Cassazione Penale, Sez. 4, 13 agosto 2012, n. 32433 - Lavori di rifacimento del tetto e responsabilità di un committente per infortunio sul lavoro
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo G. - Presidente
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere
Dott. CIAMPI Francesco - Consigliere
Dott. VITELLI CASELLA Luca - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) (Omissis) N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 258/2010 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del 14/12/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/05/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Maria Giuseppina Fodaroni che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udito per la parte civile, l'avv. (Omissis) del foro di (Omissis) che si associa alle richieste del Procuratore Generale;
Udito il difensore avv. (Omissis) del foro di (Omissis) che ha insitito per l'accoglimento del ricorso.
Fatto
Con sentenza in data 14 dicembre 2010, la Corte d'appello di Bologna confermava la sentenza emessa in data 9 ottobre 2007 dal Tribunale di Rimini nei confronti di (Omissis) e di (Omissis) (imputato non ricorrente) giudicati responsabili del delitto di cui all'articolo 589 cod. pen., commi 1 e 2 commesso in danno di (Omissis) (operaio dipendente della ditta (Omissis) s.a.s. di (Omissis)), deceduto in (Omissis) per esser precipitato, il (Omissis), al suolo dal quarto piano del fabbricato di proprietà di (Omissis) ove erano in corso lavori di rifacimento del tetto, appaltati dal (Omissis) alla ditta del (Omissis), a cagione della mancata predisposizione di parapetti in corrispondenza del cornicione esterno -che il piano di sicurezza avrebbe dovuto prevedere ed il datore di lavoro predisporre - dal quale l'operaio era caduto. Per l'effetto il (Omissis), concesse le attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla contestata aggravante, era condannato alla pena di anni due di reclusione - pena sospesa - nonchè, in solido con il (Omissis), al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede, eccezion fatta per le provvisionali contestualmente alle stesse accordate.
Secondo il concorde apprezzamento dei Giudici di merito, la responsabilità dell'infortunio letale risaliva ad entrambi gli imputati, destinatari di specifiche disposizioni antinfortunistiche cui non avevano evidentemente ottemperato.
Il (Omissis), quale committente dei lavori e proprietario dell'immobile, aveva omesso di designare il coordinatore per la progettazione ed il coordinatore per l'esecuzione dei lavori; donde la mancanza di un piano per la sicurezza nonostante che nel cantiere operassero in contemporanea due distinte imprese. Il (Omissis), datore di lavoro dell'operaio deceduto, aveva omesso di porre in opera, in violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 16, ponteggi, parapetti e piattaforme mobili, come specificamente prescritto in caso di lavorazioni da eseguire ad altezza dal suolo superiore a metri due. Nè il (Omissis), anche in caso di subappalto di taluni lavori da parte della ditta appaltatrice, poteva dirsi esonerato dal vigilare sull'osservanza della normativa antinfortunistica,cui tutti coloro che erano impegnati nello stesso cantiere dovevano attenersi. Ha quindi conclusivamente affermato la Corte distrettuale che, qualora fossero stati previsti nel piano di sicurezza e posti in opera parapetti dell'altezza normativamente prescritta, in ogni parte del cantiere (come imposto dalla disciplina antinfortunistica sia al committente che all'appaltatore) al fine di impedire la caduta dall'alto, l'evento non si sarebbe certamente verificato.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione, il (Omissis) per tramite del difensore articolando quattro distinti ordine di censure, così sintetizzate. Con il primo motivo lamenta vizi di violazione della legge penale e di carenza di motivazione. La Corte distrettuale avrebbe erroneamente fatto riferimento, al fine di ritenere integrata la colpa specifica ascritta al (Omissis), all'inottemperanza all'obbligo di designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per la sicurezza come previsto dal Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articoli 3 e 4, benchè non ne sussistessero i presupposti posto che nel cantiere operava un'unica impresa: la (Omissis). Nè mai era stata comunicata al committente la sopravvenienza di altre ditte. Non era quindi possibile ascrivere all'imputato l'omessa osservanza della normativa antinfortunistica e l'omessa vigilanza sull'operato della ditta appaltatrice, tenuta ad adempiere agli obblighi in materia e dallo stesso prescelta proprio perchè idonea ad eseguire l'intervento commissionatole in quanto provvista di tutte la necessarie autorizzazioni e licenze.
Con la seconda censura lamenta la difesa la violazione degli articoli 40 e 42 cod. pen., avendo la Corte d'appello omesso di considerare che difettava la sicura certezza che l'adozione del piano di sicurezza avrebbe scongiurato la morte dell'operaio (Omissis) che aveva tenuto una condotta anomala e contraria al buon senso, prima ancora che inosservante delle norme di sicurezza, per esser transitato su di un cornicione privo di protezione cui si poteva accedere solo scavalcando un muretto.
Con il terzo motivo di ricorso, eccepisce il difensore la nullità della sentenza ex articoli 521 e 522 cod. proc. pen. per la mancata correlazione tra la colpa specifica contestata per l'omessa adozione di idoneo parapetto, in relazione alla violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 16 e quella invece ritenuta in sentenza come integrata dalla violazione degli Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articoli 3 e 4 per la mancata nomina, gravante sul committente,del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per la esecuzione dei lavori, con la conseguente, grave lesione del diritto di difesa.
Con la quarta censura, lamenta infine il ricorrente il vizio di difetto di motivazione in ordine all'entità della pena ed al giudizio di mera equivalenza delle attenuanti generiche, confermati entrambi in grado d'appello. Con memoria depositata in cancelleria nell'imminenza dell'odierna udienza, il difensore ha insistito nell'accoglimento del proposto ricorso ribadendo il difetto di responsabilità del (Omissis) in veste di committente. Ha in subordine eccepito la sopravvenuta estinzione del reato per maturata prescrizione dovendosi applicare
il più favorevole trattamento previsto dalla vigente disciplina dell'istituto ovverosia il termine massimo di anni 7 e mesi 6,definitivamente compiutosi il 25 settembre 2010, risultando il reato commesso il (Omissis).
Diritto
Preliminarmente va escluso che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, si sia compiuto, alla data attuale, il termine massimo di prescrizione del reato. Invero, posto il tempus commissi delicti: (Omissis), detto termine, applicandosi sia la previgente normativa che quella novellata con Legge n. 251 del 2005 (in vigore dall'8 dicembre 2005) risulta, in entrambi i casi, pari ad anni 15, ivi incluso il periodo massimo di interruzione, come rispettivamente previsto, tenuto conto, nell'un caso, della concessione delle attenuanti generiche dichiarate meramente equivalenti all'aggravante contestate e, nell'altro, del raddoppio del termine base di anni 6, sancito in relazione al delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica. Sicchè il definitivo compiersi della prescrizione verrà a coincidere con la data del 27 marzo 2018 (articolo 157, comma 1 n. 3 e commi 2 e 3; articolo 160 cod. pen., comma 3, nel testo previgente; articolo 157, commi 1 e articolo 6, articolo 161 cod. pen., comma 2; Legge n. 251 del 2005, articolo 10).
Ciò posto, ritiene il Collegio infondati i primi due motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente, siccome intimamente connessi.
In corretta osservanza ed applicazione delle disposizioni dettate dal Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 3, comma 3 e 4, come modificati dal Decreto Legislativo n. 528/1999 , la Corte distrettuale, recependo la motivazione della sentenza di primo grado, ha ribadito che l'imputato (Omissis), quale committente dei lavori di rifacimento del tetto del fabbricato di sua proprietà, appaltati alla ditta (Omissis) s.a.s., doveva pacificamente ritenersi destinatario degli obblighi sanciti da dette disposizioni normative. Che nel cantiere operassero, anche se non in contemporanea, più imprese costituiva infatti circostanza indiscutibilmente acclarata dall'istruttoria espletata in primo grado. Si era in particolare evidenziato che, il giorno dell'infortunio, erano impegnate nel cantiere ben tre ditte individuali, subappaltatrici ( (Omissis); (Omissis) e (Omissis)), come peraltro previsto e consentito dal contratto d'appalto concluso tra l'imputato e la (Omissis) s.a.s..
L'esecuzione dei lavori di rifacimento del tetto, appaltati dal (Omissis), comportava ex se il rischio per gli operai di caduta da altezza superiore a metri DUE dal suolo; rischio espressamente previsto dall'allegato 2 al Decreto Legislativo n. 494 del 1996. Dalla mancata nomina dei coordinatori per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori (cui il committente era, nella concreta fattispecie, obbligato) è pertanto conseguita la mancata redazione del piano di sicurezza di cui al Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 12, come sostituito dal Decreto Legislativo n. 528 del 1999, articolo 11 che, per quanto qui rileva, oltre alla "individuazione, all'analisi ed alla valutazione dei rischi" in generale, avrebbe dovuto in particolare contenere "le misure generali di protezione da adottare contro il rischio di caduta dall'alto" nonchè la predisposizione di "accessi e segnalazioni" al fine di tutelare l'Incolumità dei lavoratori (articolo 12, lettera l) impegnati ad accedere alla copertura del fabbricato e negli interventi veri e propri di rifacimento del tetto.
Ulteriore connotazione colposa assumeva la condotta dell'imputato che, pur avendo assunto contrattualmente, in veste di committente, l'obbligo di predisporre parapetti e quant'altro, a fini antinfortunistici, non vi aveva poi ottemperato pur avendo ammesso di essersi avvalso, ai fini della realizzazione delle opere in muratura, della ditta (Omissis), che gli aveva fornito muratori con i quali egli stesso "aveva lavorato". Il (Omissis) aveva quindi assunto, come sottolineato nella motivazione della sentenza di primo grado (fgl. 9), il ruolo non tanto di mero ed esclusivo committente, ma di vero e proprio datore di lavoro di fatto nei confronti di costoro. è quindi del tutto pacifico che la diretta " ingerenza " del committente nell'esecuzione e nella direzione dei lavori appaltati comporta la diretta assunzione, a suo carico, degli obblighi di osservanza della specifica normativa antinfortunistica nei confronti dei lavoratori dallo stesso diretti. Nè avrebbe potuto ritenersi imprevedibile la verificazione dell'infortunio, come sostenuto dall'imputato. Sia dalla descritta condizione di "ingerenza" del predetto sia dalle ammissioni dello stesso (Omissis) (che ebbe a dichiarare, dimorando nello stesso stabile sottoposto ai lavori di rifacimento del tetto, di esser sempre presente nel cantiere) era legittimo desumere che gli fossero ben chiare le condizioni in cui lavoravano i muratori addetti al rifacimento del tetto e quindi le relative carenze delle misure anticaduta in corrispondenza del cornicione esterno, a nulla quindi rilevando che il punto da cui l'operaio era precipitato non fosse la via più sicura per salire sul tetto dal lastrico solare. Come correttamente argomentato dalla motivazione di entrambe le sentenze di merito,ad onta delle infondate obiezioni sollevate dal ricorrente (e peraltro già dedotte con l'atto d'appello), risulta indubbia la relazione causale esistente tra le omissioni ascritte al (Omissis) ed il verificarsi dell'evento. La doverosa (ma omessa) nomina del coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori cui era demandata ex lege l'adozione del piano per la sicurezza del cantiere avrebbe comportato la predisposizione di apposite e concrete misure antinfortunistiche con la designazione di colui che avrebbe dovuto controllarne la puntuale ottemperanza. A tanto avrebbe fatto seguito non solo l'istituzione del divieto di transito nei punti più pericolosi ma anche l'adozione di parapetti dell'altezza normativamente prescritta. Orbene, alla stregua del giudizio cd. controfattuale, è fuor di dubbio che la condotta positiva omessa sarebbe stata ex se atta ad impedire l'evento; donde la comprovata sussistenza del nesso eziologico.
Come ancora puntualmente rimarcato dalla sentenza, in caso di inosservanza alle prescrizioni del piano, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori aveva l'espressa facoltà, Decreto Legislativo n. 494 del 1996, ex articolo 5, comma 1, lettera n. 4 come modificato dal Decreto Legislativo n. 528 del 1999, di proporre la sospensione dell'esecuzione dei lavori, provvedendo poi, in caso di inerzia o di difetto di motivazione, a segnalare inadempienza alla ASL ed alla direzione provinciale del lavoro, competenti.
Il terzo motivo è inammissibile.
In primo luogo deve rilevarsi che, ad onta delle deduzioni del ricorrente, la eccezione di nullità relativa, della sentenza di primo grado di cui agli articoli 521 e 522 cod. proc. pen. non risulta sollevata con l'atto d'appello e quindi la sentenza impugnata è del tutto immune dal dedotto vizio. Peraltro, con assunti manifestamente infondati e del tutto generici, assume il ricorrente che, nella medesima nullità, sarebbe incorsa anche la Corte d'appello. Va invece rilevato che la sentenza impugnata non prende in esame che il profilo di colpa specifica, esclusivamente contestato al (Omissis), in fatto ed in diritto, in termini di inosservanza delle disposizioni precettive, a valenza antinfortunistica, di cui al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 3, comma 3 e 4.
Il riferimento alla violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 16 concerne esclusivamente la posizione dell'altro imputato (Omissis) (alle cui dipendenze lavorava la vittima) per aver omesso di provvedere a porre in opera adeguato parapetto in corrispondenza di un cornicione esterno posto ad altezza superiore a metri due dal suolo, dal quale era precipitata la vittima. In ogni caso ed in subordine, nessuna effettiva e concreta lesione al diritto di difesa avrebbe potuto subire il ricorrente,che risultava già a conoscenza sia dell'obbligo di provvedere all'adozione di adeguate opere provvisionali nel cantiere - peraltro dallo stesso contrattualmente assunto (cfr. fgl. 9 della sentenza di primo grado) - sia della conseguente inottemperanza dello stesso.
Egualmente infondato risulta il quarto motivo. I Giudici di seconda istanza hanno succintamente, ma esaustivamente motivato il diniego della prevalenza delle pur riconosciute attenuanti generiche in regime di mera equivalenza attesa l'incensuratezza dell'imputato, sul rilievo della obiettiva gravità del fatto e del grado della colpa e quindi della logica insussistenza di ulteriori apprezzamenti del fatto, favorevoli all'imputato.
Segue quindi ex articolo 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali oltrechè alla rifusione, in favore delle parti civili, delle spese del presente giudizio,liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alla rifusione delle spese in favore delle parti civili che liquida in complessivi euro 3.200,00 oltre accessori come per legge.