Cassazione Penale, Sez. 4, 29 settembre 2011, n. 35428 - Adenocarcinoma causato da esposizione all'amianto


 

 

Responsabilità di due Presidenti del Consiglio di amministrazione di una spa e del Direttore di uno stabilimento di tale società, per omicidio colposo in relazione al decesso del dipendente G.B. che aveva svolto mansioni di operaio elettrobordo in ambiente saturo di polveri di amianto a causa di lavorazioni comportanti la dispersione di tali polveri e che era deceduto l'11.10.1996 a causa di adenocarcinoma causato da esposizione all'amianto.

 

Il Gip dichiarava sentenza di non luogo a procedere nei confronti degli imputati per non aver commesso il fatto.

Avverso tale sentenza presentava appello il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Trieste, contestando il giudizio espresso dal gip ed esponendo le ragioni per le quali si sarebbe invece dovuto disporre il rinvio a giudizio degli imputati.

La Corte di appello di Trieste inviava gli atti a questa Corte per competenza.

La Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Gorizia.

Le censure formulate dal pubblico ministero ricorrente evidenziano l'erroneità della decisione impugnata, richiamando, con riferimento alla ritenuta mancanza di prova del fatto che la inalazione di amianto fosse avvenuta all'interno del cantiere dove la parte lesa prestava lavoro, le diverse indicazioni che derivavano dalla relazione del consulente del lavoro (secondo cui tutte le occupazioni inerenti il curriculum lavorativo del G. dagli anni 40 agli anni 70 presentavano il rischio di esposizione a polveri di amianto) e dalle conclusioni del consulente del pm circa la riconosciuta causalità professionale della neoplasia polmonare e sottolineando che un approfondimento dibattimentale, sede rituale della formazione della prova, avrebbe consentito di chiarire taluni aspetti rimasti incompiuti.


 



REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesc - Presidente -
Dott. BIANCHI Lui - rel. Consigliere -
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere -
Dott. MARINELLI Felicett - Consigliere -
Dott. VITELLI CASELLA Luca - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza




sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI TRIESTE;
nei confronti di:
1) T.G. N. IL (Omissis) C/;
2) F.V. N. IL (Omissis) C/;
3) L.M. N. IL (Omissis) C/;
avverso la sentenza n. 1849/2006 GIP TRIBUNALE di GORIZIA, del 24/10/2006;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;
sentite le conclusioni del P.G. Cons. Dott. D'AMBROSIO Vito per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. CASSIANI Alessandro per T. e, in sost. avv.to BORGNA, per F..


Fatto



1. Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Gorizia ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere nei confronti di T.G., F.V. e L.M., imputati, nelle qualità i primi due di Presidenti del Consiglio di amministrazione ed il terzo di Direttore dello stabilimento di Monfalcone della It. spa, di omicidio colposo in relazione al decesso del dipendente G.B. che aveva svolto mansioni di operaio elettrobordo in ambiente saturo di polveri di amianto a causa di lavorazioni comportanti la dispersione di tali polveri e che era deceduto l'11.10.1996 a causa di adenocarcinoma causato da esposizione all'amianto.
Il giudice riferiva che le indagini avevano preso l'avvio dalla notizia della malattia professionale (asbestosi complicata da carcinoma polmonare) accertata con certificato medico, cui aveva fatto seguito indagine dell'ispettorato del lavoro che con il proprio rapporto informava dell'avvenuto decesso del predetto e precisava che il G. aveva lavorato nel cantiere navale di Monfalcone dal 24.10.1941 sino al 16.11.1997 in qualità di operaio elettrobordo e che verosimilmente egli era stato esposto ad amianto in considerazione del grande uso che di tale materiale era stato fatto nei Cantieri navali di Monfalcone prima del D.Lgs. n. 277 del 1991.
Si procedeva a consulenza medico legale per accertare le cause del decesso, consulenza depositata l'1.6.2006; si effettuavano indagini per accertare i datori di lavoro del G. che consentivano di identificare che dal 1.1.1996 sino al 24.9.1972 la qualifica di direttore era stata ricoperta dal L., che nel periodo dal 22.10.1996 al 3.1.1968 il T. aveva rivestito la carica di presidente del consiglio di amministrazione e che F. era stato amministratore delegato della It. dal 27.6.2001974 al 30.6.1984 mentre dal 15.7.1974 al 30.6.1984 aveva ricoperto anche la qualifica di presidente della società.
Il gip riteneva utilizzabile la consulenza tecnica, respingendo la eccezione proposta al riguardo dalla difesa degli imputati di inutilizzabilità perchè compiuta dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari; riteneva in proposito il gip che l'attività di consulenza era iniziata l'8.4.2004, si era limitata alla disamina di documenti già presenti in atti ovvero di non complessa reperibilità e dunque era ragionevole ritenere che la stessa fosse stata completata prima della scadenza del termine delle indagini preliminari (3.11.2004) e solo successivamente depositata, con applicazione del principio fissato da Cass. Sez. 3 27.10.1995 Poli;
riteneva che anche la informativa di pg, volta ad accertare i mutamenti della compagine sociale dei Cantieri di Monfalcone, depositata il 5.6.2006 era utilizzabile in quanto si limitava a riportare accertamenti svolti in altre indagini.
Nel merito il giudice osservava che secondo la consulenza tecnica la causa del decesso del G. era una neoplasia polmonare maligna da ritenersi in nesso eziologico concausale con una esposizione professionale all'amianto verificatasi dal 1941 al 1997 presso i cantieri navali di Monfalcone; i primi sintomi della malattia si sarebbero presentati alla fine del 1993 e la malattia sarebbe insorta, attendibilmente, entro un anno prima. Secondo il Gup non era sufficientemente provata l'esposizione all'amianto del G. come avvenuta sul luogo di lavoro, in ambienti in cui erano presenti fibre di amianto in percentuali superiori al limite di pericolosità per la salute umana. Nessun effettivo accertamento di tipo ambientale era stato operato nè in relazione alla tipologia di attività di lavoro svolta da G. presso i cantieri; nè in merito all'impiego di amianto da parte del medesimo soggetto per ragioni di lavoro; nè in merito alla presenza, comunque, del minerale nei predetti locali; nè infine alla percentuale di esposizione che G. avrebbe subito nel corso della propria attività lavorativa. Gli elementi indiziari non erano dunque sufficienti a sostenere l'accusa in giudizio.
Inoltre, la relazione di consulenza tecnica aveva indicato come periodo di esposizione professionale all'amianto del lavoratore l'intero periodo di attività lavorativa svolta dal 1941 al 1977 e non vi era nessuna certezza che solo nei periodi in cui gli imputati avevano ricoperto posizioni di responsabilità all'interno dei predetti cantieri l'esposizione fosse stata superiore al livello di pericolo per la salute umana.

Il Gip dichiarava pertanto non luogo a procedere nei confronti degli imputati per non aver commesso il fatto.

2. Avverso tale sentenza presentava appello il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Trieste, contestando il giudizio espresso dal gip ed esponendo le ragioni per le quali si sarebbe invece dovuto disporre il rinvio a giudizio degli imputati.

La Corte di appello di Trieste inviava gli atti a questa Corte per competenza.




Diritto


1. Il ricorso del Procuratore Generale, così correttamente qualificata l'impugnazione proposta a seguito della modifica dell'art. 428 c.p.p. introdotta dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 4, merita accoglimento.


Si deve infatti ricordare che secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte (da ultimo sez. 2 15.5.2009 n. 22864 RV. 244202; sez. 4 6.10.2009 n. 43483 Rv. 245464) la valutazione che il giudice dell'udienza preliminare deve operare con l'emissione della sentenza di non luogo a procedere attiene alla mancanza delle condizioni su cui fondare la prognosi di evoluzione, in senso favorevole all'accusa, del materiale di prova raccolto.
Conseguentemente l'impugnazione contro tale sentenza, per poter essere favorevolmente delibata, deve mettere in evidenza l'erroneità della decisione impugnata sotto il predetto punto di vista.

Nella specie le censure formulate dal pubblico ministero ricorrente evidenziano appunto profili del genere, richiamando, con riferimento alla ritenuta mancanza di prova del fatto che la inalazione di amianto fosse avvenuta all'interno del cantiere dove la parte lesa prestava lavoro, le diverse indicazioni che derivavano dalla relazione del consulente del lavoro (secondo cui tutte le occupazioni inerenti il curriculum lavorativo del G. dagli anni 40 agli anni 70 presentavano il rischio di esposizione a polveri di amianto) e dalle conclusioni del consulente del pm circa la riconosciuta causalità professionale della neoplasia polmonare e sottolineando che un approfondimento dibattimentale, sede rituale della formazione della prova, avrebbe consentito di chiarire taluni aspetti rimasti incompiuti.
La diversa decisione del Gup, sopra riferita, non è conforme alla regola di giudizio che sovrintende la celebrazione dell'udienza preliminare e che attribuisce al giudice il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere in tutti quei casi nei quali non esiste una prevedibile possibilità che il dibattimento possa pervenire ad una diversa soluzione.


2. Si impone dunque l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Gorizia.


P.Q.M.

La Corte:
annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Gorizia.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2011