LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO' Antonio - Presidente -
Dott. MILO Nicola - rel. Consigliere -
Dott. MATERA Lina - Consigliere -
Dott. CARCANO Domenico - Consigliere -
Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) S.B. N. IL (OMISSIS);
2) B.R. SRL - (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 324/2007 CORTE APPELLO di TRENTO, del 05/12/2008;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
Udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/02/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Nicola Milo;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. E. Selvaggi, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
Udito per la parte civile, l'Avv. A. Banaci (in sostituzione Avv. G. Dieci) che ha concluso per il rigetto del ricorso dello S. e la condanna dello stesso alle ulteriori spese;
Uditi i difensori Avv. G. Bargli (per S.), Avv. G. Briola (per B.R.), che hanno concluso per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi.
Fatto
1 - S.B., quale responsabile dell'Ufficio legale della ASL n. (OMISSIS) di Arezzo e componente della Commissione di gara per l'appalto della pulizia e della sanificazione della detta Azienda, è chiamato a rispondere dei reati di cui agli artt. 319, 319 bis e 624 c.p., art. 625 c.p., n. 7, art. 61 c.p., nn. 2 e 11, per avere, in concorso con M.M., accettato la promessa e ricevuto, per il tramite di quest'ultimo, dai responsabili della "B. R. srl" ( R.M., F.C., C.M.) la somma di Euro 15.000,00 (parte della maggiore somma di Euro 30.000,00, bonificata dai corruttori della ditta "E.S." del M. in esecuzione formalmente di un contratto di consulenza, che mascherava la "tangente"), al fine di compiere atti contrari ai propri doveri d'ufficio, orientati a favorire la citata impresa nell'aggiudicazione dell'appalto di servizio e consistiti nella sottrazione di parte della documentazione presentata da altre imprese concorrenti, onde escluderle dalla gara (attività quest'ultima materialmente posta in essere dal M. su indicazione dello S.), nell'assicurare la propria disponibilità per qualsiasi esigenza connessa alla procedura di gara, nel fornire informazioni riservate, nel prospettare e attribuire valutazioni favorevoli nell'espletamento delle funzioni di membro della Commissione, nel fornire consigli e nell'offrire l'appoggio dell'Ufficio legale nell'ambito della controversia conseguente all'aggiudicazione del servizio ad altra impresa concorrente (fatti commessi in (OMISSIS)).
1a - Chiamata a rispondere a titolo di responsabilità amministrativa per il reato di corruzione aggravata commesso nel suo interesse, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, è la "B. R. srl".
2 - Il Tribunale di Trento, con sentenza 23/1/2007, dichiarava lo S. colpevole dei reati ascrittigli, unificati dal vincolo della continuazione, e lo condannava, in concorso delle circostanze attenuanti generiche alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione, nonchè all'interdizione temporanea dai pubblici uffici per anni cinque, dichiarando condonata, nei limiti di anni tre, la pena inflitta; condannava, altresì il predetto al risarcimento dei danni in favore della parte civile; condannava la "B.R. srl", ritenuta responsabile, al pagamento della somma di Euro 180.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
3 - A seguito di gravami proposti dall'imputato, dalla società B.R. e dal P.M., la Corte d'Appello di Trento, con sentenza 5/12/2008, riformando in parte quella di primo grado, escludeva le attenuanti generiche concesse all'imputato, rideterminava per costui la pena principale in anni quattro di reclusione, riduceva, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 12, comma 3, ad Euro 150.000,00 la sanzione pecuniaria inflitta alla società, confermava nel resto la gravata decisione.
3a - Il giudice distrettuale, con riferimento ad alcune questioni preliminari sottoposte al suo esame, rilevava quanto segue.
La richiesta di riunione del presente procedimento ad altro di analoga natura pendente dinanzi al tribunale di Arezzo non poteva essere accolta, considerato che l'art. 17 c.p.p., può operare soltanto in relazione a processi pendenti nello stesso stato e grado dinanzi al medesimo ufficio giudiziario.
Ribadiva la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, già prospettata in primo grado, del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 5, per asserito contrasto con gli artt. 3, 24 e 27 Cost., sottolineando che la responsabilità dell'Ente non integra una forma di responsabilità oggettiva, ma è strettamente legata alle condotte delle persone fisiche che lo rappresentano e che agiscono nel suo interesse o a suo vantaggio, con l'effetto che il "parametro centrale di rimproverabilità" va individuato, in base ad una presunzione semplice di responsabilità, nell'interesse concreto e specifico dell'Ente alla realizzazione di un determinato fatto illecito, gravando comunque sull'accusa l'onere di fornire la prova della responsabilità dell'Ente, al quale è riservata ampia possibilità di difesa.
L'eccepita nullità, per difetto di notifica, del decreto di citazione a giudizio dinanzi al Tribunale della società B.R. doveva ritenersi sanata, ai sensi dell'art. 184 c.p.p., comma 1, dalla regolare comparizione in undinza della parte, che non si era avvalsa della facoltà di cui al comma 3, della citata norma e, anzi, aveva ritenuto di dare subito corso alla sua difesa, sollevando la questione di costituzionalità a cui si è fatto cenno.
Non sussisteva alcun interesse ad eccepire l'omessa indicazione nel decreto di citazione a giudizio della società B.R.s nella veste di persona offesa e l'omessa notificazione dello stesso atto in tale veste.
3b - Quanto al merito della vincenda, la Corte territoriale riteneva che il giudizio di colpevolezza dell'imputato era supportato da un quadro probatorio affidabile e assolutamente in equivoco:
a) attendibili dichiarazioni rese da M.M., che, avendo definito la propria posizione processuale con sentenza irrevocabile di patteggiamento, era stato sentito nella veste di testimone assistito e aveva riferito, con coerenza, precisione e completezza, ogni dettaglio del piano criminoso attuato, specificando i tempi, le cadenze, l'oggetto del rapporto corruttivo con i rappresentanti della B.R. e delineando il ruolo centrale dello S., quale pubblico ufficiale corrotto di riferimento;
b) convergenti dichiarazioni di C.M., secondo il quale tanto lui quanto i ertici della B.R. erano stati informati dal M. che il pubblico ufficiale disponibile a favorire il progetto criminoso era tale " B.", dipendente della ASL n. (OMISSIS) di Arezzo e membro della Commissione preposta alle operazioni di gara;
c) "contratto di consulenza", stipulato il (OMISSIS) a gara ormai chiusa, tra l'E.S. del M. e i vertici della B.R., convenzione che, in quanto sostanzialmente finalizzata a coprire il versamento della "tangente" nella prospettiva di assicurare, a qualsiasi costo, l'aggiudicazione dell'appalto di servizio della B.R., non avrebbe avuto alcun senso in assenza di una disponibilità collusiva del pubblico ufficiale;
d) bonifico bancario in pari data della somma di Euro 30.000,00 in favore del M.;
e) nella disponibilità del M. e del C. erano state trovate copie della lettera (non ancora datata e protocollata) a firma dello S. indirizzata al direttore generale e al direttore amministrativo della ASL, con la quale si manifestava l'opportunità di aggiudicare l'appalto alla B.R., terza concorrente in graduatoria, per avere fatto "un'offerta economicamente rispettosa dei parametri e vantaggiosa";
f) esiti delle intercettazioni telefoniche, con particolare riferimento alla conversazione intercorsa il pomeriggio del (OMISSIS) tra il M. e lo S., che avevano implicitamente evocato l'accredito sul conto del primo della somma bonificata dalla B.R.;
g) testimonianza del Co. che era stato presente alla consegna della somma di Euro 15.000,00, al pervenuto presso l'edicola del M..
Conseguiva la responsabilità amministrativa della "B.R. srl", nel cui interesse le persone che la rappresentavano si erano rese responsabili del reato di corruzione attiva. Nè poteva ritenersi che la condotta incriminata andava inquadrata nel solo reato di cui all'art. 353 c.p., illecito questo che, pur non contestato, comunque non escludeva il concorso della corruzione.
4 - Hanno proposto ricorso per cassazione l'imputato e, tramite i propri difensori, la "B.R. srl".
4a - Il primo ha dedotto:
1) Violazione dell'art. 17 c.p.p., per non essere stato il presente procedimento riunito ad altro analogo pendente dinanzi al Tribunale di Arezzo;
2) violazione della legge penale, con riferimento agli artt. 624 e 625 c.p., e mancanza di motivazione in relazione al coinvolgimento dell'imputato nel reato di furto, ricostruzione questa assolutamente al di fuori di ogni logica e contraddetta dalla testimonianza del F. (coautore materiale del furto insieme al M.), che aveva riferito della estraneità dello S. al furto;
3) violazione della legge penale, con riferimento agli artt. 110, 319 e 319 bis c.p., mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione a molteplici profili della ricostruzione della vicenda corruttiva: a) il Giudice a quo, sulla base delle convergenti testimonianze del M. e del Co. aveva localizzato temporalmente la consegna della somma di Euro 15.000,00 all'imputato nelle prime ore del giorno (OMISSIS), in contrasto con quanto riferito dai Carabinieri, che avevano eseguito un servizio di appostamento presso l'edicola del M. nel pomeriggio dello stesso giorno, e con quanto emerso dal tabulato delle presenze in ufficio dello S.; b) si era ritenuto che il M. avrebbe utilizzato, per versare detta somma, gli incassi dell'edicola che gestiva, senza offrire la prova di ciò; c) certamente detta somma non proveniva dal bonifico accreditato al M. dalla B.R.; d) non poteva allegarsi alcuna attenibilità alla testimonianza del Co. in considerazione della negativa personalità di costui, incline ad operare nella illegalità al fianco del M.; e) non poteva ritenersi elemento di riscontro alla chiamata in correità operata dal M. quanto riferito dal C., per averlo appreso dallo stesso M., circa il coinvolgimento dello S. nella vicenda corruttiva; f) scarsa rilevanza assumeva il rinvenimento di copie della lettera a firma dello S. presso il M. e il C., considerato che ciò si era verificato nel (OMISSIS), quando la gara era ormai chiusa, era venuta meno ogni ragione di riservatezza e ben altre potevano essere le ragioni per cui i predetti erano venuti in possesso di copia del citato documento; g) non si era considerato che tutti i membri della Commissione avevano unanimemente escluso qualsiasi interferenza dello S.; h) non valutata adeguatamente l'attendibilità intrinseca del M.;
4) violazione della legge penale e mancanza di motivazione sulle statuizioni civili;
5) violazione della legge penale e contraddittorietà della motivazione per l'omessa assoluzione ex art. 530 cpv. c.p.p., e per non essere stata inflitta una pena più mite;
6) violazione della legge penale, con riferimento all'art. 62 bis c.p., e contraddittorietà della motivazione per la disposta esclusione delle attenuanti generiche concesse in primo grado.
4b - L'Ente responsabile amministrativo ha lamentato:
1) motivazione illogica nella valutazione delle prove in ordine alla ritenuta complicità del C. nella corruzione: i vari elementi presi in considerazione dai giudici di merito e ritenuti altamente sintomatici della complicità dei vertici societari nella corruzione erano frutto di una illogica metodologia selettiva nell'interpretazione dei medesimi elementi, che si prestavano ad una diversa e più coerente interpretazione (reale portata dal contratto di consulenza, rapporti del M. con la B.R., ideazione del furto ,coinvolgimento del pubblico ufficiale corrotto, lettera a firma S.;
2) omessa motivazione circa la responsabilità della società non essendosi offerto chiarimenti in ordine al coinvolgimento nell'attività corruttiva degli amministratori ( R. e F.) e del collaboratore esterno ( C.) della società; nessun elemento portava a ritenere il coinvolgimento dei primo; quanto al secondo, lo stesso era privo di poteri di rappresentanza e non era dipendente della società;
3) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, per essersi ravvisati nei fatti contestati gli estremi della corruzione piuttosto che quelli della turbata libertà degli incanti, ipotesi delittuosa quest'ultima che escludeva la responsabilità amministrativa dell'Ente;
4) erronea applicazione della legge penale (D.Lgs. n. 231 del 2001) in relazione al profilo sanzionatorio;
5) illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 231 del 2001 dell'art. 5 per contrasto con gli artt. 3, 24 e 27 Cost.;
6) nullità del decreto di citazione a giudizio in primo grado per omessa notifica dello stesso presso al domicilio eletto e per omessa indicazione nel decreto della B.R. quale persona offesa.
Diritto
1 - I motivi articolati nei ricorsi ripropongono molte delle questioni già esaminate e disattese dalla Corte territoriale e si rivelano comunque infondati, ad eccezione, come si preciserà in seguito, della doglianza relativa alla misura della sanzione pecuniaria inflitta all'Ente.
2 - Non ricorrevano i presupposti per disporre la riunione del presente procedimento ad altro di analoga natura pendente dinanzi al Tribunale di Arezzo.
Correttamente il Giudice di primo grado disattese, con ordinanza del 28/10/2005, la richiesta, rilevando che difettava il presupposto della pendenza nello stesso stato e grado dei due processi davanti al medesimo giudice (art. 17 c.p.p.).
Se obiettivo implicito della doglianza è quello della mancata unificazione dei processi per ragioni di connessione e di competenza, nella prospettiva di conseguire il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i vari reati, rileva la Corte che non può costituire motivo d'impugnazione tale omesso riconoscimento, considerato che la continuazione può essere sempre comunque chiesta in sede di esecuzione ai sensi dell'art. 671 c.p.p..
3 - La eccepita nullità della notificazione del decreto di citazione a giudizio della "B. R. srl" dinanzi al Giudice di primo grado deve ritenersi sanata, ai sensi dell'art. 184 c.p.p., comma 1, essendo la parte interessata regolarmente comparsa in udienza, senza avvalersi tempestivamente della facoltà di cui al comma 2, della citata norma, avendo dato corso alla esposizione della propria linea di difesa.
4 - Non sussiste la denunciata nullità connessa all'omessa citazione in giudizio della "B.R. srl" quale persona offesa dal reato, atteso che, in relazione ai reati per i quali si procede, detto Ente non riveste tale qualità.
5 - La disciplina dettata dal D.Lgs. n. 231 del 2001, in tema di responsabilità da reato degli enti non entra in rotta di collisione con i principi che la Carta Fondamentale enuncia negli artt. 3, 24 e 27 e si rivela, pertanto, manifestamente infondata la prospettata questione di costituzionalità.
V'è certamente compatibilità tra tale disciplina e il riferimento all'art. 27 Cost..
Il fatto - reato commesso dal soggetto inserito nella compagine della societas, in vista del perseguimento dell'interesse o del vantaggio di questa, è sicuramente qualificabile come "proprio" anche della persona giuridica, e ciò in forza del rapporto di immedesimazione organica che lega il primo alla seconda: la persona fisica che opera nell'ambito delle sue competenze societarie, nell'interesse dell'ente, agisce come organo e non come soggetto da questo distinto; nè la degenerazione di tale attività funzionale in illecito penale è di ostacolo alìimmedesimazione.
Il D.Lgs. n. 231 del 2001 ha introdotto un tertium genus di responsabilità rispetto ai sistemi tradizionali di responsabilità penale e di responsabilità amministrativa, prevedendo un'autonoma responsabilità amministrativa dell'ente in caso di commissione, nel suo interesse o a suo vantaggio, di uno dei reati espressamente elencati nella sezione 3^ da parte un soggetto che riveste una posizione apicale, sul presupposto che il fatto-reato "è fatto della società, di cui essa deve rispondere".
Conclusivamente, in forza del citato rapporto di immedesimazione organica con il suo dirigente apicale, l'ente risponde per fatto proprio, senza coinvolgere il principio costituzionale del divieto di responsabilità penale per fatto altrui (art. 27 Cost.).
Nè il D.Lgs. n. 231 delinea un'ipotesi di responsabilità oggettiva, prevedendo, al contrario, la necessità che sussista la c.d. "colpa di organizzazione" dell'ente, il non avere cioè predisposto un insieme di accorgimenti preventivi idonei ad evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato; il riscontro di un tale deficit organizzativo consente una piana e agevole imputazione all'ente dell'illecito penale realizzato nel suo ambito operativo.
Grava sull'Accusa l'onere di dimostrare l'esistenza e l'accertamento dell'illecito penale in capo alla persona fisica inserita nella compagine organizzativa della societas e che abbia agito nell'interesse di questa; tale accertata responsabilità si estende "per rimbalzo" dall'individuo all'ente collettivo, nel senso che vanno individuati precisi canali che colleghino teleologicamente l'azione dell'uno all'interesse dell'altro e, quindi, gli elementi indicativi della colpa di organizzazione dell'ente, che rendono autonoma la responsabilità del medesimo.
Militano, inoltre, a favore dell'ente, con effetti liberatori, le previsioni probatorie di segno contrario di cui al D.Lgs. n. 231, art. 6, e, specificamente, l'onere per l'ente di provare, per contrastare gli elementi di accusa a suo carico, "che l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi" (art. 6, lett. a) e che, sulla base di tale presupposto, ricorrono le altre previsioni elencate nelle successive lettere del citato art. 6.
Nessuna inversione dell'onere della prova è, pertanto, ravvisabile nella disciplina che regola la responsabilità da reato dell'ente, gravando comunque sull'Accusa l'onere di dimostrare la commissione del reato da parte di persona che rivesta una delle qualità di cui al D.Lgs. n. 231, art. 5, e la carente regolamentazione interna dell'ente. Quest'ultimo ha ampia facoltà di fornire prova liberatoria.
Non si apprezza, quindi, alcuna violazione dei presidi costituzionali relativi al principio di uguaglianza e all'esercizio del diritto di difesa.
6 - Quanto al merito della vicenda, la sentenza impugnata fa buon governo della legge penale e riposa su un apparato argomentativo che, ancorato rigorosamente alle emergenze processuali e immune da vizi di contraddittorietà o di manifesta illogicità, da conto delle ragioni che giustificano la conclusione alla quale perviene con riferimento sia alla posizione processuale dello S. che a quella della "B.R. srl".
E' agevole evincere da quanto sopra sintetizzato la molteplicità e convergenza degli elementi che conclamano la responsabilità dello S. in ordine ai reati di corruzione aggravata e di furto aggravato contestatigli:
a) attendibile chiamata in correità da parte del coimputato M.M. (posizione processuale definita con patteggiamento), anche con riferimento all'adesione dello S. al progettato e realizzato furto di parte della documentazione presentata da altri concorrenti alla gara d'appalto di cui si discute;
b) convergenti dichiarazioni, sia pure de relato, di C.M. circa il coinvolgimento dello S. nell'attività illecita;
c) bonifico bancario di Euro 30.000,00 dalla B.R. srl al M., nell'ambito di un fittizio contratto di consulenza;
d) rinvenimento nella disponibilità del M. e del C. di documenti interni alla ASL n. (OMISSIS) di Arezzo a firma della S. e relativi alla procedura d'appalto incriminata;
e) esiti delle conversazioni telefoniche intercettate tra il M. e lo S., nel corso delle quali costoro avevano fatto riferimento all'accredito del bonifico di cui al punto c);
f) testimonianza del Co., che aveva presenziato alla consegna della somma di Euro 15.000,00 allo S. da parte del M..
Anche la ritenuta responsabilità dell'Ente collettivo è affidata a elementi fattuali di univoca interpretazione, quali le parziali ammissioni dibattimentali del C. e del F., la sottoscrizione da parte della "B.R." del contratto di assistenza e consulenza con la "E.S." del M., al solo scopo di dare "copertura" al versamento della tangente, circostanza questa che, sul piano logico e su quello del normale accadimento delle cose, non poteva che implicare la presa di coscienza da parte degli agenti del coinvolgimento nell'operazione illecita del pubblico ufficiale, dal cui attivo intervento non poteva prescindersi per tentare di assicurarsi l'aggiudicazione della gara.
A tale articolato discorso giustificativo i ricorrenti oppongono una serie di obiezioni, ripetitive di quelle già formulate in sede di appello, le quali - tutte - si muovono nella prospettiva di accreditare una diversa e alternativa ricostruzione dei fatti, operazione questa estranea alla verifica di legittimità. La valutazione in fatto, se non è - come nella specie - contraddittoria o manifestamente illogica, deve rimanere prerogativa esclusiva del giudice di merito.
7 - Non ha pregio la tesi secondo cui il fatto rubricato come corruzione dovrebbe essere ricondotto nel paradigma della turbata libertà degli incanti, con l'effetto che tale diversa qualificazione giuridica comporterebbe l'esclusione della responsabilità dell'Ente.
Osserva la Corte che il reato di corruzione propria concorre con quello di turbata libertà degli incanti (quest'ultimo non è stato formalmente contestato).
Diversa è l'oggettìvità giuridica dei due reati: con il primo, s'intende proteggere l'interesse dell'Amministrazione alla fedeltà e all'onestà dei suoi funzionari e, quindi, i principi di corretto funzionamento, buon andamento e imparzialità nell'attività di amministrazione della cosa pubblica, posto che le indebite retribuzioni percepite o delle quali è accettata la promessa diffondono tra i cittadini la sfiducia nei pubblici poteri; con il secondo, s'intende proteggere la libertà di partecipazione alla gara, la regolarità formale e sostanziale dello svolgimento della medesima, senza influenzarne o alterarne il risultato e compromettere il principio della libera concorrenza.
In sostanza, la norma incriminatrice ài cui all'art. 353 c.p., non esaurisce l'intero disvalore del fatto e non assorbe in sè anche il profilo relativo alla corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio.
8 - Generico, e perciò inammissibile, è il motivo di ricorso col quale lo S. contesta la statuizione di condanna ai danni in favore della parte civile ASL n. (OMISSIS) di Arezzo.
9 - Infondate sono le doglianze dello S. in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti genetiche e alla misura della pena intimagli, considerato che su tali punti la sentenza di merito illustra adeguatamente le ragioni che hanno guidato l'esercizio del potere discrezionale del giudice del giudice di merito nella scelta sanzionatoria.
10 - Merita, invece, accoglimento la doglianza della "B.R. srl" in relazione alla misura della sanzione pecuniaria infintale.
In relazione a tale aspetto, la sentenza in verifica non motiva la propria scelta e, pur dando atto che ricorrono i presupposti di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 12, comma 3, non esplicita il percorso logico-giuridico attraverso il quale, sulla base dei parametri fissati dalla stessa norma, perviene alla conclusione raggiunta.
La sentenza impugnata, pertanto, limitatamente alla determinazione della sanzione pecuniaria inflitta alla "B.R. srl", deve essere annullata con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, alla Corte d'Appello di Trento - sezione di Bolzano -.
11 - Per le considerazioni più sopra svolte, deve essere rigettato nel resto il ricorso della "B.R. srl" e deve essere rigettato il ricorso dello S.. Consegue per quest'ultimo la condanna al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute in questo grado dalla parte civile ASL n. (OMISSIS) di Arezzo e liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della sanzione pecuniaria inflitta alla B.R. srl e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte d'Appello di Trento - sezione di Bolzano -. Rigetta nel resto il ricorso della B.R. srl e rigetta il ricorso dello S., che condanna al pagamento delle spese processuali e a rifondere le spese sostenute dalla parte civile, che liquida in Euro 2.500,00, oltre iva e Cpa.
Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010