Cassazione Penale, Sez. 4, 29 gennaio 2013, n. 4614 - Sequestro di carrelli porta rocche a seguito di infortunio di un operaio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente -
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere -
Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere -
Dott. ESPOSITO Antonio - rel. Consigliere -
Dott. DOVERE Salvatore - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE;
nei confronti di:
C.S. N. IL (OMISSIS) C/;
avverso l'ordinanza n. 26/2012 TRIB. LIBERTA' di TRENTO, del 05/06/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;
sentite le conclusioni del PG Dott. CEDRANGOLO Oscar che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
Con ordinanza del 5 giugno 2012 il Tribunale di Trento ha accolto la richiesta di riesame avanzata da C.S. in relazione al sequestro preventivo gravante su attrezzature aziendali (carrelli porta rocche) di proprietà della ditta C.B. S.p.a. I carrelli erano stati sequestrati su richiesta del PM dal GIP di (OMISSIS), nell'ambito delle indagini relative al reato di lesioni colpose in danno di un operaio, S.C., reato contestato a P.G. e C.S., rispettivamente datore di lavoro-amministratore delegato della ditta e preposto-capo reparto.
Il Gip aveva motivato il sequestro sul rilievo della sussistenza di criticità riguardo alla stabilità dei macchinari in relazione all'uso che degli stessi veniva fatto costantemente.
In fatto era (OMISSIS) S.C., mentre nello stabilimento industriale era intento nelle operazioni di scarico di un carrello porta rocche, dopo aver svuotato integralmente un lato del carrello, tirava verso di sè la parte ancora carica al fine di avvicinarsi al bancale e agevolare l'operazione di scarico, quando il carrello si ribaltava. Il lavoratore veniva colpito da alcune rocche cadute, oltre che dallo stesso carrello, e riportava lesioni personali gravi, consistite in un trauma contusivo-distorsivo del rachide lombare, guarite in 127 giorni.
A fondamento della decisione di revoca della disposta misura i giudici del riesame avevano richiamato l'analisi di stabilità redatta dallo studio Fontana e Lotti, prodotta come consulenza di parte dalla ditta, oltre alla nota integrativa del Nucleo Operativo Igiene e Sicurezza dell'U.O. Prevenzione e Sicurezza ambienti di lavoro che, in virtù della ritenuta stabilità del macchinario, aveva annullato parzialmente in autotutela il verbale di contestazione con riferimento alla contestata contravvenzione di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 71, comma 2 attinente proprio alle caratteristiche strutturali delle attrezzature utilizzate nei luoghi di lavoro.
Avverso il provvedimento propone ricorso per cassazione la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rovereto, deducendo, in primo luogo, "Violazione di legge in ordine all'applicazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 15, 70 e 71". Osserva il ricorrente che il Tribunale si era limitato a una lettura acritica della consulenza di parte, senza tener conto delle altre risultanze processuali e omettendo di considerare che le prove descritte nella consulenza hanno preso in considerazione varie condizioni di carico del carrello, ma non quelle esistenti al momento del suo ribaltamento.
Rileva, inoltre, che la "procedura operativa reparto estrusione", adottata dall'azienda nel 2007, si occupa delle modalità di carico del carrello e che dall'istruttoria era emerso che la predetta procedura venisse sistematicamente violata dai lavoratori.
Deduce, ancora, "violazione di legge in ordine all'applicazione dell'art. 125 c.p.p., giacchè la motivazione si limita a un mero richiamo alle conclusioni della consulenza di parte, dalla quale deduce l'inesistenza di elementi per ritenere la intrinseca pericolosità del carrello: tutto ciò si sostanzia in una motivazione meramente apparente che non consente di comprendere il ragionamento logico posto a fondamento della decisione".
Diritto
Rileva la Corte che, prescindendo dall'indicazione riassuntiva proposta dal ricorrente in termini di "violazione di legge", il primo motivo di ricorso consiste esclusivamente nella deduzione di un vizio di motivazione. Il ricorrente lamenta, infatti, che il Tribunale ha male interpretato la relazione di consulenza di parte e si è fondato esclusivamente su essa. Allo stesso modo integra deduzione di un vizio di motivazione il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente si duole dell'adesione alle conclusioni della consulenza di parte, richiamata nella parte motiva del provvedimento impugnato, con ciò sostanzialmente proponendo questioni attinenti al merito e denunciando, al più, la mancanza di adeguatezza e congruità della motivazione, ma non la sua totale mancanza. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile ai sensi del disposto di cui all'art. 325 c.p.p., il quale prevede esclusivamente la proposizione del ricorso per cassazione per violazione di legge avverso i provvedimenti emessi ai sensi degli artt. 322 bis e 324 c.p.p., talchè i motivi di ricorso proposti non rientrano tra quelli consentiti dalla legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.