Cassazione Penale, Sez. 4, 27 settembre 2012, n. 37335 - Lavori in autostrada e infortunio di un preposto al cantiere, urtato da un autocarro nella corsia di transito
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente -
Dott. D'ISA Claudio - Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco M. - Consigliere -
Dott. GRASSO Giuseppe - rel. Consigliere -
Dott. MONTAGNI Andrea - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) V.M. N. IL (OMISSIS);
2) F.G. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 617/2009 CORTE APPELLO di GENOVA, del 28/06/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
udito il P.G. in persona del Dott. FODARONI Giuseppina che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. Colella Guido e Marchiolo Carlo per F. e Sideri Francesco per V..
Fatto
1. Il Tribunale di Genova, con sentenza del 25/6/2008, condannò Fe.Lu., direttore dei lavori per conto della T.I.S. s.p.a., F.G., direttore del Primo Tronco delle Autostrade s.p.a. (committente) e V.M., dipendente della S.P.E.A. s.p.a. (incaricata della progettazione e della direzione lavori), quale coordinatore dei lavori interessanti l'autostrada (OMISSIS), viadotti (OMISSIS) nel tratto (OMISSIS), alle pene stimate di giustizia, in relazione all'infortunio sul lavoro occorso a T.P., il quale, preposto al cantiere della T.I.S., di cui era dipendente, nel mentre in ora serale, indietreggiava con in mano un faro d'illuminazione, veniva attinto alle spalle da mezzo di grossa cilindrata, rimasto sconosciuto, marciante sulla corsia che era stata lasciata aperta al transito.
1.1. La Corte d'appello di Genova, giudicando sulle impugnazioni proposte dagli imputati e, in via incidentale, dal Procuratore Generale, con sentenza del 28/6/2011, in parziale riforma della sentenza gravata, assolse il Fe. per non avere commesso il fatto, confermando nel resto.
1.2. Per un'adeguata intelligenza della vicenda, in relazione alle doglianze avanzate in questa sede, di cui appresso si dirà, appare opportuno riprendere le circostanze salienti del fatto.
Conviene, tenuto conto delle difformità ricostruttive, prendere in esame separata, seppure in sintesi, la narrazione operata dal primo e dal secondo giudice.
Il Tribunale, dopo aver constatato che l'infortunio avvenne in occasione dei lavori di rifacimento dei giunti di dilatazione e del manto d'asfalto del tratto autostradale di cui si è detto, giunse alla conclusione che il T., a causa di un accidentale spostamento durante la manovra messa in atto, finì per portarsi, almeno in parte, nella corsia aperta al transito, finendo così attinto, seppure di striscio da un autocarro. Di una tale evenienza dovevano rispondere i titolari di posizione di garanzia, individuati negli imputati, ai quali si era addebitata la violazione di plurime norme antinfortunistiche. La Corte territoriale, confermando l'impianto complessivo della narrazione, tuttavia, ha escluso che dagli elementi in possesso si potesse presumere che il T. ebbe inavvertitamente a porsi nella corsia aperta al transito.
Dopo aver concordato sulla conclusione che se l'intiera carreggiata fosse stata interdetta al transito il rischio sarebbe stato eliminato e che l'apertura di una sola corsia, dalle ore 21,00 alle ore 22,00, durante la fase di approntamento del cantiere notturno, in deroga al piano di sicurezza e coordinamento (PSC) prevista dal piano operativo di sicurezza (POS) del 5 febbraio 2004, corrispondeva all'interesse della Autostrade s.p.a., che aveva fatto pervenire tale sua esigenza al V., assolse il Fe., sul presupposto che costui, ignaro dell'Intensità dei flussi veicolari, accondiscese alla chiusura parziale dalle 21,00 alle 22,00 "presumendo che i suoi dipendenti non corressero rischi". Al contrario, il F. non poteva ignorare l'intensità del traffico veicolare ed era compito del V. "contemperare le esigenze del committente e quelle dei lavoratori".
2. V.M. e F.G. con atti separati proponevano ricorso per cassazione.
2.1. Il V. con i primi sette motivi prospetta violazioni varie delle norme processuali.
a) la sentenza e l'ordinanza che aveva disatteso la prospettazione difensiva andavano dette nulle in relazione all'art. 125 c.p.p., comma 3, art. 477 c.p.p., comma 3 e art. 178 c.p.p., lett. c), per non essere stato dato avviso dei rinvii dell'udienza all'imputato contumace;
b) erano rimasti inosservati l'art. 606 c.p.p., lett. c) e art. 415- bis c.p.p. e art. 552 c.p.p., comma 2, in relazione alla disattesa eccezione di nullità dell'avviso ai sensi dell'art. 415-bis cod. proc. pen., stante che al V. non erano mai stati contestati profili di colpa generica e che nell'avviso di concluse indagini al predetto venivano addebitate solo due ipotesi di colpa specifica;
c) il detto avviso doveva essere dichiarato nullo in quanto mancante di idonea motivazione in ordine all'enunciazione del fatto;
d) ed e) viene nuovamente prospettata nullità ai sensi dell'art. 178 cod. proc. pen., lett. c) per non avere l'imputato ricevuto alcuno degli avvisi previsti dall'art. 477 c.p.p., comma 3, essendosi il giudice d'appello limitato a richiamare due precedenti attinenti alla diversa vicenda dell'astensione collettiva degli avvocati;
f) e g) il Tribunale, in violazione dell'art. 521 cod. proc. pen., aveva addebitato all'imputato violazione del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 15, che non costituiva contestazione nel capo d'imputazione, privo, per altro, di rimproveri afferenti alla colpa generica, e la Corte territoriale, aveva liquidato la censura en passant, occupandosi dell'art. 415-bis cod. proc. pen..
2.2. Con l'ottavo motivo la statuizione viene censurata, in relazione all'art. 606 c.p.p., lett. e), a causa di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorrente prospetta, in primo luogo, che, avendo il giudice d'appello correttamente riconosciuto che il lavoratore venne attinto dall'autocarro all'interno della corsia interdetta al traffico, non ha tratto l'unica conseguenza logica plausibile: l'evento era da addebitare alla condotta del camionista rimasto ignoto.
In secondo luogo doveva reputarsi frutto di un ragionamento illogico l'osservazione secondo la quale se entrambe le corsie fossero rimaste interdette al traffico l'incidente non si sarebbe avuto, come dire che se i lavori non si fossero mai svolti, del pari, l'evento sarebbe stato scongiurato. In terzo luogo, incongruamente la Corte d'Appello, dopo aver assolto il direttore dei lavori della TIS, unica interessata a concludere l'appalto entro il termine previsto, irragionevolmente aveva giudicato colpevole il V., il quale aveva la funzione di coordinatore dei lavori per la società di progettazione.
2.3. Con il nono motivo, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), viene contestata omissione di motivazione sul nesso causale: anche a considerare legittimo il rimprovero di cui al D.P.R. n. 547 del 1955, art. 15 non constava alcuna concreto accertamento del detto nesso, non potendo la motivazione ridursi all'affermazione che se la corsia fosse stata chiusa al traffico il rischio sarebbe stato neutralizzato.
2.4. Con il decimo motivo, in relazione all'art. 606 c.p.p., lett. e), la pena inflitta viene fatta oggetto di critica in quanto prossima al massimo: nè la Corte territoriale aveva speso parola sulla rilevante corresponsabilità dell'ignoto camionista.
2.5. Con l'ultimo motivo il ricorrente, rilevato che alla data del 9 settembre 2011 si era maturato il termine massimo prescrizionale, in assenza di fatti sospensivi, invoca, in via subordinata, la pertinente declaratoria, ai sensi dell'art. 129, cod. proc. pen..
3. Il F. con il primo motivo lamenta, in relazione all'art. 606 c.p.p., lett. c), il mancato accoglimento da parte della Corte territoriale dell'eccezione di nullità della citazione in appello dell'imputato. Secondo la prospettazione impugnatoria la detta notifica era stata ingiustamente eseguita con le modalità di cui all'art. 161 c.p.p., comma 4, essendosi equiparata la pretesa mancanza di dimora al domicilio formalmente indicato al mutamento di domicilio.
3.1. Con il successivo motivo il ricorrente si duole della contraddittoria o manifesta illogicità della motivazione in punto di ricostruzione fattuale: la Corte d'Appello aveva fatto discendere la responsabilità dello stesso da un'ipotesi derivata esclusivamente dal racconto dell'infortunato; nonostante che lo sconfinamento del mezzo investitore fosse stato correttamente escluso dal Tribunale, tenendo conto dell'intatta presenza dei birilli di segnalazione e dei riscontri operati nell'immediatezza dalla Polizia. Di conseguenza, l'asserto secondo il quale il F. non poteva non sapere dell'intensità del traffico risulta inconferente, stante che l'incidente fu causato dello sconfinamento dell'operaio, senza contare che l'assunto concernente una tale conoscenza deve considerarsi apodittico e indimostrato.
3.2. Con il terzo motivo viene dedotta l'erronea applicazione degli artt. 40, 41 e 43 cod. pen., nonchè il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 15 e del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, artt. 19, 93 e 97, in relazione all'art. 606 cod. proc. pen., lett. b).
La decisione di provvedere all'allestimento di quanto di necessario per consentire l'avvio del cantiere notturno in presenza di una corsia aperta al traffico non poteva dirsi affatto avventata o inusuale, stante la previsione che gli operai operassero rigorosamente all'interno della corsia interdetta alla circolazione, disposizione, questa, che proprio il T., preposto al cantiere, avrebbe dovuto fare rispettare. Si deve, pertanto, ad una avventata iniziativa di quest'ultimo la causa esclusiva dell'infortunio occorsogli. Inoltre, destinatario delle norme antinfortunistiche era il datore di lavoro, che si era assunto il rischio e a cui competeva l'organizzazione del lavoro. In assenza d'immediata percettibilità di violazione di norme antinfortunistiche nessuna responsabilità poteva addebitarsi, di conseguenza, al committente.
Diritto
4. Va osservato che dopo la sentenza di secondo grado è venuto a maturare il termine massimo prescrizionale previsto dalla legge per il reato contestato.
Il fatto risale al 9/3/2004 e, pertanto, secondo il testo del comb. disp. degli artt. 157 e 160 cod. pen. allora vigente, tenuto conto del reato contestato (delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione inferiore a cinque anni) allo scadere dell'8/9/2011 si è compiuto il termine massimo previsto dalle norme citate.
5. La delibazione dei motivi sopra presi in analitica rassegna fa escludere l'emergere di un quadro da, quale possa trarsi ragionevole convincimento dell'evidente innocenza degli imputati, invero, restando al vaglio previsto dall'art. 129 cod. proc. pen., comma 2 la certa dipendenza dell'infortunio dalle mansioni lavorative svolte dalla vittima, il palese contrasto fra i ricorrenti a riguardo della ricostruzione del fatto, al quale ha corrisposto analogo contrasto fra le decisioni di primo e secondo grado, senza che, tuttavia, ciò abbia avuto ripercussioni in ordine all'affermazione di responsabilità, in entrambe le sedi, di entrambi gli sputati, e l'assenza di offerta di elementi univoci dai quali trarsi, senza necessita di approfondimento critico, il convincimento d'innocenza, impongono l'anticipato epilogo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di entrambi i ricorrenti perchè estinto il reato per prescrizione.