Tribunale di Milano, Sez. Lav., 25 ottobre 2011 - Demansionamento e mobbing


 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO
SEZIONE LAVORO


Il dott. Giorgio Mariani, in funzione di giudice del lavoro, ha pronunciato la seguente
SENTENZA

 

nella causa iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato, promossa con ricorso depositato in data 14 febbraio 2011 da
C.F., elettivamente domiciliata in Milano, Viale (...), presso lo studio dell'Avv. E.G., che la rappresenta e difende, per delega in margine al ricorso introduttivo;
ricorrente
contro
H. S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Milano, Via (...), presso lo studio dell'Avv. M.B., che lo rappresenta e difende, per delega in calce al ricorso notificato; convenuto


Oggetto: demansionamento e mobbing.


Fatto


Con ricorso depositato in data 14 febbraio 2011, C.F. ricorreva al Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro, per sentire accogliere le sopra indicate conclusioni, nei confronti di H. S.p.A. C.F. ha riferito di essere stata assunta il 15 febbraio 1999 alle dipendenze della B. S.p.A. (poi H. S.p.A.), nell'area amministrativa del recupero dei crediti inquadrata come impiegata di terzo livello C.C.N.L. per i dipendenti delle aziende di viaggio turismo. Dal 1 settembre 1999 la ricorrente era stata passata al secondo livello C.C.N.L. Dopo alcuni mesi la ricorrente aveva iniziato ad occuparsi non solo di recupero crediti, ma anche di paghe e contributi gestendo, in particolare, una parte del lavoro dell'area risorse umane con funzioni gestionali. La ricorrente aveva anche svolto le funzioni di assistente del direttore finanziario della società, sig. R.V.
Il rapporto di lavoro era proseguito senza alcuna doglianza da parte del datore di lavoro fino alla primavera 2003, quando in maniera improvvisa, l'azienda aveva iniziato porre in atto comportamenti vessatori nei confronti della ricorrente. Inoltre la società, con lettera del 2 settembre 2003, firmata dalla signora S.M., superiore gerarchica della ricorrente aveva comunicato questa ultima l'assegnazione ad una nuova mansione di "addetta amministrazione". Dall'8 settembre 2003 dunque la C. aveva dovuto lasciare la postazione fino ad allora occupata ed era stata collocata in uno spazio comune condiviso tutti gli altri colleghi addetti all'amministrazione. Ciò aveva provocato un grave deterioramento dello stato psicologico della ricorrente con l'insorgere di disturbi depressivi. La ricorrente riteneva di aver svolto a partire dal settembre 2003 e per gli anni 2004 2005, mansioni dequalificanti, conseguendone un danno alla salute che quantificava nell'ordine del 25 - 27%.
Pertanto, C.F. ha chiesto al Tribunale la condanna della sua attuale datrice di lavoro, la H. S.p.A. per demansionamento e mobbing, asseritamente in atto dall'8 settembre 2003, per complessivi Euro 244.849,85, ripartiti in Euro 101.224,50 per risarcimento ascritto a demansionamento (50% della retribuzione mensile per il periodo di rilievo: 87 mesi) ed Euro 143.625,35 per danno alla salute, danno da mobbing e spese mediche, ciò anche sulla base di un danno biologico valutato 25 - 27%. Dal canto suo, costituendosi, H. S.p.A. ha chiesto il rigetto integrale del ricorso. H. S.p.A. ha proposto giudizialmente alla ricorrente in via transattiva una ricollocazione in mansioni negoziate. C.M. ha rifiutato, ritenendo imprescindibile il risarcimento per i danni asseritamente subiti. Risultato vano il tentativo di conciliazione, venivano messe ed espletate le prove orali nel corso delle udienze del 5 settembre 2011 del 4 ottobre 2011.
All'udienza del 25 ottobre 2011, pertanto, la causa veniva posta in decisione con contestuale lettura del dispositivo.

Diritto



1. Il ricorso di C.F. è da accogliere solo in parte. Come riferito dal Tribunale nell'ordinanza interlocutoria, la semplice lettura del ricorso esclude la configurabilità del mobbing. Invero, il mobbing, fenomeno enucleato dalla psicologia e dalla sociologia, giuridicamente ben può essere descritto utilizzando le parole usate dalla Corte di cassazione, in una delle più significative sentenze in tema (Cass. n. 4774/2006): "una fattispecie di danno derivante da una condotta del datore di lavoro protratta nel tempo e con le caratteristiche della persecuzione, finalizzata all'emarginazione del lavoratore".
In termini sostanzialmente analoghi si è espressa la Corte Costituzionale (Corte Cost., 19 dicembre 2003, n. 359).
C.F. individua questa condotta persecutoria in particolare nel comportamento della sig.ra S.M., assunta dalla H. S.p.A. nel marzo 2001 quale H.R., che avrebbe iniziato "a contestare alla ricorrente di non svolgere diligentemente il proprio lavoro" (ricorso, pag. 6). Questo comportamento, unito alla malattia del compagno della C., avrebbe generato "pressioni nei confronti della ricorrente" con il consequenziale crearsi di un clima di tensione in ufficio (pag. 7).
Sfugge ogni tipo di concludenza in rapporto alla figura indicata. È vero che la ricorrente è stata oggetto di contestazioni disciplinari e di sanzioni conservative, ma dal ricorso (come dagli atti) non si evince con chiarezza quale sarebbe stato il fumus persecutionis che avrebbe assistito tali condotte datoriali. Dal canto suo, l'azienda riferisce che le sanzioni erano esclusivamente dovute alla mancata esecuzione delle disposizioni aziendali impartiti alla C. dai propri superiori. E non si può escludere che, visti gravissimi problemi di salute del compagno della signora C. (docc. 82 - 84 fasc. ric.), ella abbia perso la tranquillità necessaria per eseguire in piena serenità e diligenza le proprie mansioni.

2. Vero nucleo della vicenda è quindi solo il demansionamento.
C.F., assunta il 15 febbraio 1999 come III livello CCNL Dip. aziende di Viaggio e Turismo (doc. 3 fasc. ric.), è promossa al II livello il 1 settembre 1999 (doc. 4 fasc. ric.).
Appartengono al II livello "i lavoratori che svolgono mansioni che comportano sia iniziativa che autonomia operativa nell'ambito ed in applicazione delle direttive generali ricevute, con funzioni di coordinamento e controllo o ispettive di impianti, reparti e uffici, per le quali è richiesta una particolare competenza professionale e cioè:
- responsabile di servizio o di reparto tecnico, intendendosi esclusi i reparti o servizi con attribuzioni puramente esecutive e di ordine quali archivio, copia e spedizione;
- capo agenzia di categoria C, con autonomia tecnica ed amministrativa di gestione;
- capo servizio vendite ovvero marketing ovvero amministrativo;
- altre qualifiche di valore equivalente non espressamente comprese nella suddetta elencazione" (doc. 1 fase, ric.). Dall'8 settembre 2003, C.F. viene collocata a svolgere la mansione di "addetta amministrazione, alle dirette dipendenze del Responsabile amministrativo" (doc. 86 fasc. ric.), ciò in uno spazio comune condiviso da tutti gli altri colleghi addetti all'amministrazione.
Le mansioni attuali della ricorrente sono descritte nel ricorso ai nn. 51 - 54 (pag. 15), e parrebbero, in astratto, conformi alla declaratoria contrattuale di riferimento. In particolare, tuttavia, C.F. si duole del distacco dal settore dell'Amministrazione del Personale, ed in particolare dall'attività di elaborazione delle buste paga (ricorso, pag. 17), che però pare attività riconducibile al III livello del CCNL.
Tuttavia, poiché il divieto di modificare in peggio le mansioni opera anche quando al lavoratore, nella formale equivalenza delle precedenti e delle nuove mansioni, siano assegnate di fatto mansioni sostanzialmente inferiori, va rilevato che nell'indagine su tale equivalenza è necessario accertare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza del dipendente, salvaguardandone il livello professionale acquisito e garantendo lo svolgimento e l'accrescimento delle sue capacità professionali (Cass. 31 maggio 2010 n. 13281). In questo esclusivo senso, essendo incontestate le mansioni della ricorrente prima del 2003 (v. memoria di H. S.p.A. pag. 20; ricorso, pag. 34) il Tribunale ha assunto la prova orale, escutendo i due testi comuni, M.M. e El.Cr.
Il teste M.M., già dipendente della H. S.p.A. da ottobre 1996 a gennaio 2011 ha riferito: "Alla fine del mio rapporto con la società ero responsabile dell'ufficio amministrativo. Conosco C.F., in quanto lavorava lì. Non ricordo precisamente le date, ma ricordo c'è stato un momento, mi pare da gennaio 2004, dal quale C.F. si occupava della gestione anagrafica degli H.I. e la relativa registrazione di fatture; mi pare che facesse solo questo. Mi viene letto il capo n. 37 a pag. 40 del ricorso: confermo che quanto ivi scritto corrispondeva precisamente alla mansione di C.F.
Dal luglio 2009 le fatture di commissioni sono state affidate a società esterne che si occupavano di recuperare le commissioni spettanti alla società. Dal 2010, non ricorso precisamente il mese, anche la registrazione delle fatture è stata esternalizzata. Nel gennaio 2011, quando è cessato il mio rapporto di lavoro, C.F. si occupava dei solleciti dei fornitori degli Hotel. Non ricorso se fosse la sua attività esclusiva. Qualora la fattura non fosse registrata, la ricorrente si faceva recapitare una copia via fax e predisponeva il tutto per eseguire la registrazione.
Il sollecito può avvenire anche con un estratto conto, via posta o via e.mail. Curava anche il mantenimento dei data - base dei fornitori Hotel Italia.
Svolgeva anche le funzioni propedeutiche alla registrazione, in quanto poteva darsi che gli Hotel mandassero più fatture e più voucher contemporaneamente e quindi si rendeva necessaria una scansione e un controllo di corrispondenza fra voucher e fattura".
Il teste C.E., dipendente di H. S.p.A. dal dicembre 2000, con mansioni di contabile amministrativa, ha riferito: "Non ricordo la data, tuttavia so che la nuova mansione di C.F. era quella che riguardava la registrazione delle fatture H.I., la cura delle anagrafiche degli Hotel ed il rapporto telefonico o via e.mail con i fornitori dell'Hotel. Le mansioni che mi vengono lette al paragrafo 37 del ricorso (pag. 40) sono quelle che erano state assegnate a C.F. Non ricordo se C.F. smistasse tutta la posta. L'attività si faceva a turno fra noi amministrativi. C.F. apriva le buste delle fatture Hotel e non ricorso se le dividesse.
So che una società si occupa della gestione delle fatture di commissione Hotel. Non so dire da quando perché sono stata in maternità dal 24 maggio 2010 fino al 12 settembre 2011. Ho saputo al mio rientro che il servizio relativo alla registrazione delle fatture è stato esternalizzato. C.F. fra le sue mansioni attuali ha quella di rispondere alle richieste dei fornitori in merito alle fatture in scadenza.
C.F. risponde ai solleciti dei fornitori, anche per quanto riguarda fatture mai registrate, ne chiede la copia. Non so poi l'iter, poiché la fattura viene registrata da una società esterna. Fa i giroconti di registrazione fatture da un fornitore all'altro in caso di cambiamento di anagrafica o di errori nella registrazione.
Per quanto riguarda gli estratti conto relativi a fatture scadute per singolo fornitore, C.F. si mette in contatto con il fornitore per recuperare le fatture che non risultano in contabilità o per mettere in pagamento le fatture scadute e non ancora pagate.
Non so dire se C.F. si occupi dell'anagrafica fornitori. La cura delle anagrafiche mi pare sia stata affidata ad una mia collega, S.L. So che sia la C. sia altre colleghe possono apporre modifiche alle anagrafiche, circa ad es., dati bancari o indirizzi. Si tratta di un lavoro di supporto e non di supervisione.
Non so se C.F. faccia la mansione che mi viene letta al capo n. 44 del ricorso, a pag. 41. Prima che io andassi in maternità, si trattava di mansioni che svolgeva, con il supporto di una collega, I.B., che non aveva questa mansione specifica. Si trattava di un'attività che si divideva a seconda della mole di ciò che arrivava in Ufficio. Le mansioni che svolge C.F. sono esclusivamente quelle che ho riferito".
3. Il demansionamento pare evidente. Prima del settembre 2003, C.F. si occupa di svolgere l'attività amministrativa riguardanti il personale dipendente della convenuta: preparazione buste paga, rilevazione delle presenze, delle assenze delle malattie del personale, gestione dei buoni pasto e delle variazioni anagrafiche dei dipendenti (v. memoria di H. S.p.A. pag. 20; v. anche ricorso, pag. 34). Rispetto a queste mansioni, dopo l'assegnazione di cui s'è detto, C.F. si occupa di "gestione anagrafica degli H.I. e la relativa registrazione di fatture" o, se si vuole della "registrazione delle fatture H.I., la cura delle anagrafiche degli Hotel ed il rapporto telefonico o via e.mail con i fornitori dell'Hotel", come dicono i due testimoni comuni. Pare evidente che tale occupazione non sia consona alla declaratoria contrattuale sopra riportata del II livello CCNL, laddove questa esige "sia iniziativa che autonomia operativa nell'ambito ed in applicazione delle direttive generali ricevute, con funzioni di coordinamento e controllo o ispettive di impianti, reparti e uffici". La registrazione di fatture e l'inserimento dei dati non è mansione che possa evidentemente configurarsi come funzione che implichi iniziativa autonomia operativa e non implica certamente funzioni di coordinamento e controllo di uffici né richiede una particolare competenza professionale.

4. Il danno da demansionamento, che qui si rinviene, non pare riconducibile a quello biologico segnalato dalla perizia di parte (doc. 123 fasc. ric.), dove il disturbo depressivo è posto dal consulente di parte in esclusiva relazione al mobbing (CTP. pag. 10) che in concreto non pare sussistere per quello che s'è detto sopra.
In un caso come quello di C.F., il datore di lavoro va condannato al risarcimento del danno alla professionalità del lavoratore, in relazione al quale il pregiudizio connesso all'impossibilità di svolgere le proprie mansioni rientra tra le nozioni di comune esperienza e la sua sussistenza può essere altresì desunta da elementi presuntivi. Ai fini della determinazione del danno, appare corretto il criterio percentualistico avendo come punto di riferimento la retribuzione mensile, con la considerazione che comunque questa viene determinata a compensazione non solo della capacità professionale del lavoratore ma anche di altri elementi come il tempo di lavoro, criterio cui questo Tribunale si è più volte rifatto. Il demansionamento è durato 82 mesi (da gennaio 2004, come riferito dal teste M., a dicembre 2010). Pertanto, la somma che pare doveroso riconoscere a C.F. può essere calcolata equitativamente sulla base del 30% della retribuzione netta mensile (v. busta paga di novembre 2010: doc. 183 fasc. ric.) ossia Euro 511,01 moltiplicata per i mesi di demansionamento, per complessivi Euro 41.902,82, somma già rivalutata al gennaio 2010, oltre interessi legali e rivalutazione dal 1 febbraio 2010.

5. Alla prevalente soccombenza di H. S.p.A. seguono, ex art. 91 c.p.c., le spese processuali, che si liquidano a suo carico e in favore di C.F., compensate per la metà, in complessivi Euro 5.705,11, oltre agli accessori fiscali e previdenziali previsti ai sensi di legge.

 

P.Q.M.



Il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, ogni contraria ed ulteriore istanza domanda ed eccezione disattesa, così decide:
1) accerta e dichiara che le mansioni effettivamente svolte dalla ricorrente da gennaio 2004 ad oggi sono inferiori a quelle ricomprese all'interno dell'inquadramento contrattuale attribuito (II livello CCNL di settore);
2) accerta e dichiara la dequalificazione professionale della ricorrente a partire da gennaio 2004;
3) accerta e dichiara la sussistenza di un danno alla professionalità della lavoratrice per l'illegittima condotta aziendale;
4) condanna H. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, alla reintegrazione con immediatezza della signora C. nelle mansioni dalla medesima svolte prima del gennaio 2004, ovvero in altre di contenuto equivalente;
5) condanna H. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento dei danni, quantificati complessivamente in Euro 41.902,82, somma già rivalutata al gennaio 2010, oltre interessi legali e rivalutazione dal 1 febbraio 2010;
6) condanna la parte prevalentemente soccombente H. S.p.A. alla rifusione delle spese processuali a vantaggio di C.F., liquidate in complessivi Euro 5.705,11, oltre agli accessori fiscali e previdenziali previsti ai sensi di legge.
7) ai sensi dell'art. 53 d.l. 25 giugno 2008, n. 112, che ha modificato l'art. 429, primo comma, c.p.c., fissa in giorni cinque il termine per il deposito della sentenza.
Così deciso in Milano il 25 ottobre 2011. Depositata in Cancelleria il 25 ottobre 2011.