Tribunale di Trento, 11 febbraio 2012 - Infortunio mortale sui binari e mancata cooperazione tra il responsabile di cantiere e il datore di lavoro della vittima
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TRENTO
SEZIONE PENALE
Il Tribunale, in composizione monocratica, presieduto dal Giudice dr. Guglielmo Avolio alla pubblica
udienza del 26.01.12 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
nel procedimento penale
Contro
To.Cl. nato (...) ivi residente via (...), elettivamente domiciliato ai sensi dell'art. 161 c.p.p. presso lo studio
del difensore di fiducia avv. St.Ar. del foro di Vittorio Veneto, in Vittorio Veneto via (...) cond. Ag.;
difeso di fiducia dall'avv. St.Ar. del foro di Vittorio Veneto e dall'avv. Gi.De. del foro di Trento
- Libero contumace -
To.It. nato (...) residente a Santa Giustina (BL) via (...);
difeso di fiducia dall'avv. Gi.Ma. del foro di Trento
Libero assente
Imputati
To. e To.:
entrambi imputati del delitto p. e p. dagli artt. 113 e 589 c.p. anche in rif., agli artt. 4 comma 2, 4 comma 5 lett. f), art. 7 comma 2 lett. a) e b) D.lgs. 626/94 perché, in concorso tra loro, nelle rispettive qualità di seguito indicate, cagionavano per colpa la morte di Be.De. secondo le modalità di seguito descritte.
Il Be., dipendente della ditta Pr. S.r.l. con qualifica di operaio specializzato e la funzione di caposquadra, nel corso dello svolgimento dei lavori di perforazione per l'inserimento di tiranti sulla spalla lato Trento del ponte ferroviario al Km. 113 + 878, subappaltati dalla Co. S.p.A. alla Pr. S.r.l., verso le 19,45/20,00, essendosi spento il compressore che si trovava sul lato opposto a quello della lavorazione, oltre la linea ferroviaria, attraversava i binari e, riavviato il compressore, riattraversava i binari, venendo così travolto dal treno merci n. 43200 che circolava in direzione nord Verona - Brennero.
A seguito dell'impatto il Be. decedeva. La colpa è consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia nonché nella violazione delle specifiche norme sopra indicate in quanto:
il To., in qualità di direttore tecnico e responsabile di cantiere della ditta Co. S.p.A. il To. in qualità di legale rappresentante della ditta Pr. S.r.l., non cooperavano tra loro per l'attuazione delle misure di "prevenzione e di protezione dai rischi sul lavoro incidenti sulla predetta attività lavorativa oggetto del subappalto e non coordinavano gli interventi di protezione e prevenzione dei rischi (ad esempio quello dell'attraversamento dei binari e dell'investimento da parte dei treni) cui i lavoratori operanti sul cantiere erano esposti (art. 7 comma 2 lett. a) e b) D.Lgs. 626/94); in particolare non si coordinavano per prescrivere ai dipendenti la cessazione dell'attività lavorativa entro le ore 16,00 (orario dopo il quale non era più presente l'agente RFI deputato al controllo) o per prolungare l'attività di quest'ultimo oltre le ore 16,00 oppure infine per vietare dopo tale orario in modo perentorio l'attraversamento dei binari da parte dei lavoratori; il To., in qualità di legale rappresentante della ditta Pr. S.r.l., elaborava il POS per la sua ditta senza prendere in considerazione specifica il rischio di investimento da treni e senza individuare le relative misure di protezione e/o prevenzione da adottare (art. 4 comma 2 D.Lgs. 626/94); inoltre non vigilava sull'effettiva osservanza da parte dei suoi dipendenti delle norme in materia di sicurezza (ad esempio quella relativa al coordinamento degli orari di lavoro con quelli del personale delle Rf. S.p.A.) (art. 4 comma 5 lett. f) D.Lgs. 626/94)
Identificate le parti offese in:
De.El. nata (...) ivi residente frazione Colvignas n. 22 in proprio (in veste di convivente more uxorio del deceduto) ed in qualità di esercente la potestà genitoriale sul minore Be.Ha. nato (...), difesa e rappresentata dall'avv. Ma.Mo. del foro di Belluno con studio in Belluno via
(...);
Be.Ar. nato (...) ivi residente e Le.Gi. nata (...) entrambi residenti ad Agordo (BL) via (...), nella loro veste di genitori del deceduto Be.De., difesi e rappresentati dall'avv. An.Pr. del foro di Belluno con studio in Belluno via (...) ed ivi elettivamente domiciliati.
FattoDiritto
Si è proceduto alla celebrazione del giudizio, in presenza del solo imputato To. e nella dichiarata contumacia di To., a sèguito di decreto ex art. 429 c.p.p., regolarmente notificato. Si è dato luogo all'esame dei testi ammessi e dell'imputato presente e quindi, su accordo delle parti, all'acquisizione ed alla dichiarazione di utilizzabilità di documentazione varia già contenuta nel fascicolo del PM. All'esito le parti hanno concluso come da verbale di udienza.
Si osserva anzitutto che la questione processuale (proposta dalla difesa To.), riguardante la mancata sottoscrizione del verbale da parte del tecnico incaricato della stenotipia e della fonoregistrazione, è infondata.
Deve considerarsi che l'art. 135 c.p.p., comma 2, prevede che, quando il verbale è redatto con la stenotipia o altro strumento meccanico, il giudice autorizza l'ausiliario che non possiede le necessarie competenze a farsi assistere da personale tecnico, anche esterno all'amministrazione dello Stato.
L'art. 50 att. c.p.p., regolamenta poi la redazione del verbale in forma stenotipica prescrivendo in particolare che, se lo strumento meccanico impiegato non comporta la immediata impressione di caratteri comuni di scrittura, il relativo nastro è sottoscritto dai soli verbalizzanti.
E quindi - ha affermato la Corte (Cass. Pen. sez. Ili, 14/11/2007, Di.) - le trascrizioni delle fonoregistrazioni e dei nastri stenotipici di deposizioni testimoniali costituiscono parte integrante del verbale di udienza al quale sono allegate e, pertanto, ai fini della loro validità e utilizzabilità, è sufficiente la sottoscrizione di detto verbale da parte dell'ausiliario del giudice, senza che occorra la sua sottoscrizione per ogni atto di trascrizione.
In particolare bisogna distinguere il verbale riassuntivo, che deve necessariamente essere sottoscritto, a pena di nullità ai sensi dell'art. 142 c.p.p., dall'ausiliario del giudice, dalla trascrizione stenotipica delle udienze, che deve essere unita agli atti del processo insieme ai nastri; in quest'ultimo caso la omessa sottoscrizione da parte del tecnico non è prevista a pena di nullità, anche perché è sempre possibile procedere ad una rilettura o trascrizione dei nastri allegati agli atti (cfr. Cass. Pen. sez. Prima, 11/1/2007).
Non sussiste quindi il denunciato vizio di nullità; non senza considerare che nella specie peraltro il verbale di udienza reca la firma del cancelliere e comunque il difensore non allega che il contenuto del verbale trascritto non sia corrispondente a quello della fonoregistrazione (cfr. Cass. Pen. Sez. III, 19 gennaio 2009 n. 1831).
La dinamica dell'evento può essere agevolmente ricostruita anzitutto attraverso le dichiarazioni rese in udienza dai compagni di lavoro della vittima.
All'ud. 12/11/2011 è stato sentito Po.An., dipendente della Pr. di To. come operaio generico, addetto alle perforazioni. Si è appreso che la squadra lavorava da circa 10 gg. nel cantiere di Me. per la collocazione di tiranti su un ponte, unitamente a Be. e Co. Il primo accesso in cantiere avvenne dopo un colloquio con To.
Era la prima volta che il teste effettuava lavori a contatto con la ferrovia. Per il lavoro era necessario attraversare continuamente i binari. I lavori sui binari avvenivano per circa 5 minuti alla volta, con una cadenza di 5 - 7 volte al giorno.
L'incidente avvenne alle 20 ca. del (...). La macchina per la perforazione si era incastrata e si era spento il compressore, che era dall'altra parte dei binari. Po. attraversò i binari e cercò di accendere il compressore, senza riuscirci. Chiamò Be. in aiuto e dopo 10 minuti, insieme, fecero ripartire la macchina.
Riattraversarono con il rumore del compressore che impediva di sentire quello di un treno in arrivo. Il povero Be. venne travolto mentre attraversava.
Di solito l'orario di permanenza in cantiere si estendeva dalle 07.30 alle 18.00. Il giorno dell'incidente arrivarono dopo pranzo e cominciarono le perforazioni. Insieme a Be. avevano deciso di finire il cantiere quella sera. In effetti l'incidente, per crudele ironia della sorte, avvenne proprio mentre stavano collocando l'ultimo chiodo del cantiere.
Be. come caposquadra redigeva i rapportini di cui all'allegato 14 delle produzioni effettuate in udienza dal PM, e li consegnava a To.
Non era stata impartita nessuna direttiva da parte di To. su come effettuare i lavori. In particolare il teste si rese conto che c'era una "scorta" di personale delle Ferrovie solo perché vide l'addetto sul cantiere, qualche tempo dopo il loro arrivo.
Veniva comunemente usato il furgone della ditta per attraversare i binari e portare le macchine da una parte all'altra della massicciata. I lavoratori "si arrangiavano" per trovare i punti migliori per l'attraversamento, impiegando ogni volta anche un quarto d'ora per completare la manovra.
L'addetto delle ferrovie segnalava a voce l'arrivo dei treni. La sua presenza era garantita dalle 08.00 alle 16.00. To. (o chi per esso) non diede mai disposizioni di interrompere quando l'addetto delle ferrovie terminava il suo servizio. Già in altre occasioni era capitato di lavorare nel cantiere di Mezzocorona dopo le ore 16.00, senza la scorta dell'addetto delle ferrovie.
Il compressore rimaneva sempre acceso durante il lavoro. La sera dell'incidente, come altre volte, non indossavano i giubbotti ad alta visibilità, pure in dotazione. Nessuno aveva detto loro come comportarsi quando andava via l'addetto alle segnalazioni di arrivo dei treni.
Fu proprio Be. a decidere di finire quella sera rimanendo fino alle 20.00.
Be. non disse che dopo l'allontanamento dell'addetto delle ferrovie non dovevano attraversare i binari e dovevano tenersi ad almeno 2 metri dalla linea ferroviaria. Il To. non era mai venuto in cantiere. Pr. aveva 4 o 5 squadre in giro per il No. per effettuare le perforazioni, tutte con pochi addetti.
L'orario di lavoro era normalmente di 9 ore.
E' stato di seguito sentito Co.Fa., altro componente della squadra, operaio specializzato. Il teste, giova premetterlo, si era mostrato nell'immediatezza condizionato e scarsamente attendibile, tanto da dover costringere le parti a ripetute contestazioni di quanto riferito a s.i. nell'immediatezza, praticamente subito dopo il collega Po.
Il nucleo delle sue dichiarazioni può essere sintetizzato come segue. Anch'egli lavorava tutti i giorni, e per la prima volta a contatto con la ferrovia. Ha confermato che dovevano sostare sui binari per cinque o sei volte al giorno, 5 minuti ca. per volta, per effettuare degli allineamenti. Ha confermato pure la dinamica dell'incidente, aggiungendo di avere avvertito l'arrivo del treno e cercato di avvertire Be., che però non poteva sentire, per il forte rumore del compressore appena entrato in funzione.
L'orario di lavoro era di 9 h. ca. al giorno, dalle 8 alle 18.00, con intervallo di un'ora per il pranzo. Il giorno dell'incidente iniziarono i lavori dopo la pausa pranzo. Lavorarono fino a tardi perché era l'ultimo foro, e comunque dovevano recuperare le ore di lavoro della giornata, iniziata più tardi del normale.
L'addetto delle ferrovie, quando era presente, segnalava l'arrivo dei treni e permetteva di effettuare in sicurezza le operazioni di allineamento sui binari. L'addetto rimaneva solo dalle 8 alle 16. To. non aveva dato disposizioni di interrompere il lavoro (in assenza della scorta, e prima dell'incidente era già capitato più volte di dover attraversare i binari senza la presenza dell'addetto delle ferrovie, e dunque senza protezione.
Mai nessuno della ditta Pr. aveva effettuato controlli sul cantiere, dove pure talvolta non venivano usati con la dovuta assiduità i dispositivi di sicurezza, pure disponibili; il risultato è che gli addetti al cantiere sembravano, almeno in alcune fasi, abbandonati a sé stessi.
Sapeva che la Pr. era subappaltatrice di Co. S.p.A., un cui addetto veniva ogni tanto in cantiere per controllare l'avanzamento dei lavori.
La vittima e la compagna De. convivevano già da tempo, circa un anno. Il teste era stato anche a casa loro. Erano amici. Be. gli aveva confidato che di lì a poco sarebbe diventato padre.
E' da sottolineare che il teste, anche all'esito delle contestazioni, non ha confermato tutto quanto dichiarato nell'immediatezza circa la presenza giornaliera in cantiere di addetti Co. e circa il divieto assoluto e perentorio di attraversare i binari in assenza di scorta, utilizzando eventualmente il furgone per andare dall'altra parte dei binari.
La dichiarazione d'udienza è stata nel senso che gli addetti di Co. erano venuti al massimo una o due volte, non tutti i giorni, come falsamente riferito alla PG. In definitiva questo teste, che inizialmente aveva reso una versione difforme in modo inquietante rispetto a quella riportata dal collega di lavoro superstite, oggi ha in buona parte superato dette difformità, allineandosi in maniera sostanziale a quanto rappresentato dall'altro lavoratore.
La spiegazione delle difformità e la recuperata credibilità della fonte rispetto a quanto narrato nel contraddittorio delle parti risiedono, ad avviso del Tribunale, nella circostanza (ammessa dal teste) che dopo l'incidente arrivò sul posto To., ed insieme si ebbe ovviamente modo di parlare della dinamica letifera, proprio mentre Po. veniva sentito dalla Po. Co., in pratica, venne sentito dopo che aveva avuto modo di parlare riservatamente con il proprio datore di lavoro. E' dunque probabile, ed in qualche misura anche umanamente comprensibile, anche se non del tutto giustificabile, che in questa fase egli possa essere stato istruito o quantomeno orientato, in modo da incartare per il prosieguo delle indagini una versione, per quanto possibile edulcorata, sulla dinamica del sinistro e sulle precedenti modalità di prestazione del lavoro in quel tragico cantiere.
E' stato sentito infine D'A.An., dipendente delle ferrovie, che ha descritto le modalità di svolgimento della protezione. L'accordo con i lavoratori era nel senso che dopo il suo allontanamento i lavoratori avrebbero dovuto lavorare solo all'esterno della strada ferrata. Il primo giorno di lavoro arrivarono in cantiere i suoi superiori ed un responsabile di una ditta operante, non meglio specificata.
Gli operai erano già arrivati.
Non ci fu nessun altro contatto diretto con le ditte. E' stato mostrato in udienza un c.d. M.40 con le istruzioni precise a Be.
All'udienza 25/11/2011 è stato sentito anzitutto il teste Ze. - Ispett. Lavoro UOPSAL APSS Trento, che acquisì nell'immediatezza i documenti relativi al cantiere (all. 6, 7, 9, 10, del PM; all. 19, con il quale COIPI conferma di avere ricevuto il documento 10, in accordo con l'annotazione scritta a penna a fol. 2 doc. 10) e i POS delle ditte (docc. 2, 3, 4); Co., in sostituzione del proprio organigramma, fornì il doc. 20 e la lettera 24/8/2006 dimessa in udienza dal PM (fol. 522 fasc. PM). La prova dello scambio dei POS è a docc. 17 e 18.
Furono acquisiti anche i rapportini giornalieri, sui quali i lavoratori Co. indicavano le ore di lavoro prestate in concreto.
La ricostruzione della dinamica del sinistro fu operata sulla base delle dichiarazioni dei due compagni di lavoro della vittima. Come si è anticipato, fu sentito dapprima il Po., e poi Co. To. arrivò sul posto mentre erano in corso le audizioni. Sulle qualifiche soggettive degli imputati il teste ha ricordato che Pr. era una S.r.l.; To. era presidente del C.d.A.; sul POS era indicato come datore di lavoro e responsabile per la sicurezza. Non esistevano ulteriori deleghe.
Co. non fornì organigrammi, al di là del documento 20 e della lettera 24/8/2006 c.s. dimessa. Sul POS To. risultava responsabile per la sicurezza e direttore tecnico di cantiere. Lo stesso risultava dai documenti predetti (doc. 2, pag. 2 per le funzioni di To.).
Riferisce ancora il teste che fu ravvisata la violazione dell'art. 4 co. 2 della 626; non era infatti previsto il pur immanente rischio di investimenti dei lavoratori per effetto del transito dei convogli. Neppure Co. si attivò per sanare questo tipo di lacuna. Il contestato difetto di coordinamento emerse all'esito delle indagini. Dal POS Pr. risultava come responsabile della sicurezza il To. (pagg. 4 e 6). Be., invece, non aveva i requisiti per poter ricoprire il ruolo di responsabile per la sicurezza. Era solo "caposquadra", qualifica atecnica derivante dalla mera anzianità di servizio.
Eventuali deleghe in materia di sicurezza per Co. erano state richieste insieme all'organigramma, ma non erano mai state fornite. Se ne era dedotta l'inesistenza di deleghe.
Era pacifico che Co. avesse subappaltato i lavori a Pr., e quindi era destinataria dell'obbligo di informazione.
Dalle dichiarazioni dei testi era emersa la saltuaria presenza in cantiere del solo Ma., oltre ai lavoratori addetti.
E' stata poi la volta dell'Ispett. Lavoro Tr., subentrato in un secondo momento nello svolgimento delle indagini su delega del PM. Tr. si occupava del contestato difetto di coordinamento fra i soggetti operanti in cantiere (RFI, committente; Co., appaltatrice e subappaltante; Pr., subappaltatrice).
E' stata pure acquisita, sull'accordo, l'annotazione di PG 17/1/2007, alla quale si rinvia per una migliore precisazione del contesto.
Il coordinamento fra le due ditte (oltre RFI, la cui posizione è stata definita a parte) doveva esserci e non c'è stato. Nei POS scambiati non c'era previsione del rischio connesso all'attraversamento dei binari, e nulla era stabilito in proposito. Non c'è infine stata trasmissione da Co. a Pr. del documento di cui al punto 9, dell'annotazione di PG 6/2007.
Nulla è stato riscontrato, nel corso delle indagini (ed in particolare sulla base delle dichiarazioni delle persone informate dei fatti), di quanto sostenuto da Co. nel doc. 19 produzione del PM.
Il POS avrebbe dovuto essere redatto prima dell'inizio dell'esecuzione dell'opera, in quanto deve essere specifico per il cantiere, e sempre in tali termini - come poi non è stato - si sarebbe dovuto procedere allo scambio dei POS fra le varie ditte operanti in cantiere.
De.El., compagna convivente della vittima all'epoca della sua morte, ha riferito che lei ed il povero De. si erano fidanzati nel maggio 2001; De. era andato a lavorare alla Pr. nel 2003; la convivenza era iniziata nell'ottobre 2004; la casa era in affitto; dopo la disgrazia, essendo rimasta praticamente senza mezzi di sussistenza, ella aveva dovuto fare ritorno dai propri genitori. Dalla loro unione era nato un figlio poche settimane dopo l'incidente. Attualmente, ha precisato ancora El., ella lavora part - time alla Lu. perché deve occuparsi del bambino, che si avvia a compiere 6 anni. Guadagna 800 Euro al mese; prima del part - time ne percepiva ca. 1.300. Viene ancor oggi aiutata da genitori e nonni.
Percepisce, per conto del figlio, una pensione INAIL di ca. 800 Euro al mese. Una piena conferma di quanto precede è venuta al Tribunale da parte di De.Re. e Co.Ro., amici della coppia dimoranti nei pressi della casa del padre di lei. In particolare, essi hanno ribadito che dopo la disgrazia El. era tornata a vivere con i genitori ed il figlio.
Nel corso dell'esame, avvenuto all'udienza 3/12, To. ha riferito di essere titolare di varie imprese fra cui, insieme a due soci, di Pr., di cui era ed è anche legale rappresentante.
Segue, in sintesi, il prosieguo dell'audizione.
Be. è suo dipendente. Assumono in subappalto un lavoro su linea ferroviaria.
To. si avvale di referenti tecnici che vanno a fare un sopralluogo, preparano una bozza di approccio e riferiscono. Egli è comunque responsabile formale della sicurezza. Il piano di sicurezza viene preparato da un suo esperto. To. non si reca mai in cantiere e nulla gli viene riferito su esigenze particolari concernenti la sicurezza, anche in considerazione del tipo di lavoro da effettuare. Il lavoro consisteva nel collegamento delle spallette della massicciata ferroviaria con tiranti, in modo da ottenere una struttura monolitica e resistente, p.e., ad eventi sismici. L'orario di lavoro della squadra era, di solito, 0730 - 1730/1800. Non ricorda se gli era stato detto dal socio delegato che c'era sul posto un agente delle ferrovie che vigilava sull'attraversamento dei binari. Comunque lo dava per scontato in forza della prassi. La cautela era dovuta, più che alla tutela dei lavoratori, a far si che i macchinisti non fossero soggetti a turbative nel momento in cui, p.e., veniva da loro avvistato un escavatore in movimento nei pressi dei binari. To. non ebbe mai a ricevere, neppure tramite i "rapportini" periodici, segnalazioni di esigente particolari.
Non sa e non sapeva all'epoca che il compressore adoperato aveva fatto registrare uno o più blocchi prima dell'incidente.
Ricevette notizia dell'incidente ad ore 19:50, a fine giornata. Ancora non sa spiegarsi perché i lavoratori si trovassero in cantiere a quell'ora, ed operassero senza protezioni in prossimità dei binari.
Il POS Pr. concerneva le lavorazioni specifiche affidate alla squadra, e non quelle già previste dal POS "di cantiere".
Non esistevano, all'epoca, deleghe scritte in materia di sicurezza. La parte logistica era affidata al socio De.Fa., padre di El., la convivente di Be. Non ha mai avuto contatti con il legale rappresentante di Co., neanche mai conosciuto (cfr. il contratto di subappalto in all. 7 prod. PM, denominato "convenzione").
Sottoposti gli all.ti 5, 10 e 11, To. ricordava l'avvenuta trasmissione a Co. dell'all. 11, e nutriva dubbi sul 5 e sul 10.
La descrizione dei rischi e le prescrizioni ai lavoratori pervenivano tramite preposto ed in sede di riunione generale di cantiere effettuata prima dell'inizio dei lavori. Nel caso specifico furono date sicuramente a Be., caposquadra, ed alla riunione partecipò anche De. Pr. poteva avere anche una 15na di cantieri aperti contemporaneamente. La perforazione non comportava, a suo giudizio, la necessità di attraversare i binari, perché la macchina operatrice lavorava seguendo l'angolazione ricevuta, e bastava poi collocare le "contropiastre" in corrispondenza del foro di uscita.
Il POS della Pr. riguardava solo le lavorazioni specifiche, mentre il rischio connesso all'eventuale attraversamento dei binari doveva essere previsto dal piano generale di cantiere.
La fine dei lavori era pianificata proprio per il giorno dell'incidente. Era stato Be. a dirglielo nel loro ultimo incontro.
E' stata poi la volta del teste Geom. Ma., responsabile di cantiere per Co., che si occupava di contabilità e direzione tecnica "sul campo" (acquisito il verbale s.i. da lui rese in data 26/5/2006). Il teste ha precisato di essersi recato varie volte in cantiere, e di essersi sempre rapportato con Be. Si parlava di tematiche operative e di sicurezza. Ma. aveva sempre ribadito il divieto assoluto di attraversare i binari, se non in presenza dell'addetto delle Ferrovie. I documenti venivano di solito inviati alle ditte subappaltatrici a mezzo posta o fax.
L'orario di lavoro di Pr. veniva stabilito da quella squadra in autonomia.
To. si presentava come legale rappresentante e responsabile per la sicurezza di Co. Per effettuare il lavoro occorreva tendere la "lenza" e quindi attraversare e sostare, anche se per breve tempo, sulla linea ferroviaria. Detto lavoro andava effettuato solo in sicurezza e sotto la diretta sorveglianza e tutela dell'incaricato FF.SS., che era in contatto anche con i macchinisti dei treni in transito.
Ca.Ma., responsabile del cantiere per le FF.SS. - Acquisito, sull'accordo, il verbale di s.i. in data (...) - ha riferito infine che i lavori inizialmente sembrava dovessero essere effettuati sulla "spalla" della massicciata, senza contatto fisico con i binari. La necessità di attraversamento emerse però in corso d'opera, perché non si riusciva a fare i necessari allineamenti, per i quali si sarebbe dovuto disporre (come non era) di una speciale sonda con goniometro. Per questo si decise di effettuare queste operazioni solo sotto tutela e sorveglianza di un addetto delle FF.SS. Alla riunione parteciparono Ma. delle FF.SS., Ma. e forse il capo della precedente squadra. Il suo unico interlocutore in materia di sicurezza fu il geom. To., di Co. Il teste si recava spesso in cantiere. Lì trovò per un paio di volte il geom. Ma. e vide To. una sola volta, il giorno seguente l'apertura del cantiere, approfittando dell'occasione per comunicargli la necessità, emersa nei termini anzidetti, di attraversamento dei binari per effettuare l'allineamento, con le cautele connesse. Il teste ha infine confermato di ben conoscere i documenti 5, 10 e 11, riconoscendo di avere scritto lui stesso la nota in calce al doc. 11, poi consegnato a mano al responsabile di Co.
L'assetto contrattuale nel quale operavano i lavoratori addetti al cantiere di Mezzocorona può essere descritto riprendendo, sul punto, la memoria dimessa in udienza dal PM;
memoria che, in quanto esaustiva e pienamente aderente agli atti, si ritiene di poter qui di seguito utilizzare, nei suoi tratti salienti, come parte integrante della presente motivazione.
Il cantiere di Mezzocorona (cfr. deposizione ed annotazione (...) Isp. Tr., della Sezione P.G. settore lavoro, che ha ricostruito documentalmente i rapporti contrattuali tra i predetti tre soggetti, ai punti 5/12. La suddetta relazione nella parte de qua è stata acquisita, col consenso delle parti, al fascicolo del dibattimento e dichiarata utilizzabile ai fini della decisione) era stato aperto nell'ambito di un contratto di manutenzione stradale tra:
- Re. S.p.A. (Rf. S.p.A.) - Unità Territoriale Bolzano, ditta committente di lavori di manutenzione del corpo stradale, con sede in via (...) Bolzano (BZ). La struttura dipende dalla Direzione Compartimentale
Infrastrutture di Verona - Mantenimento in Efficienza con sede in Piazzale (...) - Verona (VR).
- Co. SpA con sede legale in via (...) - Colle (...).
Ditta appaltatrice di tutti i lavori di manutenzione di cui al contratto di appalto con le Ferrovie.
Nell'ambito dei predetti rapporti contrattuali tra RF. e Co. S.p.A. la Pr. S.r.l. subentrava in forza di un contratto di subappalto stipulato con la Co. (subappaltante).
- Pr. S.r.l. con sede legale in zona industriale, 7/B - Santa Giustina (BL).
Ditta che doveva eseguire in subappalto per la Co. S.p.A. solo i lavori di perforazione per l'inserimento dei tiranti sul ponte di ferro al m. 113 + 378 della linea Verona Brennero.
Più in particolare, in data (...) veniva stato stipulato fra Re. S.p.A. (Rf. S.p.A.) e la ditta Co. S.p.A. un contratto di manutenzione (cui è allegato il PSC delle Rf.) del corpo stradale ricadente nella giurisdizione della direzione compartimentale infrastruttura di Verona relativamente agli anni 2004 - 2005 (Unità territoriale Bolzano - Bolzano sud) (all. 6 produzioni del PM). Tale contratto è molto dettagliato nelle prescrizioni riguardanti i profili di sicurezza dei lavoratori della Rf., della Co. e di eventuali ditte subappaltatori, imponendo una seri di oneri di informazione e di concreta adozione di misure antinfortunistiche proprio in capo alla Co., ditta appaltatrice. Si veda in particolare l'art. 10 del predetto contratto, punti 3.6.7.8, che ribadisce l'obbligo contrattualmente imposto alla Co. di attivarsi a fronte delle carenze del POS della Pr.
In data 17.5.2004 la Rf. redigeva l'ordine di servizio n. 1 (allegato 5 produzioni PM) contenente una serie di prescrizioni indirizzate alla Co., sua interlocutrice contrattuale, fondamentali in materia di sicurezza dei lavoratori impegnati nei lavori di manutenzione ed una precisa indicazione relativa all'ipotesi in cui la Co. avesse stipulato contratti di subappalto con altre imprese. In forza di tale indicazione la Co. aveva l'obbligo contrattuale di fornire copia del predetto ordine di servizio alle imprese subappaltatrici, tenute a loro volta a rispettare le prescrizioni del predetto ordine di servizio, obbligo cui la predetta società ottemperava, come da essa stessa dichiarato nel documento 22.6.2006 indirizzato all'Uopsal di Trento (all. 19 produzioni PM).
In data (...) veniva redatta fra Rf. S.p.A. e Co. S.p.A. la specifica di lavoro n. 6 anno 2005. I lavori consistevano nell'intervento manutentivo alla spalla lato Trento del ponte in ferro al km. 113 + 878 della linea Verona - Brennero e sistemazione area circostante. I giorni per portare a termine l'esecuzione dei lavori erano fissati in 67. La specifica veniva firmata dal responsabile della struttura della Rf. S.p.A. ing. Za.Fi., dal direttore dei lavori geom. Ca.Ma. e dal geom. Pe.Lu., assistente ai lavori, entrambi dipendenti della Rf. S.p.A.
In data 27/05/2005 la ditta Co. S.p.A. stipulava convenzione con la ditta Pr. S.r.l. per il lavoro di "perforazione per l'inserimento di tiranti sulla spalla lato Trento del ponte ferroviario al km. 113 + 878" (all. 7 produzioni del PM).
In data 06/06/2005 Co. S.p.A. inviava ad Rf. S.p.A. richiesta di autorizzazione al subappalto per i lavori di perforazioni per posa tiranti, da affidare alla ditta Pr. S.r.l. In data (...) la Rf. S.p.A. autorizzava la ditta Co. S.p.A. a subappaltare i lavori sopraccitati con nota a firma dell'ing. Za.Fi.
In data (...), come da verbale n. 11 interno alla Rf. S.p.A. (all. 10 produzioni del PM), venivano presi fra il capo reparto lavori di Trento e il capo reparto tecnico gestione lavori di Bolzano degli accordi riguardanti l'intervento manutentivo alla spalla del ponte in ferro al Km. 113 + 878 della linea Verona - Brennero. Tali accordi prevedevano anche specifici obblighi per la ditta Co. In calce al documento compare la dizione "consegnato a mani alla ditta Co. in data (...) (stessa data in cui il geom. Ca. delle ferrovie dello Stato effettua formale consegna dei lavori a To., della ditta Co., che sottoscrive il verbale), per cui è verosimile, anche se non decisivo, ritenere che sia stato proprio To. il soggetto nelle cui mani è stato consegnato il verbale n. 11/2005 del (...). Comunque è certo, in quanto dichiarato anche dalla Co. nella lettera inviata all'Uopsal il 22.6.2006 (all. 19 produzioni PM), che tale verbale non sia mai stato consegnato dalla Co. Alla Pr. S.r.l., subdelegata a svolgere quei lavori cui il verbale si riferisce. Si tornerà in prosieguo sul fatto che l'onere di trasmissione a Pr. gravasse contrattualmente in capo alla Co., come esplicitato anche nel corso della deposizione dell'Isp. Tr. e come si desume dallo stessa lettera all'Uopsal sopra richiamata, in cui la Co. giustifica tale mancata trasmissione affermando che i predetti ordini erano stato discussi più volte con le maestranze sul cantiere in presenza della D.L. delle RFI e dei loro tecnici di cantiere (circostanza peraltro smentita, come si è detto, dai compagni di lavoro del Be.).
In data (...) il geom. Ca.Ma. della Rf. S.p.A. effettuava formale consegna dei lavori alla ditta Co. S.p.A., rappresentata dal geom. To.Cl.
Il giorno (...) il capo tecnico superiore della Rf. S.p.A., sig. Sp.Qu., incaricava verbalmente il sig. D'A.An. di organizzare per il giorno 29/08/2005 la protezione del cantiere.
In data (...) il sig. D'A.An., in qualità di dipendente della Re. S.p.A. Rf. S.p.A.) secondo tronco di Trento, con la qualifica di tecnico operativo incaricato della protezione del cantiere della ditta Pr. S.r.l., ubicato alla progressiva 113 + 878 sulla linea ferroviaria del Brennero, tra la stazione di Mezzocorona e di Salorno, consegnava al "responsabile della ditta Pr. sig. Be.De., avviso di attenersi all'orario del personale delle ferrovie (07,30 - 12,12 e 13,30 - 16,00) e, dopo questo orario, tenersi ad una distanza minima di 2 metri dalla più vicina rotaia e non attraversare i binari".
Passando dunque all'esame delle posizioni di garanzia (ripetesi: To. in quanto legale rappresentante della ditta Pr. S.r.l.; To. in quanto direttore tecnico e responsabile di cantiere e della sicurezza della ditta Co. S.p.A.), si sottolinea ancora che l'Ispett. Ze. ha accertato tramite la visura camerale, l'organigramma fornito dall'interessato ed il P.O.S. che Pr. era una società a responsabilità limitata, che il presidente del consiglio di amministrazione era il To., e che lo stesso era indicato quale datore di lavoro, nonché legale rappresentante. Il tutto in conclamata assenza di deleghe a persone diverse da To. per la sicurezza. Per quanto riguarda invece il To. per la Co., egli risultava dalle scritture della Camera di Commercio come direttore tecnico della società Co., ed anche sul POS Co. egli risultava responsabile del servizio di prevenzione e protezione, nonché responsabile per la sicurezza. In sintesi, To. era legale rappresentante e datore di lavoro, formale e sostanziale, per la Pr. S.r.l., società in cui non esistevano deleghe formali in materia di sicurezza. To. era dal canto suo formalmente direttore tecnico, responsabile di cantiere della Pr. nonché di fatto responsabile per tutte le questioni inerenti la sicurezza dei lavoratori sul cantiere, in assenza, all'interno della società Co., di tali competenze in capo al legale rappresentante e di deleghe formali in materia di sicurezza in capo ad altri soggetti. Il che comporta che in capo ad entrambi si consolidavano gli obblighi e le responsabilità di legge, sulle quali pare sufficiente, anche per la notorietà del tema, il rinvio, p.e., a Cass. Pen. Sez. 4, Sent. n. 12673 del 04/03/2009 Ud. (dep. 20/03/2009) Rv. 243216.
Tirando le somme di quanto finora esposto, deriva in modo evidente che in fattispecie venne a mancare qualsiasi collegamento fra i garanti in merito all'evidente e gravissimo rischio, cui erano esposti i lavoratori, in ragione dell'evidente necessità, per loro, di attraversare e sostare sui binari, al fine di eseguire con precisione il lavoro di allineamento. E ciò senza che To. neppure elaborasse il Piano Operativo di Sicurezza per la propria ditta tenendo conto del rischio da investimento da treni in transito, a cui erano soggetti i suoi lavoratori; il che, come è fin troppo evidente e purtroppo asseverato dal verificarsi dell'evento luttuoso, comportò sia la mancata attuazione di qualsiasi misura di protezione e prevenzione, sia la mancata vigilanza sull'osservanza da parte dei propri dipendenti delle norme in materia di sicurezza, tanto più che detto To. mai si recò in cantiere, o curò che altri in sua vece si recasse, al fine di verificare e valutare sul posto se vi fossero particolari esigenze o necessità da attuare in tema di antinfortunistica.
Alla grave carenza del POS della Pr. S.r.l. non si ovviò neppure con un'idonea informazione verbale fornita dal To. ai propri dipendenti, né con l'effettiva predisposizione di misure idonee ad evitare il rischio di investimento da treno. E' sufficiente rinviare sul punto, ancora una volta, alle deposizioni di Po. e Co., che parlarono con To. solo la mattina del 29.8.2005, durante la riunione in ditta, prima di partire per il primo giorno di il cantiere. Nell'occasione non fu data loro alcuna direttiva specifica su come lavorare in sicurezza sul cantiere ed attuare senza rischi l'attraversamento dei binari; neppure si parlò della presenza di un addetto delle ferrovie incaricato di vigilare sull'incolumità dei lavoratori, appresa da questi ultimi soltanto in un secondo momento ed in loco; e neppure si può sottacere, ad abundantiam, che nonostante To. fosse a conoscenza degli orari di lavoro dei suoi operai (8,30/18,00 di media) mai si era preoccupato di stabilire una riduzione o comunque fare in modo che i lavori sulla linea cessassero inderogabilmente una volta venuta meno la scorta di sicurezza.
Il profilo della mancata cooperazione coinvolge, specularmente, oltre a To. anche To., direttore del cantiere e responsabile per la sicurezza per la ditta Co. (non essendo il caso di soffermarsi sulla posizione Za. di Rf., definita a parte). In effetti, come giustamente ricorda il PM, ci si trova in presenza di "... un contratto di appalto che nasce all'interno della struttura aziendale delle Rf., che viene poi aperta alla Co. In forza del contratto di appalto per la manutenzione stradale e, a cascata, alla Pr. in forza del contratto di subappalto. Mentre il contratto di appalto e gli ordini di servizio delle Rf. (ordine di servizio n. 1 del 7.5.2004, verbale n. 11/2005 del 16.8.2005 di cui agli all. 5 e 10 delle produzioni del PM) sono molto puntuali nell'individuare, in materia di sicurezza dei lavoratori, precisi obblighi a carico della Co., ditta appaltatrice rispetto al contratto principale, altrettanto non può dirsi per il contratto di subappalto, assolutamente carente sul punto ...". Limitandosi peraltro il thema decidendum al solo "segmento di cooperazione" riguardante gli odierni imputati, l'Isp. Tr. ha giustamente sottolineato come il difetto di cooperazione tragga origine e dimensione dalle seguenti, comprovate circostanze:
1. mancata trasmissione dalla Co. alla Pr. di documenti fondamentali di RFI consegnati da questa alla Co. e mai giunti alla Pr.;
2. insussistenza di un coordinamento anche solo verbale tra Co. e Pr. in ordine al rischio di investimento treni, come si desume dalle deposizioni dei compagni di lavoro del Be., che hanno concordemente negato di avere mai ricevuto delle direttive specifiche sul punto da To. e/o To., mai visti sul cantiere;
3. infungibilità di un coordinamento orale con quello prescritto dall'art. 7 comma 2 L. 626/94 (cfr., sul punto, Cass. Pen. Sez. IV, Sent. n. 26115 dell'08/05/2008 (dep. il 30/06/2008) Rv. 240781.
E' nozione comune che il garante della sicurezza sul lavoro deve controllare che siano osservate le disposizioni di legge in materia antinfortunistica e che la sua condotta omissiva sia penalmente rilevante in caso di infortunio del lavoratore, qualora egli sia venuto meno ai doveri di formazione e informazione ed abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa una eventuale prassi operativa pericolosa instauratasi in cantiere: è, infatti, il datore di lavoro che, quale responsabile della sicurezza del lavoro, deve operare un controllo continuo e pressante per imporre che i lavoratori rispettino la normativa e sfuggano alla tentazione, sempre presente, di sottrarvisi anche instaurando prassi di lavoro non corrette (ex plurimis: Cass. Pen., sez. IV, 8.10.2008, n. 39888, sez. IV, 14.12.2010, n. 5013).
Allo stesso modo: il datore di lavoro, quale diretto responsabile della sicurezza del lavoro, deve operare un controllo continuo e pressante per imporre che i lavoratori rispettino la normativa prevenzionale e sfuggano alla tentazione, sempre presente, di sottrarsi a essa anche instaurando prassi di lavoro non corrette e foriere di pericoli. Ne consegue che, qualora nell'esercizio dell'attività lavorativa si instauri una prassi "contra legem", o si modifichi una pratica lavorativa corretta, così creandosi comunque una situazione foriera di pericoli per gli addetti, è ravvisabile a carico del datore di lavoro il reato di omicidio colposo e/o di lesioni colpose aggravati dalla violazione delle norme antinfortunistiche nel caso in cui si verifichi un infortunio del dipendente e il datore di lavoro abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi. Ciò si evince non solo dall'art. 4 D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, che pone a carico del datore di lavoro non il solo obbligo di allestire le misure di sicurezza, ma anche una serie di controlli diretti o per interposta persona, atti a garantirne l'applicazione, ma soprattutto dalla norma generale di cui all'art. 2087 c.c., la quale dispone che l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro (Cass. Pen., sez. IV, 28.2.2008, n. 15234).
Nel caso di specie vi è invece piena prova che il garante non si è mai recato nel cantiere per assolvere all'obbligo di verifica della normativa prevenzionale antinfortunistica, per cui è appena il caso di aggiungere, in tema di giudizio controfattuale, che l'adozione delle cautele del caso (obbligo di lavoro sotto scorta di un dipendente delle ferrovie;
divieto assoluto di lavorare sui binari in mancanza di essa) e la loro diligente applicazione avrebbero escluso il verificarsi dell'evento dannoso con matematica ed invincibile certezza.
Si sostiene, da parte della difesa degli imputati, che la condotta del povero Be. sarebbe stata talmente negligente, imprudente ed imprevedibile da escludere, per abnormità, il nesso di causalità giuridica fra le omissioni enucleate in capo ai garanti e l'evento. Ritiene invece il Giudice che detta condotta non possa essere definita "abnorme" in quanto il lavoratore era comunque impegnato nel disbrigo delle proprie mansioni, e l'attraversamento dei binari dipese non da una circostanza terza ed estranea, bensì dallo spegnimento del compressore che azionava la sonda che serviva proprio per eseguire quel lavoro. In altre parole, non siamo in presenza di un fatto assolutamente eccezionale, del tutto al di fuori della normale prevedibilità: ipotesi che può verificarsi soltanto laddove il comportamento del lavoratore sia definibile come "abnorme", "del tutto anomalo", "esorbitante dalle normali operazioni di lavoro" ovvero "incompatibile con il sistema di lavorazione" cui il medesimo sia addetto.
Ciò, in quanto le norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore anche contro gli incidenti, intrinsecamente connaturali all'esercizio dell'attività svolta, derivanti da un suo comportamento colposo (Cass. Pen., sez. IV, 1.10.2008, n. 39883). Ne' può sostenersi che la qualifica atecnica di "capo squadra" in capo al B. possa in alcun modo esonerare il datore di lavoro dalla responsabilità per l'infortunio. Infatti, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro il datore di lavoro deve allestire le misure di sicurezza idonee; la presenza nel cantiere di un preposto (nella specie, trattavasi del capo squadra), salvo che (come non è nel caso di specie) non vi sia la prova rigorosa di una delega espressamente e formalmente conferitagli, con pienezza di poteri e autonomia decisionale, e di una sua particolare competenza, non comporta il trasferimento in capo allo stesso degli obblighi e delle responsabilità incombenti sul datore di lavoro (cfr. Cass. Pen., sez. IV, 10.2.2009, n. 20395).
Non sembra tuttavia neppure revocabile in dubbio che il povero Be., seppure verosimilmente stordito dal rombo del compressore ed affaticato dalla giornata di duro lavoro giunta quasi a termine, per di più in condizioni ambientali obiettivamente difficili (come è nel caso in cui si debba lavorare manualmente su una linea ferroviaria del tutto sprovvista di ripari, per di più in una calda giornata della notoriamente torrida estate trentina, che un noto detto popolare addirittura ricomprende, agli antipodi dell'inverno feltrino, fra le "pene dell'inferno"), abbia in qualche misura "concorso" alla propria morte, omettendo la pur elementare cautela di scrutare i binari prima di attraversarli. Il che, però, se può sembrare fin troppo ovvio per chi opera "di fino" in un ambiente confortevole e climatizzato, assume certamente una valenza diversa per chi debba lavorare vincendo prima di tutto lo sfinimento fisico e la routine, e che proprio per questo va tutelato, anche - se del caso - contro sé stesso, con l'estremo rigore imposto dal comune sentire, prima ancora che dalla granitica giurisprudenza in materia. Ed è proprio per questo che l'invocato c.d. "concorso di colpa" della povera vittima, pur sussistente, non può essere ragionevolmente collocato oltre la soglia prudenziale del 25%.
To.Cl. e To.It. vanno pertanto dichiarati colpevoli del reato loro ascritto e, concesse ad entrambi le equivalenti attenuanti generiche per il leale comportamento processuale, condannati ciascuno alla pena di mesi 6 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena interamente condonata ex L. n. 241/2006, per entrambi, ricorrendone i presupposti di legge e non apprezzandosi alcun motivo ostativo.
Gli imputati vanno inoltre condannati al risarcimento del danno in favore delle costituite PPCC da liquidarsi in separata sede, ritenuto il concorso di colpa della vittima ai fini della produzione dell'evento nella misura del 25%, nonché al pagamento di una provvisionale dell'importo complessivo di Euro 150.000, avuto riguardo anche all'abnorme lasso temporale decorso dal tragico evento ed alle impellenti necessità vitali sia della giovane convivente, sia del bimbo nato pochi giorni dopo la tragica scomparsa del proprio padre.
Vanno infine condannati alla rifusione delle spese di costituzione e patrocinio di PC, liquidate in complessivi Euro 12.500 oltre 12,5% per spese generali, IVA e CNPA.
Viene fissato il termine di gg. 30 per il deposito della sentenza, per la complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533 - 535 c.p.p.
Dichiara To.Cl. e To.It. colpevoli del reato loro ascritto e, concesse ad entrambi le equivalenti attenuanti generiche, condanna ciascuno alla pena di mesi 6 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Pena interamente condonata ex L. n. 241/2006, per entrambi.
Visti gli artt. 538 ss. c.p.p. condanna gli imputati al risarcimento del danno in favore delle costituite PP.CC. da liquidarsi in separata sede, ritenuto il concorso di colpa della vittima ai fini della produzione dell'evento nella misura del 25%, nonché al pagamento di una provvisionale dell'importo complessivo di Euro 150.000. Li condanna infine alla rifusione delle spese di costituzione e patrocinio di PC, liquidate in complessivi Euro 12.500 oltre 12,5% per spese generali, IVA e CNPA.
Visto l'art. 544 co. 3 c.p.p. fissa il termine di gg. 30 per il deposito della sentenza.