Cassazione Penale, Sez. 3,  27 giugno 2012, n. 25356 - Attività di verniciatura e saldatura e mancanza di presidi volti ad impedire la diffusione di elementi nocivi


 

Responsabilità di un datore di lavoro perchè, nell'esecuzione di attività di verniciatura e saldatura, aveva omesso di adottare sistemi idonei ad impedire o ridurre la diffusione nell'ambiente di lavoro dei fumi di saldatura e dei vapori prodotti.

Condannato in primo grado, propone appello dichiarato inammissibile. Ricorso in Cassazione - Inammissibile.


"Il ricorso è inammissibile perchè basato su motivi manifestamente infondati.

Con argomentazioni in fatto del tutto coerenti e immuni da cedimenti logici e, come tali, incensurabili in questa sede di legittimità, il giudice del merito ha escluso la sussistenza della invocata causa estintiva della contravvenzione, osservando come al successivo controllo dell'impianto venne riscontrata la presenza di operai ancora una volta intenti ad operazioni di saldatura e verniciatura in assenza di validi presidi volti ad impedire o ridurre la diffusione di elementi nocivi nell'ambiente di lavoro, così ritenendo inadeguato allo scopo l'impianto mobile predisposto dall'imputato."




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Ciro - Presidente

Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere

Dott. MARINI Luigi - Consigliere

Dott. RAMACCI Luca - rel. Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 219/2009 CORTE APPELLO di POTENZA, del 12/02/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/05/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Mazzotta Gabriele, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio per precisione.

 

Fatto


1. La Corte di appello di Potenza, con sentenza del 12.2.2010, ha dichiarato inammissibile l'appello proposto da (Omissis) avverso la pronuncia con la quale, in data 11.12.2008, il Tribunale di quella città l'aveva riconosciuto responsabile del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, articolo 20 e articolo 58, lettera a) perchè, quale datore di lavoro, nell'esecuzione di attività di verniciatura e saldatura, aveva omesso di adottare sistemi idonei ad impedire o ridurre la diffusione nell'ambiente di lavoro dei fumi di saldatura e dei vapori prodotti, condannandolo alla pena dell'ammenda.

La declaratoria di inammissibilità conseguiva alla ritenuta volontà del condannato di proporre appello e non ricorso per cassazione, come rilevabile dalla terminologia utilizzata e dalla natura delle doglianze, attinenti al merito e non riconducibili ai motivi di cui all'articolo 606 c.p.p..

2. Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione dell'articolo 586 c.p.p., comma 5, rilevando come la Corte territoriale avrebbe dovuto rimettere gli atti a questa Corte, limitandosi a prendere atto della volontà di impugnazione manifestata dall'imputato.

3. Con un secondo e terzo motivo di ricorso denuncia il vizio di motivazione e la violazione di legge in relazione alla mancata considerazione, da parte del giudice di prime cure, della causa estintiva del reato di cui al Decreto Legislativo n. 758 del 1994, articolo 24 conseguente all'adempimento delle prescrizioni imposte all'atto della verifica.

4. Con un quarto motivo di ricorso lamenta, in via subordinata, la violazione dell'articolo 157 c.p., e ss., rilevando che il reato contestato risultava prescritto già alla data della sentenza di primo grado e lo era, comunque, all'atto della pronuncia del giudice del gravame.

Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

5. Con sentenza n. 21021 del 26 maggio 2011, questa Sezione annullava senza rinvio la sentenza della Corte di appello di Potenza e, qualificato come ricorso per cassazione l'atto di impugnazione proposto dall'imputato avverso la sentenza 11.12.2008 del Tribunale di Potenza, rinviava il processo a nuovo ruolo per la trattazione del merito.

All'odierna udienza si procedeva dunque alla trattazione del processo.

Diritto



6. Il ricorso è inammissibile perchè basato su motivi manifestamente infondati.

Con argomentazioni in fatto del tutto coerenti e immuni da cedimenti logici e, come tali, incensurabili in questa sede di legittimità, il giudice del merito ha escluso la sussistenza della invocata causa estintiva della contravvenzione, osservando come al successivo controllo dell'impianto venne riscontrata la presenza di operai ancora una volta intenti ad operazioni di saldatura e verniciatura in assenza di validi presidi volti ad impedire o ridurre la diffusione di elementi nocivi nell'ambiente di lavoro, così ritenendo inadeguato allo scopo l'impianto mobile predisposto dall'imputato.

7. Va poi rilevato che, alla data della pronuncia di primo grado, la contravvenzione, accertata in data 8.3.2004, non risultava ancora prescritta.

Al termine massimo di prescrizione di 4 anni e 6 mesi, applicabile in ragione della disciplina allora vigente, che collocava lo spirare del termine all'8.9.2008, vanno aggiunti mesi 9 e giorni 4 complessivi di sospensione (dal 14.12.2006 all'8.3.2007 e dal 17.6.2007 al 24.10.2007), cosicchè la data di maturazione del termine massimo di prescrizione va individuata nel 12.6.2009.

8. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità - non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n, 186) - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonchè quello del versamento, in favore della cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.

L'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'articolo 129 c.p.p..



P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.