Cassazione Penale, Sez. 3, 18 giugno 2012, n. 24085 - Responsabilità per mancata informazione e formazione ai lavoratori dipendenti e competenza territoriale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACCHIA Alberto - Presidente
Dott. GENTILE Domenico - rel. Consigliere
Dott. GALLO Domenico - Consigliere
Dott. MANNA Antonio - Consigliere
Dott. D'ARRIGO Cosimo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(Omissis), nato a (Omissis);
avverso sentenza del Tribunale di Imperia del 17 febbraio 2011;
udita nella udienza pubblica del 6 dicembre 2011 la relazione fatta dal Consigliere Dr. Renato GRILLO;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALZANO Francesco che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FattoDiritto
(Omissis), imputato del reato di cui al Decreto Legislativo n. 625 del 2004 (ndr. Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 21), comma 1, lettera b) e successive modificazioni "per non avere assicurato che i lavoratori dipendenti (Omissis), (Omissis) e (Omissis) ricevessero una informazione adeguata sui rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività di impresa in generale" e del reato di cui al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 22, comma 1 e articolo 89 e successive modificazioni "per non avere assicurato che i lavoratori dipendenti (Omissis), (Omissis) e (Omissis) ricevessero una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni" veniva dichiarato colpevole dei detti reati dal Tribunale di Imperia con sentenza del 17 febbraio 2011 con la quale veniva condannato alla pena ritenuta di giustizia.
Propone ricorso l'imputato a mezzo del proprio difensore fiduciario, deducendo con unico motivo, violazione di legge per inosservanza della legge processuale penale e per contraddittorietà della motivazione per avere il Tribunale erroneamente ritenuto la propria competenza territoriale. In particolare richiamate le disposizioni di cui all'articolo 8 c.p.p. in tema di competenza territoriale rileva che mentre nella ipotesi del reato istantaneo la competenza territoriale si radica nel Tribunale del luogo sede dell'impresa, nella ipotesi del reato permanente la competenza va individuata ex comma 3 della detta norma processuale nel Tribunale del luogo in cui ha avuto inizio la condotta penalmente rilevante.
Nel caso in esame a giudizio della difesa versandosi in tema di reato istantaneo la competenza andava individuata nel Tribunale di Sanremo, mentre contraddittoria ed insufficiente si profila sul punto la motivazione del Tribunale che ha qualificato i due reati come aventi natura istantanea con effetti permanenti.
Il ricorso è infondato.
Corretta appare la decisione del Tribunale in tema di competenza territoriale, seppure i due reati siano stati qualificati erroneamente (v. infra) come istantanei con effetti permanenti, come emerge dal testo dell'ordinanza resa nel corso dell'udienza del 21 giugno 2010, testualmente richiamata nel ricorso.
Vero è che la natura di reato istantaneo ad effetti permanenti non rileva ai fini di un eventuale spostamento della competenza territoriale nel luogo in cui per la prima volta ha avuto inizio la condotta (Cass. Sez. 1A 24.2.2004 n. 24934, Rv. 228778); ma nel caso in esame entrambe le fattispecie contestate, integrano in realtà due distinte ipotesi di reato avente natura permanente, la cui condotta cessa nel momento in cui il datore di lavoro adempia alle prescrizioni impostegli (in termini, incidentalmente, Cass. Sez. 3A 4.10.2007 n. 4063, Franzoni, Rv. 238540; v. anche Cass. Sez. 4A 8.6.2010 n. 34771, Orazzini) e decorre dalla data in cui ha avuto inizio per la prima volta la condotta illegale (Cass. Sez. 1A 26.5.2009 a 24113 Rv. 244033).
Di conseguenza il luogo del commesso reato va individuato in quello nel quale, per la prima volta, è stata commessa l'infrazione penalmente rilevante.
Nel caso in esame è pacifico - per come emerge dalla sentenza impugnata - che l'imputato ha adempiuto alle prescrizioni impostegli a seguito dell'accesso ispettivo del funzionario dell'Ispettorato del lavoro di Imperia, cosi facendo cessare la permanenza del reato: conseguentemente il luogo di commissione andava individuato in quello in cui aveva avuto inizio la condotta illecita, coincidente, nel caso de quo, con il luogo di accertamento del reato ((Omissis)).
Sulla base di tali considerazioni il ricorso va rigettato: segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.