3.18. Personale addetto ai servizi di vigilanza
Il personale dei servizi di vigilanza, come accennato in precedenza, non viene più nominato dal Ministro della difesa, bensì è individuato tra il personale militare e civile dell’Amministrazione della difesa e viene nominato secondo le procedure di cui al precedente para 3.17 (art. 263, comma 1 del regolamento militare).
Detto personale deve essere in possesso dei seguenti requisiti minimi:
a) diploma di secondo grado;
b) ufficiale, sottufficiale di grado non inferiore a maresciallo o equipollente o personale civile della terza area ovvero dell’area seconda con profilo tecnico, di fascia retributiva non inferiore a “B3”, in relazione alle esigenze organiche e funzionali di ogni Forza armata e degli organismi di vertice dell’area tecnico – operativa e delle aree tecnico – amministrativa e tecnico – industriale dell’Amministrazione della difesa;
c) possibilità di assicurare una adeguata permanenza nell’incarico, fatte comunque salve le preminenti esigenze della Forza armata, anche successivamente intervenute;
d) non essere soggetto a obblighi di comando, imbarco o simili per i 2 anni successivi alla nomina;
e) non essere stato designato dalle competenti direzioni generali del Ministero della difesa per l’effettuazione di verifiche, omologazioni e collaudi di impianti tecnologici;
f) aver superato lo specifico percorso formativo necessario per l’impiego nel settore, definito dal Segretario generale della difesa, d’intesa con lo Stato maggiore della difesa e gli Stati maggiori di Forza armata e Comando generale dell’Arma dei carabinieri. Per il personale dell’Arma dei carabinieri e del Corpo delle capitanerie di porto si prescinde, ai fini dell’impiego nei servizi di vigilanza, dalla previa frequenza del citato percorso formativo;
g) non aver riportato condanne penali o sanzioni disciplinari di stato;
h) non essere sottoposto a procedimento penale;
i) non trovarsi in stato di carcerazione preventiva, di sospensione dall’impiego o di aspettativa per qualunque motivo;
l) non aver riportato sanzioni disciplinari più gravi del “rimprovero” negli ultimi due anni;
m) essere in possesso di adeguata abilitazione di sicurezza;
n) non avere altri impedimenti a conseguire la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria.
Il comma 3 prevede che lo specifico incarico di addetto al servizio di vigilanza non può essere rifiutato dal personale individuato, tuttavia l’incarico assegnato può, in ogni momento, essere revocato, con determinazione della stessa autorità di vertice competente per la nomina, nel caso in cui si verifichi una delle seguenti cause:
a) perdita di uno o più requisiti per la nomina;
b) cessazione dal servizio o passaggio ad altra categoria o ad altra area funzionale;
c) trasferimento ad altra sede o incarico;
d) accertata negligenza nell’attività ispettiva o se si rende necessario per ragioni di opportunità o di incompatibilità con altre funzioni svolte dall’interessato
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Il comma 4 stabilisce che “il personale nominato riveste le funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria, ai sensi dell’articolo 57, comma 3, del codice di procedura penale, esclusivamente nei limiti del servizio specificamente disposto, nell’esercizio delle specifiche attribuzioni e con riferimento alla sola area e personale di competenza”.
L’ultimo comma dell’art. 263, in ottemperanza del disposto di cui al comma 5 dell’art. 13 del testo unico sulla sicurezza conferma il divieto per il personale nominato di prestare, a qualsiasi titolo, attività di consulenza.
La ratio della previsione consiste nell’evitare che l’attività consulenziale interferisca con quella istituzionale, condizionandola o indebolendola 70. A tale proposito, il richiamo diretto che il comma 5 dell’art. 263 fa al medesimo comma dell’art. 13 del testo unico sulla sicurezza, riporta nell’ambito dell’Amministrazione della difesa, l’indeterminatezza con cui lo stesso art. 13 si riferisce “all’attività di consulenza”, la quale potrebbe interpretarsi in senso ampio cosicché al personale addetto ai servizi di vigilanza militare sarebbe preclusa qualsivoglia attività consulenziale nei confronti di qualunque datore di lavoro ex art. 2, comma 1, lettera b) del testo unico sulla sicurezza 71.