Cassazione Penale, Sez. 4,  29 gennaio 2013, n. 4536 - Infortunio mortale e posizione di garanzia assunta nonostante l'assenza di un formale contratto



 


Responsabilità per infortunio mortale di un lavoratore. Costui, incaricato di eseguire lavori di impermeabilizzazione ed incapsulamento del piano di copertura di un capannone industriale composto da travi ad Y e lastre di fibrocemento di tipo non calpestabile, raggiunta la sommità del piano di copertura mediante l'utilizzo improprio di un carrello elevatore, in assenza totale di idonee opere provvisionali contro il pericolo di caduta dall'alto da altezza superiore a 2 metri, a causa dell'accidentale cedimento di una lastra in fibrocemento improvvisamente cadeva al suolo, riportando il grave politrauma che lo conduceva a morte.

A fondamento del giudizio di responsabilità i giudici di merito ravvisavano un rapporto lavorativo intercorrente, sia pure in assenza di un formale contratto, tra l'imputato e la vittima.

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Rigetto.


Nel caso di specie, i giudici di merito hanno fornito una corretta ricomposizione del fatto, fondata su un'adeguata acquisizione ed interpretazione degli elementi probatori disponibili, in base ai quali è stato possibile desumere che l'imputato aveva assunto, quale soggetto che aveva incaricato la vittima di eseguire i lavori nel corso dei quali era accaduto l'infortunio, la posizione di garante in relazione al compimento in sicurezza dei lavori medesimi.


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente

Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere

Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere

Dott. ESPOSITO Lucia - rel. Consigliere

Dott. DOVERE Salvatore - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA


sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 2864/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del 26/10/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/12/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Cedrangolo Oscar, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;

udito, per la parte civile, Avv. (Omissis), che chiede dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

 

FattoDiritto

 

Con sentenza del 26/10/2011 la Corte d'Appello di Catania confermava la sentenza di primo grado con la quale (Omissis) era stato dichiarato responsabile per il reato di omicidio colposo in danno di (Omissis). Costui, incaricato di eseguire lavori di impermeabilizzazione ed incapsulamento del piano di copertura di un capannone industriale composto da travi ad Y e lastre di fibrocemento di tipo non calpestabile, raggiunta la sommità del piano di copertura mediante l'utilizzo improprio di un carrello elevatore, in assenza totale di idonee opere provvisionali contro il pericolo di caduta dall'alto da altezza superiore a 2 metri, a causa dell'accidentale cedimento di una lastra in fibrocemento improvvisamente cadeva al suolo, riportando il grave politrauma che lo conduceva a morte (fatto accaduto in (Omissis)). A fondamento del giudizio di responsabilità i giudici di merito ravvisavano un rapporto lavorativo intercorrente, sia pure in assenza di un formale contratto, tra l'imputato e il (Omissis), e ciò sulla scorta delle dichiarazioni testimoniali rese dalla moglie di quest'ultimo e dei riscontri di tipo logico-fattuale, quali la disponibilità in capo al (Omissis), il quale aveva ricevuto una procura a vendere dal proprietario del capannone e del terreno ove era avvenuto l'incidente, (Omissis); la presenza sul posto e l'uso di un carrello elevatore di proprietà del figlio del (Omissis); la presenza in loco di un operaio dello stesso (Omissis), a dimostrazione del fatto che egli seguiva personalmente i lavori sul capannone.

Al (Omissis) veniva mosso addebito di colpa generica, oltre che di violazione della normativa antinfortunistica e, segnatamente del Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 3, comma 8, lettera a). Concesse le attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata aggravante, l'imputato era stato condannato alla pena di anni uno di reclusione e al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, in favore delle quali veniva disposto il pagamento di una provvisionale provvisoriamente esecutiva. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato, deducendo:

1 - Vizio di motivazione in relazione alla prova della responsabilità, fondata sulle dichiarazioni della moglie della parte offesa, senza previa verifica dell'attendibilità della stessa.

Rileva che al (Omissis) viene contestata l'omissione di verifica della idoneità tecnico professionale del (Omissis), senza che fosse chiarita la posizione di garanzia assunta dal ricorrente.

2 - Contraddittorietà della motivazione, giacchè al termine della stessa (pg. 8) si legge che "la sentenza impugnata va riformata solo in punto di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena", mentre del beneficio non si fa menzione in dispositivo.

In ordine al primo motivo va rilevato che le doglianze mosse dal ricorrente alla sentenza impugnata si risolvono più che in censure di violazione di legge o vizi della motivazione, in apprezzamenti di merito che tendono ad una diversa valutazione delle risultanze processuali non consentita in sede di legittimità.

Va sottolineato che, come affermato dalla Suprema Corte anche a Sezioni Unite, esula dai poteri della Corte di Cassazione quello della rilettura dei dati di fatto posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al Giudice del merito, nonchè l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.

D'altro canto, nel caso di specie, i giudici di merito hanno fornito una corretta ricomposizione del fatto, fondata su un'adeguata acquisizione ed interpretazione degli elementi probatori disponibili ed un'esaustiva analisi complessiva di essi sulla base di canoni logici e coerenti, in base ai quali è stato possibile desumere che l'imputato aveva assunto, quale soggetto che aveva incaricato il (Omissis) di eseguire i lavori nel corso dei quali era accaduto l'infortunio, la posizione di garante in relazione al compimento in sicurezza dei lavori medesimi.

Il secondo motivo si palesa infondato. Ricorre, infatti, in motivazione ampia spiegazione in ordine alle ragioni della mancata concessione del beneficio invocato. Pertanto nessun contrasto tra motivazione e dispositivo è ravvisabile, mentre l'espressione, riportata in ricorso e contenuta nell'ultimo rigo della motivazione, riferentesi ai presupposti per la riforma in punto di concessione della sospensione condizionale della pena, deve considerarsi un mero refuso, irrilevante nell'economia della decisione.

Per tutte le ragioni esposte il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla rifusione delle spese in favore delle parti civili, che liquida in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori di legge.