T.A.R. Lombardia Milano, Sez. 1, 03 novembre 2011, n. 2610 - Risarcimento danno per demansionamento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3502 del 2004, proposto da:
C.F., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Vittorio Angiolini e Ettore Martinelli, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Milano, Via Chiossetto, n. 14
contro
Ministero delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato presso la quale è per legge domiciliato, in Milano, Via Freguglia, n. 1
per l'accertamento
del diritto al risarcimento del danno per demansionamento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2011 il dott. Marco Poppi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
FattoDiritto
Con il presente ricorso, il Maresciallo della Guardia di Finanza F.C. ha chiesto al Tribunale l'accertamento della lesività della condotta serbata nei propri confronti dall'Amministrazione di appartenenza ed il risarcimento dei danni conseguentemente patiti.
A sostegno della propria domanda, il ricorrente ha allegato che all'atto del proprio trasferimento presso la Compagnia della Guardia di Finanza di Sesto S. Giovanni, avvenuto in data 3.9.2001, gli venivano attribuite le funzioni di comando di una articolazione operativa (1^ Squadra Volante) e che detto incarico gli veniva successivamente revocato con assegnazione del medesimo ad altro collega, il Maresciallo S., pari grado in possesso di maggiore anzianità, assegnato nel frattempo alla medesima Compagnia.
A far data dal mese di luglio 2002, verificatasi una vacanza organica nel ruolo di Comandante della Sezione Operativa del Reparto, causa trasferimento ad altra sede del Comandante titolare, al Mar. S. veniva attribuita provvisoriamente "in sede vacante" anche la suddetta posizione.
Ciò nonostante, il Collega manteneva l'incarico di Comando della Squadra frustrando le aspirazioni del ricorrente a riassumere il comando dell'Unità con pregiudizio dei successivi sviluppi di carriera influenzati negativamente dal mancato assolvimento delle funzioni di comando illegittimamente sottrattegli.
Nella descritta condotta, il ricorrente riconosce una fattispecie di demansionamento, riconducibile alla fattispecie del mobbing, che avrebbe comportato l'assegnazione a "compiti dequalificanti" tali da compromettere la propria immagine professionale con negative ripercussioni anche sul proprio stato di salute, procurandogli stati d'ansia ed una ipertensione arteriosa riconosciuta, dai competenti organi medico - legali, dipendente da causa di servizio.
In conseguenza dei suesposti fatti il ricorrente lamenta di aver subito un danno patrimoniale ed un danno non patrimoniale da privazione di mansione specificato in biologico, esistenziale e morale.
L'Amministrazione, costituitasi in giudizio, ha contestato la ricostruzione dei fatti operata dal ricorrente, chiedendo la reiezione del ricorso.
All'esito della pubblica udienza del 19.10.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
La pretesa del ricorrente è infondata.
In disparte ogni considerazione sulla circostanza che le determinazioni della scala gerarchica in ordine all'assegnazione del personale ad incarico di comando, oggetto di contestazione nel presente giudizio, implicano valutazioni discrezionali non sindacabili in questa sede se non in presenza di macroscopici ed evidenti profili di irragionevolezza, deve rilevarsi che nel comportamento dell'Amministrazione non è riscontrabile alcun profilo di illegittimità.
La circostanza che il Mar. S. fosse più anziano del ricorrente impediva al medesimo di mantenere l'incarico così come nessun rilievo assume, ai fini in esame, la contemporanea reggenza da parte del primo del proprio incarico di comandante della Squadra Volante e di quello di comandante della Sezione Operativa provvisoriamente vacante.
Le rispettive assegnazioni, contrariamente a quanto affermato in ricorso (peraltro in maniera estremamente generica e senza indicazione alcuna delle specifiche disposizioni che sarebbero state violate), sono pienamente conformi alla disciplina di settore e, in particolare alla circolare n. 129800/310 dell'11.4.2002 in tema di inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo che si assume in ricorso come violata (e che, in ogni caso, è successiva al verificarsi dei fatti in questione).
L'invocato mobbing è escluso ulteriormente dall'assenza di quei ripetuti e sistematici atteggiamenti persecutori imputabili ai superiori che la giurisprudenza richiede ai fini del riconoscimento della fattispecie.
Premesso che come, già anticipato, e conformemente alle richiamate disposizioni vigenti nel Corpo, non è configurabile una pretesa giuridicamente tutelata all'incarico di Comando da parte di appartenenti ai ruoli di Maresciallo, a testimonianza della imparzialità della scala gerarchica e della assenza di alcun intento persecutorio, deve evidenziarsi come al ricorrente sia stato in un primo tempo attribuito il comando di Squadra, che gli è stato revocato solo all'atto dell'assegnazione al Reparto di altro Maresciallo più anziano.
Nel medesimo senso depone la successiva assegnazione del ricorrente (27.1.2004) al Comando della medesima Squadra, una volta promosso ed assegnato ad altre funzioni il Maresciallo S..
Premesso che la mancata prova di un comportamento illegittimo da parte dell'Amministrazione determina di per sé la reiezione della domanda risarcitoria avanzata con il presente ricorso, deve rilevarsi ulteriormente che non è provata in alcun modo la sussistenza dei danni allegati.
Quanto al danno patrimoniale l'allegazione è assolutamente generica.
Mancano elementi, anche solo indiziari, in ordine al lamentato pregiudizio professionale patito in relazione al mancato assolvimento delle funzioni di Comando.
Nessun principio di prova è allegato a sostegno della sussistenza di un danno esistenziale o morale.
Quanto alla sussistenza del danno biologico, specificato nella patologia riconosciuta quale causa di servizio, manca in ogni caso la prova del nesso di derivazione causale dai fatti esposti in ricorso.
Per quanto precede il ricorso deve essere respinto.
Sussistono, tuttavia, in virtù della specificità delle questioni affrontate, giuste ragioni per compensare le spese.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.