Cassazione Penale, 16 maggio 2012, n. 18826 - Trabattello inadeguato e infortunio sul lavoro: responsabilità di un datore di lavoro



 

Responsabilità di un datore di lavoro per infortunio sul lavoro di un dipendente di fatto (assunto da due giorni e non regolarizzato): quest'ultimo, che si trovava su un trabattello privo di parapetto intento a verniciare un angolare posto in alto, aveva infatti perso l'equilibrio ed era caduto a terra, sbattendo violentemente la testa e procurandosi lesioni personali gravi.

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Rigetto.

Innanzitutto giova premettere che, "al fine di escludere la responsabilità per reati colposi dei soggetti obbligati ex art. 4 del d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 a garantire la sicurezza dello svolgimento del lavoro, non è sufficiente che tali soggetti impartiscano le direttive da seguire a tale scopo, ma è necessario che ne controllino con prudente e continua diligenza la puntuale osservanza".

Con riferimento alla concreta fattispecie, non rileva infatti la presenza di un eventuale altro soggetto gravato da obbligo di garanzia, indicato dal ricorrente come preposto (di fatto): come condivisibilmente già ritenuto da questa Corte, se più sono i titolari della posizione di garanzia ovvero dell'obbligo di impedire l'evento, ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela.

Ad avviso della Corte, va poi assolutamente sottolineato - e trattasi di considerazione decisiva - che era stato ovviamente il datore di lavoro a mettere a disposizione del lavoratore il trabattello risultato inadeguato: a tale ultimo riguardo, giova evidenziare che i giudici di merito, sulla scorta delle acquisizioni probatorie (fotografie ed accertamenti dei verbalizzanti "in loco"), hanno precisato che il trabattello in questione era del tutto privo di parapetti, nemmeno rinvenuti sul posto, e presentava i bordi del piano di calpestio danneggiati con evidente instabilità e pericolosità dell'attrezzo, dunque, a prescindere dalla sua maggiore o minore altezza dal suolo.


 

Fatto




(...) veniva tratto a giudizio dinanzi al Tribunale di Torino per rispondere del reato di lesioni personali colpose in danno di C. secondo la seguente contestazione:

perché nella sua qualità di datore di lavoro e legale rappresentante della Ditta (...) s.n.c aveva cagionato, con colpa consistita in imprudenza, negligenza, imperizia e violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, al dipendente di fatto (...) (assunto da due giorni e non regolarizzato) lesioni personali gravi; con colpa specifica consistita, in particolare, nella violazione di cui all'art. 16 d.p.r. 164/56 per non aver dotato di idoneo parapetto il piano di impalcato di un trabattello posto ad una altezza di m. 2,15: di tal che, in conseguenza di tale omissione, il (...), che si trovava sul trabattello intento a verniciare un angolare posto in alto, aveva perso l'equilibrio ed era caduto a terra, sbattendo violentemente la testa e procurandosi le lesioni quali descritte nel capo di imputazione (in Torino, il 19/12/2006).

Il Tribunale, all'esito di giudizio svoltosi nelle forme del rito abbreviato, affermava la penale responsabilità dell'imputato condannandolo alla pena ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, concedendo la sospensione condizionale della pena e subordinando la stessa al versamento a favore della parte civile della provvisionale pari ad euro 100.000,00 da effettuarsi entro sei mesi dalla data del dispositivo della sentenza.

A seguito di rituale impugnazione dell'imputato, la Corte d'Appello di Torino confermava l'affermazione di colpevolezza pronunciata dal primo giudice, disattendendo la tesi difensiva secondo cui l'imputato sarebbe stato esonerato da qualsiasi responsabilità dalla presenza di un preposto indicato nella persona di tal (...) La Corte stessa confermava altresì il trattamento sanzionatorio riservato al (...) dal primo giudice e le statuizioni civili, eccezion fatta per l'entità della provvisionale che riduceva alla somma di euro 75.000,00.

In punto di responsabilità, la Corte distrettuale osservava che: il garante della sicurezza sul luogo di lavoro nel caso di specie era soltanto il (...), posto che l'infortunio era avvenuto all'interno dell'area di rischio, ben descritta dalla sentenza impugnata, nella quale si collocava il precipuo, primario obbligo del datore di lavoro (cioè l'imputato) di assicurare le più appropriate condizioni di sicurezza al lavoratore, anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati o disattenti del lavoratore stesso; le circostanze addotte a supporto dell'argomentare difensivo, o non erano state provate o dovevano considerarsi erronee: non era stato provato l'asserito "malore" del dipendente; il parapetto non era stato rinvenuto montato (bastava scorrere le indagini compiute dagli operatori ASL, per rilevare che il trabattello aveva un piano di calpestio instabile, per cui, a parte l'altezza da terra, era vieppiù essenziale la continuativa e scrupolosa osservanza della presenza di un parapetto, che avrebbe impedito la caduta della vittima); nel contesto nel quale si era verificato l'infortunio, non aveva rilevanza che la struttura da verniciare in quel momento non fosse alta da terra; secondo le dichiarazioni rese dall'infortunato, questi era stato adibito a svolgere attività lavorativa a oltre due metri dal suolo, senza alcuna specifica adeguata informazione sui rischi che avrebbe potuto correre,e senza il mezzo di prevenzione adeguato, tenuto anche conto del fatto che il detto piano di calpestio era instabile; quanto all'entità della pena, precisava la Corte territoriale che nulla poteva essere mutato rispetto all'equo e congruo trattamento operato dal Primo Giudice, avuto riguardo all'accentuata gravità del fatto, non solo per le sue modalità, ma anche per le gravissime lesioni cagionate all'infortunato; né potevano essere riconosciute all'imputato le attenuanti generiche, tenuto conto anche della condotta post factum rivelatrice di una indubbia scarsa sensibilità, così come, per le stesse ragioni, non poteva trovare accoglimento la richiesta di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria; la provvisionale poteva invece essere ridotta ad euro 75.000,001, tenuto conto di quanto nel frattempo versato.

Ricorre per cassazione il (...), tramite il difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione relativamente all'affermazione della colpevolezza ed al trattamento sanzionatorio, con censure che possono così riassumersi: 1) sarebbe stata data adeguata formazione ai dipendenti, dotandoli altresì di presidi antinfortunistici; sul cantiere, non vi era il (...) ma l'operaio specializzato di V livello metalmeccanico, il (...) persona qualificata e di esperienza, il quale aveva anche seguito corsi di formazione ed addestramento in relazione alla sicurezza; nel caso di specie le mansioni erano state affidate ai due lavoratori, sia quello qualificato, che quello specializzato: si trattava di mansioni semplicissime, da svolgere utilizzando le attrezzature loro fornite, provvedendo alla verniciatura della struttura interna, metallica,che era stata posizionata sul tetto; a fronte delle possibili modalità di esecuzione di tale opera, non occorrevano particolari istruzioni, se non quelle generiche di prudenza nell'operare, né particolari attrezzature se non il trabattello che già si trovava sul luogo; tenuto conto dell'altezza del lavoratore infortunato (mt. 1,76) e di quella della struttura da verniciare - pari a mt. 3,85 nel colmo e mt. 3,45 nella parte più bassa - il dislivello tra la testa del lavoratore e la parte più bassa del tetto era pari a mt. 1,72 e di mt. 2,09 rispetto alla parte più alta: dunque, il lavoratore, utilizzando il trabattello, avrebbe dovuto posizionare il piano di calpestio, secondo logica, ad un'altezza inferiore a m.2, posto che, ponendolo a m.2,20, egli, con la testa, sarebbe andato a toccare il soffitto che doveva verniciare, con la conseguenza che dovendo il trabattello essere utilizzato con il piano di calpestio ad un'altezza inferiore a m.2, non era necessario montare sullo stesso i ripari laterali, ripari che peraltro erano presenti sul cantiere, come rilevabile nella foto n.9 agli atti; non vi sarebbe stata pertanto la necessità di una particolare "raccomandazione" da parte del datore di lavoro, se non quella di usare la normale prudenza, e le nozioni ricevute nell'ambito dell'addestramento; l'impossibilità per l'imprenditore di essere contemporaneamente presente in più luoghi, aveva reso necessario che il (...) delegasse al (...) l'applicazione delle elementari norme di prudenza, che nel caso di specie consistevano non tanto nel montare i parapetti in questione, quanto nel posizionare il piano di lavoro ad un livello comodo e sicuro in relazione all'attività da eseguire; inspiegabile era che il piano di calpestio fosse stato posizionato a m.2,20, posto che così facendo la parte offesa avrebbe rischiato di sbattere continuamente la testa contro il soffitto della struttura; nel caso di specie, con un normale e corretto utilizzo dell'attrezzatura, l'obbligo di posizionare i parapetti (che peraltro vi erano) non sarebbe scattato, e quindi l'evento sarebbe derivato dallo scorretto utilizzo dell'attrezzatura da parte di chi in quel momento ne aveva la disponibilità, e cioè l'infortunato ed (...) donde l'insussistenza della responsabilità dell'imprenditore, a fronte di un comportamento abnorme del lavoratore, quale quello di posizionare il piano mobile del trabattello ad un'altezza di m.2,20, quando la stessa doveva essere minore, proprio al fine di evitare ulteriori rischi; 2) avrebbe errato la Corte di merito a negare le attenuanti generiche, non avendo tenuto conto dell'incensuratezza dell'imputato e neppure del suo comportamento nel corso degli anni, emerso, dimostrato e documentato, e cioè della circostanza che lo stesso avesse continuato, pur non essendone obbligato, a corrispondere somme di denaro mensili all'infortunato, al fine di aiutarlo nel suo sostentamento, prima nel corso della convalescenza, e poi dopo, anche allorquando già godeva della rendita INAIL, tanto da aver corrisposto in quel lasso di tempo una somma di oltre euro 30.000,00 all'infortunato; parimenti ingiustificato risulterebbe - a fronte dell'attuale situazione dell'azienda, prossima alla dichiarazione di fallimento, e alla situazione debitoria dell'imputato - il condizionare la concessione della sospensione della pena al versamento di una provvisionale, peraltro calcolata in misura maggiore o comunque simile all'intero danno differenziale a lui spettante; così come l'importo della provvisionale sarebbe stato determinato in maniera eccessiva e senza alcuna motivazione.

Diritto



Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

Mette conto innanzi tutto evidenziare che il (...) ha sostanzialmente riproposto le tesi difensive già sostenute in sede di merito e disattese dal Tribunale prima e dalla Corte d'appello poi. Al riguardo giova ricordare che nella giurisprudenza di questa Corte è stato enunciato, e più volte ribadito, il condivisibile principio di diritto secondo cui "è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev'essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell'art. 591 comma 1 lett. c), all'inammissibilità" (in termini, Sez, 4, n. 5191 del 29/03/2000 Ud. - dep. 03/05/2000 - Rv. 216473; CONF: Sez. 5, n.11933 del 27/01/2005, dep. 25/03/2005, Rv. 231708).

E va altresì evidenziato che il primo giudice aveva affrontato e risolto le questioni sollevate dalla difesa seguendo un percorso motivazionale caratterizzato da completezza argomentativa e dalla puntualità dei riferimenti agli elementi probatori acquisiti e rilevanti ai fini dell'esame della posizione del (...) di tal che, trattandosi di conferma della sentenza di primo grado, i giudici di seconda istanza, a fondamento del convincimento espresso, legittimamente hanno richiamato anche la motivazione addotta dal Tribunale, senza peraltro mancare di ricordare i passaggi più significativi dell'iter argomentativo seguito dal primo giudice e di fornire autonome valutazioni a fronte delle deduzioni dell'appellante: è principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione ("ex plurimis", Sez. 3, n, 4700 del 14/02/1994 Ud. - dep. 23/04/1994 - Rv. 197497). Nella concreta fattispecie la decisione impugnata si presenta dunque formalmente e sostanzialmente legittima ed i suoi contenuti motivazionali - quali sopra riportati (nella parte relativa allo "svolgimento del processo") e da intendersi qui integralmente richiamati onde evitare superflue ripetizioni - forniscono, con argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze probatorie, esauriente e persuasiva risposta ai quesiti concernenti l'infortunio oggetto del processo: la Corte distrettuale, dopo aver analizzato tutti gli aspetti della vicenda (dinamica dell'infortunio, posizione di garanzia del (...), nesso di causalità tra la condotta contestata e l'evento, comportamento della parte lesa) ha spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistente la penale responsabilità dell'odierno ricorrente. La Corte territoriale ha puntualmente ragguagliato il giudizio di fondatezza dell'accusa al compendio probatorio acquisito, a fronte del quale non possono trovare spazio (e deduzioni difensive, per lo più finalizzate a sollecitare una lettura del materiale probatorio diversa da quella operata dalla Corte distrettuale, ed in quanto tale non proponibile in questa sede.

Per completezza argomentativa si impongono solo talune ulteriori precisazioni in relazione alle questioni poste dal ricorrente.

Per quel che riguarda la tesi difensiva circa l'asserita estraneità del ... all'infortunio "de quo", la Corte distrettuale ha risposto a tale rilievo evincendo dagli elementi dimostrativi quelli specificamente afferenti l'effettivo ruolo di garante dell'imputato. Ed anche per quanto concerne le doglianze relative ai profili di colpa specifica ci si trova di fronte a prospettazioni che risultano formulate in difetto di correlazione con i contenuti della decisione impugnata e si risolvono in mere critiche discorsive a quest'ultima. Il compito del datore di lavoro è molteplice e articolato, e va dalla istruzione dei lavoratori sui rischi di determinati lavori - e dalla conseguente necessità di adottare certe misure di sicurezza - alla predisposizione di queste misure (con obbligo, quindi, ove le stesse consistano in particolari cose o strumenti, di mettere queste cose, questi strumenti, a portata di mano del lavoratore), e, soprattutto, al controllo continuo, pressante, per imporre che i lavoratori rispettino quelle norme, si adeguino alla misure in esse previste e sfuggano alla superficiale tentazione di trascurarle. Il datore di lavoro deve avere la cultura e la forma mentis del garante del bene costituzionalmente rilevante costituito dalla integrità del lavoratore, e non deve perciò limitarsi ad informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma deve attivarsi e controllare sino alla pedanteria, che tali norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro (cfr., Sez IV, 3 marzo 1995, Grassi).

Sul punto ebbero modo di intervenire anche le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. Un, n. 6168 del 21/05/1988 Ud. - dep. 21/04/1989 - Rv. 181121) enunciando il principio secondo cui "al fine di escludere la responsabilità per reati colposi dei soggetti obbligati ex art. 4 del d.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 a garantire la sicurezza dello svolgimento del lavoro, non è sufficiente che tali soggetti impartiscano le direttive da seguire a tale scopo, ma è necessario che ne controllino con prudente e continua diligenza la puntuale osservanza" (conf. Sez. IV, 25.9.1995, Morganti, secondo cui le norme antinfortunistiche impongono al datore di lavoro una continua sorveglianza dei lavoratori allo scopo di prevenire gli infortuni e di evitare che si verifichino imprudenze da parte dei lavoratori dipendenti). Né, con riferimento alla concreta fattispecie, rileva la presenza di un eventuale altro soggetto gravato da obbligo di garanzia, indicato in tale (...) che, a dire del ricorrente, rivestiva il ruolo di preposto (di fatto): come condivisibilmente già ritenuto da questa Corte, se più sono i titolari della posizione di garanzia ovvero dell'obbligo di impedire l'evento, ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge (Cass. sez. 4, 19.5.2004 n. 46515 riv. 230398) fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della suddetta posizione di garanzia, per cui l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione.

Ma vi è di più.

"In primis", non risulta fornita alcuna sicura e concreta prova circa l'affidamento al ... di tale specifico ruolo ed i relativi poteri effettivi, tant'è che lo stesso ricorrente ha affermato che il ... avrebbe svolto "di fatto" tale compito; secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, "in tema di infortuni sul lavoro, in ipotesi di delega di funzioni spettanti al datore di lavoro, è necessario verificare in concreto che il delegato abbia effettivi poteri di decisione e di spesa in ordine alla messa in sicurezza dell'ambiente di lavoro: e ciò anche indipendentemente dal contenuto formale della nomina" (così, "ex plurimis", Sez. 4, n. 40939 del 05/12/2002 - UD. 16/10/2002 - RV. 223296, Gracagnolo): orbene, non è dato comprendere da quali atti del processo sarebbero desumibili simili poteri di fatto del ... . Ed ancora, va altresì sottolineato - e trattasi di considerazione decisiva e tranciante - che era stato ovviamente il ..., quale datore di lavoro, a mettere a disposizione del lavoratore il trabattello risultato inadeguato: a tale ultimo riguardo, giova evidenziare che i giudici di merito, sulla scorta delle acquisizioni probatorie (fotografie ed accertamenti dei verbalizzanti "in loco"), hanno precisato che il trabattello in questione era del tutto privo di parapetti, nemmeno rinvenuti sul posto, e presentava i bordi del piano di calpestio danneggiati (pagg. 3 e 4 della sentenza di primo grado, specificamente richiamate dalla Corte d'Appello), con evidente instabilità e pericolosità dell'attrezzo, dunque, a prescindere dalla sua maggiore o minore altezza dal suolo.

La mancanza di una idonea protezione, addebitabile per quanto detto al ..., ha reso possibile il verificarsi dell'incidente e ciò è sufficiente ad integrare il nesso di causalità essendo assolutamente pacifica la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la eventuale imprudenza del lavoratore non elide il nesso di causalità allorché l'incidente si verifichi a causa del lavoro svolto e per l'inadeguatezza delle misure di prevenzione. La prospettazione di una causa di esenzione da colpa che si richiami alla condotta imprudente del lavoratore, non rileva allorché chi la invoca versa in re illicita, per non avere negligentemente impedito l'evento lesivo. Tanto meno la causa esimente è invocabile, se la si pone, come nel caso di specie, alla base del proprio errore di valutazione, assumendo che il sinistro si è verificato non perché si sia tenuto un comportamento antigiuridico, ma sol perché vi sarebbe stata, da parte del lavoratore infortunatosi, una condotta anomala ed inopinata: chi è responsabile della sicurezza del lavoro deve avere sensibilità tale da rendersi interprete, in via di prevedibilità, del comportamento altrui. In altri termini, l'errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti da parte dei lavoratori non è invocabile, non solo per la illiceità della propria condotta omissiva, ma anche per la mancata attività diretta ad evitare l'evento, imputabile a colpa altrui, quando si è, come nel caso "de quo", nella possibilità in concreto di impedirlo. È il cosiddetto "doppio aspetto della colpa", secondo cui si risponde sia per colpa diretta sia per colpa indiretta, una volta che l'incidente dipende dal comportamento dell'agente, che invoca a sua discriminante la responsabilità altrui. È da osservare, peraltro, che la normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l'incolumità del lavoratore non solo dai rischi derivanti da incidenti o fatalità, ma anche da quelli che possono scaturire dalla sue stesse disattenzioni, imprudenze o disubbidienze alle istruzioni o prassi raccomandate, purché connesse allo svolgimento dell'attività lavorativa. E' pur vero che destinatari delle norme di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro sono non solo i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti, ma anche gli stessi operai; tuttavia, l'inosservanza di dette norme da parte dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti ha valore assorbente rispetto al comportamento dell'operaio, la cui condotta può assumere rilevanza ai fini penalistici solo dopo che da parte dei soggetti obbligati siano adempiute le prescrizioni di loro competenza.

Nella concreta fattispecie, giova ricordarlo, rilievo assoluto e tranciante, ai fini della sussistenza della penale responsabilità del (...), assume la circostanza che fu proprio quest'ultimo, quale datore di lavoro, a mettere a disposizione del lavoratore quel trabattello assolutamente inadeguato, sotto il profilo delle misure di protezione, per l'attività lavorativa da svolgere: il che, in aggiunta alle considerazioni in punto di diritto sopra svolte, rende infondate le dedotte doglianze Parimenti prive di fondamento sono le ulteriori doglianze concernenti il trattamento sanzionatorio.

Le ragioni adottate dalla Corte territoriale a sostegno del diniego delle attenuanti generiche, sopra ricordate, appaiono adeguate e congrue, e si pongono del tutto in sintonia con i principi enunciati in materia dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui "ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall’imputato, essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l’uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione e delle circostanze ritenute di preponderate rilievo" (in tal senso, tra le tante, Sez. 1, N. 3772/94, RV. 196880).

Legittima deve ritenersi la subordinazione della sospensione condizionale della pena al versamento della provvisionale alla parte civile, così come questa Corte ha già avuto modo di precisare condivisibilmente: "il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato dal giudice, ove la condizione attenga al pagamento di una provvisionale in favore della parte civile sostitutiva, al versamento della somma dovuta entro un termine anteriore al passaggio in giudicato della sentenza, essendo la condanna, nella parte concernente la provvisionale, immediatamente esecutiva per legge" (in termini: Sez. 3, n. 126 de, 19/11/2008 Ud. - dep. 08/01/2009 - Rv. 242260; conf., "ex plurimis- Se, 1, n.5568 de/ 21/01/2004 Cc. - dep. 11/02/2004 - Rv. 2298 1- Sez. 6 n. 10022 del 03/10/1996 Ud. - dep. 22/11/1996 - Rv. 206366). Quanto infine all'ammontare della provvisionale iridata dai giudici di merito trattasi di questione non deducibile in sede di legittimità (Sez. Un., n. 2246 del 19/12/1990 Ud.- dep. 19/02/1991 - Rv. 186722; conf., "ex plurimis", Sez. 4, n. 34791 del 23/06/2010 Ud. - dep. 27/09/2010 - Rv.248348).

Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.




Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali