Cassazione Penale, Sez. 4, 28 gennaio 2013, n. 4206 - Infortunio sul lavoro e obbligo del datore di lavoro di sorvegliare sulle corrette modalità di esecuzione
- Datore di Lavoro
- Dispositivo di Protezione Individuale
- Sorveglianza sull'applicazione delle norme di sicurezza
Responsabilità di un datore di lavoro per infortunio occorso ad un lavoratore intento ad eseguire, con un altro operaio la manutenzione di un soffitto in legno. I due dovevano applicare un prodotto antitarlo, assai tossico ma a protezione delle inalazioni avevano solo una mascherina di tela, del tutto inidonea tanto che non veniva nemmeno utilizzata; l'infortunato, lavorando su di un'impalcatura ad un'altezza di circa 2 m e 90 da terra, cadeva a terra, batteva violentemente il capo e si procurava lesioni gravi (un trauma cranico, la rottura della milza e del polso) con esiti di invalidità permanente.
Emergeva che i due lavoratori avevano prolungato con delle travi appoggiate in modo precario il trabattello, fornito dal datore di lavoro, che stavano utilizzando, in modo da poter raggiungere tutti i settori del soffitto, anche quelli più difficili.
Entrambi i giudici ritenevano l'imputato responsabile dell'incidente in quanto datore di lavoro dell'operaio, per non avere vigilato sulle modalità di sicurezza nelle quali veniva effettuato il lavoro stesso. Ricorso in Cassazione - Rigetto.
La Corte afferma che la tesi difensiva non ha pregio, risultando del tutto corretta la valutazione di responsabilità operata dalla Corte di Catania. Rientra infatti nella responsabilità del datore di lavoro fornire al dipendente i mezzi necessari allo svolgimento dell'attività lavorativa e tale principio vale anche nella specifica situazione considerata non giovando al ricorrente invocare il comportamento degli operai che si erano avvalsi di mezzi rudimentali, modificando il trabatello, perchè un tale comportamento, come opportunamente hanno rilevato entrambi i giudici di merito, era stato reso necessario dal fatto che diversamente non avrebbero potuto raggiungere tutti i punti del soffitto e comunque era noto al datore di lavoro dei due operai, che nei giorni precedenti l'infortunio si era ripetutamente recato sul posto per seguire lo svolgimento del lavoro ed aveva pertanto avuto modo di rendersi conto delle difficoltà operative e della necessità di procedere come di fatto avvenuto.
E' peraltro pacifico che resta sempre affidata al datore di lavoro la sorveglianza sulle corrette modalità di esecuzione del lavoro da parte dei suoi dipendenti. Se l'onere e la responsabilità dell'adozione dei mezzi di lavoro gravano ex lege sul datore di lavoro e sui preposti è perchè l'iniziativa esperta, prudente e diligente di costoro è finalizzata a prevenire le conseguenze dannose derivanti anche da temerarietà, avventatezza e leggerezza dei dipendenti che spesso sono le cause immediate dei sinistri di cui sono vittima.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROMIS Vincenzo - Presidente
Dott. BIANCHI Luisa - rel. Consigliere
Dott. CIAMPI Francesco Mari - Consigliere
Dott. ESPOSITO Lucia - Consigliere
Dott. DELL'UTRI Marco - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) (Omissis) N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 273/2011 CORTE APPELLO di CATANIA, del 07/12/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/01/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Cons. Dr. Scardaccione Vittorio Eduardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. (Omissis) del foro di (Omissis).
Fatto
1. La Corte di appello di Catania, con sentenza in data 7/12/2011, ha confermato la responsabilità di (Omissis) per il reato di cui all'articolo 590 c.p. e, in accoglimento dell'appello incidentale della parte civile, ha aumentato a euro 60.000 la somma dovuta a (Omissis) a titolo di provvisionale. Si è trattato di un incidente sul lavoro avvenuto il (Omissis) mentre (Omissis) era intento ad eseguire, con un altro operaio e per conto del (Omissis), la manutenzione di un soffitto in legno, applicando un prodotto antitarlo, assai tossico; a protezione delle inalazioni era stata fornita solo una mascherina di tela, del tutto inidonea ad impedire di respirare i vapori tossici, tanto che gli operai non la utilizzavano nemmeno; sarebbe stato invece necessario un autorespiratore munito di ossigeno grazie al quale il lavoratore avrebbe potuto respirare aria pura e non quella dell'ambiente, ambiente per di più piccolo e male aereato; il (Omissis), lavorando su di un'impalcatura ad un'altezza di circa 2 m e 90 da terra, cadeva a terra, batteva violentemente il capo e si procurava lesioni gravi (un trauma cranico, la rottura della milza e del polso) con esiti di invalidità permanente.
Entrambi i giudici ritenevano l'imputato responsabile dell'incidente in quanto datore di lavoro dell'operaio, per non avere vigilato sulle modalità di sicurezza nelle quali veniva effettuato il lavoro stesso. Il (Omissis) ed il suo compagno di lavoro avevano prolungato con delle travi appoggiate in modo precario il trabattello, fornito dal datore di lavoro, che stavano utilizzando, in modo da poter raggiungere tutti i settori del soffitto, anche quelli più difficili; gli stessi dichiaravano che quella era l'unica soluzione possibile, non potendo il ponteggio essere spostato di volta in volta, anche perchè comunque "impingeva" in alcuni punti del soffitto. La situazione era dunque precaria e non poteva ritenersi che l'infortunio si fosse verificato per un comportamento abnorme del (Omissis) atteso che il medesimo era intento allo svolgimento del lavoro commissionatogli e la situazione di pericolo era nota al datore di lavoro, che negli ultimi giorni si era recato più volte sul posto per controllare lo stato dei lavori.
2. Ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell'imputato deducendo il difetto di motivazione specialmente con riferimento agli accertamenti svolti dal dipartimento di prevenzione di Catania, secondo cui l'incidente era avvenuto a seguito del comportamento del (Omissis) che insieme al suo compagno di lavoro, per evitare di spostare ripetutamente il ponteggio all'interno della stanza, avevano ritenuto opportuno avvalersi di tavoloni irregolarmente posizionati, con un comportamento che, secondo il ricorrente, era anomalo ed imprevedibile e come tale interruttivo del nesso causale; viceversa il datore di lavoro aveva adottato tutte le misure necessarie e sufficienti a prevenire il rischio, fornendo ai dipendenti un trabattello perfettamente a norma e tale che, se debitamente utilizzato, avrebbe evitato il verificarsi dell'infortunio; lamenta poi il ricorrente che la sentenza è censurabile anche laddove ha aumentato la provvisionale dovuta alla persona offesa senza tenere conto del principio fondamentale in tema di responsabilità civile secondo cui il risarcimento del danno deve essere ridotto in proporzione al concorso di colpa del danneggiato, concorso di colpa che nella specie è evidente.
Diritto
1. Il ricorso non merita accoglimento.
Le censure formulate sono rivolte a contestare la sussistenza della colpa del datore di lavoro e l'esistenza del nesso di causalità stante il comportamento che si asserisce abnorme del (Omissis), sostenendosi cioè che la situazione di rischio è stata dal medesimo causata (c.d. rischio elettivo) per avere egli, in maniera del tutto autonoma ed imprevedibile, insieme al compagno di lavoro, deciso di utilizzare un appoggio rudimentale per svolgere il lavoro, invece di quello regolamentare che gli era stato fornito.
La tesi non ha pregio, risultando del tutto corretta la valutazione di responsabilità operata dalla Corte di Catania. Rientra nella responsabilità del datore di lavoro fornire al dipendente i mezzi necessari allo svolgimento dell'attività lavorativa e tale principio vale anche nella specifica situazione considerata non giovando al ricorrente invocare il comportamento degli operai che si erano avvalsi di mezzi rudimentali, modificando il trabatello, perchè un tale comportamento, come opportunamente hanno rilevato entrambi i giudici di merito, era stato reso necessario dal fatto che diversamente non avrebbero potuto raggiungere tutti i punti del soffitto e comunque era noto al (Omissis), datore di lavoro dei due operai, che nei giorni precedenti l'infortunio si era ripetutamente recato sul posto per seguire lo svolgimento del lavoro ed aveva pertanto avuto modo di rendersi conto delle difficoltà operative e della necessità di procedere come di fatto avvenuto.
E' peraltro pacifico che resta sempre affidata al datore di lavoro la sorveglianza sulle corrette modalità di esecuzione del lavoro da parte dei suoi dipendenti. Se l'onere e la responsabilità dell'adozione dei mezzi di lavoro gravano ex lege sul datore di lavoro e sui preposti è perchè l'iniziativa esperta, prudente e diligente di costoro è finalizzata a prevenire le conseguenze dannose derivanti anche da temerarietà, avventatezza e leggerezza dei dipendenti che spesso sono le cause immediate dei sinistri di cui sono vittima. Sarebbe inammissibile che l'esecuzione delle direttive impartite e l'osservanza effettiva delle regole di sicurezza restasse affidata allo stesso lavoratore ancorchè dotato di esperienza e professionalità ma pur sempre destinarlo della tutela antinfortunistica, al di fuori di ogni vigilanza del dirigente o preposto. Ed infatti è giurisprudenza pacifica di questa Corte quella secondo la quale gli obblighi che gravano sul datore di lavoro non sono limitati ad un rispetto meramente formale delle norme ed il responsabile della sicurezza deve operare un controllo continuo e pressante per imporre che i lavoratori rispettino la normativa e sfuggano alla tentazione, sempre presente, di sottrarvisi anche instaurando prassi di lavoro non corrette. In sostanza, chi è tenuto ad approntare misure antinfortunistiche non esaurisce il proprio compito apprestandole o emanando i relativi ordini esecutivi; invero egli ha l'ulteriore dovere di vigilare sulla loro effettiva e concreta applicazione ed esecuzione da parte dei lavoratori.
Resta da precisare che l'errore o una manovra scorretta del lavoratore non valgono a determinare una frattura del nesso di causalità, che si verifica, secondo consolidata giurisprudenza, solo qualora il lavoratore si renda responsabile di un comportamento anomalo, totalmente avulso dall'esecuzione dell'opera che gli è affidata, e non certo nel caso, come quello in esame, nel quale si procede o si svolge una manovra con modalità non corrette, eventualmente anche in violazione di disposizioni date. Anche in questo caso il difetto di sorveglianza del datore di lavoro e la sua consapevolezza sulla necessità di far ricorso a modalità improprie costituisce il medesimo in colpa ed esclude che possa eccepirsi l'interruzione del nesso di causalità per effetto del comportamento del lavoratore; dovendosi ribadire (sez. 4 23.3.2007 n. 21587 rv. 236721) che in materia di infortuni sul lavoro, la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute, direttive di organizzazione nella specie, come si è detto, del tutto mancanti.
2. Manifestamente infondato è il secondo motivo atteso che l'aumento della provvisionale da parte del giudice di appello è congruamente motivato in relazione ai rilevanti danni subiti dalla persona offesa, dalla stessa debitamente rappresentati al medesimo giudice.
3. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.