Cassazione Penale, Sez. 4, 16 maggio 2012, n. 18802 - Costruzione di rotoli di lamiera e caduta a terra del rullo separatore: frattura delle falangi del piede



 

Responsabilità del direttore della produzione di una s.r.l. e responsabile in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, per colpa generica e per violazione della specifica normativa antinfortunistica dettata dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 35, n. 2 per aver cagionato al dipendente (Omissis) lesioni personali consistite nella frattura del 3 e del 4 metatarso e delle falangi del piede destro.

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Rigetto.

Si era pacificamente accertato in punto di fatto che il lavoratore, addetto alla costruzione di rotoli di lamiera, si era procurato le anzidette lesioni a seguito della caduta a terra del rullo separatore che era intento a sostituire, in conseguenza sia dell'errato inserimento del pezzo nelle apposite sedi di sostegno sia della non corretta tensione delle fasce che lo imbragavano. Sicchè il rullo aveva preso a scorrere sulle fasce di trattenuta, cadendo poi sul piede della parte offesa, in quanto non ancora compiutamente inserito nel relativo alloggiamento.

Osserva il Collegio che l'iter argomentativo seguito dalla Corte distrettuale appare, diversamente dalle censure già dedotte dall'imputato con l'atto d'appello ed in questa sede riproposte, del tutto immune da vizi di illogicità e di contraddittorietà.

Ed invero, una volta acclarata la dinamica dell'infortunio, con la motivazione della sentenza impugnata si è messo in rilievo, coerentemente con le risultanze di fatto, che la causa dell'incidente risaliva all'errata esecuzione dell'operazione ad opera dei lavoratori addetti che, prima di togliere al rullo l'imbracatura delle fasce, non si erano accertati che entrambi i mozzi fossero stati già inseriti nelle apposite sedi oltrechè all'omessa adozione delle apposite prescrizioni scritte, addebitabile all'imputato nella veste di responsabile in materia di sicurezza e di igiene del lavoro della società datrice di lavoro dell'infortunato giusta apposita delega accettata fin dal 5 giugno 2004.

Risulta quindi indubitabile, come sottolineato dalla sentenza impugnata, che detta omissione (integrante il contestato profilo di colpa specifica) abbia rivestito una ineludibile condizione dell'evento, una volta concretizzatosi, del fatto, il rischio tutelato dalla regola cautelare specificamente violata dall'imputato. Giova conclusivamente ancora osservare, ad ulteriore esclusione delle lamentate censure, che, giusta il consolidato e prevalente insegnamento della giurisprudenza di legittimità (cui legittimamente si è attenuta la Corte distrettuale) "la normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l'incolumità del lavoratore non solo dai rischi derivanti da incidenti o fatalità, ma anche da quelli che possono scaturire dalla sue stesse disattenzioni, imprudenze o disubbidienze alle istruzioni o prassi raccomandate, purchè connesse allo svolgimento dell'attività lavorativa. Sussistendo questa ipotesi, è affermato dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte il principio giuridico che, in caso di infortunio sul lavoro originato dall'assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale esclusiva può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondursi anche alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare il rischio di siffatto comportamento".


 

 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo G. - Presidente

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere

Dott. VITELLI CASELLA Luc - rel. Consigliere

Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA


sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 724/2007 CORTE APPELLO di PERUGIA, del 07/01/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/09/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Stabile Carmine che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi i difensori avv. (Omissis) del foro di (Omissis) e (Omissis) del foro di (Omissis) che hanno insistito per l'accoglimento del ricorso.

Fatto



Con sentenza in data 20 aprile 2010, la Corte d'appello di Perugia confermava la sentenza 8 febbraio 2006 con cui il Tribunale di Terni aveva giudicato (Omissis) responsabile del delitto di cui all'articolo 590 cod. pen. per aver cagionato, in qualità di direttore della produzione della ditta " (Omissis)" s.r.l. e di responsabile in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, per colpa generica e per violazione della specifica normativa antinfortunistica dettata dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 35, n. 2 al dipendente (Omissis) lesioni personali consistite nella frattura del 3 e del 4 metatarso e delle falangi del piede destro. Per l'effetto l'imputato era stato condannato,concesse le attenuanti generiche, alla pena di euro 1.000,00 di multa: pena interamente condonata.

Si era pacificamente accertato in punto di fatto che il lavoratore, addetto alla costruzione di rotoli di lamiera, si era procurato le anzidette lesioni a seguito della caduta a terra del rullo separatore che era intento a sostituire, in conseguenza sia dell'errato inserimento del pezzo nelle apposite sedi di sostegno sia della non corretta tensione delle fasce che lo imbragavano. Sicchè il rullo aveva preso a scorrere sulle fasce di trattenuta, cadendo poi sul piede della parte offesa, in quanto non ancora compiutamente inserito nel relativo alloggiamento. I Giudici di merito avevano ritenuto doversi far risalire all'imputato, l'omessa adozione di specifiche prescrizioni scritte (emanate invero dopo l'infortunio) preordinate a prescrivere agli addetti all'operazione, al fine di evitare infortuni, di assicurarsi che i mozzi dei rulli separatori fossero correttamente alloggiati nelle rispettive sedi, prima di togliere al pezzo il sostegno delle fasce,previa esecuzione di imbracatura più larga possibile, onde impedire alle stesse di sfilarsi.

Avverso la sentenza ricorre per cassazione l'imputato, per tramite dei difensori, articolando quattro ordini di censure per violazione della normativa in materia di nesso di causalità nonchè per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione circa l'elemento psicologico del reato ed infine, circa la quantificazione della pena, che così possono sintetizzarsi.

Con il primo ed il secondo motivo di ricorso (congiuntamente dedotti) lamenta la difesa che la Corte d'appello di Perugia, con motivazione illogica, avrebbe ravvisato la causa dell'infortunio nella mancanza di una procedura scritta relativa alle modalità di esecuzione dell'operazione, quando invece, dalle risultanze dibattimentali, era pacificamente risultato che la causa esclusiva di esso risiedeva nell'errore commesso dalla squadra dei due operai, della quale faceva parte il dipendente poi infortunatosi, sul presupposto di un difetto di coordinamento tra i due addetti all'operazione di guisa che la caduta del rullo sarebbe stata la conseguenza dell'urto con la carpenteria metallica,mentre veniva calato dal carroponte con successivo sbilanciamento ed allentamento dei due cavi che lo sostenevano.

Con il terzo motivo, lamenta il ricorrente come la Corte distrettuale abbia omesso di evidenziare gli specifici profili di colpa generica e specifica che avrebbero sorretto la condotta dell'Imputato, asseritamele determinativa dell'infortunio, essendosi invece limitata a sostenere l'equivalenza tra l'omessa adozione delle prescrizioni scritte e la ricorrenza della colpa, come contestata ed a ribadire acriticamente, per altro verso, che la presenza della procedura scritta avrebbe potuto - ipoteticamente - evitare l'evento. Fa rilevare a tale proposito il difensore che l'imputato aveva accettato, solo un mese e quindici giorni prima del fatto, una delega in materia di sicurezza e di igiene del lavoro relativa all'intero stabilimento di (Omissis) e che, a causa delle rilevanti dimensioni dello stesso, non aveva avuto materialmente il tempo di emanare le direttive scritte relative all'Impianto slitter, ove si era verificato l'incidente. Con il Quarto motivo, censura il ricorrente il difetto di motivazione in ordine alle ragioni poste alla base della quantificazione della pena irrogata. Chiede, in conclusione, il ricorrente l'annullamento della impugnata sentenza.

Diritto



Il ricorso è infondato e va respinto con ogni conseguente onere a carico del ricorrente, ex articolo 616 cod. proc. pen..

Osserva il Collegio - quanto ai primi tre motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente - che l'iter argomentativo seguito dalla Corte distrettuale appare, diversamente dalle censure già dedotte dall'imputato con l'atto d'appello ed in questa sede riproposte, del tutto immune da vizi di illogicità e di contraddittorietà ed in sintonia con l'interpretazione delle disposizioni in materia nesso causale dei reati omissivi impropri e con quelle concernenti la colpa generica e specifica conseguente alla violazione della disciplina antinfortunistica, resa, in termini consolidati e prevalenti, dalla giurisprudenza di legittimità. Ed invero, una volta acclarata la dinamica dell'infortunio (già descritta in narrativa ed alla quale si diretto rinvio) con la motivazione della sentenza impugnata si è messo in rilievo, coerentemente con le risultanze di fatto, che la causa dell'incidente risaliva all'errata esecuzione dell'operazione ad opera dei lavoratori addetti che, prima di togliere al rullo l'imbracatura delle fasce, non si erano accertati che entrambi i mozzi fossero stati già inseriti nelle apposite sedi oltrechè all'omessa adozione delle apposite prescrizioni scritte, addebitabile all'Imputato nella veste di responsabile in materia di sicurezza e di igiene del lavoro della società datrice di lavoro dell'infortunato (Omissis), giusta apposita delega accettata fin dal 5 giugno 2004 e quindi circa cinquanta giorni prima del sinistro verificatosi il (Omissis): termine più che congruo per provvedervi. Dette prescrizioni erano state - significativamente - in concreto ed effettivamente impartite ai lavoratori, successivamente all'accaduto ed all'ingiunzione dell'ASL, come chiosano i Giudici d'appello. Risulta quindi indubitabile, come sottolineato dalla sentenza impugnata, che detta omissione (integrante il contestato profilo di colpa specifica) abbia rivestito una ineludibile condizione dell'evento, una volta concretizzatosi, del fatto, il rischio tutelato dalla regola cautelare specificamente violata dall'imputato. Giova conclusivamente ancora osservare, ad ulteriore esclusione delle lamentate censure, che, giusta il consolidato e prevalente insegnamento della giurisprudenza di legittimità (cui legittimamente si è attenuta la Corte distrettuale) "la normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l'incolumità del lavoratore non solo dai rischi derivanti da incidenti o fatalità, ma anche da quelli che possono scaturire dalla sue stesse disattenzioni, imprudenze o disubbidienze alle istruzioni o prassi raccomandate, purchè connesse allo svolgimento dell'attività lavorativa. Sussistendo questa ipotesi, è affermato dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte il principio giuridico che, in caso di infortunio sul lavoro originato dall'assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale esclusiva può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondursi anche alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare il rischio di siffatto comportamento". (Cfr. Sez. 4 n. 18998 del 2009).

Quanto infine all'ultimo motivo di gravame, non appare censurabile la statuizione della sentenza impugnata,confermativa anche della quantificazione della pena, dovendo implicitamente desumersi una congrua valutazione discrezionale, in rapporto all'effettiva entità del reato commesso dall'opzione della pena pecuniaria applicata,rispetto a quella della reclusione,pur alternativamente prevista dall'articolo 590 cod. pen., comma 3 che dalla concessione delle attenuanti generiche.

P.Q.M.



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.