1. Le nuove regole per la sicurezza dei lavoratori
Con la legge 3 agosto 2007, n. 123, è stata concessa delega al Governo “ad adottare … uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro…” (art. 1, comma 1).
In materia, tentativi di unificazione normativa erano già stati posti in essere in precedenza 1. Al riguardo, quello compiuto in attuazione dell’art. 3 della legge delega 229/2003 si concluse con il ritiro da parte del Governo dello schema di decreto legislativo, in conseguenza del parere fortemente critico del Consiglio di Stato (Cons. Stato 4 aprile 2005). Nell’occasione il legislatore delegato commise l’errore di attrarre la materia della “tutela e sicurezza del lavoro” nella competenza esclusiva della legislazione statale, riconducendola nel concetto di ordinamento civile (cfr. art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione), attraverso la mediazione dell’art. 2087 c.c. e la contrattualizzazione dell’obbligo di protezione 2.
In attuazione del disposto della legge delega 123/2007, Parlamento e Governo hanno realizzato, per contro, prodotti normativi la cui conformità costituzionale si fonda su canoni interpretativi di carattere sistematico dell’art. 117 Cost., elaborati dalla stessa Corte Costituzionale 3. Sia il legislatore delegante, sia quello delegato, per non incorrere nuovamente nell’errore di convogliare la materia della “tutela e sicurezza del lavoro” nell’ambito esclusivo della competenza statale, dati la particolare complessità della stessa, l’intensità e l’elevato numero di intersezioni tra profili di competenza statale e regionale, tra loro inestricabilmente correlati, sono stati praticamente obbligati a dare applicazione al criterio della “leale collaborazione” tra i vari attori istituzionali interessati dalla decisione circa le scelte normative da effettuare 4, come elaborato dalla giurisprudenza costituzionale 5. Ciò ha sicuramente portato alla condivisione, da parte delle Regioni, dei prodotti normativi finali.
La delega prevedeva venti principi e criteri direttivi, elencati nel secondo comma dell’art. 1, i quali, in generale, hanno fornito indicazioni circa il fatto che il valore della sicurezza non poteva essere costretto dentro la dimensione esclusiva delle responsabilità individuali e che la sua affermazione avrebbe dovuto presupporre l’attivazione congiunta e coordinata di più livelli di responsabilità: individuale, collettiva e pubblica 6.
La novità più rilevante, rinvenibile dalla lettura dei citati principi e criteri di delega, è stata quindi rappresentata dal programma di estensione delle tutele a tutti i lavoratori e lavoratrici, a tutti i settori di attività, a tutte le tipologie di rischio, tenendo comunque conto delle peculiarità o della particolare pericolosità degli stessi e della specificità di settori e ambiti lavorativi.
La riforma ed il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori sono stati conseguiti con il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni ed integrazioni 7 (di seguito denominato “testo unico sulla sicurezza”), il quale si compone di 306 articoli, suddivisi in XIII Titoli, e 51 allegati tecnici. Un corpus normativo c.d. “pesante”, contenente la maggior parte delle regole legislative statali relative a tutti i rischi e a tutti i settori, le più rilevanti delle quali sono contenute nei Titoli I (Principi comuni, artt. 1 ÷ 61), XII (Disposizioni in materia penale e di procedura penale, artt. 298 ÷ 303) e XIII (Norme transitorie e finali, artt. 304 ÷ 306). Nonostante l’imponenza dell’impianto e della normativa contenuta, il testo unico sulla sicurezza non possiede né la caratteristica della completezza, né quella dell’autosufficienza. Non è autosufficiente a causa della previsione, contenuta nel secondo comma dell’art. 1, della clausola di cedevolezza delle norme in esso contenute nei confronti di un’eventuale normativa regionale e provinciale.
Non è completo perché l’art. 3, comma 2 prevede che la disciplina prevenzionistica si applichi, con riferimento ai settori ivi indicati, solo successivamente all’adozione di decreti ministeriali che la adattino alle effettive particolari esigenze connesse al servizio prestato o alle peculiarità organizzative. Inoltre, per quanto attiene alle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 271 del 1999 (attività lavorative a bordo delle navi), decreto legislativo n. 272 del 1999 (attività lavorative in ambito portuale), decreto legislativo n. 298 del 1999 (attività lavorative sulle navi da pesca) e alla legge n. 191 del 1974 (disciplina in tema di trasporto ferroviario), lo stesso secondo comma dell’art. 3 prevede che esse, mediante decreti presidenziali, debbano essere coordinate con quelle del medesimo testo unico. Infine, rimane completamente escluso dal corpus del testo unico sulla sicurezza il decreto legislativo n. 151 del 2001 (tutela della maternità) 8.
L’esistenza delle precitate norme speciali non inficia, tuttavia, l’unicità sostanziale delle disposizioni contenute nel testo unico sulla sicurezza, dentro il quale, in ogni caso, è possibile rinvenire quelli che possono essere definiti i principi generali del sistema prevenzionistico, sia per quanto riguarda l’assetto istituzionale, sia per quanto concerne la gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro 9.
Il testo unico sulla sicurezza, dal punto di vista soggettivo, “… si applica a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati …” (art. 3, comma 4). Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera a), il lavoratore è la “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari”. Rispetto al previgente decreto legislativo 626/1994, il testo unico sulla sicurezza accoglie la “vocazione universalistica” della delega 10, fornendo del lavoratore un concetto molto più ampio. Ad esso vengono ricondotti tutti i soggetti che il datore di lavoro coinvolge funzionalmente nel proprio ambito organizzativo 11, utilizzandone le prestazioni lavorative per il perseguimento dei propri scopi, quali essi siano (economici, istituzionali, non lucrativi, ecc…).
Riguardo al campo di applicazione oggettivo, il primo comma dell’art. 3 del testo unico sulla sicurezza stabilisce che la normativa antinfortunistica in esso contenuta “si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici e a tutte le tipologie di rischio”.
Il d.lgs. 81/2008, se da un lato individua il proprio ambito applicativo nei riguardi di tutti i settori di attività pubblici e privati, dall’altro dispone l’adozione di decreti ministeriali di adattamento, prevedendo una normativa di coordinamento della disciplina in esso contenuta con le particolari esigenze e con le peculiarità organizzative di una serie di strutture amministrative e di pubbliche amministrazioni 12, tra le quali sono comprese le Forze armate 13.
La normativa di adeguamento e di coordinamento non deve, in ogni caso, comportare una vulnerazione delle misure volte a realizzare le finalità del testo unico sulla sicurezza. Ciò è confermato dalla norma che prevede l’immediata applicabilità del testo unico nei casi in cui le tutele in esso contenute vengano compromesse dalla mancata adozione dei decreti di adattamento (art. 3, comma 3). Per quanto attiene al contenuto dei precitati decreti, esso non deve intaccare, in nessun modo, il nucleo fondamentale di tutele stabilite con il testo unico sulla sicurezza, ma deve limitarsi a prevedere adeguamenti di dettaglio che consentano di rispettare le peculiarità delle singole realtà burocratiche 14.