince un approccio volto a far emergere invece un incidente stradale, spesso sottovalutando o quanto meno non evidenziando a dovere la scena dell’infortunio. Il magistrato dovrà poi intervenire, intanto però la scena si è modificata.
Ho fatto questo esempio ma ce ne sarebbero molti altri. È importante avere una collaborazione con chi deve svolgere un ruolo delicato e importante come il vostro perché la normativa deve essere calata nella realtà e interpretata nel modo più corretto. Non dico altro perché è la vostra professione. Questo discorso vale anche per il procuratore generale.

PICCIOLI
Si chiede alle procure una specificazione più dettagliata se quell’incidente avvenuto sulla strada sia, per esempio, un incidente in itinere?

PRESIDENTE
No, il mio esempio serve a far comprendere che ci teniamo al rapporto con le procure. Visto che ci sono problematicità, questa interlocuzione ha lo scopo di comprendere come approcciarsi ai problemi di questo tipo con l’attuale normativa. Non è nelle nostre intenzioni chiedere informazioni straordinarie o di dettaglio, ma soltanto capire qual è l’approccio alla normativa, perché ne´ da parte nostra ne´ da parte vostra c’è interesse a fornire dettagli, a meno non espressamente richiesti da noi: ciò sarebbe suonato strano, peraltro non vi sarebbe stato neppure il tempo necessario per farlo. Ma non è questo il concetto.
Credo che le procure generali debbano avere un sistema di raccordo con i vari magistrati che nelle rispettive procure si interessano a questo tema e quindi hanno un quadro della situazione. Questo tuttavia non dovrebbe succedere perché siamo arrivati noi, ma perché rientra nella loro professionalità e vocazione d’istituto. Faccio queste precisazioni per chiarire il motivo per cui chiediamo alle procure generali di fornirci il quadro della situazione.
Vi ringraziamo per la collaborazione, sperando di riuscire a colmare in futuro qualche lacuna; del resto, le leggi sono sempre perfettibili.
Dichiaro conclusa l’audizione.



Audizione del direttore dell’ufficio regionale dell’INAIL e del direttore dell’ufficio regionale del lavoro


Intervengono il direttore dell’ufficio generale regionale dell’INAIL e il direttore dell’ufficio regionale del lavoro.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione del direttore dell’ufficio generale regionale dell’INAIL, dottor Mario Longo, e del direttore dell’ufficio regionale del lavoro, dottoressa Ester Tosches, ai quali diamo il benvenuto.
Dottor Longo, la ringraziamo per le tabelle che ci ha trasmesso ma devo dirle che abbiamo incontrato qualche difficoltà nella loro lettura.

LONGO Mario
A quale tabella si riferisce, Presidente?

PRESIDENTE
A quelle riguardanti gli infortuni mortali avvenuti negli anni 2008, 2009 e 2010 e poi alla tabella parziale relativa al 2011.

LONGO Mario
Per quanto riguarda il 2010, sono stati denunciati all’Istituto 91 infortuni mortali; di questi, 59 erano riconducibili alla normativa contro gli infortuni e quindi sono stati riconosciuti come tali; per gli altri, che comunque vengono denunciati, non è stata applicata invece la normativa antinfortunistica. Tengo a precisare che nelle cause di irregolarità riportate nella tabella, per «persone non tutelate» si intendono i soggetti per i quali non si applica la normativa contro gli infortuni sul lavoro, ma che non sono assolutamente considerati lavoratori in nero. Si può trattare, ad esempio, del titolare di un bar o di un esercizio commerciale, per il quale non vige la tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro.

PRESIDENTE
Sono comunque infortuni sul lavoro. Lei fa riferimento ad una differenza sulla tutela assicurativa ma, al di là delle tutele, ci sono stati 91 morti. Per morti regolari, invece, lei intende gli assicurati.

LONGO Mario
Anche i non assicurati, perché in questo caso parliamo di «persone non tutelate non assicurabili», una categoria per la quale non si applica la normativa.

PRESIDENTE
Quindi assicurati e non assicurati ma assicurabili?

LONGO Mario
Non assicurabili.

PRESIDENTE
Il terzo gruppo, quello degli irregolari, è composto invece dai non assicurabili.

LONGO Mario
Sì, con la specifica in calce.

PRESIDENTE
Quindi, gli infortuni mortali irregolari, cioè di soggetti non assicurabili, sono 32. Nella specifica c’è un riferimento a 10 persone non tutelate: chi sono?

LONGO Mario
Sono le persone per le quali non si applica la normativa contro gli infortuni, come ad esempio il titolare di un esercizio commerciale.

PRESIDENTE
Si parla poi di inesistenza del nesso di causalità.

LONGO Mario
Si tratta del caso in cui l’infortunio non è avvenuto in pendenza del rapporto di lavoro; si tratta di un lavoratore per il quale non si applicano le condizioni.

PRESIDENTE
Quindi non sono infortuni sul luogo di lavoro. Perché li ha inseriti, allora?

LONGO Mario
Perché sono denunciati come infortuni sul lavoro per i quali facciamo un accertamento.

PRESIDENTE
Noi dobbiamo capire l’andamento degli infortuni mortali e la tabella è di difficile comprensione.

LONGO Mario
Vi posso dire che per il 2010 i casi di infortunio sul lavoro sono 59.

PRESIDENTE
Gli altri 32 morti a cosa si riferiscono, allora?

LONGO Mario
Sono incidenti mortali non ricondotti alla categoria per la quale si applica la normativa del Testo unico sugli infortuni. Peraltro, sono sempre dati provvisori.

NEROZZI
Tra le cause di irregolarità c’è anche la carenza di documentazione?

LONGO Mario
In quei casi non abbiamo assolutamente chiuso la pratica relativa all’infortunio.

NEROZZI
L’irregolarità contributiva non è colpa di chi è morto.

LONGO Mario
Assolutamente, non c’è. L’irregolarità contributiva è prevista solo per le posizioni assicurative degli artigiani, per i quali vigeva il principio della necessità, non per i lavoratori ordinari.

NEROZZI
Però sono morti sul lavoro anche loro.

LONGO Mario
Certo.

NEROZZI
Secondo la sua classificazione, gli unici incidenti mortali non classificati come morti sul lavoro sono quelli legati all’inesistenza del nesso di causalità.

LONGO Mario
Vista in quest’ottica, sì.

NEROZZI
Tutti gli altri sono morti sul loro luogo di lavoro mentre lavoravano. Vi è poi qualche problema su altre cause di irregolarità, come sulle indicazioni «non di competenza» o «carenza di documentazione », tuttavia si tratta sempre di morti sul luogo di lavoro. I 12 soggetti per i quali si parla di inesistenza di nesso di causalità sono pur sempre morti.

LONGO Mario
Non sono morti riconducibili all’attività lavorativa.

NEROZZI (PD)
Sono quindi persone di cui era stata denunciata la morte per cause di lavoro e voi avete fatto delle verifiche.

LONGO Mario
L’esempio più emblematico è l’infarto, che spesso non viene ricondotto all’attività lavorativa pura.

NEROZZI (PD)
Il lavoratore ha avuto l’infarto mentre lavorava?

LONGO Mario
Sono episodi avvenuti, ad esempio, mentre il lavoratore tornava a casa o recandosi al lavoro.

NEROZZI (PD)
Non è un infarto sul luogo di lavoro, allora.

LONGO Mario
In questi casi il datore di lavoro comunque denuncia che un suo operaio è morto; poi le nostre indagini escludono l’applicazione della normativa antinfortunistica.

PRESIDENTE
Noto che nel 2010 queste problematicità sono ancora presenti. Nella tabella relativa al 2009 si evincono 62 infortuni mortali denunciati, 49 regolari, 13 irregolari, poi specificati nella nota in calce.
Avete ancora una vertenza aperta con queste persone?

LONGO Mario
Non chiudiamo mai queste procedure, perché potrebbe anche nascere un contenzioso per cui si riesce a sanare il difetto di occasione di lavoro o l’inesistenza del nesso di causalità. In effetti, non chiudiamo mai questi casi.

PRESIDENTE
Qual è il vostro dato ufficiale?

LONGO Mario
Per il 2009 abbiamo registrato 49 infortuni mortali cosiddetti regolari.

PRESIDENTE
Quindi nel 2010, quando si sono registrati 59 decessi, c’è stato un aumento di dieci unità.

LONGO Mario
Sì, soprattutto si è registrato un peggioramento nella provincia di Foggia.

PRESIDENTE
Invece nel 2008, usando lo stesso criterio, si sono verificati 66 infortuni mortali.

LONGO Mario
È da evidenziare il notevole numero di morti sulle strade, che rispetto alla totalità degli infortuni mortali costituisce una percentuale molto alta, che si attesta mediamente attorno al 50 per cento. In tale casistica non si comprendono solo gli autotrasportatori, ma anche i cosiddetti infortuni tecnicamente definiti in itinere, cioè quelli che hanno luogo nello spostamento da e per il luogo di lavoro.

PRESIDENTE
Questi fanno parte dei 49?

LONGO Mario
Sì. Se consideriamo l’ultimo dato del 2010, su 59 infortuni mortali, ben 35 sono avvenuti sulle strade, distinguendo in particolare chi svolge un’attività lavorativa sulle strade, come ad esempio gli autotrasportatori.

PRESIDENTE
Quello è un caso diverso.

LONGO Mario
Quello è un puro infortunio sul lavoro, mentre è notevole il numero di infortuni in itinere.

NEROZZI
Anche il postelegrafonico, il postino, lavora sulla strada e se viene investito da un motociclo il suo caso è uguale a quello dell’autotrasportatore.

LONGO Mario
Il numero degli infortuni mortali definiti in itinere è molto alto proprio per coloro il cui lavoro non si svolge sulla strada e gli incidenti avvengono mentre si recano o tornano dal posto di lavoro.

PRESIDENTE
L’incidenza di tali infortuni è molto alta in tutti e tre gli anni?

LONGO Mario
Sì, è sempre alta. Nelle mie conversazioni li riconduco anche a una questione di stress lavoro correlato: si corre sempre. Allo stesso modo, non si può escludere la concausa delle condizioni del manto stradale e delle avverse condizioni atmosferiche, che influiscono sempre su queste vicende.

PRESIDENTE
Quindi, nel 2008 abbiamo avuto in effetti 66 morti, nel 2009 ne abbiamo avuti 49, poi c’è stata una ripresa nel 2010 con 59 incidenti mortali, al di là di tutta l’altra problematica connessa. Sono questi i dati statistici che diffondete relativamente ai morti sul lavoro in un anno?

LONGO Mario
Con la postilla relativa alle cause di irregolarità, perché è sempre un dato oggetto di un eventuale riconteggio.

NEROZZI
La postilla diventa utile perché alcune delle fattispecie in essa indicate fanno anch’esse riferimento a infortuni sul luogo di lavoro. Pertanto, in relazione alla postilla che avete fatto - anche rispetto ad altre realtà - bisognerebbe capire quali soggetti hanno provato a truffare l’INAIL e individuare dove non c’è il nesso di causalità; diverso è il caso dell’artigiano che non ha pagato tutto quanto doveva all’INAIL e muore.

LONGO Mario
Sono situazioni molto relative, perché nel 2010 abbiamo solo un caso del genere, che quindi verrà ricondotto nell’alveo degli infortuni regolari.

NEROZZI
Vale lo stesso anche per la carenza di documentazione. Cosa si intende per «difetto di occasione di lavoro»?

LONGO Mario
Quella voce indica che l’infortunio non è ricollegabile alla specifica attività lavorativa.

NEROZZI
Per «non competenza» cosa si intende?

LONGO Mario
È possibile che l’infortunio non sia di competenza dell’INAIL, non in senso territoriale.

NEROZZI
Quindi, tecnicamente, nel 2010 gli incidenti mortali sul lavoro hanno interessato 10 soggetti non tutelati, uno non di competenza dell’Istituto, uno caratterizzato da carenza di documentazione e uno da irregolarità contributiva, mentre 19 non sono riconducibili a incidenti sul lavoro.

LONGO Mario
A meno che da contenzioso possa essere messo in discussione l’assunto dell’Istituto.

NEROZZI
Lei faceva riferimento al barista, ma può anche essere un altro tipo di commerciante.

LONGO Mario
I titolari di esercizio commerciale non hanno tutela assicurativa.

NEROZZI
Per esempio, il commerciante che fa un cattivo uso del muletto con cui prende il materiale che potrebbe non essere a norma.

LONGO Mario
È l’approvvigionamento del materiale.

NEROZZI
Ci sono anche i coltivatori diretti?

LONGO
Sì, sono inclusi.

NEROZZI
Sono tra i non tutelati?

LONGO Mario
No, sono agricoli, coltivatori diretti, è una forma diversa dalla tutela.

PRESIDENTE
Quindi se nel 2010 si dovessero aggiungere - come verosimilmente sarà - questi ulteriori 13 morti (10 più 1, più 1 e più 1) arriveremo alla quota di 72.

LONGO Mario
Sì.

PRESIDENTE
Il 2010 diventa dunque un annus horribilis.

LONGO Mario
Sì. È soprattutto la Provincia di Foggia ad aver avuto un’impennata rispetto agli altri anni.

MORRA
In qualche settore particolare?

LONGO Mario
L’agricoltura è la caratteristica essenziale di questo territorio; in parte, è da considerare anche l’edilizia. Per gli incidenti mortali della Provincia di Foggia incide la propensione agricola del territorio. Si pensi che, nell’ambito delle attività economiche, la Provincia di Foggia ospita il 50 per cento dell’intera costituzione di attività agricola del territorio regionale.

NEROZZI
Ho una domanda da rivolgerle, anche se non è corretto che la ponga a lei, in quanto dovrei farla al procuratore. Due anni fa ci sono stati i cinque morti dell’incidente avvenuto a Molfetta nella cisterna. In quell’occasione, accanto ai lavoratori c’era anche il datore di lavoro: poteva essere uno dei soggetti non tutelati?

LONGO Mario
No, perché si trattava di un’impresa artigiana.

NEROZZI (PD)
Era un artigiano, quindi in quel caso era tutelato; sarebbe stato diverso se fosse stato un piccolo industriale, cosa che è capitata da altre parti.

LONGO Mario
Pensi ai titolari che si muovono per l’acquisizione della clientela e l’approvvigionamento del materiale. Purtroppo è così. È una non previsione normativa del Testo unico contro gli infortuni sul lavoro.

PRESIDENTE
Una non previsione normativa del Testo unico?

LONGO Mario
Sì, perché non è prevista la possibilità di assicurare...

PRESIDENTE
Non ho capito a chi si riferisce.

LONGO Mario
Agli artigiani titolari dell’impresa. Questo caso non è previsto nel Testo unico.

NEROZZI
Visto che ha fatto un lavoro molto documentato, desidero rivolgerle un’altra domanda. Come sono definiti i tassisti?

LONGO Mario
Sono assicurati.

PRESIDENTE
Perché artigiani?

LONGO Mario
Perché fanno parte normalmente di cooperative.

PRESIDENTE
Avete qualche altra impressione da trasmetterci, visto che ci avete fornito degli elementi che ci hanno consentito di capire meglio i dati?

LONGO Mario
Tengo a precisare il motivo per cui segnaliamo le irregolarità: lo facciamo perché in questo modo non si preclude mai la possibilità di riapertura dell’infortunio.

NEROZZI
Il lavoro svolto ci fa capire alcune cose. Il mio, dunque, vuole essere un apprezzamento al lavoro che avete fatto.

LONGO Mario
Spero di essere stato sufficientemente chiaro.

NEROZZI
Abbiamo avuto la possibilità di conoscere aspetti che altre volte erano messi in forma meno evidenziata.

LONGO Mario
Per curiosità, tengo a precisare che, laddove emerge la carenza di documentazione, il riferimento è a un lavoratore in relazione al quale non riusciamo a trovare situazioni familiari. Stiamo lavorando autonomamente, anche senza iniziative di parte, per cercare di addivenire a ciò. La situazione è grave, perché si tratta di un lavoratore comunitario (noi li definiamo «nuovi comunitari») per il quale è difficile riuscire a sapere chi è e se ha un nucleo familiare alle spalle.

MORRA
Dottor Longo, vorrei rivolgerle una domanda su un altro argomento, riguardante l’attività istituzionale dell’ente. Quali sono la formazione e l’informazione? Vorrei sapere dei progetti in itinere e di quelli che intendete mettere in cantiere. Pongo questo quesito in riferimento anche a una programmazione che in Puglia pare non esserci, all’esistenza cioè di un coordinamento effettivo tra le varie Istituzioni che potrebbe rendere più incisive le azioni, che pure penso mettiate in campo proprio per quanto riguarda la formazione e l’informazione. In sintesi, vorrei che ci esprimesse un suo giudizio sulla programmazione di queste attività e sul coordinamento.

LONGO Mario
Se parliamo dal punto di vista esclusivamente prevenzionale, il 4 agosto 2006 abbiamo siglato con la Regione Puglia un particolare protocollo per unire tutte le forze e le sinergie, così da migliorare le condizioni di lavoro.

MORRA
Voi e la Regione Puglia?

LONGO Mario
L’INAIL e la Regione Puglia. Stiamo lavorando su quello, ma non abbiamo mai disdegnato la collaborazione con le università - con il Politecnico, in particolare - e con tutte le scuole, dagli istituti tecnici a quelli per geometri. Abbiamo percorsi di formazione della nostra squadra tecnica, che si reca in quasi tutti gli istituti tecnici - soprattutto in quelli per geometri e per tecnico-industriali - per illustrare quali sono le condizioni di lavoro e formare e informare i lavoratori.
Bisogna scuotere il sistema sociale e passare dal formalismo alla consapevolezza dei rischi; lo possiamo fare tutti insieme. Lavoriamo con i comitati paritetici territoriali e abbiamo svolto una serie di iniziative sul territorio relativamente agli aspetti di prevenzione. Ci siamo occupati anche dei finanziamenti in conto capitale; l’ultimo per la Puglia, del dicembre 2010, ha visto la disponibilità di quasi 2.400.000 euro con l’operazione click-day, che sotto certi aspetti è stata un po’ contestata. Nel 2010 è stato possibile erogare finanziamenti in conto capitale; l’operazione si è conclusa nel gennaio 2011 e 70 sono le aziende che hanno partecipato al progetto (la disponibilità finanziaria è terminata nel giro di 13 minuti e sono rimasti 38 euro). Per il 2011 è prevista un’ulteriore fase, così come per il 2012 e il 2013. Saranno triplicati i finanziamenti su tutto il territorio nazionale e per la Puglia ci sarà la disponibilità di circa 8 milioni di euro, sempre in conto capitale, per le aziende che investono in formazione e sostituiscono materiale obsoleto. Prima dell’estate partiremo con il nuovo bando di concorso.

MORRA
A parte le attività che state mettendo in campo, la mia domanda era più diretta ma forse non l’ho ben specificata; la riformulo quindi in maniera diretta.
La Commissione si reca sul territorio per verificare l’impatto sul campo del decreto legislativo n. 81 e la sinergia esistente tra i livelli regionali e il livello nazionale. Con i decreti legislativi nn. 81 e 106, il legislatore ha messo in campo tre strumenti di dialogo tecnico nel territorio: il comitato nazionale, il comitato regionale di coordinamento e il comitato consulta. In particolare, il dialogo - tecnico, prima, e politico successivamente - tra il livello centrale e il livello regionale avviene attraverso i comitati di coordinamento e il comitato nazionale, che assume una veste di cabina di regia. È chiaro che se sul territorio i comitati regionali di coordinamento non si costituiscono e non lavorano ad una programmazione efficiente, lo spirito dei decreti legislativi n. 81 e n. 106 viene meno e mette in crisi l’intero impianto della legislazione concorrente, che presuppone essenzialmente un dialogo su chi fa che cosa.
Ciò detto, l’INAIL ha conoscenza del comitato regionale di coordinamento? Sa dirci se si è costituito? In caso affermativo, quando? Si è riunito con una frequenza trimestrale? Questo è il presupposto per una programmazione concordata tra tutti gli attori presenti sul campo e per un dialogo concreto e fattivo con la cabina di regia nazionale.

LONGO Mario
Il comitato regionale di coordinamento si è costituito e ha svolto una serie di incontri.

MORRA
Quando si è costituito?

LONGO Mario
Nel 2009, mi pare.

TOSCHES
Sì, nel 2009.

LONGO Mario
Forse le date le ricorda la dottoressa Tosches.

TOSCHES
No, le date non le ho qui con me.

PRESIDENTE
Si è costituito nel 2009, e quante volte si è riunito?

TOSCHES
Che io sappia, due volte.

PRESIDENTE
Nelle audizioni che vi hanno preceduto ci è stato detto una volta sola.

TOSCHES
Che io sappia, si è riunito due volte, ma mi pare che un incontro non sia andato a buon fine.

PRESIDENTE
L’INAIL ha partecipato? Lo chiedo a lei, dottor Longo, perché l’INAIL (che ora incorpora anche l’ex ISPESL) partecipa d’ufficio. Siete stati convocati una o due volte?

LONGO Mario
Due volte, di cui una - se non ricordo male - non è andata a buon fine per mancato raggiungimento del numero dei soggetti coinvolti. Infatti, la dottoressa Tosches - se non ricordo male - aveva sollecitato una nuova e recentissima riunione del comitato regionale di coordinamento.
Abbiamo la fortuna di essere nello stesso palazzo, lavoriamo nello stesso stabile su piani diversi.

PRESIDENTE
Dottoressa Tosches, vuole fare delle considerazioni?

TOSCHES
Se occorrono, volentieri.

PRESIDENTE
Siamo venuti per questo.

TOSCHES
Su che tema?

PRESIDENTE
Sul tema degli infortuni, della prevenzione e delle malattie professionali.

TOSCHES
Sono il direttore dell’Ufficio regionale del lavoro e ho quindi il coordinamento delle direzioni provinciali. Come certamente sapete, abbiamo una competenza limitata al settore della cantieristica.

PRESIDENTE
Sì, lo sappiamo.

TOSCHES
È quindi di questo che posso eventualmente rendervi edotti, relativamente ad un’attività che abbiamo fatto nel corso del 2010 sulla base di linee programmatiche della Presidenza del Consiglio dei ministri, con il coordinamento - inizialmente - del prefetto di Bari, che era anche il coordinatore delle prefetture delle singole Province. Abbiamo ottenuto risultati lusinghieri in materia di accertamenti in edilizia, limitati alle opere in muratura e cemento armato.
Abbiamo poi qualche competenza residuale che deriva da normative e leggi specialistiche mai abrogate (neanche dal decreto legislativo n. 81) in materia di montacarichi, ascensori e radiazioni ionizzanti. Qui ci fermiamo perché, come sapete, la competenza è interamente transitata alla Regione, con cui abbiamo rapporti di assoluta sintonia sui contenuti, ma occasioni di frequentazione e incontri piuttosto sporadici.

PRESIDENTE
Quindi non c’è raccordo?

TOSCHES. Quando ci vediamo, l’accordo c’è, ma non ci incontriamo. Il concetto è questo: ci incontriamo poco.

PRESIDENTE
Quindi non c’è raccordo?

TOSCHES
Nel senso che non abbiamo ancora raggiunto accordi. Loro probabilmente si rifanno alle circolari del Ministero del lavoro: le circolari n. 42 del 2010 e n. 13 del 2011. Si tratta di un settore specifico, quale quello delle cosiddette aree confinate. Si ricordava prima l’incidente di Molfetta...

PRESIDENTE
Viste le competenze che avete e che per alcuni aspetti sono anche concorrenti, vorremmo sapere se vi raccordate con le aziende sanitarie, con i dipartimenti, per stabilire insieme dove andare, per evitare magari di incrociarvi.

TOSCHES
No, non è mai accaduto di raccordarsi.

PRESIDENTE
Quindi questa collaborazione non c’è?

TOSCHES
Non è un fatto di collaborazione. In base al decreto legislativo n. 81, come loro sanno, siamo tenuti a comunicare preventivamente, prima di fare gli accessi ispettivi presso i cantieri, alla commissione di coordinamento e allo SPESAL in particolare (che è l’organismo tecnico della Regione che si occupa di questa materia), che stiamo andando in un cantiere. Se parliamo quindi di comunicazione, questa c’è; se parliamo invece di accordo o di raccordo preventivo con il comitato regionale di coordinamento, questo non c’è.

PRESIDENTE
Prendiamo atto del fatto che molti nostri sforzi vengono vanificati in periferia.

TOSCHES
Ricordava prima il dottor Longo che, proprio per assecondare la normativa vigente e anche una volontà del nostro Ministro, ho scritto al comitato tecnico regionale per sollecitare un incontro in tal senso. Se vogliono, ho copia della lettera, se può essere utile.

PRESIDENTE
Lei ce lo dichiara e per noi è sufficiente. Speriamo si cambi marcia e che rispondano.

TOSCHES
In verità, come certamente i mass media hanno chiarito in questi giorni, vi è stato un avvicendamento all’assessorato alla sanità in Puglia e si è verificato qualche problema. Mi piace pensare che sia imputabile a questa motivazione e non ad altro.

PRESIDENTE
È una normativa che risale a quattro anni fa; si tratta infatti di una previsione già contenuta nella legge n. 123 del 2007.

TOSCHES
Tuttavia, noi operiamo ugualmente, anche senza coordinamento.

PRESIDENTE
Ne sono convinto.

TOSCHES
Abbiamo fatto oltre 3.000 ispezioni.

PRESIDENTE
Il nostro modo di operare è anche volto a capire le criticità e questa mi sembra un’importante criticità, perché senza coordinamento ognuno va per proprio conto. Lei ha un dovere ed un obbligo di comunicare, ma finisce lì, non ci sono strategie; e ciò non ricade neanche sulle Province. Questo è il problema.

TOSCHES
Mi parrebbe che manchi ancora un aspetto, se posso fare qualche considerazione di tipo assolutamente personale. Il comitato regionale di coordinamento, da quel che ricordo, è composto da una pletora di persone e anche dalle parti sociali. Trentanove anni di servizio mi aiutano a fare queste considerazioni: un tavolo tecnico nel quale ci siano le parti sociali ha sicuramente una valenza sociale importante, ma non ha una valenza tecnica, perché in presenza delle parti sociali non si può concordare dove e quando fare l’attività ispettiva. Se devo organizzare una task force - cosa che facciamo sovente - in una zona particolare, al tavolo con Confindustria e Confartigianato non posso dire dove sto andando e quando.
Sono mie considerazioni.

PRESIDENTE
Lo spirito del coordinamento non è quello che lei sta indicando.

TOSCHES
Ma nel comitato regionale di coordinamento ci sono anche le parti sociali.

PRESIDENTE
Ci sono le parti sociali, sindacali e datoriali. Lo spirito non è fare il detective ma parlare, confrontarsi, capire le politiche di prevenzione.

TOSCHES
Per poi agire, intervenire, dire «lunedì vado a Brindisi a fare questo».

PRESIDENTE
No, non si deve dire questo al comitato regionale di coordinamento.

TOSCHES
Questo è il coordinamento che facevamo noi una volta.

PRESIDENTE
Non è così perché una volta questo non c’era.

TOSCHES
Lo facevamo con l’INAIL e con l’INPS e lo facciamo tuttora.

PRESIDENTE
Il coordinamento ha un’altra funzione: stabilisce le strategie.

TOSCHES
Sì, sicuramente.

PRESIDENTE
Deve stabilire quelle e soprattutto che vi sentiate. Poi i blitz (chiamiamoli così, se di blitz dobbiamo parlare, perché alla fine l’obiettivo è sempre quello di prevenire) sono coperti e decisi nell’ambito dell’ufficio operativo. Specificamente l’ufficio operativo è demandato ai soli organi di vigilanza.

TOSCHES
L’ufficio operativo non c’è ancora.

PRESIDENTE
C’è una grave deficienza che non è ascrivibile a voi, ma a chi si deve dare da fare al riguardo. Quindi non c’è la motivazione che lei indicava.

TOSCHES
Presidente, forse non sono stata chiara. Ho sempre avuto la funzione di coordinatore delle task force che facciamo con l’INPS e con l’INAIL.

PRESIDENTE
Sono cose diverse.

TOSCHES
Nella parte iniziale, attraverso la commissione di coordinamento che presiedo io, parliamo anche con le parti sociali; poi però si scende alla fase operativa. Nella fase operativa ci incontriamo con i capi dell’INPS e dell’INAIL e anche con la Guardia di finanza, laddove coinvolgiamo loro, e i Carabinieri che fanno parte del nostro nucleo, e decidiamo dove andare e quando.

PRESIDENTE
Il decreto legislativo n. 81 prevede quello che lei ora sta descrivendo, il fatto però è che questo non si fa.

TOSCHES
Le riunioni del coordinamento che ci sono state a livello regionale sono state sicuramente utili per conoscerci e scambiare qualche idea, ma non sono riunioni operative. Se manca il comitato operativo (in Puglia ancora non c’è ma mi è parso di capire anche in altre Regioni), si rimane nella fase dell’intelligence iniziale, ma non c’è l’operatività. Il mio auspicio sarebbe che questa fase successiva...

PRESIDENTE
Sarebbe anche il nostro auspicio.

TOSCHES
Benissimo, siamo pienamente in sintonia.

PRESIDENTE
Saluto i nostri auditi e dichiaro conclusa l’audizione.



Audizione del dirigente del Servizio programmazione assistenza territoriale sanitaria alle politiche della salute


Interviene il dottor Fulvio Longo, dirigente del Servizio programmazione assistenza territoriale sanitaria alle politiche della salute.

PRESIDENTE
Rivolgo un saluto al dottor Fulvio Longo, dirigente del Servizio programmazione assistenza territoriale sanitaria alle politiche della salute, per la disponibilità.
Innanzi tutto, dottor Longo, vorremmo conoscere il ruolo che lei svolge nell’attività di coordinamento.

LONGO Fulvio
In quanto direttore del Servizio programmazione assistenza territoriale e prevenzione dell’assessorato alla sanità, presiedo, su delega dell’assessore, il comitato regionale di coordinamento ex articolo 7 del decreto legislativo n. 81, che noi abbiamo istituito già dal 2008. Questo è il ruolo che svolgo in assessorato.
Sono a vostra disposizione per ogni chiarimento e delucidazione sull’attività che svolgiamo in Regione.

PRESIDENTE
A parte la data di istituzione, che verosimilmente è apprezzabile essendo avvenuta subito dopo l’emanazione del decreto legislativo n. 81, a noi risulta che il comitato si sia riunito una sola volta e che un’altra riunione, sia pur convocata, non abbia avuto luogo.

LONGO Fulvio
Evidentemente è un’informazione che non è arrivata in modo corretto. Abbiamo tenuto diverse riunioni e i prodotti del comitato regionale sono documentati anche agli atti. Per esempio, ho con me la delibera con cui abbiamo approvato, nell’aprile 2010, due documenti di indirizzo che abbiamo elaborato all’interno del comitato di coordinamento e che sono il frutto di un lavoro di sedute citate nello stesso atto deliberativo. Probabilmente, vi è stato un difetto di comunicazione. Tuttavia, siccome l’oggetto è importante e riguarda il funzionamento del comitato, ci tengo a precisare che il comitato di coordinamento della Regione Puglia è stato istituito prima ancora dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 81.

PRESIDENTE
Dopo la legge n. 123, dunque?

LONGO Fulvio
Come noto, era già previsto nella delega; quindi, con un atto deliberativo dell’aprile 2008, lo abbiamo formalmente istituito e abbiamo cominciato a lavorare con la richiesta di tutte le partecipazioni degli enti e degli istituti.
Ho citato i due documenti di indirizzo perché si lavora anche per atti e questa è la dimostrazione che non si tratta di questioni secondarie. Il primo è un atto di indirizzo sulla sicurezza nelle scuole, che abbiamo approvato, tenuto conto delle modifiche che il decreto legislativo n. 81 ha determinato nella normativa precedente. L’altro atto di indirizzo riguarda invece l’attività di sorveglianza dei medici competenti, con particolare attenzione alle problematiche di alcooldipendenza e tossicodipendenza. Ripeto, si tratta di due atti di indirizzo, che abbiamo ratificato con atto di giunta.

PRESIDENTE
Il comitato poi non si è più riunito?

LONGO Fulvio
Abbiamo fatto diverse altre riunioni.

PRESIDENTE
Ci dobbiamo chiarire. Magari lei ce lo documenterà, ma a noi risulta che l’attività di questo comitato di coordinamento non è frequente. Ci risulta che alcuni soggetti che devono partecipare alle riunioni, come l’INAIL o l’ex ISPESL, non sono stati invitati. Ci hanno riferito, infatti, di aver partecipato una volta sola a una riunione e di essere stati convocati per una seconda riunione che poi però non si è definita. Se dispone di una documentazione al riguardo, dovrebbe consegnarcela.

LONGO Fulvio
Presidente, posso fornire tutta la documentazione relativa alle convocazioni. Mi pare molto strano che ci si difenda dietro a problematiche di comunicazione. Trattandosi di un tema molto delicato, abbiamo sempre fatto le verifiche delle mail e di tutte le comunicazioni sulla base anche delle presenze che vengono registrate e dei dati che ci vengono forniti da tutti i soggetti. Ripeto, mi sembra molto strano.
Circa la direzione regionale del lavoro, sono io che voglio segnalare - come ho già fatto in altre sedi a livello nazionale, in altre interlocuzioni che ho avuto - una particolare assenza delle direzioni regionali del lavoro anche rispetto agli impegni che abbiamo preso come comitato di coordinamento. Abbiamo deciso di far funzionare il comitato di coordinamento in particolare dandoci un regolamento di funzionamento del comitato regionale, dell’ufficio regionale e degli organismi provinciali che si sono istituiti in una seduta contemporanea in tutte le ASL della Regione, se non sbaglio, il 6 novembre 2009. Abbiamo fatto una convocazione di tutti gli organismi provinciali nello stesso giorno, con un’impostazione metodologica che dava il senso della funzione di questo organismo.

MARAVENTANO
Questo nel 2009. E nel 2010?

LONGO Fulvio
Gli organismi provinciali si sono riuniti. Nel 2011 abbiamo fatto l’ultima riunione del comitato.

PRESIDENTE
Sono quindi le due riunioni che ci sono state riferite.
Dunque, il comitato si è riunito due volte in tutto.

LONGO Fulvio
Nel 2011 abbiamo riunito il comitato...

PRESIDENTE
Mi scusi, dottor Longo, ci dobbiamo aiutare a vicenda, altrimenti diventa una situazione kafkiana, ma siamo a Bari e Kafka non c’entra nulla.
Sia la direzione regionale del lavoro che l’INAIL riferiscono che ci sono state due riunioni; una ha avuto un esito positivo, perché è stato svolto l’ordine del giorno verosimilmente previsto, l’altra non ha avuto un esito conclusivo, o lo ha avuto solo parzialmente, per l’assenza di componenti. Ci può comunicare le date delle convocazioni?

LONGO Fulvio
Sicuramente. Ovviamente noi agiamo per atti, quindi posso produrre alla Segreteria della Commissione tutte le convocazioni del comitato che abbiamo predisposto. Questa mi sembra la maniera più certa per rispondere.

PRESIDENTE
Dottor Longo, le convocazioni non sono sufficienti, perché bisogna vedere se le riunioni si sono tenute; quindi servono i verbali delle sedute.

LONGO Fulvio
Certo.

PRESIDENTE
Credo che ancora non sia stato istituito l’ufficio operativo.

LONGO Fulvio
Abbiamo lavorato con il comitato di coordinamento e l’ufficio operativo. Sono state fatte convocazioni e si sono tenute sedute del comitato di coordinamento, che ovviamente ha una certa composizione, e dell’ufficio operativo regionale, che ne ha un’altra. Abbiamo riunito prevalentemente il comitato regionale di coordinamento; l’ufficio operativo ha indicato gli atti di indirizzo in relazione alle priorità su cui intervenire.

PRESIDENTE
Due soggetti importanti come l’INAIL e il responsabile regionale del Ministero del lavoro di questo non sanno nulla.

LONGO Fulvio
Ne prendo atto. Spesso abbiamo interlocuzioni con loro.

PRESIDENTE
Stia tranquillo. È stata invocata proprio l’esigenza di costituire l’ufficio operativo a cui, come lei sa, partecipano solo i soggetti interessati e non le parti sociali, che invece fanno parte del comitato regionale di coordinamento.

LONGO Fulvio
Mi scusi, signor Presidente, vorrei fare un’osservazione. Avendo costituito gli organismi provinciali, che sono la proiezione su base provinciale dell’ufficio operativo regionale, mi sembra strano che gli stessi organismi che partecipano a queste sedute e con cui noi ci riuniamo affermino che a livello regionale non ci sia stato nulla in tal senso.

PRESIDENTE
È possibile che secondo loro non esistano neanche gli organismi provinciali.

LONGO Fulvio
Allora siamo di fronte alla negazione della verità.

PRESIDENTE
Nel senso che non funzionano. Sono organismi diversi: sono stati convocati?

LONGO Fulvio
Sì, tutti. Per dare valore all’iniziativa, la convocazione degli organismi provinciali è avvenuta nello stesso giorno. Abbiamo costruito un percorso affinché ciò avvenisse perché, ovviamente, convocare una riunione di due organismi nella stessa giornata non è semplice.
C’è stata una preparazione a monte; noi abbiamo dato uno schema di relazione.

PRESIDENTE
Vi siete incontrati una volta. Cosa avete fatto?
Dottor Longo, lei non ci sta dando risposte.

LONGO Fulvio
Essendo un dirigente regionale, io do l’input riguardo al funzionamento di queste strutture, di cui ho la rendicontazione; peraltro, alcune hanno sicuramente operato anche in collaborazione con le direzioni provinciali del lavoro.
Tanto per intenderci, vorrei citare un episodio che ritengo importante: nella ASL Barletta-Andria-Trani (BAT) abbiamo approvato un progetto, passato dall’ufficio provinciale, con cui abbiamo varato la georeferenziazione dei cantieri edili che, sulla base delle notifiche, consente di avere la mappatura del territorio dove sono ubicati i cantieri che vengono aperti. Attraverso la georeferenziazione, in allineamento con la direzione provinciale del lavoro di Barletta, abbiamo fatto questo progetto di collaborazione con cui si attua un allineamento delle attività ispettive degli uni e degli altri per realizzare un coordinamento effettivo ed evitare le sovrapposizioni, che costituivano una delle criticità molto spesso segnalate dal mondo del lavoro e delle imprese. Di questa iniziativa abbiamo reso conto anche in un pubblico convegno a dicembre dello scorso anno.

MORRA
Dottor Longo, al di là del buon lavoro, sicuramente encomiabile, che state facendo, non so però se stiamo parlando dello stesso organismo. Noi ci stiamo riferendo al comitato regionale di coordinamento, che è presieduto dal presidente della giunta regionale o da un assessore da questi delegato, perché questo strumento, ancorché a valenza tecnica, ha all’apice un esponente politico. Se lei dice di presiedere un comitato, stiamo parlando, di fatto, di realtà diverse e non del comitato regionale di coordinamento previsto dai decreti legislativi nn. 81 del 2008 e 106 del 2009. È quindi possibile che lei dica la sua verità, che però è diversa da quella riferita dall’INAIL e da chi l’ha preceduta.
Peraltro, sono tassativamente elencati tutti i soggetti che debbono far parte del comitato regionale di coordinamento che - ripeto - è presieduto dal presidente o da un assessore delegato; peraltro, in alcune Regioni c’è stata una vacatio perché a seguito di elezioni l’assessore ancora non era stato nominato. Dunque, non può presiedere lei quell’organismo; probabilmente ne presiederà un altro e starà lavorando all’interno di un comitato diverso dal comitato regionale di coordinamento, che deve avere al suo interno le citate figure e deve assolvere una serie di compiti molto importanti, connessi alla legislazione concorrente Stato-Regioni e al dialogo che si deve creare fra questo comitato e quello nazionale.
Ho l’impressione però che dal suo intervento tutto questo non si evinca. Quindi, ripeto, stiamo parlando di due realtà diverse. Lei presiede, probabilmente, un organo tecnico di supporto alle iniziative regionali, che però non ha nulla a che vedere con il comitato regionale di coordinamento.
L’ufficio operativo richiamato dal Presidente si forma all’interno del comitato regionale di coordinamento per effettuare una programmazione ed evitare vuoti e sovrapposizioni nella vigilanza che, come lei sa, è materia di competenza delle ASL, delle Regioni e del Ministero. Ripeto ancora che stiamo parlando di cose diverse. Il Presidente le ha chiesto se è stato costituito il comitato regionale di coordinamento ex decreto legislativo n. 81 del 2008 e da chi è presieduto. In altri termini, il comitato è presieduto dal presidente Vendola o da un assessore da questi delegato? E in quest’ultimo caso, di chi si tratta?
Ripeto, stiamo parlando di due organismi diversi. Chiariamo questo concetto: non stiamo parlando del comitato regionale di coordinamento ma di altro e possiamo farlo tranquillamente, perché vogliamo entrare nel merito di ciò che si fa.

NEROZZI
Dottor Longo, secondo i dati dei Carabinieri e dell’INAIL, nel 2010 gli infortuni mortali sul lavoro sono aumentati. Siamo di fronte, quindi, ad un fenomeno di carattere nazionale determinato da ragioni che vorremmo capire, tra le quali va considerata anche l’attuale situazione di crisi. In particolare, in base ai dati forniti dai Carabinieri, dalla procura (per gli aspetti di sua competenza) e dall’INAIL in Puglia si registra un aumento del 7-8 per cento degli infortuni sul lavoro.
Secondo la Costituzione, la tutela e sicurezza sul lavoro è una materia a legislazione concorrente. Alcuni aspetti di questa scelta sono in discussione e, siccome questo è uno dei punti critici, ci interessa capire se le leggi funzionano. Se il comitato regionale di coordinamento, che è un perno della normativa, funzionasse, dovrebbe fornire un raccordo alla ripartizione delle competenze fra Stato, Regione e Forze dell’ordine.
La legislazione prevede il comitato, presieduto dal presidente della Regione o da un assessore, e un ufficio operativo. Al di là del fatto che sia presieduto o meno dal presidente o da un assessore (anche se la norma è chiara), lei sostiene che il comitato si è riunito varie volte e che ha i verbali delle riunioni. Tre soggetti (non solo l’INAIL e la direzione regionale del lavoro ma anche i Vigili del fuoco), che l’hanno preceduta questa mattina in audizione, sostengono che si sono tenute una o due riunioni: una effettiva, un’altra andata a vuoto. Il problema è risolvibile perché, se lei ci invia le convocazioni e i verbali di cui dispone, possiamo chiudere la vicenda. È vero che i comitati si sono costituiti anche a livello provinciale, ma se non si sono mai riuniti è stata realizzata un’ottima idea di decentramento, ma c’è da chiedersi con quali risultati.
Tutto ciò non ci interessa per spirito inquisitorio, ma perché il nodo della legislazione concorrente è aperto, e glielo dice un regionalista. Se le Regioni (dal Veneto alla Puglia) fanno finta di occuparsene, snobbano ogni elemento di confronto con il mondo intero e i morti aumentano, qualcosa non funziona. Questo è quello che è emerso nell’ultimo anno e mezzo. L’ho detto in modo brutale ma questo è il problema. Se si vuole che la materia rimanga a legislazione concorrente, bisogna attuare le disposizioni previste assolvendo i compiti stabiliti. Sta di fatto però che in tutta Italia questo non avviene, dal momento che il problema non è solo della Puglia ma riguarda tutte le Regioni.
Se le cose funzionassero andrebbe bene, ma conoscendo i bilanci delle Regioni so che questa non è la priorità dell’assessorato della sanità. In realtà, le cose non funzionano e a giugno di quest’anno si saprà che nel 2010 i morti sono aumentati e che nel 2011 lo saranno ancor di più. Qualche parte sociale potrà rallegrarsi del fatto che ci siano meno controlli, io però non sono contento del fatto che il numero dei morti stia aumentando in maniera consistente. Questo è il nodo.
Lei ci invierà la documentazione e io le credo: ci saranno state 25 riunioni. Teniamo presente però che questo è un alibi anche per chi non vuol controllare: non c’è coordinamento e non si controlla. C’è un alibi per tutti. Ciò avviene, peraltro, in un contesto in cui ci sono anche elementi di eccellenza, come ci raccontavano i magistrati, in alcune zone come a Brindisi e nel Salento, dove sono state portate avanti alcune iniziative innovative rispetto al passato.

LONGO Fulvio
Sicuramente le politiche di contrasto al fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali non passano soltanto attraverso il funzionamento di organismi. Il problema, infatti, non riguarda solo i comitati regionali di coordinamento, che sono partiti prima del comitato previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo 81 del 2008. Ciò ha creato un’asimmetria in un sistema di governo istituzionale del tema della sicurezza sul lavoro che ha visto al centro e in alto il comitato previsto dall’articolo 5, che deve dare gli indirizzi a cui poi si devono attenere gli organismi che operano a valle. Questo aspetto ha creato qualche problema nell’avvio dei comitati. Per quel che mi riguarda, ho avviato il comitato molto presto e mi sono trovato in parte orfano di un momento di sostegno istituzionale perché la mancanza dell’atto di indirizzo programmatorio previsto dall’articolo 5 (che si è attivato in un’epoca successiva) ha creato qualche problema.

PRESIDENTE
Può specificare le epoche, per favore? Qual è l’epoca diversa in cui si è data attuazione?

LONGO Fulvio
Il nostro avvio è avvenuto nell’aprile del 2008.

PRESIDENTE
Mi riferisco all’articolo 5 del decreto legislativo n. 81.

LONGO Fulvio
Il comitato ex articolo 5 risulta partito l’anno successivo.

MORRA
No, nel 2008.

PRESIDENTE
Sempre nel 2008. Dottor Longo, dobbiamo parlarci chiaro: anzitutto dovreste riferire ogni anno e mi sembra che non abbiate fatto alcuna relazione.

LONGO Fulvio
Io sto introducendo la mia relazione.

PRESIDENTE
Ammesso che sia giusto quello che tra l’altro anche il collega ha detto, chi è il responsabile del comitato regionale di coordinamento?

LONGO Fulvio
L’architettura è quella indicata dalla normativa. Il presidente ha delegato l’assessore Fiore, che presiede l’organismo oppure delega il dirigente dell’ufficio, che ha competenza sulla materia, quando non può essere presente. Questa è la prassi che abbiamo previsto a livello regionale.
Per quanto riguarda il tema in oggetto - mi riferisco alle politiche di contrasto -, credo sia giusto indicare quali sono le politiche che la Regione Puglia ha messo in atto in questi anni per contrastare il fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali. Altrimenti, tutto si risolve nella conta delle sedute, che pure sono importanti. Peraltro, sta parlando una persona che crede nella funzione di questo coordinamento.

PRESIDENTE
Dottor Longo, lei non può banalizzare così, abbia la compiacenza di non farlo. Stiamo parlando di una legge la cui definizione ha richiesto impegni enormi da parte di tutti e non certo di un orpello.

LONGO Fulvio
Sono un convinto sostenitore della funzione del comitato di coordinamento.

PRESIDENTE
Lo strumento di sintesi è stato già esplicitato, quindi è inutile ripeterlo.
Se l’assessore vorrà mandare la documentazione, noi la riceveremo. Allo stato, a noi risulta che il comitato non c’è o, perlomeno, non funziona.
Le relazioni, infatti, non sono state mai fatte. Se così non è, ce le trasmetta. Le risulta che la legge specifica l’obbligo del comitato di relazionare ogni anno?

LONGO Fulvio
Sì.

PRESIDENTE
Avete fatto qualche volta una relazione?

LONGO Fulvio
No, la relazione non è stata fatta, ma abbiamo le relazioni delle attività di contrasto che complessivamente svolgiamo nella Regione.

PRESIDENTE
L’obiettivo è far funzionare questo comitato e, se l’incontro di oggi servirà a farlo funzionare meglio, per fortuna che ci siamo incontrati. Sono molto rammaricato però per l’assenza dell’assessore, anche se sicuramente avrà avuto da fare.
Gli atteggiamenti delle Regioni, in genere, stanno mettendo in discussione la materia concorrente: ne sono convinto al 100 per cento. Non c’è collaborazione ed è un dramma perché, come diceva il senatore Nerozzi, nel frattempo aumentano gli infortuni e le morti. Stiamo parlando di una materia che purtroppo si presenta drammatica. Sfortunatamente anche oggi - lo dico a lei, che pure non c’entra nulla, anzi la ringrazio per la presenza - la Regione Puglia è drammaticamente assente e questo non è bello. La prego di riferire al presidente e agli altri due assessori, in attesa che io scriva loro, perché la non collaborazione tra Istituzioni non è tollerabile. Non si tratta della nostra o delle vostre persone ma delle Istituzioni che rappresentiamo.

LONGO Fulvio
Presidente, immaginavo di poter relazionare anche e soprattutto sulle politiche di contrasto, che sono ciò che conta. Chiedo che almeno questo aspetto mi possa essere consentito, anche perché i dati che possiamo dare (che sono nei sistemi di rilevazione ufficiali, anche nel sistema delle Regioni e nei sistemi di verifica dei livelli essenziali di assistenza) ci permettono di dire di aver fatto passi avanti molto importanti nel corso di questi anni.
In particolare, con l’avvio del Piano di prevenzione del 2005 e del 2007 abbiamo operato il finanziamento di due linee di intervento: una sul sistema informativo, l’altra sulle politiche di sostegno alla vigilanza, in particolare nel settore dell’edilizia. Ciò ci ha consentito di conseguire dei numeri molto significativi nelle attività che abbiamo svolto e che abbiamo relazionato ufficialmente anche al Ministero della sanità, ai fini della verifica dei livelli essenziali di assistenza.
Vi fornisco alcuni dati. Quanto ai sopralluoghi effettuati nei luoghi di lavoro, siamo passati dai 2.228 del 2005 ai 9.287 del 2009. I significativi dati di incremento dell’attività sono stati possibili grazie al Piano di prevenzione, che ha permesso il rimpinguamento delle risorse umane che operano nei servizi di protezione e sicurezza negli ambienti di lavoro, passando da 36 a 48 le unità equivalenti di personale medico e raddoppiando i tecnici della prevenzione (nel periodo 2005-2009 le unità equivalenti sono passate da 57,5 a 108,8).
Nel 2008 abbiamo approvato un Piano straordinario sulla sicurezza sul lavoro che ha ulteriormente finanziato l’attività di sostegno sul territorio, con l’approvazione di un atto di indirizzo con una copertura economica di 2.200.000 euro, la quale ha permesso di sostenere le principali linee di intervento nei campi dell’edilizia e dell’agricoltura, che, sulla base di indicatori che derivano dall’analisi del fenomeno infortunistico nella nostra Regione, sono individuati come due dei comparti produttivi più a rischio e su cui era necessario sviluppare una significativa iniziativa.
Nel dicembre 2010 abbiamo approvato il nuovo Piano di prevenzione regionale, all’interno del quale abbiamo rifinanziato due linee di intervento sempre in tema di sicurezza nel settore dell’edilizia e, in particolare, in quello dell’agricoltura, prevedendo in particolare iniziative relative all’attività di informazione e formazione rivolta sia al mondo degli imprenditori agricoli che ai lavoratori del settore. La prevenzione è ritenuta un elemento preliminare e fondativo per andare a sradicare comportamenti scorretti che sono alla base del fenomeno infortunistico. Abbiamo quindi lavorato su queste principali azioni di intervento, che - ripeto - dal punto di vista degli indicatori ci hanno permesso di fare dei passi avanti notevoli, sia nelle attività ispettive e di vigilanza, sia nell’attività prevenzionale. Addirittura, nell’ambito di questi progetti abbiamo previsto, realizzato e documentato la formazione specifica per i lavoratori che operano in quota e per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Prevediamo ora anche una formazione specifica per i lavoratori del mondo agricolo che rientrano nell’ambito della programmazione regionale prevista dal nuovo Piano.
Quanto alle iniziative regionali di sostegno alle attività delle strutture periferiche del Dipartimento di prevenzione che si occupano di sicurezza sul lavoro all’interno del mondo delle ASL, voglio ricordare la legge regionale 25 febbraio 2010, n. 4, che prevede all’articolo 38 il riuso delle risorse che vengono introitate attraverso il sistema delle contravvenzioni. Sulla base delle previsioni di cui al decreto legislativo n. 81 e del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, è stato disposto il riversamento del 70 per cento delle risorse introitate direttamente alle ASL per il sostegno e il potenziamento delle attività dei servizi di prevenzione negli ambienti di lavoro. Stiamo parlando di un atto che consentirà il mantenimento dei tecnici della prevenzione assunti. Oltre al potenziamento sulla linea delle risorse umane, l’articolo 38, al fine di dare maggiore certezza circa la destinazione delle risorse, ne prevede la finalizzazione per la formazione del personale che opera nei Dipartimenti di prevenzione in ambito di sicurezza sul lavoro e per l’acquisto di attrezzature necessarie per lo svolgimento corretto di queste attività.

NEROZZI
Questo utilizzo di risorse è già avvenuto o è solo previsto?

LONGO Fulvio
In questo momento abbiamo una previsione importante che è quella del Piano di prevenzione, all’interno della quale sono previsti 1,5 milioni di euro l’anno per il sostegno ai Dipartimenti di prevenzione. Stiamo predisponendo l’atto deliberativo con cui vincolare le direzioni generali all’utilizzo di queste risorse per le finalità cui ho fatto cenno, anche perché, in un momento delicato come quello del Piano di rientro, stiamo parlando di risorse certe e aggiuntive, le quali sono molto importanti dal punto di vista della gestione delle direzioni generali.

NEROZZI
Ci può consegnare la documentazione a vostra disposizione?

LONGO Fulvio
Sì, posso farvela avere.

PRESIDENTE
Di che anno è la legge?

LONGO Fulvio
Febbraio 2010. Tenga conto che con il Piano di prevenzione abbiamo previsto 5 milioni di euro: si tratta di una cifra importante che nel corso di questi anni ha consentito il sostegno a quelle attività che hanno permesso un incremento così significativo delle attività di controllo sul territorio.

MORRA
Dottor Longo, lei ha parlato dell’attenzione che avete dedicato all’edilizia. Purtroppo, l’edilizia e i lavori pubblici sono di particolare interesse per quanto riguarda l’infortunistica sul lavoro. Mi sono quindi posto la seguente domanda. Gli appalti pubblici, e i relativi subappalti, regolati dal massimo ribasso non sono l’unica forma di appalto, pare però che siano i più diffusi, anche per il contenzioso cui danno luogo altre forme di appalto (quindi la non cantierizzazione certa). Il ricorso al massimo ribasso è disciplinato da una norma di carattere nazionale e potrebbe trovare delle modificazioni a livello regionale, almeno per quanto riguarda le risorse regionali impiegate per i lavori pubblici. Vi siete posti un problema in questo senso? So che anni fa si parlava in Regione di una norma specifica sulle risorse regionali impiegate nei sistemi di appalti per superare la logica del massimo ribasso. Questo problema è alla vostra attenzione?

LONGO Fulvio
Non è un tema che l’assessorato alla sanità ha affrontato.

MORRA
Le ho posto questa domanda proprio in relazione agli effetti che questo sistema ha sugli infortuni sul lavoro.

LONGO Fulvio
Ci sono elementi di difficoltà nella gestione di questa problematica. Soprattutto, sarebbe interessante avere un’anagrafe, ad esempio, delle aziende che incorrono ripetutamente e reiteratamente in contravvenzioni e che abbiano un certo livello di spessore e di rilevanza sul piano della sicurezza. Uno strumento di questo genere potrebbe essere utile per una valutazione ai fini della partecipazione a gare di appalto. Si tratta però di un aspetto che - ripeto - investe normative di carattere nazionale che esulano dalla competenza della Regione.

PRESIDENTE
Dottor Longo, la ringrazio per il contributo che ci ha offerto e dichiaro conclusa l’audizione.



Audizione di rappresentanti sindacali


Intervengono il dottor Biagio Malorgio, presidente IRES Puglia, il dottor Giulio Colecchia, segretario regionale CISL, il dottor Arturo Minervini, segretario regionale UIL, il dottor Giuseppe Carenza, segretario regionale UGL, e il dottor Domenico Insabato, dirigente della segreteria regionale CISAL.

PRESIDENTE
Do il benvenuto al dottor Biagio Malorgio, presidente IRES Puglia, al dottor Giulio Colecchia, segretario regionale CISL, al dottor Arturo Minervini, segretario regionale UIL, al dottor Giuseppe Carenza, segretario regionale UGL, e al dottor Domenico Insabato, dirigente della segreteria regionale CISAL.
Gli argomenti oggetto di questa audizione sono di vostra conoscenza. Stiamo facendo un monitoraggio in tutte le Regioni italiane relativamente al tema di cui ci interessiamo, vale a dire la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. Il vostro punto di vista è per noi molto importante. Nello specifico, vorremmo sapere se rilevate in questo comparto attività consone o criticità e se, a vostro avviso, esiste un’attività di coordinamento fra le istituzioni competenti in materia. Potete riferire, comunque, tutto quello che ritenete opportuno segnalare a questa Commissione.

INSABATO
Signor Presidente, intervengo in rappresentanza del segretario regionale della CISAL, Piero Venneri.
Come sindacato potremmo fornire una sequela di dati statistici sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali, ma penso che la Commissione li abbia già acquisiti dagli organi di rappresentanza ufficiali, quali l’INAIL. Al di fuori dell’asettica situazione numerica, vorrei dare un contributo anche in termini di sensazioni.
Sotto il profilo infortunistico, dai dati forniti dall’INAIL, i casi gravi o mortali risultano oggettivamente in diminuzione. Questo però, a mio modesto avviso, non deve far gridare di gioia perché, se è vero che da un lato tutta la componentistica rispetto alla normativa interna ed esterna tende a una maggiore attenzione rispetto all’infortunio, bisogna anche tener conto del fatto che, purtroppo, la disoccupazione, la cassa integrazione e gli ammortizzatori sociali significano meno lavoro e quindi meno infortuni. Di lavoro si continua a morire e questo è un gravissimo danno non solo per la situazione oggettiva, che ovviamente non si discute, ma per tutto quello che vi è connesso, e cioè le famiglie, il mantenimento dei figli e il costo sociale che situazioni di questo genere comportano.

PRESIDENTE
Conosciamo e purtroppo viviamo e patiamo questo quadro umano. Pertanto, vorremmo sapere da voi se vi sono delle iniziative da assumere e come funzionano le competenze istituzionali in materia. Ripeto, gli altri argomenti li conosciamo.

INSABATO
A livello personale credo sia necessario lavorare molto sulla prevenzione, iniziando sostanzialmente sin dalla scuola, prevedendo programmi mirati a livello istituzionale, con tutte le componentistiche che si occupano di prevenzione. Questa è la nostra modesta opinione.

MALORGIO
Sono il presidente dell’IRES Puglia.
Stiamo lavorando molto, per quello che ci è possibile, con il governo regionale, con la Regione Puglia e gli enti bilaterali, in particolare nel comitato misto dell’INAIL, per dare un contributo concreto al fine di capire come le parti sociali possano incidere, tra problemi, difficoltà e contraddizioni, sulla realtà produttiva della nostra Regione, alzare il tiro circa il livello della cultura della sicurezza e della prevenzione ed evitare, quanto più è possibile, fatti gravi e infortuni anche mortali.
In linea generale, in Puglia si registra un lieve calo degli infortuni, anche mortali.

PRESIDENTE
È un errore, è il contrario. Abbiamo i dati dell’INAIL.

MALORGIO
Stavo dicendo, infatti, che c’è una sorta di opinione - che emerge anche sulla stampa - circa un calo degli infortuni sul lavoro, anche mortali, ma che così non è perché, se non sbaglio, da settembre ad oggi in Puglia si contano 12 infortuni mortali in diversi settori.

PRESIDENTE
Se vuole, posso fornirle i dati esatti. Ovviamente, per il 2010 i dati devono essere confermati; come sapete, infatti, la conferma degli stessi avviene nei mesi di giugno-luglio e in genere sono in peius. Ad ogni modo, nel 2008 gli infortuni mortali sono 66 più 8 (è un calcolo che loro fanno), nel 2009 49 più 1 (quindi c’è stata una diminuzione), nel 2010 59 verosimilmente più 13, cioè 72.

MALORGIO
Mi sembra che per il 2011 ci si attesti sui numeri che dicevo in precedenza.
Nella lettura dei dati bisognerebbe tenere conto della crisi, anche se, naturalmente, non voglio addentrarmi in questo argomento. Non c’è dubbio, però, che alla luce della crisi vissuta in Puglia negli anni 2009 e 2010 bisognerebbe differenziare i dati rispetto all’apparato produttivo e al mercato del lavoro. Siamo in presenza, infatti, di una destrutturazione dell’apparato produttivo, in particolare in alcuni settori, e di un’estrema e grave precarizzazione del lavoro, cui fanno seguito lavoro sommerso e lavoro irregolare, che raggiungono punte preoccupanti in Puglia in alcuni comparti, ad esempio nell’edilizia ma anche nei servizi.
Naturalmente questo scenario preoccupa parecchio dal punto di vista delle ricadute sulla prevenzione e sulla sicurezza. Voglio fare riferimento, ad esempio, alla progressiva destrutturazione dell’imprese nel settore edile, nel senso che in alcuni territori un pullulare di imprese commercializza il prodotto per poi appaltare, subappaltare e nuovamente subappaltare il lavoro produttivo. Anche nelle committenze pubbliche si ha l’appalto, cui si aggiunge l’aggravante delle gare al massimo ribasso, formula che andrebbe invece limitata, viste le ricadute negative che ne conseguono sulla tutela del lavoro e sui piani della prevenzione e della sicurezza.
In base alla normativa nazionale e a quella regionale (mi riferisco alla legge sul sommerso della Regione Puglia) in capo al prodotto finale e alla qualità dello stesso vi sono le responsabilità dell’appalto. Teoricamente i grandi enti appaltanti pubblici dovrebbero verificare l’appalto da quando viene aggiudicato a quando si conclude. Questo però non succede perché, per quanto riguarda i piani della sicurezza, la congruità, l’applicazione dei contratti, le relazioni sindacali, eccetera, dovrebbe essere cogente la responsabilità dell’ente appaltante. Ripeto, questo non avviene e noi insistiamo molto perché, specialmente nel meccanismo degli appalti, si tenga conto di ciò.
Come comitato misto bilaterale dell’INAIL, la settimana scorsa abbiamo programmato un lavoro che è volto a capire meglio...

NEROZZI
Il comitato misto è quello composto dall’INAIL e dalle parti sociali? Come parte pubblica c’è l’INAIL?

MALORGIO
Sì.
Abbiamo programmato un’iniziativa, alla presenza anche degli enti pubblici, che prevede due moduli di approfondimento sulla normativa degli appalti sia pubblici che privati. Stiamo tentando di capire bene come applicare la normativa e stiamo verificando anche i risultati che essa ha prodotto nel suo espletamento.

MORRA
Può chiarire meglio il lavoro che avete fatto?

MALORGIO
Abbiamo programmato un’iniziativa che si articola nel modo seguente: si prevedono tre riunioni a livello seminariale con tecnici e con professionalità del mondo accademico che ci consentano di approfondire la normativa nazionale e regionale sull’appalto e sul suo espletamento. Naturalmente, chiameremo a ragionare con noi, quindi con le parti sociali, anche gli enti pubblici, i grandi enti appaltanti, ENEL, ANAS e FFSS. Vorremmo presentare poi questo lavoro di osservazione e analisi di questo mondo in un’iniziativa più ampia e tentare di costruire anche un piano di lavoro che impatti concretamente sulle situazioni di questa realtà nella nostra Regione.
Ovviamente, si sta facendo un lavoro importante anche nel comitato regionale di coordinamento, dove con riunioni che si tengono tre volte l’anno, in effetti, si cerca di coordinare l’attività ispettiva e di vigilanza...

PRESIDENTE
Per chiarirci: fate tre riunioni l’anno?

MALORGIO
Sì, del comitato di coordinamento.

PRESIDENTE
Può documentare che queste riunioni si sono tenute?

MALORGIO
Nel 2010 penso siano state fatte tre riunioni.

PRESIDENTE
Dottor Malorgio, valuti che al riguardo sta nascendo un problema. Quindi la invito a dire le cose come correttamente stanno, altrimenti saremo costretti a fare degli approfondimenti.

MALORGIO
Ci sono i verbali delle riunioni, quindi si può verificare quante ne sono state fatte.

MINERVINI
Presidente, chiedo scusa per l’interruzione, ma vorremmo capire il problema.

PRESIDENTE
Altri soggetti auditi ci hanno riferito che - da quando si è costituito - il comitato regionale di coordinamento ha tenuto due riunioni, una andata a buon fine, l’altra...

MARAVENTANO
Andata deserta.

MALORGIO
Il comitato regionale di coordinamento? Quello istituito ai sensi del decreto legislativo n. 81?

PRESIDENTE
Sì.

NEROZZI
Da chi è composto questo comitato regionale?

MALORGIO
Regione Puglia, tutti i prefetti, gli SPESAL e le parti sociali.

MARAVENTANO
È un’altra cosa.

MALORGIO
Io sto parlando del comitato di coordinamento regionale.

MORRA
Quello ai sensi del decreto legislativo n. 81?

MALORGIO
No, sto parlando del comitato che è stato costituito prima, con un accordo regionale.

PRESIDENTE
Si tratta quindi di un altro organismo. Ci stiamo chiarendo.

MALORGIO
Il comitato di cui stiamo parlando è stato costituito con una legge regionale, mi sembra, nel 2007.

PRESIDENTE
Abbiamo chiarito questo punto. Noi parliamo invece del comitato regionale di coordinamento che è stato costituito con la legge n. 123 del 2007 ma che, purtroppo, non sembra che qui abbia avuto un grande successo. Stiamo parlando, di fatto, del comitato previsto dalla legge quadro.

NEROZZI
Insomma, c’è un altro comitato di cui fanno parte la Regione, i prefetti, le parti sociali.

MALORGIO
Di questo comitato fanno parte anche il Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (SPESAL), cioè l’ASL.

NEROZZI
Ne fanno parte l’INAIL, l’INPS e i Vigili del fuoco?

MALORGIO
L’INPS e l’INAIL ci sono.

NEROZZI
Si tratta allora di un altro organismo. Il Ministero del lavoro è presente?

MALORGIO
No. Comunque, in questo comitato viene impostato il coordinamento dell’attività di vigilanza.

PRESIDENTE
Ciò avviene alla presenza vostra e dei datori di lavoro?

MALORGIO
Sì, si svolgono discussioni di coordinamento e su come impostare l’attività di vigilanza; dopodiché si tengono delle riunioni operative riservate agli enti, nelle quali si coordina l’attività di vigilanza sulla base dei calendari dei vari settori. La nostra attività si basa su questo lavoro.
Alla luce dell’esperienza che abbiamo maturato in Puglia in questi anni, riteniamo però che sia necessaria una riforma complessiva del sistema della vigilanza affinché vi sia un coordinamento.

PRESIDENTE
La legge è stata approvata. Il sistema costituito dalla legge n. 123 del 2007, dal decreto legislativo n. 81 del 2008 e dal decreto legislativo n. 106 del 2009 produce il seguente effetto: la costituzione di un comitato regionale di coordinamento, dei comitati provinciali e dell’ufficio operativo che imposta la strategia delle proprie attività. In Puglia, invece, state lavorando con un’altra struttura, quella alla quale lei faceva riferimento. Ci va bene quello che lei dice, noi però abbiamo fatto il nostro lavoro di legislatori.

MALORGIO
Bisognerebbe coordinare i diversi livelli di intervento, armonizzando la normativa nazionale con il ruolo delle Regioni.

PRESIDENTE
Questo coordinamento c’è perché questa è materia a legislazione concorrente. Affinché quanto disposto dal decreto legislativo n. 81 del 2008 arrivasse a termine, vi è stato infatti un accordo Stato-Regioni. Si tratta dunque di prendere atto dell’esistenza di tale normativa e lavorare. Chiaramente la norma può essere migliorata e approfondita, come avviene per tutte le leggi; ciò nondimeno, stiamo notando che sulla normativa attuale non si sta lavorando. Magari state anche facendo cose importanti, ma di fatto state procedendo sulla base di una legge regionale.

MALORGIO
Sì, e con molte difficoltà. Tenga conto che ci siamo confrontati con la Regione Puglia sul piano sanitario nel quale il tema della sicurezza è assai rilevante e abbiamo contribuito a determinare investimenti importanti. Purtroppo, però, alla luce delle vicende riguardanti la sanità e con i limiti di spesa che ci sono stati, la parte del piano sanitario riguardante la sicurezza e la prevenzione è venuta meno. Siamo quindi di fronte all’urgenza di confrontarci con il governo regionale per rivedere quel piano salute, valutare l’incidenza dei tagli e la loro compatibilità con tali realtà, capire come viene ridimensionata l’attività delle ASL, ad esempio, per la sicurezza e la prevenzione e come si riposizionano il ruolo e la funzione degli enti e nostra rispetto a questa problematica. Questa vicenda è di grande attualità.

MINERVINI
Non aggiungerò molto a quanto detto dal collega della CGIL, ma vorrei evidenziare alcuni aspetti che considero importanti rispetto alla necessità che gli infortuni sul lavoro diminuiscano. Oltre a curare compiutamente informazione e prevenzione nei confronti delle imprese (come per certi versi prevede la legge) e dei lavoratori, va detto che ci sono realtà molto sfuggenti. Mi riferisco ad esempio, nel caso dell’edilizia, ai piccoli cantieri o alle opere di pitturazione e ristrutturazione di un piano o due di un palazzo, nelle quali il titolare dell’azienda lavora all’interno del cantiere, che sfuggono completamente a qualsiasi norma di controllo e hanno breve durata. Tali contesti sono soggetti molto di più a infortunio sul lavoro perché il problema della sicurezza è molto poco sentito.
In secondo luogo, da alcuni bollettini dell’INAIL emerge che l’incidenza dell’infortunistica sul lavoro è aumentata nel settore dei trasporti, soprattutto nella fascia oraria dalle ore 23 alle ore 6 del mattino. In pratica, il grado di attenzione dell’autotrasportatore o di altri lavoratori in orario notturno diminuisce e si è più soggetti a rischio di incidente e di infortunio sul lavoro. Sarebbe auspicabile che le norme potessero prevedere regole più cogenti rispetto a queste realtà. Purtroppo, sono le leggi dello Stato che devono intervenire in tal senso, perché non credo che il sistema ispettivo istituito dal decreto legislativo n. 81 del 2008 sia all’altezza di incidere in modo consistente sul controllo, dovendo contare innanzitutto su un buon numero di operatori e avere la possibilità di intervenire in tempi brevi. Se si hanno carenza di personale e tempi di intervento più lunghi, logicamente il rischio che determinate situazioni non vengano controllate è concreto. Ho parlato dei trasporti perché, essendo tali servizi aumentati anche in termini di numero di addetti, sono proporzionalmente cresciuti anche gli infortuni sul lavoro. Comunque, la categoria più soggetta a incidenti mortali è quella degli autotrasportatori, padroncini e dipendenti di grandi aziende.
Per quanto riguarda il nostro lavoro, in questi anni abbiamo cercato, magari facendo riferimento a una legge diversa, di creare negli enti bilaterali e nei comitati misti migliori condizioni perché si potessero informare le aziende, i lavoratori, i rappresentanti per la sicurezza e cercare soprattutto di creare informazione e consenso in tal senso. Sappiamo benissimo che la possibilità di evitare l’infortunio nasce dalla conoscenza dei rischi, oltre che dagli obblighi di legge. Ritengo improrogabile una modifica della legge per quanto riguarda i criteri e i metodi del controllo perché, se tale parte non sarà modificata, probabilmente il nucleo principale della normativa sarà poco efficace.

CARENZA
Signor Presidente, vorrei segnalare alla Commissione che la Puglia in modo particolare vive un momento di precarietà in agricoltura e in edilizia, perché in questi settori è aumentata l’incidenza degli infortuni. Crediamo che ciò sia dovuto anche al fatto che in questi due comparti non siano presenti molti rappresentanti per la sicurezza sui cantieri e che ciò faccia sì che le aziende non creino informazione su questo tema. A mio avviso, il vuoto legislativo è in parte dovuto al fatto che in Puglia si fatica a mettere in piedi la rappresentanza territoriale per la sicurezza cui si fa riferimento nella legge e quindi ad avere lavoratori attenti perché ci sono aziende molto piccole, con meno di 15 lavoratori occupati.
In particolare, l’incidenza degli infortuni aumenta nei periodi di grande raccolta in agricoltura, vale a dire da maggio a luglio e nei mesi di settembre e ottobre. In questi periodi, infatti, si dedicano a questa attività tanti lavoratori e quindi tanti giovani che probabilmente non sono stati formati. Secondo noi è importante che ci sia un’attenzione maggiore e che si colmi questo vuoto legislativo, perché stiamo notando da tempo lo stesso fenomeno anche nel settore terziario e nei servizi connessi. Proponiamo quindi di creare un sistema ispettivo e di vigilanza coordinato tra i vari enti.

MARAVENTANO
Cosa intende per vuoto legislativo?

CARENZA
Nel decreto legislativo n. 81 del 2008 si fa riferimento ai rappresentanti territoriali per la sicurezza, ma non si è mai giunti a creare in ogni Provincia un albo di questi rappresentanti divisi per settori lavorativi. Essendoci questa mancanza, bisognerà definire dei criteri legislativi più ponderati per non creare una ressa tra chi deve far parte di tali albi. Eventualmente sarebbe opportuno creare un’attività ispettiva e di vigilanza coordinata tra i vari enti per avere maggiori possibilità di arrivare sulle aziende parcellizzate, dove si riscontra la maggiore incidenza di incidenti.

PRESIDENTE
Dottor Carenza, quello che lei dice è verissimo.
Quando facciamo riferimento al coordinamento regionale parliamo proprio di questo. Paradossalmente, lei sta evidenziando una criticità che esiste davvero e che dovrebbe essere risolta attuando il decreto legislativo n. 81 del 2008. Si può fare un tentativo, se ne può valutare l’efficacia, ma non si può disattendere la norma che si riferisce esattamente a quello che lei dice, laddove indica i soggetti previsti, i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro e soprattutto l’ufficio operativo, dove si debbono studiare strategie per fare in modo che anche il problema delle piccole aziende diffuse possa essere inquadrato. Nella legislazione non si può dettagliare tutto ma si danno deleghe affinché chi è preposto ad esercitarle le riempia di contenuto. Questo è il quadro.

CARENZA
Certo.
Da ultimo, credo che dovremmo porre un po’ di attenzione ai sistemi di appalto. Come diceva il collega della CGIL, negli ultimi due anni abbiamo notato che la pubblica amministrazione ha fatto appalti al massimo ribasso, portando quel margine di sicurezza che prima c’era a un livello non dico pari a zero, ma quasi. È chiaro che nei settori dei servizi che sono preponderanti in Puglia abbiamo questa esigenza.

NEROZZI
Quali sono i settori dei servizi?

CARENZA
Tra i settori in esame vi è il Polo universitario di Bari, che ha ridotto al massimo tale margine negli appalti e subappalti per le imprese di pulizia. In Puglia ci sono tante università, ma notiamo ciò anche negli uffici pubblici: dai vari Dipartimenti dei Ministeri a tutto ciò che è presente nel territorio regionale. È chiaro che scontiamo una minore occupazione, ma c’è anche questo margine; quando sono in trattativa, le aziende riducono le ore di lavoro per ogni lavoratore; se prima la media era 30-32 ore a settimana, oggi si è arrivati a 18-22 ore: questo è il dato degli ultimi due anni. Oggi in Puglia per l’impresa l’idea della sicurezza è l’ultima da tenere in considerazione, ma bisogna anche tenere conto di quelle che sono realmente le esigenze primarie.

COLECCHIA
Signor Presidente, richiamo le considerazioni già svolte da chi mi ha preceduto, soprattutto rispetto al tendenziale lavoro affinché si realizzasse un calo reale degli infortuni. Prendo atto di ciò che il Presidente ha fatto notare relativamente ai dati che evidenziano una situazione di stagnazione, visto che essi non sono calati in maniera drastica, come sarebbe stato invece auspicabile. Dunque, si registra solo un tendenziale miglioramento della situazione. Dico questo perché la nostra non è un’economia esplicita.

NEROZZI
Scusi se la interrompo, dottor Colecchia, ma quanto lei dice non è del tutto vero. È vero relativamente agli anni 1998, 1999, 2008 e 2009, ma non è vero per il 2010 e per il 2011, la cui situazione risulta forse peggiore. Nel 2010 vi è stato, infatti, un peggioramento perché dai dati non ancora ufficiali dell’INAIL risultano 59 infortuni mortali, a cui bisogna aggiungerne altri 13 più altri 13 ancora nel comparto degli autotrasportatori, per un totale quindi di 59 più 26. Dal raffronto di tale dato con quello relativo al 2009, che era di 49, più 4, più 1, si evince che il numero degli infortuni mortali è quasi raddoppiato.

COLECCHIA
Non ho i dati parziali del 2011, ma mi fermo a quelli relativi al 2010. Nel 2008 gli infortuni mortali sono stati 66, nel 2009 49 e nel 2010 59. Non ho detto che il dato sia migliorato, sostengo invece che è un dato che non ci dà soddisfazione nel risultato.

NEROZZI
Se consideriamo tutti gli infortuni mortali, perché anche il lavoratore irregolare che non ha nessuna famiglia in Italia e muore è comunque un morto uguale agli altri, si evince che dal 2009 al 2010 il dato è quasi raddoppiato.

COLECCHIA
Assolutamente.

NEROZZI
Anche il piccolo industriale è un morto come gli altri, anche se non viene computato, come lo sono pure i 13 autotrasportatori. Ovviamente non considero gli infortuni in itinere. Temo però che l’aumento degli infortuni mortali si registri a livello nazionale. I dati relativi al 2011 - questi sì informali - testimoniano che la situazione è peggiorata. Solo nel 2009 il dato si è ridotto. Di norma l’INAIL comunica i dati relativi all’anno precedente nel giugno dell’anno successivo. In Puglia, però, l’INAIL ci ha già fornito i dati relativi al 2010, che sono stati elaborati, fra l’altro, attraverso un lavoro ben fatto e documentato. Da questi dati si evince un aumento degli infortuni mortali.

COLECCHIA
Stavo completando il ragionamento.
Quando ho parlato di stagnazione non intendevo dire che la situazione ci soddisfa, ne´ che il dato è alla pari con quello degli altri anni. Inoltre, rispetto agli impegni profusi, non ci sembra ci sia un risultato importante, anche in relazione alle denunce di malattie professionali, che infatti continuano a crescere. È chiaro che non è facile il raffronto tra il dato di un’economia come la nostra e quella di economie di altri territori dove l’industria è strutturata e il lavoro è più esplicito. Sono convinto più di voi che in questo momento si corra il pericolo che il dato ufficiale non risponda assolutamente al dato reale, ed era a questo che volevo arrivare con la mia considerazione.
Ciò è ancor più aggravato da quanto lei diceva, tenuto conto che si parte già da un dato molto avanzato. La nostra economia, soprattutto nel settore edile e in quello dell’agricoltura, risente della difficoltà di mettere in atto la legislazione copiosa, che pure esiste in materia di sicurezza sul lavoro. Gli organismi competenti attuano un’azione di controllo e vigilanza, ma siamo preoccupati che quest’azione possa rallentare nel prossimo futuro. Essa è oggi realizzata da 77 unità in carico agli SPESAL pugliesi. Si tratta di ispettori del lavoro e personale sanitario assunti a tempo determinato che tra pochissimo, scadendo il contratto, dovranno tornare a casa. Sono quindi 77 le unità che lavorano oggi su questa materia, con risultati che già sono quelli che sono e che verranno certamente meno, se non si seguirà un processo di stabilizzazione attraverso i canali ufficiali volto a mantenere tali professionalità all’interno di questo sistema di controllo.
È chiaro che la situazione congiunturale incide molto sulla dinamica di questi fenomeni: forte presenza di lavoro nero, aumento delle malattie professionali, preoccupazione a denunciare le malattie professionali in questa condizione e - magari - a denunciare l’infortunio non come tale, ma come malattia. Questa tendenza, inoltre, non aiuta a rendere i dati ufficiali corrispondenti a quelli reali, che potrebbero essere molto più preoccupanti.
Inoltre, la percezione del rischio tra i lavoratori ci sembra debolissima. Per questa ragione è necessaria un’accentuazione anche dell’impegno delle forze sociali. La CISL ha realizzato un’indagine avente ad oggetto la rilevazione della percezione del rischio tra le donne che lavorano in Puglia e i dati emersi sono davvero preoccupanti. Emerge infatti che non c’è conoscenza, non dico approfondita, ma neppure superficiale ne´ degli strumenti per assumere determinate posizioni di tutela, ne´ dei percorsi per arrivare a conoscere le opportunità esistenti. Tale indagine è diventata uno stimolo per il sindacato a mettere in campo una serie di iniziative, tra le quali la presentazione di un disegno di legge regionale e una sottoscrizione popolare in materia di sicurezza sul lavoro.

MARAVENTANO
Quale settore ha riguardato l’indagine?

COLECCHIA
Ha investito tutti i settori in generale. L’indagine si è rivolta all’agricoltura e al settore pubblico e privato, è stata fatta su un ampio campione di donne pugliesi ed è stata seguita dal coordinamento femminile della CISL. Anche in ragione della difficoltà di intercettare l’attenzione delle donne che lavorano nei settori più fragili, grandissima è stata la presenza delle impiegate e delle donne che hanno un posto stabile; già in questi casi, la percezione del rischio è assolutamente minimale. I dati dell’indagine sono sul nostro sito Internet, ma possiamo fornirvene una traccia.
L’indagine ci ha condotto a valutare la necessità di avviare una campagna ancor più approfondita e di creare strumenti nuovi che integrino e si aggiungano a quelli esistenti (nella logica delle disponibilità e delle possibilità che ha la Regione di assumere provvedimenti legislativi nelle materie di propria competenza), per valorizzare e promuovere la sicurezza sul lavoro, tentando di creare un percorso premiante in relazione alle domande sui fondi comunitari e sulle provvidenze pubbliche per le aziende che siano in regola in termini di sicurezza sul lavoro e abbiano buone prassi.
Il provvedimento si occupa altresì del tema delle molestie, che è uno degli argomenti che dai questionari è emerso essere tra quelli più incisivi e presenti soprattutto nel mondo femminile. Vi lascerò una copia di questo disegno di legge presentato alla Regione; tra l’altro, stiamo promuovendo anche una sottoscrizione popolare, così cercando di aprire una fase di confronto e di dibattito nei territori.
Riteniamo sia altresì necessario rafforzare la presenza degli organi ispettivi - torno così alla prima parte del mio ragionamento -, accompagnando con questa azione di maggiore e continua vigilanza l’azione di fermentazione del processo culturale e di crescita di consapevolezza del rischio e degli strumenti per poter rispondere in questa direzione.
Abbiamo altresì promosso alcune campagne. Da un paio di anni stiamo realizzando una campagna permanente per il lavoro sicuro, con un suo logo e una sua specificità, che l’anno scorso si è rivolta alla lotta all’utilizzo delle droghe e dell’alcol nei luoghi di lavoro. In quell’occasione la questione dei trasporti è stata molto evidente per i pericoli connessi all’utilizzo, in particolare di alcol, da parte di chi svolge un’attività di servizio pubblico. Quest’anno ci siamo dedicati invece alla sollecitazione della percezione del rischio nel mondo femminile.

PRESIDENTE
Vi ringrazio per la collaborazione e dichiaro conclusa l’audizione.



Audizione dell’assessore regionale al welfare, lavoro e politiche sociali


Interviene la dottoressa Elena Gentile, assessore regionale al welfare, lavoro e politiche sociali.

PRESIDENTE
Do il benvenuto alla dottoressa Elena Gentile, assessore regionale al welfare, lavoro e politiche sociali.
Abbiamo qualche argomento caldo da affrontare in quanto, nel corso dell’audizione del dottor Fulvio Longo (che lei conoscerà perfettamente), dirigente del Servizio programmazione assistenza territoriale sanitaria alle politiche della salute, è emerso un problema, che sarebbe opportuno chiarire e risolvere. Tale problema riguarda il comitato regionale di coordinamento che secondo taluni non esiste ancora, nel senso che dal 2008 ad oggi è stato riunito non più di due volte, mentre secondo il dottor Longo svolgerebbe un’attività continua.
Nell’audizione con i rappresentanti dei sindacati siamo forse riusciti a sciogliere l’arcano, nel senso che abbiamo compreso che si tratta probabilmente di due organismi diversi. I rappresentanti sindacali ci hanno riferito, infatti, che il comitato di coordinamento cui fa riferimento il dottor Longo trae origine da una legge regionale del 2007. Si dovrebbe invece attivare, o comunque far funzionare, il comitato regionale di coordinamento previsto dalla legge n. 123 del 2007 e confermato dal decreto legislativo n. 81 del 2008 (cosiddetto Testo unico), che prevede altresì una serie di attività con la costituzione dell’ufficio operativo di cui elenca i soggetti che devono farne parte e, ovviamente, i comitati provinciali.
Sarebbe opportuno, assessore Gentile, che lei rappresentasse questo problema ai suoi colleghi e al presidente della Regione Puglia, in quanto si tratta di un punto delicato. Al riguardo le ricordo anche che la legge prevede l’esercizio di poteri sostitutivi e che sarebbe inopportuno arrivare ad essi. Ripeto, stiamo parlando di una materia importante. Tra l’altro, nel coordinamento previsto dalla legge nazionale si compone anche la dualità di concorrenza che esiste tra Stato e Regione.

GENTILE
Presidente, io però ho la responsabilità della delega al lavoro.

PRESIDENTE
Lo sappiamo, dottoressa Gentile.

GENTILE
Ovviamente mi farò immediatamente carico di chiarire, puntualizzare e mettere in atto tutto quello che è necessario per ripristinare lo stato dell’arte.

PRESIDENTE
Questo ci fa piacere e ne prendiamo atto.

GENTILE
Me ne assumo l’impegno, Presidente.

NEROZZI
Dottoressa Gentile, il problema non è formale. I due organismi sono sostanzialmente diversi. Non credo si possa decidere con legge regionale la partecipazione dei prefetti a un comitato e penso che l’organismo di coordinamento di cui si è sin qui discusso tragga origine invece da un accordo fra le parti o da una consuetudine. Ciò premesso, di tale comitato fanno sostanzialmente parte la Regione, i prefetti e le parti sociali; sono invece assenti il Ministero del lavoro e i Vigili del fuoco e, presumo, anche i Carabinieri; non si capisce inoltre se vi sia o meno l’INAIL, che sicuramente manca nella versione ISPESL, come è invece previsto dal decreto legislativo n. 81.
La questione di carattere formale che il dottor Longo poneva è importante perché, come è emerso da diversi interventi, il problema è il coordinamento dell’intero sistema ispettivo in cui si esercita la funzione concorrente tra Stato e Regioni. Se questo coordinamento, che trova poi il suo compimento nel comitato operativo, manca, tutto il settore non funziona, e questo è confermato dai dati INAIL relativi al 2010 che evidenziano l’aumento del numero dei morti in tutta Italia e dai dati parziali del 2011 che si evolvono purtroppo in peggio. In conclusione, visto il forte peggioramento dell’andamento degli infortuni mortali, non si può certo parlare di situazione di tranquillità.
La questione, dunque, non è formale ma di profonda sostanza rispetto all’applicazione di una legge che vede proprietà concorrenti che devono essere messe insieme. Inoltre, le parti sociali, nel loro insieme, hanno messo in rilievo come, in effetti, vi siano carenze di coordinamento abbastanza consistenti.

GENTILE
La questione mi è chiara.

NEROZZI
Non è un puntiglio legislativo. In questo Paese vi è uno scarso rispetto dei politici: ai tecnici bisognerebbe dire che, qualche volta, i politici conoscono le leggi che approvano. Non è la legge della Regione Puglia a decretare la destinazione di risorse al settore della prevenzione degli infortuni sul lavoro. Capisco che non godiamo di buona fama ma - ripeto - ai tecnici bisognerebbe dire che anche noi leggiamo le leggi che facciamo.

GENTILE
Senatore Nerozzi, cercheremo di porre rimedio in tempi rapidissimi.

PRESIDENTE
Prendiamo atto della presenza della Regione nella persona dell’assessore Gentile. Siamo rimasti molto male...

GENTILE
Forse è mancata la comunicazione. Sono stata a Taranto per un’altra emergenza, poi mi sono precipitata qui.

MORRA
Posso testimoniare che l’assessore Gentile è sempre presente.

PRESIDENTE
Vorrei finire il mio ragionamento.
Siamo rimasti molto male della mancata presenza del presidente della giunta regionale e dell’assessore che è in qualche modo molto più competente nelle materie di cui questa Commissione si occupa. Inoltre, avevamo inizialmente avuto l’impressione che anche l’assessore al lavoro non sarebbe stato presente.

GENTILE
Sono arrivata, Presidente.

PRESIDENTE
Dottoressa Gentile, la sua presenza ci conforta perché ci consente un colloquio a livello regionale. Dobbiamo rilevare però che non vi è una grande volontà di collaborazione da parte delle Regioni a livello nazionale. Abbiamo ormai segnali continuativi in tal senso e non è una bella cosa.

GENTILE
Assolutamente, anche perché il tema è certamente rilevante.

PRESIDENTE
Non vi abbiamo convocato in audizione a Roma ma abbiamo deciso di venire a Bari. Anch’io sono stato consigliere regionale, assessore Gentile: non era opportuno delegare un’altra persona a venire qui oggi, e questo per rispetto non tanto delle nostre modeste persone quanto delle istituzioni. Una Commissione parlamentare si sposta per venire a parlare con gli amministratori della Regione e non è bello che questi non siano presenti.

GENTILE
Assolutamente. Chiedo scusa per il ritardo, il momento è assai particolare.

PRESIDENTE
Non si tratta di ritardo ma di priorità. Anch’io ho delle priorità ma, alla fine, la mia priorità in assoluto è sempre quella istituzionale, a meno che non emergano fatti gravi di salute.

GENTILE
Ero a Taranto per un’emergenza occupazionale, una delle tante.

PRESIDENTE
Ne sono convinto, ma se non ridiamo spazio alle istituzioni verremo travolti dalle particolarità. Bisogna anche fermarsi un attimo e ragionare. Ci sono persone che collaborano con lei come ce ne sono altre che collaborano con noi e possiamo anche farci rappresentare da loro. Avere però qui persone che vengono a rappresentare è istituzionalmente mortificante, tenuto anche conto che questa nostra missione era programmata da tempo (almeno da un mese). Come si fa ad andare avanti in questa maniera? Ricordiamoci che questo è un rapporto tra soggetti istituzionali.

GENTILE
Sarà mia cura recuperare questo gap.

PRESIDENTE
Soprattutto fatelo, altrimenti si rischierà il ricorso ai poteri sostitutivi, visto che abbiamo l’obbligo di comunicare questi fatti. Tra l’altro, non siete i soli, magari lo foste: è un problema diffuso. Sono convinto che si debba ritornare al regime previsto prima della modifica del Titolo V della Costituzione, perché su questa materia non si può andare avanti in questa modo.
Comunque la ringrazio, assessore Gentile, della presenza e dichiaro conclusa l’audizione.


 


Audizione di rappresentanti di categoria

Intervengono il dottor Piero Conversano, direttore generale Confindustria, il dottor Alessandro Ambrosi, presidente provinciale Confcommercio, il dottor Ottavio Severo, presidente regionale Confesercenti, il dottor Erasmo Antro, presidente regionale Confapi, il dottor Nicola Di Cristo, presidente regionale CNA, il dottor Antonio Barile, presidente regionale CIA, il dottor Francesco Sgherza, presidente regionale UPSA Confartigianato, il dottor Giuseppe Licursi, direttore Coltivatori diretti- Bari, il dottor Pietro Suavobulzis, responsabile regionale Patronato Epaca Coldiretti, il dottor Paolo Leccisi, presidente regionale Confagricoltura, il dottor Luigi Quaranta, presidente CLAAI Puglia, e il dottor Iannone, delegato della sicurezza CNA, Confcommercio e Coldiretti.

PRESIDENTE
Ringrazio della partecipazione il dottor Piero Conversano, direttore generale Confindustria, il dottor Alessandro Ambrosi, presidente provinciale Confcommercio, il dottor Ottavio Severo, presidente regionale Confesercenti, il dottor Erasmo Antro, presidente regionale Confapi, il dottor Nicola Di Cristo, presidente regionale CNA, il dottor Antonio Barile, presidente regionale CIA, il dottor Francesco Sgherza, presidente regionale UPSA Confartigianato, il dottor Giuseppe Licursi, direttore Coltivatori diretti-Bari, il dottor Pietro Suavobulzis, responsabile regionale Patronato Epaca Coldiretti, il dottor Paolo Leccisi, presidente regionale Confagricoltura, il dottor Luigi Quaranta, presidente CLAAI Puglia, e il dottor Iannone, delegato della sicurezza CNA, Confcommercio e Coldiretti.
Il motivo della nostra venuta come esponenti della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno degli infortuni e delle morti bianche qui a Bari, in Puglia, non è legato a situazioni particolari. Stiamo portando la nostra presenza in tutte le Regioni italiane per capire come le nuove normative del Testo unico sono oggi calate sul territorio e recepire dai vari soggetti operanti in questo settore riflessioni, indicazioni e commenti che ci possano essere utili a comprendere come procedono i vari organismi preposti all’attività di informazione nel territorio pugliese.

CONVERSANO
Signor Presidente, sono il direttore generale di Confindustria Puglia. Porto innanzitutto le scuse del mio presidente, Piero Montinari, per non essere intervenuto, in quanto trattenuto a Lecce per impegni di cantiere.
A nome di Confindustria Puglia vi ringrazio dell’occasione che ci offrite di verificare sul nostro territorio quanto è stato fatto e quanto ancora possiamo fare al fine di eliminare il cosiddetto fenomeno degli infortuni sul lavoro. Con la Regione abbiamo attivato alcuni interessanti tavoli sulla sicurezza. Portiamo i nostri contributi ad una commissione regionale e collaboriamo con l’assessorato al lavoro su determinate tematiche, quale, ad esempio, la legge sul lavoro sommerso, che non è ancora completata dovendo essere svolta una disamina puntuale in termini di concertazione - come noi speriamo - sull’individuazione degli indici di congruità da applicare nei vari settori come l’edilizia, l’agricoltura o altri comparti di cui parleranno i colleghi delle altre organizzazioni datoriali.
L’impegno di Confindustria su questo terreno è stato fortissimo, incentivando moltissimo la formazione con l’utilizzo delle risorse ad essa destinate da Fondimpresa. Tutto questo ci è stato di grande aiuto perché con le organizzazioni sindacali che fanno formazione in questo campo abbiamo raggiunto notevoli risultati. Mi riferisco soprattutto al buon lavoro in termini di bilateralismo delle scuole edili e di altri settori.
Il fenomeno delle morti bianche, come ha detto lei, Presidente, è diminuito negli ultimi tempi.

PRESIDENTE
Non è così. Siete convinti che sia diminuito, non c’è stata delegazione che non lo abbia detto, ma è esattamente l’opposto. Secondo i dati dell’INAIL dal 2008 al 2009 gli infortuni mortali sono diminuiti, ma dal 2009 al 2010 sono aumentati, e anche significativamente.

CONVERSANO
Esprimevo delle considerazioni di ordine generale, poi sarei arrivato alle contingenze di questo momento. Dal punto di vista generale possiamo dire che soprattutto per le grandi imprese le attività svolte hanno comportato significative riduzioni degli infortuni sul campo. C’è ancora molto da fare sull’indotto delle grandi imprese e come Confindustria ci stiamo muovendo anche con le altre organizzazioni datoriali per diffondere quanto più possibile la percezione da parte dei lavoratori del rischio sul lavoro. Le ultime vicissitudini e lo stato di crisi hanno spinto molte imprese alla terziarizzazione. La pubblica amministrazione inoltre continua a far ricorso ad appalti al massimo ribasso, una pratica che abbiamo sempre contrastato. Come organizzazioni datoriali non riusciamo a fare più di questo e a svolgere il lavoro che ne consegue. Nella commissione sulla sicurezza sul lavoro che citavo precedentemente, abbiamo cercato, come Confindustria, di introdurre alcuni criteri. Ho dimenticato di dire che è stato creato anche il nucleo sanità, perché da questo punto di vista gli appalti in ambito sanitario sono importanti.
Ci sembra ancora molto lontana la volontà di adottare nuove metodologie di appalto che puntino alla meritocrazia e alla qualificazione delle imprese, quindi a gare che guardino alla premialità prima ancora che a un processo sanzionatorio, per questioni burocratiche delle pubbliche amministrazioni. Dicevo poc’anzi che spingiamo sempre verso appalti premianti per le imprese che nel tempo abbiano avuto la certificazione di una minore incidenza di infortuni sul lavoro. Quello del documento unico di regolarità contributiva (DURC), delle scuole edili e dei Comitati paritetici territoriali (CPT) è un sistema pubblico terzo che può fare tali certificazioni; se necessarie, ben vengano poi delle norme sanzionatorie. Nel momento in cui la ditta ha vinto una gara per ragioni di premialità, ben venga anche la decuplicazione del regime sanzionatorio. Nello statuto di Confindustria abbiamo previsto che queste imprese siano messe al bando dal nostro sistema, quindi è auspicabile che ciò avvenga anche nel resto del sistema.

LECCISI
Signor Presidente, con tutta evidenza negli ultimi anni nel nostro settore si è riscontrata una contrazione degli infortuni da quando sono entrate in vigore determinate norme, che quindi sono state sicuramente incisive, come si evince dai dati INAIL rispetto anche ad altri settori. Non hanno inciso però solo le nuove norme, ma anche un insieme di altri fattori; ad esempio, sono andate sempre più sviluppandosi forme di agricoltura sostenibile, abbiamo operatori sempre più professionali e ci sono mezzi tecnici in grado di seguire la migliore evoluzione in campo.
Parlando di quella che può essere invece la nota dolente, se analizziamo i dati INAIL, notiamo che in agricoltura quasi il 50 per cento degli infortuni sul lavoro avviene per il ribaltamento delle macchine agricole, quindi per un problema attribuibile all’obsolescenza del parco macchine; è ovvio però che per l’agricoltore è difficile procedere alla loro sostituzione.

NEROZZI
Questo è vero anche in Puglia o fa un discorso più in generale?

LECCISI
È vero in generale; in Puglia lo è meno perché, proprio per la natura del terreno, è molto difficile che si verifichi un ribaltamento; tuttavia, che ci sia un parco macchine obsoleto è evidente anche nella nostra Regione. Pertanto, in prospettiva c’è il rischio che si verifichi anche da noi quanto è successo da altre parti. Il nostro parco macchine è assolutamente obsoleto perché le aziende sono quasi nell’impossibilità economica di investire per acquistarne di nuove, ne´ ci sono forme di finanziamento reali per il rinnovo dello stesso. A questo si aggiungano tutte le norme relative al minore utilizzo di fertilizzanti che hanno sicuramente inciso in maniera positiva.
Si è andata sviluppando una cultura, quindi bisogna continuare sulla strada della formazione. C’è però un problema di fondo: nel settore agricolo, tenuto conto delle particolari tipologie delle nostre aziende, generalmente piccole, ma più spesso piccolissime, le norme cui fate riferimento divengono di difficile applicazione e vengono sostanzialmente a garantire un grosso aumento del costo di produzione.

Presidenza del vice presidente NEROZZI

(Segue LECCISI)
Anche se comprendiamo bene che il dato vita è fondamentale, per un’azienda è molto difficile aggiornare e seguire quelli che, per certi aspetti, sono a volte dei formalismi, in particolare per un’impresa agricola. Sicuramente i risultati si vedono (i dati parlano chiaro); sulla formazione si sta facendo tanto e certamente possiamo fare di più. Sarebbe necessaria però una maggiore semplificazione delle norme perché non è stata tanto la norma, punitiva o meno, a essere d’aiuto nel settore, quanto piuttosto l’insieme di elementi ai quali facevo riferimento prima.

PRESIDENTE
Dopo l’intervento di Coldiretti rivolgerò una domanda a tutto il settore agricolo.

LONGO Dario
Sono sorpreso nell’apprendere questa mattina che c’è un dato in controtendenza.

PRESIDENTE
Non siete i primi a dirlo. Le riporto i dati dell’INAIL che, come lei sa, vengono resi noti a giugno. Secondo la classificazione molto dettagliata dell’Istituto, in Puglia nel 2009 ci sono stati 49 infortuni mortali, cui si aggiungono quattro autotrasportatori e uno, probabilmente un imprenditore o un lavoratore extracomunitario europeo, di cui non si è trovata famiglia.

LONGO Dario
Stiamo parlando di infortuni mortali?

PRESIDENTE
Sì. Nel 2010 invece i morti sono 59, cui si aggiungono 13 trasportatori e altri 13 che per varie ragioni non sono assicurati presso l’INAIL: possono essere piccoli imprenditori, lavoratori comunitari di nuova generazione o altre casistiche. Quindi l’aumento è stato consistente. Secondo l’INAIL e i Carabinieri tale incremento non si è verificato nel settore agricolo, però c’è quasi un raddoppio. I dati relativi ai primi mesi del 2011, che non sono definitivi, vedono purtroppo un peggioramento a livello nazionale, e non locale; anzi, suscita meraviglia che in Puglia il dato agricolo sia in controtendenza rispetto a quelli nazionali, che registrano invece una forte impennata.

LONGO Dario
Presidente, facevo riferimento a questi dati perché risultano assolutamente in controtendenza, nel senso che si inverte una tendenza alla riduzione da noi ritenuta storicamente acquisita e questo fa ovviamente crescere l’allarme e la preoccupazione. Confartigianato attribuisce questa diminuzione a una serie di fattori, in particolare all’attenzione verso tali problematiche. La nostra sensazione - e credo sia questo il riscontro che volete avere in questa sede - è che quei risultati siano determinati da un’attenzione complessiva di tutti gli attori del sistema, operanti all’interno del settore della sicurezza. Si tratta di un’attenzione corale, in cui l’amministrazione pubblica - soprattutto la Regione con gli assessorati al welfare e alla sanità - coordina tavoli per dare stimoli affinché tutti i soggetti coinvolti nella verifica siano aggiornati su un movimento che esiste sul territorio regionale.
Tra l’altro, Confartigianato è presente a questi tavoli, anche perché ha una sua specificità: mi riferisco alla bilateralità all’interno della sicurezza.
In particolare, sono presidente dell’ente bilaterale dell’artigianato all’interno del quale è incardinata un’attività di sicurezza. La nostra categoria ha attivato sul territorio provinciale una serie di presidi, individuando i lavoratori territoriali per la sicurezza che affiancano le imprese dove il lavoratore non è interno.
Desidero sottolineare ciò perché, contestualmente all’entrata in vigore del nuovo modello contrattuale che ha inglobato anche questo tipo di prestazione, nel corso degli ultimi mesi (a partire dal luglio dello scorso anno, data in cui ha cominciato ad avere applicazione il nuovo modello contrattuale) abbiamo raggiunto in Puglia il 150 per cento in più di adesioni alla bilateralità: ciò significa il 150 per cento in più di adesioni al sistema della sicurezza sul territorio.
Tengo a precisare che le percentuali sono una cosa e i numeri un’altra, infatti, abbiamo ancora grandi praterie da incrementare. Abbiamo conteggiato che i lavoratori soggetti alla contrattazione della bilateralità (con esclusione quindi dei settori delle costruzioni e dei trasporti) sono 50.000. All’ente bilaterale aderiscono circa 14.000 unità (i dati sono aggiornati a qualche giorno fa). L’adesione alla bilateralità non è obbligatoria, perché ci sono altre forme per soddisfare questo diritto contrattuale. Siamo partiti da dati molto più bassi e questa prima fase di avvio ci sollecita a mantenere e a intensificare gli sforzi, soprattutto in termini di attenzione, per quanto riguarda la sicurezza sui luoghi di lavoro.
Ad ogni modo, su questi temi ho preparato un contributo scritto, anche perché vorremmo che il Parlamento rispondesse a una serie di quesiti.
Prima di consegnare il documento, permettetemi di sottolineare un elemento che sta particolarmente a cuore alla nostra organizzazione; mi riferisco alla relazione tra adempimenti complicati e adempimenti demandati a specialisti. Quanto più allontaniamo la responsabilità diretta dell’artigiano dall’assolvere in proprio tutte le prescrizioni e quanto più queste vengono complicate, diventando una cosa formale e burocratica, tanto meno si tutela la sicurezza propria e dei propri dipendenti.

PRESIDENTE
Questo discorso viene fatto dai rappresentanti di Confartigianato in ogni sede.

LONGO Dario
L’occasione ci è gradita per ribadirlo.

PRESIDENTE
Stavo per fare una lode agli artigiani e all’agricoltura pugliesi.
Faccio un’osservazione generale: l’aumento dei morti si registra soprattutto nella piccolissima impresa e non si tratta di lavoratori, ma di vostri iscritti (fortunatamente non è così in Puglia quest’anno, ma il mio vuole essere un discorso generale). Quindi andrebbe rivolta un’attenzione maggiore a questo aspetto. Ripeto: dico ciò in una Regione dove - onestamente - i dati evidenziano un miglioramento evidentissimo nel settore sia dell’artigianato sia dell’agricoltura; sul piano nazionale però non è così e questa è un’indicazione nazionale.
Oltre a chiedere snellimenti, sarebbe opportuno che vi occupaste meno degli operai, che non ci sono (e dei quali si occupa comunque benissimo Confindustria), e più dei vostri iscritti, che sono poi coloro che muoiono di più. Vedremo gli snellimenti possibili, però, detto molto francamente, il nocciolo è che a morire sono i vostri iscritti.
In Toscana CNA ha presentato un manifesto con 50 punti, quindi, sappiamo che il problema è reale. Vi invito però - e lo dico in una Regione in cui i dati sono positivi sia in agricoltura che nell’artigianato - a invitare i vostri colleghi a preoccuparsi anche dei loro iscritti.
Mi rivolgo a tutti: sul comitato regionale di coordinamento c’è stato un equivoco. Il decreto legislativo n. 81 prevede un comitato che unifichi, in un’ottica di semplificazione del sistema ispettivo, tutti gli apparati dello Stato competenti in materia, fra i quali vi sono i Vigili del fuoco, l’INAIL, il Ministero del lavoro e la Regione, tenuto conto del fatto che vi sono delle attività per le quali è prevista una competenza concorrente.

MORRA
Per l’esattezza, si tratta di sette istituti.

LONGO Dario
Lo sappiamo perché ne facciamo parte.

PRESIDENTE
Ci risulta che in Puglia questo comitato sia stato convocato due volte.

LONGO Dario
No.

PRESIDENTE
Lei probabilmente fa riferimento a un altro organismo. Vedremo di risolvere il problema, perché vi sono opinioni diverse.
Ci risulta invece che in Puglia vi sia un organismo composto dai prefetti, dal presidente della Regione, da un assessore e dalle parti sociali, ma del quale non fanno parte invece tutti gli altri enti indicati.

QUARANTA
Partecipano anche i rappresentanti delle ASL.

MARAVENTANO
Il rappresentante dell’INAIL ha detto di no.

MORRA
Le ASL non fanno parte di questo organismo. State parlando del comitato ex articolo 7 del decreto legislativo n. 81 e vi siete riuniti due volte.

CONVERSANO
Abbiamo avuto numerosi incontri e abbiamo addirittura prodotto dei documenti.

PRESIDENTE
Verificheremo ciò con le convocazioni.
Ci sono state tre versioni e, per mia antica origine, prenderò a base quella dei sindacati. La prima versione, che riguarda il comitato regionale di coordinamento, è quella dei rappresentanti della Regione, che sostengono quanto lei dice e che ci hanno assicurato che ci invieranno a testimonianza di ciò i relativi documenti. Rispetto a quanto ci hanno riferito sono emerse però alcune difformità. Innanzi tutto il comitato regionale non è presieduto ne´ dal presidente della Regione ne´ dall’assessore, come è invece prescritto dalla normativa e manca l’ufficio operativo, che programma la vigilanza e a cui non partecipano ovviamente le parti sociali. I rappresentanti dei Vigili del fuoco, dell’INAIL e del Ministero del lavoro sostengono - invece - che il comitato si è riunito due volte (questa tesi è sostenuta anche da altri, non ricordo se dai Carabinieri o dai magistrati). Infine, c’è una terza versione sindacale, secondo la quale c’è una commissione che funziona e che è composta dalle parti sociali e dai prefetti...

SUAVOBULZIS
Nella commissione cui faccio riferimento non ci sono i prefetti.

PRESIDENTE
Nella vostra commissione ci sono i rappresentanti del Ministero del lavoro e dei Vigili del fuoco?

SUAVOLBULZIS
Sì, è una commissione che si riunisce in una sala enorme e che ha numerosi rappresentanti.

PRESIDENTE
In ogni caso verificheremo.
Do ora la parola al dottor Di Cristo, presidente regionale CNA.

DI CRISTO
Signor Presidente, vista l’importanza dell’argomento, che diventa sempre più sensibile, in questi ultimi anni CNA sta portando avanti una serie di convegni per sensibilizzare tutti gli interessati al problema, anche attraverso società di consulenza.
Con grosso impegno, stiamo tentando di sensibilizzare tutte le aziende affinché si tenga conto della sicurezza: mi riferisco alla sicurezza sostanziale e un po’ meno a quella meramente formale. Soprattutto in questo momento, in cui il comportamento delle piccole imprese è dettato solo da un mercato delle carte, si cerca di analizzare quali sono le tendenze e gli aspetti che portano al verificarsi degli infortuni, cercando rimedi esistenti, oppure avanzando proposte per una sicurezza reale. Ritengo che, soprattutto nelle piccole e medie imprese, il problema della sicurezza sia entrato al pari di altri processi produttivi: esso è molto sentito, soprattutto per le imprese che hanno portato dentro società e professionalità che operano a pieno titolo e che agiscono direttamente nella gestione della sicurezza in azienda.
Il punto di debolezza è forse costituito dalle piccole e piccolissime imprese e dagli artigiani che pensano di risolvere tutto con l’autocertificazione. Purtroppo, si assiste al problema della debolezza degli artigiani. Stiamo tentando di far luce e di portare tutti a un certo livello e di sensibilizzarli. Ciò significa dover mettere anche loro in condizione di poter emergere e lo stiamo tentando di fare anche attraverso la formazione dedicata al personale da addestrare, piuttosto che all’acquisizione di un attestato con il quale si pensa - sbagliando - di poter assolvere a tutti gli obblighi per la sicurezza. Ritengo ci sia molto da fare e comunque, per dare un valido contributo a questo nostro sistema, abbiamo bisogno di tutti, soprattutto delle istituzioni.
Da sempre la CNA opera per mettere tutti nella condizione di lavorare bene, pensando soprattutto all’esigenza di una sicurezza reale e non formale. Auspico però che ci siano controlli che penalizzino chi ha sbagliato non tanto per aspetti formali quanto per cose reali.

QUARANTA
Sono il presidente della CLAAI Puglia, un’associazione di artigiani presente nel CNEL e tenutaria dei contratti.
Cercherò di essere breve e abbastanza sintetico in quanto sono convinto che la formazione debba essere la prima cosa da cercare. Come già precedentemente accennava il direttore di Confindustria, bisogna formare i nostri piccoli imprenditori (altrimenti si rischia di perdere qualcosa) attraverso lo strumento dei fondi interprofessionali tramite i quali riusciamo gratuitamente a dare formazione alle imprese iscritte al fondo. Come associazione di categoria cerchiamo di dare tutto il nostro appoggio per seguire le imprese. Stiamo parlando, ovviamente di piccole realtà e non di realtà grandi o medie.
Ho partecipato ultimamente al convegno nazionale di Confartigianato, al quale è intervenuto anche il ministro Sacconi. Egli ritiene fondamentale attribuire un ruolo centrale agli enti bilaterali che - secondo la mia opinione - rappresentano il luogo in cui le parti datoriali e le parti sindacali si incontrano: oggi sediamo in vari tavoli ma, a mio parere, è quello il luogo in cui diamo di concerto indicazioni e linee guida.
Parlo a nome delle casse edili, ma faccio anche parte di una cassa diversa presente in Puglia e del consiglio d’amministrazione della Commissione nazionale per la prevenzione infortuni (CNCPT), che è importante e deve dare indicazioni precise di informazione e formazione dei lavoratori e delle imprese. Come sostiene il ministro Sacconi, anche secondo noi bisogna battere il chiodo sulla formazione delle imprese, dei datori di lavoro e dei lavoratori: senza formazione e informazione si rischia di perdere la bussola.

IANNONE
Sono il delegato della sicurezza di CNA, Confcommercio e Coldiretti. Vorrei riportare qualche dato concreto delle nostre iniziative, affinché se ne possa trarre una vera utilità. Tra tutti i delegati delle singole associazioni datoriali, finora non ho sentito ancora nessuno portare avanti le reali esigenze dei nostri associati.
Presidente, lei giustamente dice che i dati INAIL indicano che i morti sono aumentati, nessuno però è andato a cercare la cause e le motivazioni dell’aumento da 49 a 59 del numero dei morti. Poiché tale dato, se non analizzato, può rimanere abbastanza freddo, le tre associazioni CNA, Coldiretti e Confcommercio si sono prese l’incarico di farlo, con la collaborazione anche dell’Associazione nazionale dei consulenti del lavoro (abbiamo cercato di mettere insieme i veri attori della sicurezza). È emerso che il 70-80 per cento di queste morti è determinato da errori comportamentali...

PRESIDENTE
Lasciamo stare questo argomento, altrimenti potrei richiamare altri dati. Se si pensa che le morti sul lavoro siano una responsabilità dei lavoratori, è bene che si sappia subito che questa Commissione, nel suo insieme, non è assolutamente d’accordo.

IANNONE
Non ho detto...

PRESIDENTE
Lei ha parlato di «errori comportamentali».
Non facciamo dibattiti generali, ci ha già pensato il presidente della Thyssen. A noi interessa l’applicazione della legge e le eventuali modifiche da apportare alla stessa, con riferimento anche agli appalti al massimo ribasso. Vogliamo capire che cosa possiamo fare in tal senso. Se la mettiamo invece in politica, le ripeto che potremmo riportare, unitariamente, tutti i dati che dimostrano il contrario di quanto lei ha affermato.

IANNONE
Non era mia intenzione dire...

PRESIDENTE
Posso assicurarle che il presidente Tofani, se fosse stato presente, si sarebbe arrabbiato di più.

IANNONE
Stavo completando il mio discorso dicendo che, proprio per cercare di dare maggiore impulso alla sicurezza concreta, le associazioni di categoria hanno avuto dei momenti di incontro formativo gratuiti. Se mi avesse consentito di completare tutta la frase, glielo avrei detto.
Dall’altro lato, le associazioni di categoria e i colleghi del mondo dell’agricoltura avvertono la necessità e auspicano quel procedimento di semplificazione per le piccole aziende agricole che il Testo unico richiama ma che non ha ancora avuto luogo. Molte volte emerge da parte di tutti l’esigenza di un minore formalismo e di una maggiore sostanza. Molti si rinchiudono - è vero, Presidente - nell’autocertificazione e noi abbiamo grandi difficoltà a far comprendere al piccolo artigiano, al piccolo agricoltore, che quel pezzo di carta non è sufficiente. Questi sono i dati sui quali cerchiamo di spingere. Lo abbiamo fatto anche - è un altro sistema che le aziende hanno a disposizione - promuovendo, insieme all’INAIL, dei momenti d’incontro. Pochissimi sanno, ad esempio, di poter avvalersi ogni anno di una riduzione dei premi INAIL. Abbiamo realizzato dodici incontri nelle principali città pugliesi. Sa quante domande pervengono? Si faccia dare questo dato dall’INAIL, in termini percentuali. Questo è il ruolo delle associazioni di categoria.
Mi perdoni, quindi, prima volevo dire che l’analisi del comportamento è uno strumento per raggiungere dei risultati. Facciamo questo dando al singolo lavoratore attività di formazione.
Il collega della CLAAI e prima anche altri colleghi hanno parlato di formazione, questa però viene fatta con le nostre risorse. Sicuramente l’INAIL avrebbe potuto utilizzare meglio quei fondi che qui in Puglia si sono bruciati in dodici minuti; mi riferisco al famoso click day che nessuno è riuscito a fare. Immagino che beneficio avrebbero avuto le nostre aziende, soprattutto le PMI, se qualcuno avesse detto loro che quest’anno potevano ottenere una riduzione del premio. È un gran merito dell’INAIL aver ridotto il premio al 30 per cento. Bisogna dire all’azienda che per ottenere una riduzione del premio si deve di migliorare la sicurezza. Oggi le aziende hanno bisogno di sfatare il discorso dell’autocertificazione e di avere delle risorse.

PRESIDENTE
Dopo quello edile, il settore agricolo è quello più in sofferenza. Peraltro, diversamente dal settore edile, non ha registrato a livello nazionale una diminuzione delle vittime. Per i settori edile e industriale stiamo lavorando con il Ministero e con le Regioni al problema dell’appalto al massimo ribasso: quello è il nodo!
In agricoltura invece il problema è legato soprattutto alle macchine e agli strumenti. L’anno scorso nella legge finanziaria abbiamo previsto un piccolo stanziamento - molto piccolo - per il rinnovo delle macchine agricole. Sappiamo che l’INAIL ha un fondo per il rinnovo delle macchine agricole determinato in base al regime de minimis autorizzato dalla Commissione europea e che al momento però l’applicazione della norma sta ponendo problemi di carattere interpretativo. Un intervento del genere sarebbe importante per il rinnovo delle macchine. Sappiamo che i trattori italiani hanno in media 30 anni di vita; ciò significa che in agricoltura vengono ancora utilizzati trattori di 50 anni fa. È quindi necessario individuare tutto ciò che può servire ad agevolare la rottamazione di questa strumentazione, intervenendo anche dal punto di vista legislativo. A tal fine oltre alla strada dell’INAIL e a quella della legge finanziaria, al di là di chi governa, sono percorribili anche altre strade. Il numero delle morti sul lavoro soprattutto tra i contadini e gli artigiani in questa fase non è diminuito.
In questo contesto, la vostra è un’eccezione sicuramente dovuta alla vostra struttura geologica; ciò non toglie però che anche i vostri macchinari siano antichi. Ci interessa capire questo aspetto perché in Puglia l’agricoltura è molto sviluppata. Devo dire che inizialmente pensavo che la riduzione del numero di morti in agricoltura fosse determinata dal sistema produttivo pugliese che è diverso dagli altri. Dovreste darci delle indicazioni in tal senso perché siamo venuti qui per capire come viene attuata la legge e qual è l’applicazione delle competenze concorrenti Stato-Regioni in questa materia. In particolare, vorremmo capire quali modifiche apportare alla normativa vigente.
Sulla questione dell’appalto abbiamo già audito il Ministro del lavoro e il Ministro delle infrastrutture per cercare di individuare un percorso di riforma della legge. Alcune Regioni stanno facendo ricorso all’appalto di maggior garanzia, che prevede nel bando alcuni elementi che riguardano la qualità, come ad esempio l’applicazione dei contratti e delle norme di sicurezza. Si tratta di un’iniziativa che è partita dall’ANCE e dai sindacati e che si è poi estesa. In alcune Regioni del Centro-Nord vengono già praticate alcune norme che le vostre associazioni potrebbero verificare. Comunque, l’impianto normativo va modificato.
Per l’agricoltura il nodo della strumentazione è decisivo, ma bisogna considerare anche un’altra questione: in questo settore molti lavoratori - ed è estremamente positivo - fanno gli agricoltori oltre il loro orario di lavoro o essendo in pensione. Ciò che è di per sé positivo lo diventa un po’ meno quando si vedono trattori guidati da anziani di 83-84 anni o da bambini di 11 anni. Molti morti sul lavoro, in collocazioni geografiche diverse, hanno oltre 80 anni. Anche se i trattori di oggi sono strumenti sofisticati, sarebbe comunque importante approvare norme sulla guida dei trattori perlomeno uguali a quelle previste per la guida degli altri autoveicoli.
Vorrei chiedere altresì se avete come associazione degli studi sulla sicurezza. Mi risulta che la Coldiretti, la CIA e la Confagricoltura abbiano condotto in alcune Regioni degli studi sui meccanismi di ribaltamento, ad esempio con il Politecnico di Trento o con altre strutture. Qualora disponeste di studi del genere, per noi sarebbe importante riceverli. Ho fatto anche domande di merito, perché la Commissione si sposta in ogni Regione e sulle questioni generali quello che le categorie sociali riferiscono in tutta Italia non cambia.

LICURSI
Signor Presidente, porto i saluti del presidente Salcuni che non è potuto intervenire. Intendo entrare nel merito delle questioni e anche noi ci riserviamo di offrire un contributo scritto rispetto a quanto richiesto.

PRESIDENTE
È importante farlo per due ragioni: sia perché in questo modo potremo esaminarli tutti, ma anche perché tale contributo sarà inserito negli atti della Commissione e si parteciperà così ad un’opera di mutuo scambio con altre Regioni che è comunque utile.

LICURSI
Entrando nel merito delle domande, non posso che convenire con quanto è stato detto sui mezzi agricoli. La maggior parte degli incidenti mortali è causata dal rapporto con il mezzo agricolo e molte volte anche dalla durata media dello stesso, che è abbastanza lunga. Bisogna quindi cercare di far convergere tutte le iniziative per adeguare i mezzi oltre che rinnovarli, perché spesso, per la loro durata media, c’è anche questa necessità. In questo senso abbiamo aperto anche un confronto con le case costruttrici che però da questo punto di vista non ci ascoltano molto, perché la loro politica è vendere. Come ha già detto in premessa il Presidente, si potrebbe incentivare il tasso di oscillazione cercando di avere sostegni finanziari.

PRESIDENTE
Sapete se le risorse finanziarie stanziate sono state usate? Sarebbe un dato interessante. Se lo chiediamo noi, non otteniamo risposte esaustive, perché tutti i Ministri dell’economia più risparmiano e più sono contenti; però, se foste in grado di avere informazioni, sarebbe interessante perché, se nessuno ha fatto ricorso a tali stanziamenti, è un problema.

LICURSI
Come organizzazione siamo favorevoli all’adozione di misure che incentivino non soltanto l’ammodernamento, ma anche l’adeguamento delle macchine agricole.
In merito alle altre domande, pur sottolineando che non bisogna abbassare la guardia (ripeto che come organizzazione abbiamo fatto della trasparenza della filiera la nostra battaglia), va detto che il comparto è particolare e presenta delle differenze rispetto agli altri, quindi bisogna cercare di entrare nella specificità del settore, caratterizzato dalla presenza di aziende piccole e multifunzionali che assumono operai a tempo determinato, i quali nell’arco dell’anno lavorano per più aziende, svolgendo anche lavori simili ma diversi. È quindi difficile immaginare un percorso formativo e di applicazione della legge specifico per il settore, perché si lavora senza programmazione, in campo aperto. Questa considerazione va messa sul tavolo.
La formazione è molto importante. Ribadisco che qui in Puglia con le altre organizzazioni abbiamo redatto protocolli, una campagna d’informazione a tappeto anche gratuita e sottoscritto da pochi giorni un protocollo con CNA e la ASL, in attuazione del piano nazionale, cercando di fare un monitoraggio e di formare i lavoratori da un punto di vista sanitario anche in agricoltura.
Come organizzazione, evidenzierei una proposta che prenda in considerazione il primo insediamento, cioè chi si affaccia per la prima volta all’agricoltura: a chi apre un’azienda per la prima volta o al giovane che si insedia è opportuno dare più tempo per potersi adeguare per quanto riguarda gli incendi, il primo soccorso e la gestione dell’infortunio. La proposta che abbiamo già fatto prevede dunque un arco di tempo di 18 mesi per potersi adeguare. Tra l’altro, il collega di Confagricoltura ha fatto le stesse considerazioni, quindi mi sento di sostenerle ed integrarle.
Mi fermerei qui con la mia esposizione e mi riservo di far avere alla Commissione un contributo scritto.

SUAVOBULZIS
A proposito delle incentivazioni finanziarie per l’adeguamento ed il rinnovamento dei mezzi tecnici, qualche anno fa in Puglia abbiamo vissuto una vicenda che ha riguardato la legge Sabatini. Mi riferisco ad una normativa specifica, non gestita direttamente dall’assessorato all’agricoltura e i cui fondi erano imputati all’assessorato allo sviluppo economico, per la quale c’è stata molta adesione, non solo per il rinnovo delle macchine agricole, ma più in generale delle macchine operatrici. Tuttavia, anche se molti nostri soci avevano assunto impegni di carattere finanziario acquisendo o rinnovando alcune macchine, da un certo momento in poi non c’è stata più copertura finanziaria per far fronte a tutti gli impegni presi e ciò ha provocato qualche disagio, soprattutto considerando il costo delle macchine operatrici. Qualche anno fa (non vorrei sbagliare ma era comunque nella scorsa programmazione) attorno agli anni 2004-2005, qualche annualità non fu coperta dalle provvidenze previste dalla legge Sabatini.
Per quanto riguarda poi l’aspetto multifunzionale che richiamava il direttore Licursi, utilizzando i fondi previsti dalla misura 4.21 della scorsa programmazione del POR Puglia 2000-2006, noi di Coldiretti insieme alle altre organizzazioni professionali agricole abbiamo realizzato opuscoli informativi distribuiti alle aziende agricole che li utilizzavano direttamente o quando assumevano manodopera. Tale materiale riguardava le problematiche relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ma anche tutti gli aspetti igienico-sanitari d’interesse delle aziende agrituristiche che avevano a che fare con distribuzione di alimenti e bevande al pubblico: si trattava quindi di norme igienico-sanitarie di tipo personale. Lo abbiamo potuto fare perché nella misura 4.21 del POR 2000-2006 c’era una disponibilità; sono stati utilizzati e realizzati questi opuscoli che venivano distribuiti soprattutto a chi era in fase di primo insediamento e si affacciava all’attività come imprenditore o a chi assumeva manodopera per la prima volta.
Non dobbiamo dimenticare che il decreto legislativo n. 626 del 1994, che per primo ha regolamentato la normativa in materia di sicurezza sul lavoro, non ha riguardato le aziende agricole immediatamente: solo quelle che assumevano dipendenti fissi e che comunque avevano più di cinque dipendenti erano interessate alla sua applicazione, quindi l’agricoltura si è dovuta organizzare anche per quanto riguarda questa normativa in materia di sicurezza sul lavoro.

PETRUZZI
Credo che occorra partire innanzitutto da un dato: la Puglia è la Regione che ha il più alto numero di aziende agricole con almeno un dipendente, ma di queste solo il 9 per cento ha più di un addetto, quindi il 91 per cento ha uno o nessun dipendente. Secondo le statistiche, gli infortuni risultano essere inferiori a quelli di altre Regioni e questo è un dato positivo; anche le malattie professionali statisticamente risultano esser pochissime, ma non perché i lavoratori pugliesi siano geneticamente più resistenti alle malattie, bensì perché c’è disinformazione sulle loro possibili cause. Credo quindi che questo dato vada preso in considerazione.
Inoltre, le norme e gli obblighi non possono essere uguali per tutte le aziende, non si può generalizzare, in quanto solo il 9 per cento delle imprese ha più di un addetto. Ci sono tante piccole aziende che in Puglia assolvono il compito di presidiare l’ambiente con scarsa o quasi nulla redditività; è dunque opportuno evitare la burocrazia delle carte attraverso protocolli semplificati a tutto vantaggio dei controlli che potrebbero concentrarsi su fatti sostanziali, selezionando l’eventuale azienda da controllare, non con la repressione, ma sulla base di una cultura anglosassone più che borbonica. Tuttavia, è indispensabile prevenire piuttosto che controllare e sanzionare; i controlli devono essere fatti dopo un’adeguata prevenzione. Va predisposto un piano regionale di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali in agricoltura. Il concetto di prevenzione deve entrare nella testa e nella cultura degli operatori agricoli. Secondo noi la repressione e le sanzioni servono a poco e semmai vanno fatte secondo il concetto che esprimevo prima. La CIA Puglia è fortemente impegnata in questa direzione, infatti abbiamo promosso convegni, seminari e opuscoli di cui il collega parlava prima, quindi il ruolo delle organizzazioni professionali agricole è fondamentale per il contatto diretto che hanno con la base associativa. Ovviamente, nella divulgazione anche il pubblico deve intervenire investendo delle risorse.
La sfida per ridurre gli infortuni e investire sempre più in sicurezza, magari utilizzando agevolazioni fiscali o contributive a disposizione delle imprese, va affrontata anche con interventi, come veniva prima detto, per favorire il rinnovo del parco macchine agricolo. Purtroppo, abbiamo un parco macchine che non è vecchissimo, ma nemmeno modernissimo, che va adeguato e rinnovato sotto certi aspetti. Bisogna quindi investire, anche perché gli incidenti sul lavoro, oltre ad essere un fatto tragico e doloroso, costituiscono un costo in termini economici e sociali.

PRESIDENTE
La ringrazio e le sarei grato se potesse farci pervenire una relazione scritta sul riammodernamento delle macchine agricole - peraltro emerso in questa sede e non in altre -, avente ad oggetto le modalità con cui procedere: che tipo di accordi e rapporti promuovere e come sia tecnicamente possibile individuare meccanismi, anche sotto forma di convenzione, che consentano di dare una risposta su questo terreno, che è particolarmente complesso.

PETRUZZI
Certamente, invierò un contributo scritto.

CONVERSANO
Signor Presidente, desidero intervenire per una breve precisazione relativamente a quanto ho detto sulla premialità.
In termini di prevenzione il Parlamento può fare tantissimo sul sistema di accreditamento degli enti di certificazione. La qualità, l’ambiente e la sicurezza non si possono garantire in termini di corresponsabilità con chi rilascia il certificato. Confindustria ha presentato una mozione in tal senso.

PRESIDENTE
Dottor Conversano, la prego di farci pervenire sul punto una nota scritta.
Ringrazio nuovamente i nostri ospiti per il contributo offerto e dichiaro conclusa l’audizione.