Cassazione Civile, Sez. Lav., 17 gennaio 2013, n. 1153 - Nesso causale tra distacco della retina e infortunio in itinere


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente

Dott. LA TERZA Maura - rel. Consigliere

Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere

Dott. MANCINO Rossana - Consigliere

Dott. TRICOMI Irene - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso 31331/2007 proposto da:

(Omissis), elettivamente domiciliato in (Omissis), presso lo studio dell'avvocato (Omissis), che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (Omissis), presso lo studio degli avvocati (Omissis) e (Omissis) che lo rappresentano e difendono, giusta procura notarile in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 619/2007 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 31/05/2007 r.g.n. 97/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/11/2012 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;

udito l'Avvocato (Omissis) per delega (Omissis);

udito l'Avvocato (Omissis) per delega (Omissis);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto



Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di L'Aquila, riformando la statuizione di primo grado, rigettava la domanda di (Omissis) intesa ad ottenere dall'Inail rendita per inabilità permanente nella misura del 30% (distacco della retina) conseguente all'infortunio in itinere occorso il (Omissis). La Corte rilevava che il CTU aveva accertato che nell'infortunio il (Omissis) aveva riportato distorsione cervicale e contusione al ginocchio sn, che le lesioni erano guarite l'(Omissis) con postumi non superiori al 2%. L'ausiliario aveva ritenuto più ragionevole ricondurre il distacco della retina, verificatosi nell'aprile 2003, al più recente trauma cranio facciale documentato dalla cartella clinica presso l'Ospedale di (Omissis) nel periodo 9 aprile - 17 aprile 2003.

Avverso detta sentenza il soccombente ricorre con due motivi.

Resiste l'Inail con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto



Con il primo mezzo si denunzia violazione degli articoli 112, 416 e 437 cod. proc. civ. e difetto di motivazione e si sostiene che l'Inail - nel dedurre in appello che il 3 aprile 2003 esso ricorrente aveva subito un nuovo infortunio extra lavorativo e che proprio questo era la causa del danno al visus - avrebbe proposto una domanda nuova, inammissibile in appello, anche perchè la cartella clinica su cui l'Ente fondava la propria affermazione non risultava depositata in primo grado.

Con il secondo motivo, denunziando violazione degli articoli 40 e 41 cod. pen. si lamenta che la Corte, nell'attribuire efficacia esclusiva dell'infortunio extralavorativo, avrebbe violato il principio di equivalenza delle cause, pacificamente applicabile anche in materia antinfortunistica.

Il ricorso non merita accoglimento.

Invero l'Inail aveva sempre contestato fin dal primo grado il nesso causale tra il distacco della retina e l'infortunio in itinere del (Omissis). In appello aveva poi espressamente dedotto che detta patologia era conseguente all'infortunio extra lavorativo che lo stesso (Omissis) aveva comunicato al medico che aveva compilato la cartella clinica relativa al ricovero presso l'Ospedale di (Omissis) per la cura del distacco retinico.

Pertanto in appello l'Istituto non aveva proposto alcuna domanda nuova, ma aveva reiterato le difese già svolte in primo grado sulla carenza del nesso causale.

La Corte territoriale ha poi ammesso il deposito in appello da parte dell'Inail della predetta cartella clinica (che, invero, contrariamente a quanto si assume in controricorso, non risulta essere stata prodotta in primo grado dall'assicurato), implicitamente ritenendo trattarsi di documento decisivo, con ciò conformandosi alla più recente giurisprudenza di questa Corte per cui (Cass. n. 6498 del 22/03/2011) che "Nel rito del lavoro, in deroga al generale divieto di nuove prove in appello, è possibile l'ammissione di nuovi documenti, su richiesta di parte o anche d'ufficio, solo nel caso in cui essi abbiano una speciale efficacia dimostrativa e siano ritenuti dal giudice indispensabili ai fini della decisione della causa".

Con detta sentenza, richiamando quella precedente delle Sezioni unite n. 8203/2005 cit., relativa al rito ordinario, si è affermato che per "indispensabilità delle nuove prove ai fini della decisione della causa, rilevando che si intende fare riferimento a una loro "influenza causale più incisiva" rispetto alle prove in genere ammissibili in quanto "rilevanti", ovvero a "prove che, per il loro spessore contenutistico, sono idonee a fornire un contributo decisivo all'accertamento della verità materiale". Appare evidente che privilegiare la potenziale incontrovertibilità e decisività probatoria dei documenti aventi una speciale incidenza probatoria ai fini di un superamento delle preclusioni processuali è giustificato dal fatto che, da un lato, in ragione della loro assorbente decisività, la loro ammissione in linea di massima non comporta l'esigenza di una complessiva riapertura dell'istruttoria, e, dall'altro, che, se la decisione non tenesse conto dei medesimi documenti, sarebbe evidente e incontestabile, sempre in ragione della loro efficacia probatoria, il contrasto tra decisione e verità materiale. Il discorso essenziale è dunque che la nuova produzione in appello può far superare le preclusioni che il codice di rito prevede per il giudizio di primo grado, solo se è dotata di un grado di decisività e certezza tale che da sola considerata, e quindi a prescindere dal suo collegamento con altri elementi e da altre indagini, conduca ad un esito "necessario" della controversia: la prova principe o la prova regina.

Il che invero ricorre nel caso di specie, in cui emergeva, per averlo riferito lo stesso (Omissis) che vi era stato, proprio nell'imminenza del distacco della retina, un più recente trauma cranio facciale. Non è quindi illogica, nè contraria alla scienza medica la conclusione cui è pervenuto il CTU d'appello, e con esso la sentenza impugnata, di ricondurre il distacco della retina, verificatosi nell'aprile 2003, al più recente trauma cranio facciale, e non già all'infortunio in itinere del gennaio precedente, in cui era stata riportata una distorsione cervicale.

Anche il secondo motivo va quindi rigettato, concretandosi nella sostanza in mero dissenso diagnostico. Le spese seguono la soccombenza.


P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente delle spese liquidate in euro quaranta per esborsi e duemila per compensi professionali, con accessori di legge.