Cassazione Penale, Sez. 4, 10 maggio 2012, n. 17750 - Responsabilità di un delegato alla sicurezza per lesioni colpose in danno di un lavoratore: fresatrice priva di protezioni e mancata formazione
Responsabilità di un delegato alla sicurezza di una spa per lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme sulla prevenzione infortuni, in danno di un operaio: l'imputazione consistiva nell'aver consentito che il predetto operaio lavorasse presso una fresatrice non provvista di adeguate protezioni per evitare contratti tra gli arti e gli organi operatori. Sicchè mentre era intento al lavoro, la mano sinistra dell'infortunato veniva attratta dalla fresa che gli amputava il 5 dito con indebolimento permanente dell'organo della prensione.
Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Rigetto.
"Quanto alle doglianze di difetto di motivazione in ordine alla condanna, il giudice di merito ha richiamato la deposizione del teste G. (responsabile della produzione) il quale ha riferito che l'infortunato era adibito a mansioni poco qualificate e che il giorno dell'incidente era stato destinato alla fresatrice mai da lui prima utilizzata e dopo che gli erano state fornite sommarie informazioni sul suo utilizzo.
Ne ha dedotto il giudice di merito che tale carenza formativa era stata una delle cause dell'infortunio, unitamente alle rilevate carenze di sicurezza del macchinario, solo successivamente al fatto sanate. Sul punto la pronuncia non palesa carenze motivazionali o manifeste illogicità."
"Nè, peraltro, può attribuirsi ad un comportamento negligente della persona offesa la causa dell'incidente.
Infatti, come questa Corte ha più volte ribadito, in materia di infortuni sul lavoro, la condotta incauta del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute. Nel caso di specie, come correttamente segnalato nella sentenza di merito, lo C. ha patito l'infortunio mentre svolgeva la sua ordinaria attività di lavoro presso la macchina che gli ha procurato l'infortunio e che era priva di adeguati dispositivi di protezione. "
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente
Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere
Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere
Dott. IZZO Fausto - rel. Consigliere
Dott. VITELLI CASELLA Luca - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.F., n. a (Omissis);
avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano del 8/3/2011 (n. 843/11; R. Gen. 5726/10);
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Fausto Izzo;
Udite le conclusioni del Procuratore Generale dr. Elisabetta Cesqui che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Udite le conclusioni dell'Avv. Gildo Ursini, per l'imputato, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
Fatto
1. Con sentenza del Tribunale di Lecco del 16/6/2010, C.F. veniva condannato per lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme sulla prevenzione infortuni, in danno dell'operaio C. T.P. (acc. in (Omissis)). All'imputato, concesse le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante, veniva irrogata la pena di mesi 2 di reclusione, pena condonata.
Al C. veniva addebitato che, in qualità di delegato alla sicurezza della s.p.a. "K.", per negligenza imprudenza ed imperizia, nonchè per violazione del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 68, aveva consentito che il predetto operaio lavorasse presso una fresatrice non provvista di adeguate protezioni per evitare contratti tra gli arti e gli organi operatori. Sicchè mentre era intento al lavoro, la mano sinistra del C. veniva attratta dalla fresa che gli amputava il 5 dito con indebolimento permanente dell'organo della prensione. Osservava il Tribunale che attraverso l'istruttoria e le deposizioni dei testi G. e R. era emerso che:
- il C. era investito di una formale delega, con annessi poteri di spesa;
- aveva lui destinato il C. al lavoro presso la fresa, sebbene non l'avesse mai prima utilizzata, tanto vero che era stato necessario diminuire la velocità di movimento della macchina;
- la fresa era priva di idonee protezioni o dispositivi di blocco automatico. Sulla base di tali rilevate carenze della sicurezza del macchinario, il Tribunale giungeva alla condanna dell'imputato in ragione della sua colposa condotta omissiva.
Con sentenza del 8/3/2011 la Corte di Appello di Milano confermava la pronuncia di condanna. Osservava la Corte di merito, dopo avere respinto un'eccezione di nullità per violazione del principio di correlazione, che nessuna abnormità era rilevabile nella condotta del lavoratore al momento del fatto, in quanto le misure di prevenzione sono preordinate proprio a prevenire incidenti determinati da disattenzione. Inoltre la circostanza che dopo l'infortunio la fresa fosse stata messa a norma su imposizione dell'ASL, avvalorava la circostanza che prima del fatto il macchinario non fosse dotato di adeguati presidi.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando:
2.1. la violazione del principio di correlazione e quindi degli artt. 521-522 c.p.p. e art. 6 C.E.D.U., in quanto la condanna era stata basata su un profilo di colpa non contestato, quale il difetto di formazione della vittima in relazione al macchinario che stava utilizzando al momento dell'infortunio. Nè poteva ricondursi tale addebito ad argomentazioni difensive, in quanto erano state le domande del P.M. e del giudice ad introdurre tale circostanza.
2.2. La violazione del diritto di difesa, in quanto la contestazione del diverso profilo di colpa aveva indotto il giudice ad un giudizio di equivalenza e non prevalenza delle attenuanti generiche; alla determinazione della pene in misura maggiormente severa; inoltre non aveva consentito di valutare preventivamente l'opportunità della scelta di un rito alternativo.
2.3. Il difetto di motivazione da parte della corte di merito in relazione al secondo profilo di colpa rilevato dal Tribunale di Lecco e cioè il difetto di formazione della vittima. Infatti, di fronte ad un pezzo era rimasto incastrato nella fresatrice, lo C., invece di bloccare la macchina schiacciando l'apposito pulsante, aveva aggirato le barriere fisse di protezione, inserendo la mano vicino agli organi in movimento. Trattandosi di un comportamento abnorme, la responsabilità doveva essere ancorata ad un difetto di formazione su cui però il giudice di appello non aveva speso parola e che peraltro non sussisteva, tenuto conto che il C. aveva lavorato presso macchinari più complessi.
2.4. La intervenuta prescrizione del delitto, alla data del 23/3/2011, nel corso del giudizio di appello.
Diritto
3. I motivi di ricorso sono infondati e, pertanto, l'impugnazione deve essere rigettata.
3.1. Con i primi due motivi di censura la difesa dell'imputato ha lamentato la violazione del principio di correlazione, laddove al C. era stato contestato il delitto in relazione ad una carenza delle misure antinfortunistiche del macchinario, mentre in sentenza si era ravvisata la sua responsabilità anche per una carenza di formazione dello C. in relazione al suo utilizzo. Sul punto va osservato che l'attribuzione allo C. di un titolo di colpa diverso non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza e non ha determinato alcuna violazione del diritto di difesa.
Infatti, premesso che le modalità dell'incidente sono state chiarite in modo inequivocabile durante l'istruttoria dibattimentale e che pertanto su tali circostanze l'imputato è stato messo in grado di difendersi, va ricordato come questa corte di legittimità, con giurisprudenza consolidata, abbia statuito che "Nei procedimenti per reati colposi, quando nel capo d'imputazione siano stati contestati elementi generici e specifici di colpa, la sostituzione o l'aggiunta di un profilo di colpa, sia pure specifico, rispetto ai profili originariamente contestati non vale a realizzare una diversità o mutazione del fatto, con sostanziale ampliamento o modifica della contestazione. Difatti, il riferimento alla colpa generica evidenzia che la contestazione riguarda la condotta dell'imputato globalmente considerata in riferimento all'evento verificatosi, sicchè questi è posto in grado di difendersi relativamente a tutti gli aspetti del comportamento tenuto in occasione di tale evento, di cui è chiamato a rispondere (Cass. 4^, 38818/05, De Bona; conf. Cass. 1^, 11538/97, Geremia; Cass. 4^, 2393/05, Tucci; Cass. 4^, 31968/09, Raso).
Tale orientamento giurisprudenziale ha, di recente, ricevuto l'avallo delle Sezioni Unite, le quali hanno ribadito che "In tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'"iter" del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 36551 del 15/07/2010 Ud. (dep. 13/10/2010) Rv. 248051).
Nel caso di specie la persona offesa è stata sentita in dibattimento come primo testimone ed a seguire sono stati esaminati altri testi, in contraddittorio tra le parti e, quindi, con la possibilità di proporre domande ed eventualmente stimolare i poteri officiosi del giudice ai sensi dell'art. 507 c.p.p..
Ne consegue che nessuna vulnerazione del diritto di difesa si è maturata, per cui le censure formulate sul punto sono infondate.
3.2. Quanto alle doglianze di difetto di motivazione in ordine alla condanna, il giudice di merito ha richiamato la deposizione del teste G. (responsabile della produzione) il quale ha riferito che lo C. era adibito a mansioni poco qualificate e che il giorno dell'incidente era stato destinato alla fresatrice mai da lui prima utilizzata e dopo che gli erano state fornite sommarie informazioni sul suo utilizzo.
Ne ha dedotto il giudice di merito che tale carenza formativa era stata una delle cause dell'infortunio, unitamente alle rilevate carenze di sicurezza del macchinario, solo successivamente al fatto sanate. Sul punto la pronuncia non palesa carenze motivazionali o manifeste illogicità.
Nè, peraltro, può attribuirsi ad un comportamento negligente della persona offesa la causa dell'incidente. Infatti, come questa Corte ha più volte ribadito, in materia di infortuni sul lavoro, la condotta incauta del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta:
in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (ex plurimis, Cass. 4, n. 21587/07, rif. Pelosi, rv. 236721). Nel caso di specie, come correttamente segnalato nella sentenza di merito, lo C. ha patito l'infortunio mentre svolgeva la sua ordinaria attività di lavoro presso la macchina che gli ha procurato l'infortunio e che era priva di adeguati dispositivi di protezione.
Pertanto la circostanza che la persona offesa, presa dalla routine del lavoro e da un eccesso di sicurezza, abbia avvicinato imprudentemente la mano agli organi in movimento della fresatrice, non costituisce comportamento abnorme idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta omissiva dell'imputato e l'evento, condotta connotata da colpa, tenuto conto che le cautele omesse erano proprio preordinate ad evitare il rischio specifico (lesione alla mano) che poi concretamente si è materializzato nell'infortunio in danno dello C.. Inoltre non può non evidenziarsi come il comportamento incauto del lavoratore sia frutto anche del difetto di formazione, che non gli ha consentito di valutare adeguatamente i rischi connessi alle modalità dell'operazione di manutenzione che si accingeva a svolgere. Ne consegue che anche tale motivo di impugnazione è infondato.
3.3. Infine, quanto alla doglianza circa la maturata prescrizione, va osservato che il fatto risale al (Omissis); pertanto la prescrizione ordinaria, comprensiva di interruzione (sette anni e mesi sei), si è maturata alla data del 23/3/2011, a cui vanno aggiunti mesi 10 e giorni 4 di sospensione del corso della prescrizione per rinvio di udienza determinato da istanza del difensore (non per legittimino impedimento), dal 14/1/09 al 18/11/09, che sposta la definitiva data di estinzione del delitto al 27/1/2012.
Pertanto il delitto contestato non era prescritto, nè alla data di pronuncia della sentenza di appello (8/3/2011), nè lo è odiernamente.
Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.