Cassazione Civile, Sez. Lav., 10 luglio 2012, n. 11544 - Cooperativa e infortunio di un operaio: azione di regresso



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico - Presidente

Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere

Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere

Dott. NAPOLETANO Giuseppe - rel. Consigliere

Dott. MELIADò Giuseppe - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA



sul ricorso 24180/2010 proposto da:

(Omissis) S.C.R.L. IN LIQUIDAZIONE (Omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (Omissis), presso lo Studio dell'avvocato (Omissis), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (Omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 144, presso lo studio degli avvocati (Omissis) e (Omissis), che lo rappresentano e difendono giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1116/2010 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 08/04/2010 R.G.N. 1104/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/05/2012 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l'Avvocato (Omissis) per delega (Omissis);

Udito l'Avvocato (Omissis);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto



La Corte di Appello di Bari, riformando la sentenza di primo grado, accoglieva la domanda dell'INAIL, proposta nei confronti della società cooperativa (Omissis), avente ad oggetto la condanna di detta società al pagamento della somma di euro 245.071,094 o di quella diversa ritenuta di giustizia, a titolo di regresso in seguito all'infortunio occorso all'operaio (Omissis).

La Corte del merito, respinta preliminarmente l'eccezione di decadenza - sollevata dalla società Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, ex articolo 112, ex articolo 112, u.c. - per essere stato il ricorso dell'INAIL depositato presso la cancelleria del Tribunale nel termine triennale, riteneva, sulla base delle emergenze istruttorie e della espletata CTU, la sussistenza del reato di lesioni personali gravissime procedibile d'ufficio e conseguentemente la responsabilità, del cit. Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, ex articoli 10 e 11, della società cooperativa nel tenere indenne l'INAIL delle indennità e spese pagate in relazione all'infortunio sul lavoro subito dal (Omissis).

Conseguentemente la Corte territoriale condannava la detta società al pagamento in favore dell'INAIL della somma indicata nell'attestazione del credito resa dal Direttore della sede erogatrice.

Avverso questa sentenza la società cooperativa in epigrafe indicata ricorre in cassazione sulla base di tre censure, illustrate da memoria.

Resiste con controricorso l'INAIL.

Diritto



Con il primo motivo la società ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articoli 10, 11, 112, nonchè dell'articolo 2943 c.c., comma 1 e articolo 2966 c.c., assume che la Corte del merito, nel ritenere superata l'eccezione di decadenza, sollevata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, ex articolo 112, u.c., ha erroneamente fatto riferimento, quale dies ad quem, alla data del deposito del ricorso presso la cancelleria del Tribunale adito e non alla notifica dello stesso ad essa società.

La censura è infondata.

Invero ricorrendo, nella specie, l'ipotesi caratterizzata dalla mancanza di un accertamento del fatto-reato da parte del giudice penale l'azione di regresso dell'Inail soggiace, ai sensi della prima parte, u.c., articolo 112, Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, al termine triennale di decadenza che decorre dalla data di emissione della sentenza penale di non doversi procedere, (per tutte Cass. SU 16 aprile 1997 n. 3288) e deve ritenersi impedito dalla proposizione della domanda, e dunque, risultando applicabili i principi generali dello speciale rito del lavoro,dal semplice deposito del ricorso introduttivo ricollegandosi ad esso la pendenza del giudizio, mentre, nel silenzio della legge, resta escluso che, per evitare l'effetto preclusivo, sia necessaria la notifica dello stesso ricorso alla controparte nel termine (Cfr. Cass. 15 ottobre 2007 n. 21540 e Cass. 6 aprile 2001 n. 5189 che applica, sia pure con riferimento ad una fattispecie diversa, analoghi principi).

è corretta, pertanto, la sentenza impugnata che ha considerato, ai fini di cui trattasi, rilevante quale dies ad quem la data del deposito del ricorso con il quale l'INAIL ha esercitato l'azione di regresso nei confronti della società cooperativa.

Con la seconda censura la società ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonchè dell'articolo 2697 c.c., ed omessa o insufficiente motivazione, assume che la Corte di appello, per un verso è incorsa nella violazione delle richiamate norme in quanto ha accolto il ricorso dell'INAIL senza la prova della fondatezza della domanda basando la propria decisione su di una CTU irrituale stante l'assenza di comunicazioni alle parti, del periziando e dell'incertezza della sua stessa esistenza in vita, e dall'altro non ha indicato le ragioni in base alle quali ha recepito una CTU inficiata da errori e da vizi logici e procedurali.

Con la terza critica la società ricorrente, allegando violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonchè dell'articolo 2697 c.c., od omessa insufficiente motivazione, prospetta che la Corte di Appello ha violato le norme sull'onere probatorio con riferimento all'avvenuto pagamento delle somme asseritamente erogate e non ha motivato perchè ha ritenuto provati i pagamenti mensili a fronte di una documentazione del tutto inidonea allo scopo e delle specifiche contestazioni.

Le due censure, che in quanto strettamente connesse da punto di vista logico-giuridico vanno trattate unitariamente, sono infondate.

Preliminarmente va disattesa l'eccezione sollevata dall'INAIL d'inammissibilità dei motivi in esame. Infatti ancorchè con gli stessi si deduca contemporaneamente la violazione di legge ed il vizio di motivazione le argomentazioni poste a sostegno dei motivi in esame consentono d'identificare - come si desume dal su riportato compendio-quali ragioni di critica sono riferibili alla violazione di legge e quali al vizio di motivazione.

Nel merito va osservato che la mancata comunicazione alle parti da parte del CTU dell'inizio delle operazioni peritali rileva solo se vi è stato un concreto pregiudizio del diritto di difesa (V. in tal senso Cass. 7 luglio 2008 n. 18598 e Cass. 19 aprile 2001 n. 5775), pregiudizio questo che nella specie non è dedotto.

Nè può ritenersi affetta da nullità la consulenza medico-legale effettuata sulla base di certificazioni mediche provenienti dall'INAIL.

è difatti principio acquisito alla giurisprudenza di legittimità che gli atti e i certificati provenienti dalla P.A. o da enti pubblici, essendo assistiti da una presunzione iuris tantum di legittimità, possono essere posti a fondamento del convincimento del giudice di merito anche se la pubblica amministrazione e gli enti pubblici, da cui gli atti stessi provengono, siano parte in causa (Cass. 2 marzo 2012 n. 3253 e Cass. 24 febbraio 2004 n. 3654). Del resto non vi è contestazione da parte della società ricorrente della veridicità di siffatte certificazioni.

Deve, poi, ribadirsi che poichè l'INAIL svolge la sua azione attraverso atti emanati a conclusione di procedimenti amministrativi, tali atti, come attestati dal direttore della sede erogatrice, sono assistiti dalla presunzione di legittimità propria di tutti gli atti amministrativi, che può venir meno solo di fronte a contestazioni precise e puntuali che individuino il vizio da cui l'atto in considerazione sarebbe affetto e offrano contestualmente di provarne il fondamento (V. per tutte Cass. 13 maggio 2010 n. 11617).

Conseguentemente correttamente la Corte di appello ha dedotto la prova del quantum erogato dall'INAIL - ritenendo implicitamente superflua ogni prova circa l'esistenza in vita del (Omissis) - dalla attestazione di credito rilasciata dal Direttore della sede erogatrice.

Relativamente ai dedotti vizi della motivazione della sentenza impugnata mette conto richiamare la ricorrente affermazione di questa Corte, condivisa dal Collegio, secondo cui qualora il giudice aderisca al parere del consulente la motivazione della sentenza è sufficiente - ed è escluso quindi il vizio deducibile in cassazione di cui all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), pur se tale adesione non sia specificamente giustificata, ove il parere-tecnico fornisca gli elementi che consentano, su un piano positivo, di delineare il percorso logico seguito e, sul piano negativo, di escludere la rilevanza di elementi di segno contrario, siano essi esposti in una prima difforme relazione, nella relazione di parte o aliunde deducibili (tra molte, V. Cass. 16 dicembre 2003 n. 19256).

Orbene nel caso di specie è la stessa sentenza a fornire il percorso logico seguito dal CTU e l'assenza di elementi di segno contrario.

Pertanto il giudice di appello, pur non giustificando esplicitamente l'adesione alle conclusioni del CTU, nel fare propri i rilievi di detto CTU ha dato adeguatamente conto della condivisibilità delle relative conclusioni.

Circa il quantum erogato dell'INAIL - che il giudice di appello, come in precedenza sottolineato, correttamente deduce dalle attestazioni del Direttore della sede erogatrice - va rilevato che le contestazioni svolte dalla società ricorrente, come riportate nel ricorso per cassazione, implicitamente disattese dal giudice del merito,risolvendosi sostanzialmente in una denuncia di genericità di dette attestazioni e nella prospettazione di un calcolo alternativo configurano un istanza di revisione del quantum che come tale è inammissibile in questa sede di legittimità.

Sulla base delle esposte considerazioni il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.



La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in euro 60,000 per esborsi ed euro 4.000,00 per onorario oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.