Cassazione Penale, Sez. 4, Ordinanza 13 dicembre 2012, n. 48271 - Lavori di molatura schegge in un occhio: conversione del ricorso in appello
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente -
Dott. D'ISA Claudio - Consigliere -
Dott. CIAMPI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -
Dott. MONTAGNI Andrea - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE PRESSO TRIBUNALE DI LANCIANO;
nei confronti di:
1) S.A. N. IL (OMISSIS) C/;
avverso la sentenza n. 165/2011 TRIBUNALE di LANCIANO, del 24/04/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/12/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. D'Angelo Giovanni che ha concluso per la conversione in appello del ricorso proposto dall'imputato e trasmissione atti;
Udito il difensore avv. Galizia Osvaldo che si associa al Procuratore Generale.
Fatto
1. Il Tribunale di Lanciano, con sentenza in data 24.04.2012, dichiarava S.A., in qualità di legale rappresentante della ditta A.M. s.r.l., colpevole del reato di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 18, comma 1, lett. d) e art. 76, comma 2, lett. a), (capo B) per non aver messo a disposizione del dipendente I.L. occhiali protettivi adeguati ad impedire che corpi estranei attingessero gli occhi. Il Tribunale dichiarava non doversi procedere nei confronti di S. per il reato di cui all'art. 590 cod. pen., comma 3, (capo A), per difetto di querela. Il giudicante, ritenuta evidente la penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato contravvenzionale di cui al capo B), osservava che le lesioni subite dalla persona offesa non avevano superato la durata di 40 giorni, di talchè in difetto di querela il reato risultava improcedibile.
2. Avverso la richiamata sentenza del Tribunale di Lanciano ha proposto appello il Procuratore della Repubblica di Lanciano, limitatamente alla declaratoria di improcedibilità per il reato di cui al capo A).
L'esponente osserva che, seppure la parte offesa ha dichiarato di essere rimasto assente dal lavoro per 40 giorni, a causa delle lesioni riportate, la documentazione acquisita evidenzia che la durata della malattia fu superiore a quaranta giorni, di talchè trattandosi di fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, il delitto risulta perseguibile d'ufficio. In riforma della impugnata sentenza, chiede la condanna dell'imputato in riferimento al reato di cui al capo A).
3. Avverso la sentenza del Tribunale di Lanciano ha proposto ricorso per cassazione S.A., a mezzo del difensore, limitatamente alla affermazione di penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato contravvenzionale di cui al capo B).
L'esponente osserva che, in data 28.11.2008, I.L., dipendente della A.M. srl., era intento ad effettuare lavori di molatura; e che, nel frangente, l'occhio sinistro del dipendente venne attinto da schegge di materiale volatilizzato dallo strumento in uso. Il ricorrente osserva che erroneamente il giudicante ha ritenuto che sia stato attinto l'occhio destro dell'operario. La parte afferma che il dipendente stava utilizzando occhiali di protezione conformi a quelli che l'Ispettorato del Lavoro definisce " a mascherina". Osserva, inoltre, che il fatto che l'ispettore del lavoro, recatosi sul posto a distanza di sei mesi dal fatto, abbia rinvenuto nell'armadietto del lavoratore occhiali protettivi "non a mascherina" è evenienza priva di ogni significatività, perchè riguardante circostanze non riconducibili alla lavorazione svoltasi il giorno dell'infortunio.
Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la mancata assunzione di prova decisiva. Osserva che la difesa aveva presentato la propria lista testi in data 13.09.2011 e che il dibattimento si è effettivamente celebrato in data 22.09.2011. Ritiene, pertanto, che il Tribunale erroneamente non abbia ammesso le prove a discarico, per mancato rispetto del termine di cui all'art. 468 cod. proc. pen..
L'esponente osserva che all'udienza del 14.07.2011, indicata nel decreto di citazione a giudizio, il processo era stato semplicemente rinviato, per impedimento dell'imputato; e ritiene che in tal caso le parti riacquistino interamente i diritti pure esclusi da determinate disposizioni. Il ricorrente osserva poi che le circostanze di fatto oggetto del tema di prova che la difesa intendeva sviluppare, si qualificano come "controprova", in quanto direttamente speculari rispetto a quelle articolate dalla pubblica accusa. E ritiene che il diritto alla controprova deve essere assicurato ex art. 495 cod. proc. pen., comma 2, indipendentemente dal rispetto del termine di cui all'art. 468 cod. proc. pen..
Diritto
4. In riferimento alle impugnazioni proposte avverso la sentenza del Tribunale di Lanciano del 24.04.2012 si impongono i rilievi che seguono, di ordine dirimente.
4.1 La Corte di Appello di L'Aquila, con missiva in data 30.08.2012, ha erroneamente disposto la trasmissione degli atti, relativi al procedimento in oggetto, alla Suprema Corte di Cassazione, rilevando che nel caso era stato proposto appello avverso sentenza inappellabile, ai sensi dell'art. 593 cod. proc. pen., comma 3, Invero, nel caso che occupa, occorre considerare che il Procuratore della Repubblica ha proposto appello, avverso la sentenza del Tribunale di Lanciano, limitatamente alla declaratoria di improcedibilità del reato di lesioni colpose cui al capo A); e che l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, con riguardo all'affermazione di penale responsabilità contenuta nella medesima sentenza, in ordine al reato contravvenzionale di cui al capo B). E giova considerare che quest'ultima imputazione concerne la mancata osservanza della disciplina antinfortunistica, che integra il profilo di colpa richiamato al capo A), rispetto al delitto di cui all'art. 590, cod. pen., che si ascrive a S.A..
Orbene, deve allora richiamarsi l'insegnamento espresso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, nel procedere all'interpretazione della norma di cui all'art. 580 cod. proc. pen., che disciplina la conversione del ricorso in appello. Le Sezioni Unite hanno, infatti, precisato che il presupposto della conversione è costituito dalla pertinenza dei due mezzi di impugnazione alla "stessa sentenza", da intendersi come unica statuizione del giudice, della stessa natura e sul medesimo oggetto, rispetto alla quale si profili l'eventualità di decisioni incompatibili per il caso di celebrazione dei diversi giudizi di impugnazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 36084 del 24/06/2005, dep. 06/10/2005, Rv. 231807).
Ciò chiarito, deve altresì considerarsi che la Corte regolatrice ha pure evidenziato che la trattazione congiunta delle diverse impugnazioni, ex art. 580, cod. proc. pen., trova giustificazione nella necessità di non privare l'imputato di un secondo grado di giudizio nel merito, per il reato appellabile (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 29989 del 13/07/2011, dep. 27/07/2011, Rv. 251003).
4.2 Applicando al caso di giudizio i principi di diritto ora richiamati, deve allora disporsi, conformemente alle richieste formulate dal Procuratore Generale, la conversione in appello del ricorso proposto dall'imputato, atteso che i diversi mezzi di impugnazione, oggi all'esame di questa Suprema Corte, afferiscono a statuizioni inerenti al medesimo oggetto, nei sensi sopra chiariti.
Si dispone, conseguentemente, la trasmissione degli atti, unitamente a quelli concernenti il gravame proposto dal pubblico ministero, alla Corte territoriale competente, per l'ulteriore corso.
P.Q.M.
Converte in appello il ricorso proposto dall'imputato e dispone la trasmissione degli atti - unitamente a quelli riguardanti l'appello proposto dal pubblico ministero - alla Corte di Appello de L'Aquila.