SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI LEGISLATURA
Giunte e Commissioni

Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Martedì 8 novembre 2011

Audizioni svolte presso la prefettura di Avellino

Presidenza del presidente TOFANI

Audizione del vice prefetto vicario di Avellino
Audizione del presidente, degli assessori al lavoro, all’igiene e sanità e alla salute della Provincia e del sindaco del Comune di Avellino
Audizione del procuratore della Repubblica e del presidente vicario del tribunale di Avellino, del procuratore della Repubblica di Ariano Irpino e del procuratore della Repubblica di S. Angelo dei Lombardi
Audizione del direttore provinciale dell’INAIL, del direttore provinciale del lavoro e del direttore generale dell’ASL di Avellino
Audizione del comandante provinciale dei carabinieri, del comandante del nucleo carabinieri per la tutela del lavoro e del direttore provinciale dei vigili del fuoco
Audizione del presidente e del direttore provinciale dell’ANCE e del presidente, vice presidente e direttore del centro formazione e sicurezza in edilizia della Provincia di Avellino
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, artigiane e agricole


Audizione del vice prefetto vicario di Avellino

Interviene il vice prefetto vicario, dottoressa Silvana Tizzano.

PRESIDENTE
Buongiorno. Diamo inizio ai lavori della Commissione. Ringrazio il signor prefetto per la cortesia e per l’accoglienza che ha voluto riservarci nonostante abbia problemi di impedimento ad essere presente, dovuti a motivi di salute. Ringraziamo la signora vice prefetto vicario, che ha voluto accoglierci personalmente e iniziamo l’audizione, cercando di avere da lei elementi che possono riguardare la nostra Commissione che, come sa, si interessa della sicurezza sul lavoro, quindi del contrasto agli infortuni, della salute sul lavoro e del contrasto alle malattie professionali e a quanto possa in qualche modo recare danno fisico e psichico ai lavoratori.

TIZZANO
Posso introdurre l’argomento col dire che la prefettura, anche se naturalmente non ha una competenza specifica e diretta in questo settore, indirettamente ha messo in campo già da diversi anni alcuni organismi che in qualche modo sono diretti anche alla prevenzione di questo tipo di problematiche. Al di là dei cambi istituzionali, già intorno al 2001 la prefettura ha istituito un osservatorio sui lavori pubblici del quale facevano parte le organizzazioni sindacali, l’associazione costruttori e ovviamente la direzione provinciale del lavoro, che aveva il compito, in realtà, di fornire una panoramica generale sugli appalti principali in Provincia, con lo scopo sia di verificare che tipo di imprenditoria si muovesse sul territorio, sia di svolgere l’attività più tipica di controllo del territorio e di mantenimento della sicurezza pubblica, ma indirettamente aveva anche uno sguardo sulla osservanza della normativa in materia di sicurezza sul lavoro.
Successivamente, con l’avvento del prefetto Blasco, a questo osservatorio sui lavori pubblici è stato sostituito un gruppo che abbiamo chiamato, al di fuori delle previsioni di norma, «gruppo interistituzionale», che aveva pressappoco la stessa finalità, composto, oltre che dalla prefettura, dalla questura, dalle ASL (che all’epoca erano ancora due), oltre che dagli enti tipicamente addetti ai lavori, INPS e INAIL, e dalla cassa edile, che aveva anch’essa lo scopo di verificare cosa si muovesse sul territorio e se i cantieri che venivano aperti fossero rispettosi della normativa in materia di sicurezza sul lavoro. Questa attività si svolgeva attraverso dei blitz, dei controlli che venivano fatti su alcuni cantieri sorteggiati all’ultimo momento con queste squadre miste, nel corso dei quali si provvedeva a verificare l’andamento dei cantieri.
Questo gruppo, che ha lavorato tra il 2008 e il 2009, si è parzialmente fermato perché nel 2010, a seguito dei fatti di Rosarno, è stato avviato a livello nazionale un piano di controllo straordinario in questo stesso settore con la contemporanea attività di due tavoli, uno regionale presso la prefettura di Napoli, che coordinava l’attività anche delle altre prefetture della Campania, e uno a livello provinciale. Questo piano straordinario che, per quanto riguarda la Provincia di Avellino, aveva ad oggetto esclusivamente l’edilizia, ha comportato la costituzione di tre gruppi di lavoro, due formati essenzialmente dai carabinieri, un altro dalla questura, che unitamente alla direzione del lavoro, all’INPS e all’INAIL, provvedevano a fare dei controlli sui cantieri, in quel momento, dell’edilizia. Anche in quel caso, c’è stata la possibilità, oltre che di verificare l’esistenza del lavoro nero, del lavoro irregolare e poi anche la contravvenzione di una serie di norme di carattere amministrativo, anche di verificare il rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro. In particolare, i carabinieri avevano già avviato questa attività per conto proprio, d’iniziativa con la direzione del lavoro, e si sono affiancati con un altro gruppo, oltre a quello della questura, nell’attività in questo settore. In questa maniera, è stata fornita un’importante collaborazione, con un supporto e soprattutto con un coordinamento notevole oltre che a livello provinciale anche a livello regionale in questo settore. In particolare, poi, proprio in seguito all’emanazione di una circolare che sollecitava una particolare attenzione sugli incidenti sul lavoro, è stata emanata anche una serie di circolari sia alla Provincia che ai sindaci della Provincia perché dessero uno sguardo particolare soprattutto agli infortuni collegati agli incidenti stradali, perché si verificasse che al di là della semplice incidentalità stradale non ci fosse un problema di natura diversa, quindi che dietro di essa non si celassero degli infortuni sul lavoro, quindi è stata fatta una sensibilizzazione in questo senso.

PRESIDENTE
Per incidenti stradali intende incidenti in itinere?

TIZZANO
Anche. La sensibilizzazione era a largo raggio, non soltanto sulle forze dell’ordine, ma in particolare sulla polizia municipale perché all’atto del rilievo di incidenti stradali verificassero che non ci fossero anche problemi di natura diversa e quindi collegati ad incidenti sul lavoro.
Anche quest’anno c’è un nuovo piano, che però vede essenzialmente la partecipazione dei carabinieri e della guardia di finanza che, in virtù di convenzioni fatte direttamente dal Ministero della difesa e dal Ministero del lavoro con il comando generale della guardia di finanza e la direzione del lavoro, stanno continuando a svolgere questo tipo di attività sul territorio. L’attenzione della prefettura quindi è massima: non abbiamo proprio una competenza diretta sul problema, ma nell’ambito del compito di controllo del territorio in senso lato e di sicurezza del territorio e dei cittadini proprio del prefetto, naturalmente anche questo è un obiettivo che, direttamente o indirettamente, anche attraverso l’attività dei comitati provinciali per la sicurezza pubblica che non abbandonano mai questo tipo di interesse, viene puntualmente perseguito.

PRESIDENTE
L’unico dato che ci lascia un po’ perplessi, relativamente all’andamento degli infortuni, è quello che risulta dalle tabelle INAIL, per cui da un punto di vista del numero degli infortuni in generale c’è sicuramente un calo, ma c’è un andamento altalenante degli infortuni mortali, che addirittura quasi raddoppiano da un anno all’altro e poi diminuiscono da un anno all’altro della metà (otto nel 2006, cinque nel 2005, nove nel 2008, quattro nel 2009, otto nel 2010). Questo però non è un fenomeno che riguarda questa Provincia, purtroppo questo segnale lo stiamo registrando un po’ in tutta Italia.

TIZZANO
Infatti in generale il trend è di diminuzione dell’incidentalità e di leggero aumento, purtroppo, per quanto riguarda la mortalità.

PRESIDENTE
È un discorso che riguarda tutta l’Italia, come attestano già i dati non ufficiali dell’INAIL, che diffonde quelli ufficiali entro il luglio dell’anno successivo.

TIZZANO
Abbiamo consultato le statistiche per avere qualche elemento in più in vista di questo incontro, ma in realtà disponiamo di quelle non proprio aggiornate, perché c’è sempre questa piccola differenza tra il momento della comunicazione e il dato effettivo.

PRESIDENTE
La ringraziamo per la sua disponibilità.
Dichiaro così conclusa l’audizione.

Audizione del presidente, degli assessori al lavoro, all’igiene e sanità e alla salute della Provincia e del sindaco del Comune di Avellino

Intervengono, per la Provincia di Avellino, il presidente, dottor Cosimo Sibilia, gli assessori al lavoro, signor Antonio Solimine, all’igiene e sanità, signor Livio Petitto e alla salute, dottor Giuseppe Del Mastro; per il Comune di Avellino, il sindaco, dottor Giuseppe Galasso.

PRESIDENTE
Buongiorno e grazie per essere venuti. Questa Commissione che, come sapete, si interessa del grave problema degli infortuni e delle morti sul lavoro, svolge una serie di attività sul territorio nazionale sia per quanto riguarda le situazioni di emergenza, laddove si determinano, sia per quanto riguarda il monitoraggio. Ovviamente oggi siamo impegnati su questo secondo fronte, per poter conoscere anche territori nei quali non si registrano fortunatamente gravi dati in questo senso, anche se parlando con la signora vice prefetto vicario abbiamo fatto rilevare che la tendenza degli infortuni in generale sicuramente va nel senso della riduzione, ma purtroppo non va nel senso della riduzione la tendenza degli infortuni mortali, e quindi anche su questo magari sarà opportuno localmente fare qualche riflessione per capire meglio. Aggiungo però per correttezza d’informazione e di dati che questo elemento (ossia che così come c’è un trend di diminuzione degli infortuni in generale, c’è una ripresa di infortuni mortali) lo riscontriamo anche nelle altre parti d’Italia.
Siamo sempre stati convinti che, al di là delle competenze, l’ente locale, in modo particolare il Comune, possa dare un contributo significativo a questo contrasto perché, soprattutto in alcuni settori, l’edilizia per prima, esiste lo strumento del piano comunale delle attività e dunque da questo punto di vista un collegamento, una sinergia con i soggetti legati all’attività di ispezione e quindi di conoscenza delle modalità di impiego nelle attività potrebbero essere molto validi. Non si è però mai creata in modo chiaro una collaborazione di questo tipo, anche se ci sono stati dei tentativi, che però non sono andati in porto, probabilmente per una serie di ragioni, così come per le altre attività. È in corso il censimento, quindi dovremmo avere tutti i dati sull’esistente e sulle attività in essere; del resto, questo rientra proprio nelle competenze dei Comuni, ma non c’è questa abitudine (lo stesso vale per i presidenti di Provincia che hanno competenze in altri settori). È un discorso generale e credo che anche da questo punto di vista per contrastare meglio gli infortuni – mi permetto di dirlo anche a nome dei colleghi che fanno parte della Commissione, con cui ne abbiamo parlato molte volte – anche gli organismi degli enti locali dovrebbero essere coinvolti attivamente in questi processi, poi voi ci darete la vostra opinione in merito. Questo è l’obiettivo dell’incontro di questa mattina con i rappresentanti delle istituzioni locali.

SIBILIA
Ringrazio la Commissione ed il suo Presidente per l’invito nella qualità di Presidente della Provincia di Avellino. La Provincia di Avellino ha un’estensione di circa 2.800 chilometri quadrati, comprende 119 Comuni, molti dei quali contano meno di 5.000 abitanti, quindi si tratta di una provincia con un numero abbastanza alto di Comuni, ma con una popolazione di circa 440.000 abitanti. Il tasso di disoccupazione è di circa il 20 per cento (l’assessore al lavoro potrà essere sicuramente più esaustivo di me in proposito) e coinvolge circa 80.000 unità.
Per quanto riguarda la collaborazione che il Presidente aveva citato prima e alla quale faceva riferimento, noi manifestiamo immediatamente la nostra disponibilità (ci mancherebbe altro); peraltro in Provincia abbiamo già avuto più volte incontri con le organizzazioni sindacali e le associazioni dei costruttori, insomma con i protagonisti della vita produttiva del nostro territorio. Scontiamo sicuramente problematiche che abbiamo ereditato, come quelle riguardanti la disoccupazione e quelle riferite agli infortuni sul lavoro, che vanno diminuendo per quanto riguarda gli incidenti di piccola entità ma presentano ancora qualche problematicità in merito a quelli mortali.
Da una prima analisi dei dati relativi agli infortuni sul lavoro e ai casi mortali rileviamo che in Provincia di Avellino la riforma del welfare comincia a dare i suoi frutti. Sottolineiamo che i dati registrati evidenziano una sempre crescente attenzione da parte dei lavoratori e dei datori di lavoro alla tematica della sicurezza. Proprio in questo senso va quella sensibilizzazione che anche la Provincia ha portato avanti negli anni in cui siamo stati chiamati al governo del nostro territorio. Io e la mia giunta siamo in carica dal 2009, e da questo punto di vista manifestiamo la nostra completa disponibilità insieme al Comune capoluogo e a tutti coloro che insieme a noi devono portare avanti questo indirizzo per evitare o limitare al massimo gli infortuni sul lavoro.
Ho fatto preparare dagli uffici delle tabelle e dei grafici che riportano tutti i riferimenti rispetto a ciò che ho indicato prima. Ci sono dati sugli infortuni, sull’occupazione; credo sia una relazione abbastanza corposa e vorrei allegarla agli atti della Commissione. Per questioni più prettamente riferite alla specificità della materia, se lo riterrete opportuno, possiamo ascoltare in proposito quanto ci riferisce l’Assessore al lavoro della Provincia.

SOLIMINE
Signor Presidente, la Provincia ha posto grande attenzione alle questioni afferenti gli infortuni sul lavoro, ma vorrei proporre un ragionamento di carattere più generale. Noi riteniamo che, al di là degli strumenti normativi che occorre attivare sul territorio, un’azione incentrata sulla prevenzione sia sicuramente lo strumento migliore che aiuterebbe a non avere più i cosiddetti momenti luttuosi, perché quando si verifica l’evento ormai è troppo tardi. Abbiamo quindi stretto questa collaborazione molto forte e proficua con le organizzazioni sindacali, in particolare nel settore edile con le casse edili, perché attraverso strumenti di formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro noi riusciamo a rispondere in maniera esaustiva a questo problema o quantomeno a limitarne maggiormente i danni. È vero che fortunatamente in questa provincia non si verificano moltissimi eventi luttuosi, ma anche noi di volta in volta, soprattutto in agricoltura, registriamo una serie di infortuni. Pertanto, ovviamente siamo qui anche per suggerire, in base alle competenze di ognuno, che probabilmente è opportuna un’azione forte da parte del Governo centrale attraverso le proprie diramazioni territoriali per rafforzare ulteriormente l’elemento formativo e della prevenzione rispetto agli infortuni.
Mi sono permesso di mettere su carta e quindi di presentare a lei, Presidente, un sistema che secondo noi potrebbe essere attivato e che noi stiamo testando in via sperimentale in Provincia di Avellino, cioè il Sistema informativo nazionale per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali (SINP), di cui il decreto legislativo n. 81 del 2008 sulla sicurezza del lavoro prevedeva la creazione. Gli obiettivi sono orientare e programmare l’efficacia della prevenzione e indirizzare l’attività di vigilanza. Ovviamente, per quanto riguarda la predetta attività noi partecipiamo ai tavoli presenti presso l’ispettorato del lavoro e siamo parte integrante del sistema di monitoraggio e di presenza sul territorio. La creazione del SINP è ancora in corso e prevede il contributo di vari soggetti, quali Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero dell’interno, Regione e Province autonome, l’INAIL, l’IPSEMA e l’ISPESL. L’obiettivo della Provincia di Avellino è quello di avviare una sperimentazione su scala locale dell’utilizzo del sistema, quindi ci permettiamo di sottoporle anche una sorta di candidatura. Tale sperimentazione provvederà alla raccolta dei soggetti tenutari dei dati a livello provinciale, quindi abbiamo la necessità di avere un sistema in rete che aiuti a incrociare i dati presenti. I soggetti coinvolti sarebbero quindi il comitato provinciale con il suo SINP provinciale (abbiamo un sistema informatizzato molto avanzato in raccordo con il Ministero del lavoro, per cui Avellino è una delle Province sperimentali su cui il Ministero sta procedendo con riguardo alla creazione dell’anagrafe dei lavoratori e delle aziende), l’INAIL, con le denunce di infortuni dei lavoratori, l’INPS, la cassa edile, la ASL e la direzione provinciale del lavoro. Noi riteniamo che questi siano i soggetti deputati a incrociare le proprie informazioni e anche le denunce che ne derivano e, attraverso la conoscenza di quello che avviene, sicuramente si potranno attivare anche meccanismi di intervento preventivo.
Inoltre, abbiamo rappresentato schematicamente come dovrebbe essere organizzato secondo noi lo strumento informatizzato perché riteniamo che l’utilizzo di tali strumenti potrà sicuramente migliorare e in qualche occasione anche aiutarci a superare gli eventi che purtroppo siamo costretti a registrare. Ovviamente in molte occasioni noi abbiamo registrato una sottolineatura anche da parte del Presidente della Repubblica per un’attenzione in questa direzione e la Provincia di Avellino si è mossa in questo senso.

PRESIDENTE
Vorrei soffermarmi un attimo su questo tema per dirvi che speriamo che nei prossimi giorni si vari definitivamente il sistema SINP da lei richiamato. Notizie che riceviamo dalla struttura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali riferiscono che il testo ormai è al centro degli incontri della Conferenza Stato-Regioni; questa, come sa, è una materia concorrente e pertanto incontra grandi difficoltà.
Per quanto riguarda invece l’organizzazione e il coordinamento, vorrei far presente che noi puntiamo molto a rilanciare lo strumento del coordinamento regionale che compete alle Regioni. Purtroppo in linea generale esso arranca, ma è un istituto importante perché poi si diffonde sul territorio attraverso i coordinamenti provinciali; quindi, essendo l’unico elemento che consente di coinvolgere meglio le istituzioni locali, dovremmo premere tutti affinché questo processo, che è lento, si avvii. Per quanto riguarda la Regione Campania non abbiamo dati in questo senso, ma dagli incontri che stiamo facendo nelle varie Regioni italiane ci rendiamo conto che in genere il comitato di coordinamento si è costituito o si è riunito una sola volta, ma non ha preso l’abbrivio necessario. Tale organismo è l’elemento di congiunzione tra le Regioni, quindi anche tra le strutture territoriali nelle Regioni, e i Ministeri, tanto che è previsto che relazioni annualmente sia al Ministero della salute che al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Ritengo pertanto che dovremo lavorare insieme anche su questo aspetto e portarlo avanti. Ci tenevo a riferirvi questi dati perché possono essere utili anche alla vostra attività.

GALASSO
Signor Presidente, la ringrazio per questo invito che ci dà l’opportunità di avere un quadro generale e non limitato solo alla nostra realtà. Non vorrei essere ripetitivo rispetto alle cose dette dal Presidente e dall’assessore Solimine, ma vorrei puntualizzare la situazione di fatto della città capoluogo che si integra con il contesto provinciale.
In città da anni stiamo portando avanti una notevole serie di lavori: abbiamo avuto fino a 54 cantieri e allo stato attuale abbiamo cantieri importanti sia dal punto di vista dell’estensione che dei finanziamenti; inoltre, dopo otto anni di mandato posso dire che in città non abbiamo avuto incidenti mortali né significativi. Ciò è frutto di una sinergia che si è instaurata, soprattutto negli ultimi tempi, con la Provincia volta a mettere in atto un’azione di vigilanza sul territorio. Tra l’altro, l’anno scorso il Comune si rese protagonista di un protocollo d’intesa, insieme ai sindacati e agli imprenditori, per la legalità e per la sicurezza nei cantieri, che io vorrei depositare come documento di attività svolta. Ci siamo sempre resi conto che la frequenza degli incidenti può aumentare dove c’è lavoro nero o sottopagato o anche in presenza di procedure gara non troppo ortodosse. Abbiamo quindi cercato di creare una filiera di controllo che vada dall’inizio dell’attività lavorativa fino al decorso e all’esecuzione dei lavori, quindi in pratica abbiamo esercitato dei controlli in sinergia con le ASL e le altre strutture deputate a dare un contributo in questo ambito. Abbiamo cantieri significativi e ne apriremo altri; il territorio della città è molto concentrato e quindi possiamo disporre un controllo molto fattivo perché non è difficile girare e controllare.
Abbiamo messo in atto tale attività ispettiva anche per lavori non pubblici, dove era possibile intervenire sulle piccole imprese, che nella nostra realtà sono tantissime e che teoricamente potrebbero essere difficilmente controllabili. Sotto questo aspetto, riscontrando la mancanza di incidenti significativi e di morti abbiamo la sicurezza di essere sulla buona strada. Lavorando in sinergia con la Provincia abbiamo la possibilità di poterci confrontare e di ottenere questi risultati.
Non potrei aggiungere altro, se non quanto è già stato detto dal presidente Sibilia e dall’assessore Solimine.

PETITTO
Ringrazio preliminarmente la Commissione per l’invito. Il sindaco ha illustrato bene la situazione della città e anche l’assessore Solimene, di cui ho ascoltato anche parte dell’intervento, ha fotografato la situazione nell’intera provincia. Rispetto al discorso del sindaco, per quanto concerne la città di Avellino potrei aggiungere che abbiamo istituito una squadra edilizia della polizia municipale: ci sono cioè dei vigili preposti al controllo esclusivo dei cantieri in città e anche questo è frutto di un’attività di prevenzione che ha portato ai risultati che venivano esposti dal sindaco. Pertanto, un plauso fondamentale va alle forze dell’ordine, anche ai carabinieri che hanno fatto un ottimo lavoro, alla polizia e alle squadre amministrative. Devo dire che tutto sommato Avellino è un’oasi felice per quanto riguarda la sicurezza sui cantieri.

PRESIDENTE
Vorrei anzitutto complimentarmi con voi, perché c’è un grande dinamismo da parte delle istituzioni sia a livello provinciale che a livello comunale. L’iniziativa che lei ha organizzato, signor sindaco, noi la stiamo chiedendo da tempo. È infatti molto importante avere una mappa dei cantieri e nessuno sa meglio di voi dove sono; ciò senz’altro fornisce un aiuto diretto e concreto.
Sicuramente non vi è sfuggita un’altra opportunità, quella di poter avere un maggiore collegamento con le scuole. Noi ci stiamo impegnando e sforzando molto affinché passi un’idea fondamentale: per ridurre e, se possibile, eliminare gli infortuni sul lavoro è necessario avere una cultura della salute e della sicurezza sul lavoro, che si acquisisce a scuola. È necessario pertanto avere un maggiore contatto e un maggiore collegamento con gli istituti scolastici, promuovendo delle iniziative insieme ad essi. L’INAIL organizza molte iniziative di questo tipo e sviluppa progetti a livello nazionale; in taluni casi vi sono anche dei fondi INAIL ai quali attingere per poter svolgere queste attività. Credo che un quadro di questo tipo ci lasci ben sperare.
Vi ringrazio per la vostra presenza e per il contributo offerto ai lavori della Commissione.

Audizione del procuratore della Repubblica e del presidente vicario del tribunale di Avellino, del procuratore della Repubblica di Ariano Irpino e del procuratore della Repubblica di S. Angelo dei Lombardi

Intervengono il procuratore generale della Repubblica di Avellino, dottor Angelo Di Popolo, il presidente vicario del tribunale di Avellino, dottor Michele Rescigno, il procuratore della Repubblica di Ariano Irpino, dottor Luciano D’Emmanuele, e il procuratore della Repubblica di S. Angelo dei Lombardi, dottor Antonio Guerriero.

PRESIDENTE
Buongiorno e grazie per essere venuti. Oggi stiamo svolgendo un incontro con vari soggetti istituzionali, in modo particolare con le procure che ricadono in questo territorio. Stiamo cercando di avere una collaborazione più diretta con le procure e lo abbiamo anche scritto ai procuratori generali, che in qualche modo si sono impegnati per attenzionare in modo particolare gli infortuni che avvengono durante l’orario di lavoro con mezzi in movimento. Spesso capita che, sulla scena dell’evento, simili infortuni vengano affrontati e approcciati come infortuni stradali fini a sé stessi. Questo crea una complicazione anzitutto a voi, perché voi siete legati a chi arriva ed inizia a fare i primi rilievi (ad esempio la polizia o i carabinieri). C’è stato un ottimo riscontro da questo punto di vista; se infatti la scena dell’infortunio viene manomessa o alterata, è poi difficile ricostruirla e riprenderne in mano le indicazioni, come avviene per tutte le altre scene del crimine.
Siamo altresì molto interessati a ricevere da voi informazioni su come sono organizzate e strutturate le procure in riferimento a questo settore, laddove siete chiamati in causa per indagare su infortuni gravi o addirittura mortali nei luoghi di lavoro. Vorremmo capire meglio questa strutturazione, che è molto importante non solo per quanto riguarda le indagini (che sono di vostra esclusiva competenza), ma soprattutto per quanto riguarda la conoscenza e l’approccio alla problematica del lavoro e, quindi, degli infortuni sul lavoro; questo ci consente di verificare meglio la stessa normativa, che abbiamo aggiornato tre anni fa con il cosiddetto Testo unico (decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni). La nostra presenza odierna non è legata a fatti particolari che si sono determinati, ma ai monitoraggi che svolgiamo nel corso della nostra attività, per poter ricevere de visu delle informazioni da parte delle autorità che operano nei luoghi che visitiamo e per poter meglio comprendere il nostro ruolo istituzionale come Commissione.

GUERRIERO
Signor Presidente, se lei mi consente, vorrei svolgere una premessa generale per informare la Commissione sulle situazioni che, come procura generale di Napoli e in sintonia con il signor procuratore generale, abbiamo sviluppato nel corso degli ultimi tempi. La nostra azione è stata svolta in ottemperanza al messaggio del Presidente della Repubblica, che ci ha rappresentato la particolare rilevanza che il fenomeno delle cosiddette morti bianche e della sicurezza sul lavoro assume nell’attenzione che tutte le procure della Repubblica e tutte le autorità giudiziarie devono avere. Il procuratore generale, ben comprendendo che la qualità di un’indagine nasce da un migliore coordinamento di tutti i soggetti preposti (la Commissione mi insegna che vi sono una pluralità di soggetti preposti, che spesso è difficile riuscire a coordinare) e soprattutto da una migliore metodica di indagine, ritenne di stipulare l’anno scorso una convenzione tra la procura generale e la Regione Campania, prevedendo dei corsi di formazione per tutti i funzionari preposti delle ASL. Io sono stato uno dei docenti di questo corso, che si è tenuto a Napoli e che ha visto la partecipazione di tutti i componenti delle ASL preposti alla prevenzione e alla sicurezza sul lavoro. Il senso di questi corsi era di migliorare la qualità delle indagini, attraverso un migliore coordinamento e attraverso il miglioramento delle metodiche di indagine, individuando dei protocolli di indagine allargati a tutti i soggetti preposti. Questo corso si è sviluppato durante tutto l’anno scorso ed ha visto tutte le procure indicare dei docenti (io ho svolto tale compito in rappresentanza del mio ufficio). Noi puntiamo adesso a realizzare un nuovo protocollo d’indagine con il signor procuratore generale, allargato a tutti gli uffici del distretto, che operi un migliore coordinamento non solo a livello infradistrettuale, ma anche a livello regionale, proprio per creare un migliore coordinamento e per procedere finalmente alla realizzazione di una banca dati aggiornata di tutti gli infortuni sul lavoro. Spesso succede infatti che il soggetto che più spesso ha commesso delle violazioni non compare nelle banche dati. Voi sapete infatti che, perché risulti un precedente penale, occorre una sentenza definitiva; ma nel frattempo, in attesa che venga emanata una sentenza definitiva, il soggetto può accumulare anche dieci o venti violazioni, che formalmente, se rientrano nella competenza di tribunali diversi, non compaiono neanche come carichi pendenti. Il primo punto che contiamo di attuare è costituito pertanto dalla creazione di un archivio unico, almeno a livello di corte d’appello, di tutti gli infortuni sul lavoro, in modo da conoscere la situazione in tempi rapidi. Uno degli effetti di questa crisi devastante che sta interessando il nostro intero Mezzogiorno è costituito dalla riduzione, se non dall’azzeramento, dei costi relativi alle misure di prevenzione e sicurezza. Mi riferisco principalmente alle imprese che operano nell’area casertana. Tenga presente che chi vi parla ha trattato per oltre 20-30 anni i casalesi e tutte le organizzazioni criminali dell’area campana, come appartenente alla direzione distrettuale antimafia di Napoli; quindi conosco esattamente la situazione. Uno dei meccanismi con cui si scaricano i costi è quello di azzerare completamente il costo delle misure di prevenzione e di sicurezza, così da creare una competizione illecita con imprese che invece devono ottemperare a tutte le norme, che sono sempre più stringenti (sulla base anche dell’ultimo Testo unico); si crea in questo modo una competizione impari con le imprese che rispettano le norme.
Lei, signor Presidente, parlava prima di incidenti in riferimento a meccanismi in movimento: è quello che è successo nella mia zona, a Montella, due o tre giorni fa. Uno scavatore stava lavorando e, spostandosi, ha colpito una persona, che guarda caso è stato iscritto proprio quel giorno come dipendente (praticamente dopo che è morto). Questo è il meccanismo che noi riscontriamo. Così come riscontriamo un meccanismo di modifica rapida ed immediata dello stato dei luoghi, subito dopo l’incidente, per camuffare la situazione. Uno dei meccanismi che abbiamo attuato al nostro interno (contiamo di farne un discorso più dettagliato a livello di procura generale e quindi di intero distretto) è che l’intervento deve essere immediato, attraverso dei sopralluoghi estremamente accurati, con fotografie dettagliate e relative planimetrie, così da fissare in modo immediato lo stato dei luoghi, senza che questi possano essere successivamente alterati; naturalmente è necessario anche il sequestro di tutto ciò che può essere oggetto di valutazioni successive. Il ricatto occupazionale, che nasce da questo momento di crisi profonda del nostro Mezzogiorno, determina che i soggetti che dovrebbero rendere dichiarazioni siano sempre più ricattabili; essi hanno paura di denunciare l’impresa, perché sanno che poi difficilmente troveranno una nuova occupazione nel momento in cui dovessero essere licenziati dall’impresa per qualche motivo. Questo genera la necessità di rafforzare il coordinamento e di ampliare il numero di funzionari preposti, che attualmente non è completamente adeguato all’impegno e al numero dei fenomeni. Noi, come procura, abbiamo avuto quest’anno un incremento del numero di decessi conseguenti al fenomeno della violazione delle norme di sicurezza sul lavoro. Quest’anno abbiamo avuto tre decessi nel mio territorio; c’è stato dunque un incremento rispetto ai due decessi dell’anno scorso, connessi sempre al fenomeno.
Non parliamo poi del numero di lesioni gravi e quant’altro. Ci siamo trovati di fronte a fenomeni eclatanti: è il caso di alcune strutture preposte alla raccolta di materiale metallico, che raccoglievano anche in aree di guerra e perfino degli ordigni, i quali venivano poi fusi ed esplodevano, determinando lesioni al personale che lavorava all’interno della struttura. Sul fenomeno della sicurezza sul lavoro la strada da percorrere è ancora lunga.

DI POPOLO
Desidero innanzitutto scusarmi per il ritardo che abbiamo dovuto sopportare noi per primi e che abbiamo riversato sui lavori di questa Commissione così autorevole e così importante, che si è spostata ad Avellino per acquisire notizie e parametri rilevanti per la sua indagine sulle cosiddette morti bianche. I riferimenti dati dal procuratore Guerriero, che è un cultore appassionato e sincero dell’impegno investigativo anche in questo settore, mi esimono da considerazioni di sfondo sulla questione. Il contributo che posso permettermi di segnalare all’attenzione della Commissione è quello di sollecitare, attraverso le iniziative che potrà assumere per le sue funzioni consultive a livello di legislazione, la diffusione della cultura del confronto a livello investigativo, attraverso, appunto, il coordinamento delle attività che vengono svolte a quel livello, attraverso il rafforzamento delle iniziative di espressione di cultura dell’attività investigativa, con i corsi ai quali ha fatto riferimento il procuratore. I corsi sono un momento essenziale, perché permettono il confronto e la verifica delle situazioni rilevanti sul territorio, consentendo poi la redazione e la predisposizione dei protocolli che la procura generale sta portando avanti come impegno per tutti i settori per i quali è poi possibile procedere ad una regolamentazione organica delle attività investigative, soprattutto della prevenzione, che è il momento essenziale che riguarda naturalmente l’impegno del legislatore. A tal proposito, mi permetto di dire che certamente l’acquisizione di una banca dati operativa adeguata e specifica è l’elemento che consente poi lo studio e la soluzione dei problemi e che consente anche di individuare le soluzioni a quelle forme di pressione psicologica e anche materiale che subiscono i lavoratori nel momento in cui sono costretti ad atteggiamenti di connivenza con le forze datoriali a fronte di eventi infortunistici anche di rilevante entità. È recente, ad esempio, nel circondario di Avellino (vi ha accennato il procuratore) l’episodio di un infortunio per caduta dall’alto, come spesso capita nei cantieri dell’edilizia, in cui l’incidente è stato falsificato nella sua origine, che è stata rapportata ad una presenza occasionale della vittima, laddove poi lo sviluppo delle indagini ha evidenziato come si sia trattato invece di un fatto che ha riguardato una persona occupata abusivamente e che, essendo sprovvisto il cantiere delle dotazioni di prevenzione degli infortuni, ha subito sulla propria persona l’esito letale che lo ha attinto. Questo impegno, a livello consultivo, di proposta normativa che compete alla Commissione passa appunto attraverso la verifica costante con il territorio, con le istituzioni e con i soggetti impegnati nel settore.
Per quanto riguarda le iniziative normative, segnalo un dato positivo: per quanto riguarda la Provincia di Avellino, gli infortuni sul lavoro in genere si sono ridotti del 6,7 per cento nell’anno 2009, ma tra il 2009 e il 2010 sono aumentati gli infortuni mortali, da quattro a otto, il che significa che ci sono delle approssimazioni nei riferimenti normativi che sono state consentite da una legislazione che, nonostante l’impegno, è ancora inadeguata. Si può evidenziare, a mio avviso, come sia importante l’impegno di rafforzare le esclusioni dalle procedure di appalti pubblici per le imprese che abbiano dei precedenti specifici di infortuni sul lavoro. Naturalmente già ci sono gli strumenti che portano a valutare come non professionalmente valide le offerte di chi partecipa agli appalti pubblici in edilizia, il settore economico che è da sempre presente su questo contesto territoriale.
Si può pensare soprattutto, come diceva il procuratore, ad un rafforzamento delle dotazioni di personale ispettivo, ad una sensibilizzazione e ad un continuo aggiornamento professionale di chi vi è addetto. Per quanto riguarda la procura di Avellino, sono pochi i magistrati che si interessano di questi problemi; anzi, ne è rimasto solo uno, ma ora ne arriva uno nuovo, che ho incarico di predisporre una relazione sullo stato dell’arte delle nostre acquisizioni investigative e di proporre considerazioni consultive rilevanti per i lavori della Commissione. Questa relazione avrò cura di inoltrarla alla Commissione perché ne sia tenuto conto.
C’è la necessità di controlli capillari e c’è la necessità (questa è quindi una previsione di ordine politico-normativo che deve interessare il lavoro della Commissione) di una presenza e di una dotazione di risorse umane che siano veramente qualificate e adeguate anche numericamente per far fronte ad una prevenzione che sia efficiente e continua, che si riflette poi anche sull’adeguata soluzione dei problemi di repressione degli eventuali reati. Segnalo soltanto, prima di concludere (il procuratore ha già efficacemente rappresentato le situazioni rilevanti che dobbiamo offrire come nostra esperienza alla Commissione e sulle quali attendiamo l’attenzione della Commissione), che non bisogna trascurare, fra le situazioni rilevanti nel circondario, posto che gli infortuni più ricorrenti (le morti bianche e gli infortuni non letali) riguardano il settore dell’edilizia, perché ormai il settore dell’attività industriale è marginale rispetto a quello dell’edilizia, perché il processo di industrializzazione risente del blocco che vi è in genere a causa della crisi che ci sta interessando, un ambito molto importante come quello delle malattie professionali. Infatti dobbiamo ancora confrontarci, nell’ambito del circondario di Avellino, con una situazione di inquinamento ambientale da amianto (con casi di asbestosi ed altre patologie) che non è ancora risolta e che riguarda la bonifica delle carrozze ferroviarie dell’ex Isochimica, un’area nell’immediata vicinanza del Comune capoluogo, dove si pongono sia problemi di lavoratori che hanno patito affezioni per la contaminazione da amianto, sia problemi di bonifica ambientale non indifferenti. Su questa direttiva, peraltro, la procura della Repubblica di Avellino sta riprendendo a dedicare qualche attenzione, non soltanto in termini repressivi, ma anche di apporto di quelle soluzioni che la comunità ed il contesto sociale richiedono e sollecitano.
Questo è, allo stato, il contributo informativo che la procura di Avellino può offrire e che è onorata di esprimere ad una Commissione così autorevole in occasione della sua presenza sul territorio.

D’EMMANUELE
Mi associo alle considerazioni di carattere generale fatte dai colleghi e sottolineo la necessità del protocollo investigativo tra tutte le procure del distretto. È pur vero che il distretto della corte d’appello di Napoli, nella sua complessità, pone alcune sue specificità, come nell’area napoletana e nell’area casertana, diverse dalla situazione della Provincia di Avellino, ma il protocollo investigativo è comunque necessario anche per dare uno strumento di immediato intervento alla polizia giudiziaria che è chiamata ad intervenire. All’interno del protocollo investigativo, credo debbano essere poste in risalto le specificità del territorio.
Ciò premesso, vorrei fare due osservazioni di carattere generale oltre a quelle già svolte dai colleghi. Dal punto di vista della prevenzione, che è necessaria in questa materia, occorre il potenziamento (lo riscontro nella mia attività di procuratore in un circondario che abbraccia una determinata area della provincia di Avellino, con alcuni insediamenti industriali anche di una certa rilevanza come l’Irisbus, attualmente all’attenzione delle cronache) delle strutture di controllo dell’ispettorato del lavoro sulle aziende, sia sulle grandi aziende che continuano ad esistere qui in Provincia di Avellino, sia sulla realtà frastagliata delle piccole e medie aziende, perché gli ispettori sono i tecnici della materia, sono competenti, hanno un mandato specifico che deriva dalla loro funzione e li vorremmo più presenti. Non voglio sollevare alcun tipo di critica nei confronti dell’ispettorato del lavoro, che comunque è al nostro fianco, ma una sua presenza più attiva e più partecipe è necessaria, a mio parere, proprio per intervenire in maniera efficace in materia di controlli, perché constatiamo che quando c’è una verifica dell’ispettore del lavoro i problemi emergono e i rapporti arrivano in procura. Dal punto di vista della prevenzione, è quindi auspicabile un potenziamento delle strutture operative di questo determinato settore dell’apparato pubblico.
Per quanto riguarda poi le notizie di reato che giungono in procura, vorrei sottolineare alla Commissione il problema delle notizie «in nero» (mi si perdoni l’espressione colorita) di reato che arrivano nelle procure della Repubblica, perché riceviamo quotidianamente una serie di referti medici, a parte quelli relativi a lesioni per incidenti stradali, per le quali il discorso è diverso, relativi a lesioni per infortuni sul lavoro. È chiaro che quando la procura prende contatto con questa realtà nera della notizie di reati in materia di lavoro, i fatti, come prima ci ricordava il Presidente di questa onorevole Commissione, già si sono ampiamente verificati, perché il certificato viene redatto al pronto scorso o comunque all’ospedale più vicino e arriva in procura dopo due o tre giorni. La nostra prassi, almeno quella del mio ufficio, è di disporre degli accertamenti (mi riferisco all’infortunistica sul lavoro), ma constato che si tratta di un lavoro meramente cartaceo, perché si è persa l’immediatezza del contatto con la notizia di reato. Le indagini vengono anche delegate ai carabinieri o all’ispettorato del lavoro, a seconda della natura delle lesioni e di quello che viene scritto nel referto, perché spesso in questi documenti si parla di infortuni sul lavoro per cause accidentali e già questo denota un certo atteggiamento da parte di chi ha patito l’infortunio e di chi è deputato poi al controllo. Ci troviamo quindi a dover gestire questo mare di certificati che arrivano in materia di lavoro ed è necessario avere una maggiore presenza dell’ispettorato del lavoro e comunque trovare, all’interno di quel protocollo di cui si parla e che è necessario, una modalità di intervento più efficace, ovviamente per i casi più gravi.
Non vanno sottaciuti però nemmeno i casi lievi, che possono anche essere campanelli d’allarme di una determinata criticità in un’azienda o in un posto di lavoro, che va comunque repressa o su cui bisogna intervenire in via preventiva. All’interno di questi protocolli occorre quindi prestare attenzione ai certificati medici che arrivano e, sul fronte della prevenzione, intervenire sulle strutture amministrative dell’ispettorato del lavoro.
Recentemente, nel 2011, nel circondario di Ariano Irpino si sono verificati due incidenti mortali. Uno è avvenuto proprio ad Ariano Irpino nel corso della realizzazione di un edificio per uso ufficio e un altro, proprio lo scorso mese di ottobre, è accaduto a Grottaminarda, dove purtroppo un operaio dell’azienda Irpiniambiente è deceduto nell’espletamento delle sue mansioni; è rimasto coinvolto in un incidente nello svuotamento dei cassettoni dell’immondizia ed è deceduto. In questo caso sono ancora in corso accertamenti.
Partendo da alcuni casi concreti, pur capendo quali sono le difficoltà, il carico del lavoro e il personale impegnato, devo dire che per l’incidente del gennaio 2011 siamo ancora in attesa della relazione conclusiva del servizio ispettorato per quanto riguarda il cantiere edile. L’incidente di ottobre è recente e anche in questo caso siamo in attesa della relazione ispettiva; senza questi strumenti d’indagine la nostra attività, infatti, si ferma perché, come la Commissione sa, noi dobbiamo contestare specifiche violazioni della normativa infortunistica, al di là dell’inconcludenza, dell’imperizia e della negligenza; in questo caso dobbiamo contestare, a livello di colpa, la violazione di leggi e di regolamenti. Questo è quanto mi permetto di sottoporre all’attenzione dei commissari.

PRESIDENTE
Mi permetto di fare alcune riflessioni su quanto ci è stato detto finora. Consentiteci innanzitutto di rivolgervi un ampio apprezzamento per la strutturazione della procura generale; tuttavia vorrei sapere in che modo considerate di migliorare l’organizzazione su tutto il territorio che ricade nella competenza di questa corte d’appello. Ciò darà infatti uno slancio ancora maggiore per una migliore gestione dei fatti e per la loro prevenzione, perché sicuramente una buona gestione e un buon contrasto producono effetti positivi nella prevenzione.
Per quanto riguarda il discorso cui si accennava da ultimo, cioè quello relativo al personale, che sicuramente rappresenta un problema, noi stiamo cercando, nelle condizioni in cui viviamo (perché del resto si vorrebbe avere sempre il meglio), di dar corpo a un provvedimento che ci siamo dati: mi riferisco al Testo unico e uno dei suoi punti centrali è il coordinamento regionale, che ha ricadute anche a livello territoriale. Queste previsioni, però, tardano ad avviarsi: noi stiamo girando tutte le Regioni d’Italia proprio per parlare con i Presidenti e con gli assessori delegati e sollecitare loro l’avvio di tale coordinamento. Noi ci auguriamo di avere a disposizione nelle prossime settimane la banca dati del Ministero, questo SINP che ancora non abbiamo e che deve essere definito nella Conferenza Stato-Regioni. Voi sapete bene che si tratta di una materia concorrente e che per molti aspetti è di competenza della Regione e questo non aiuta. Avviare questi coordinamenti renderebbe più facile l’attività di prevenzione e di controllo.
Sicuramente voi considerate anche la restante metà del cielo, che non è rappresentata solo dagli ispettorati, ma dall’azienda sanitaria, che ha le competenze principali; peraltro, se dovessimo fare una classifica degli enti che hanno più competenze, in cima alla lista ci sarebbe lo SPESAL e non il vecchio ispettorato del lavoro. Abbiamo anche la fortuna di avere la presenza del nucleo per la tutela del lavoro dei carabinieri presso l’ispettorato; è vero che esso è composto da un numero esiguo di unità, ma è anche vero che i carabinieri hanno una rete su tutto il territorio; quindi, quando c’è un problema non si mettono a disposizione solo le tre persone addette al nucleo, ma è proprio l’Arma dei carabinieri a farlo.
Non vorrei parlare del bicchiere mezzo pieno, ma dobbiamo considerare che esistono altri soggetti che operano, hanno competenza e non sono al passo. Non voglio giudicare nessuno, sto solo cercando di fornire una rappresentazione anche di questo sforzo che stiamo cercando di compiere con i mezzi che abbiamo a disposizione. Molto si potrebbe fare se riuscissimo a mettere insieme queste energie, invece abbiamo difficoltà nell’avviare tale processo.

RESCIGNO
Quale presidente vicario della sezione penale del tribunale di Avellino posso riferire che i processi per omicidio e lesione colposa da infortuni sul lavoro sono trattati dai giudici monocratici con criterio di assoluta priorità. Il controllo e la vigilanza del rispetto dei tempi di durata sono costanti e hanno consentito di ottenere ottimi risultati: si pensi che la durata di un processo non supera gli otto mesi. Certo, bisogna anche considerare la carenza di organico: nella sezione penale abbiamo due magistrati in meno e un giudice di prima nomina che stranamente può far parte del collegio ma non può trattare i processi come giudice monocratico; peraltro ci sono giudici impegnati anche nel collegio, con processi di notevole importanza sulla criminalità organizzata; ciononostante i risultati sono ottimi.
Evidentemente noi interveniamo nella fase repressiva, ma il problema concerne soprattutto la prevenzione e a mio giudizio tale tema passa attraverso il rafforzamento e l’aggiornamento del personale ispettivo. Posso soltanto assicurare che continueremo in questa opera, soprattutto nell’ottica delle parti civili, di pervenire a una definizione rapida dei processi in modo, almeno sotto questo profilo, di alleviare le sofferenze.

NEROZZI
Premettendo che le risorse sono esigue e determinate dalla pesante crisi economica, vorrei sapere dal dottor D’Emmanuele (in modo brutale, così ci capiamo meglio) se, oltre ad esser poche, le risorse sono inadeguate o sono lente. Sicuramente sono poche, ma non ho capito se sono anche inadeguate, cioè mancano di formazione, o addirittura lente.
Abbiamo saputo che in questa crisi economica alcuni uffici hanno dato l’indicazione di non fare ispezioni; si tratta di indirizzi governativi o anche regionali, quindi non è cattiveria; può cambiare il colore politico, ma l’indicazione non cambia. Sarebbe interessante conoscere meglio questo aspetto, perché dalle vostre posizioni ho capito che sono presenti entrambe le componenti. Sicuramente l’elemento formativo è presente: mi scuso della brutalità delle nostre considerazioni, ma bisogna capire. Le risorse sono quelle che sono e dubito che aumenteranno nei prossimi anni, quindi bisogna agire con quello che si ha, però bisogna capire in che modo e per quali ragioni.

GUERRIERO
Mi associo completamente al modo molto efficace con cui i colleghi hanno svolto la loro esposizione e mi sembra che forniscano un quadro sostanzialmente unitario in cui si evidenzia che la formazione è un elemento fondamentale. A mio avviso, le singole procure e la procura generale hanno dimostrato un segno tangibile del loro impegno con la convenzione e il corso, che è durato un anno ed è stato organizzato presso la procura generale, che ha visto coinvolte tutte le procure del distretto. Io personalmente ho svolto numerose ore di docenza a tutti i funzionari della ASL, anche per raccogliere da loro informazioni circa le loro difficoltà operative. Non ci nascondiamo; nessuno pensa che la formazione debba essere onere solo delle singole amministrazioni, è anche onere nostro. Noi abbiamo creato (e credo che sicuramente il dottor Di Popolo e D’Emmanuele avranno fatto altrettanto) una sala formazione. Noi facciamo formazione continua, cioè ci riuniamo con i rappresentanti dei vari organismi preposti per migliorare le metodiche d’indagine. Addirittura, prossimamente lanceremo un sito che conterrà una specie di consolle del PM con dei protocolli d’indagine (di accesso esclusivo delle forze dell’ordine e dei magistrati) e di intervento rapido.
Bisognerebbe ottimizzare meglio le risorse che abbiamo; credo di aver colto il senso del suo ragionamento. Visto che, come lei diceva, in questo momento le risorse dello Stato sono ridotte e non possiamo aspettarci granché, la proposta che sommessamente vorrei avanzare potrebbe essere quella di unificare l’ufficio preposto delle ASL e quello relativo alla prevenzione dell’ispettorato del lavoro, prevedendo un ufficio unico per la sicurezza sul lavoro. I due organismi potrebbero essere meglio ottimizzati riunendo le forze e mettendole insieme, così come farebbe un’impresa; invece di avere due sedi dislocate che magari lavorano male, lo stesso personale viene riassunto in un’unica struttura, prevedendo un ufficio unico per la prevenzione e sicurezza sul lavoro che consenta di ottimizzare meglio le poche risorse di cui disponiamo in questo momento. Questa potrebbe essere una proposta; sicuramente voi ne avrete di migliori, ma potrebbe essere una strada per realizzare un’ottimizzazione migliore, insieme ad un protocollo allargato all’intero distretto (che contiamo di varare prossimamente) che consenta di realizzare quel coordinamento prima evidenziato dal Presidente e che noi abbiamo già notato essere fondamentale. Contiamo inoltre di varare questa benedetta banca dati, che è stata prevista dalla legge, ma che non è ancora materialmente esistente.
Dobbiamo quindi far vivere quelle norme, che sono state scritte, ma che in gran parte non sono ancora state concretamente attuate. Credo che già questo consentirebbe, anche agli operatori, di migliorare il coordinamento attraverso la banca dati e di finalizzare meglio i loro interventi.

NEROZZI
Vorrei porle una domanda secca, dal momento che lei ha partecipato come docente a dei corsi di formazione. Sembra che debba esserci un processo di mobilità nella pubblica amministrazione; le risorse, però, sono quelle che sono. Secondo lei, quanto tempo ci vorrebbe per formare dei nuovi operatori, senza assumere altro personale?

GUERRIERO
La formazione non avviene solo nel momento iniziale, ma è continua. Noi abbiamo pensato di svolgere degli incontri periodici nella sala formazione. Io credo che la strada sia quella che abbiamo sviluppato come procura generale e come singoli procuratori, prevedendo un corso di formazione che in questo momento ha una durata annuale e che consente di ottenere dei miglioramenti. Molto del lavoro va poi sviluppato sul campo. La formazione infatti non è solo un fatto teorico, ma va attuata praticamente; dalla singola casistica, di volta in volta, bisogna individuare dove sono stati commessi degli errori e come si può migliorare. Questo è il metodo che noi utilizziamo. Analizzando una determinata situazione e una determinata indagine, valutiamo i risultati conseguiti, grazie anche al coordinamento, e le eventuali falle investigative, cercando di capire come e attraverso quali meccanismi possiamo migliorare. Ad esempio, si possono migliorare i sopralluoghi: spesso le forze dell’ordine pensano di limitarsi all’informativa, saltando la relazione di servizio redatta nell’immediatezza dei fatti. Non comprendono che la relazione di servizio redatta nell’immediatezza dei fatti noi possiamo metterla nel fascicolo dibattimentale, mentre per l’informativa questo non ci è consentito. Uno dei passaggi svolti è stato dunque quello di far comprendere che per noi è fondamentale, quando ci si è recati immediatamente sul luogo, fissare nel modo più chiaro, completo ed approfondito tutta la situazione, anche attraverso relazioni fotografiche, planimetrie ed accertamenti tecnici. Il discorso quindi non è tanto collegato al tempo, quanto alla qualità della formazione.

D’EMMANUELE
Per quanto riguarda le risorse, è necessario fare un accenno alla responsabilità del lavoro giudiziario (dobbiamo anche parlare di casa nostra). Come il mio collega ricordava, noi abbiamo dei criteri di priorità nella trattazione dei processi; credo sia comune a tutti gli uffici che uno dei criteri di priorità sia riservato alla trattazione dei procedimenti in materia di infortunistica sul lavoro, soprattutto in materia di omicidi colposi in violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Credo sia una prassi diffusa in tutti i tribunali. Nel mio ufficio ho dato indicazione di dare massimo impulso alla definizione dei procedimenti, per quanto riguarda la procura, e di assicurare un veloce disbrigo in dibattimento dei processi in materia. In riferimento al tema della gestione delle risorse in magistratura, il criterio di priorità è un elemento indispensabile per un buon governo della situazione.
Per quanto riguarda le indagini di polizia giudiziaria e le responsabilità di chi le deve svolgere (sotto la direzione della procura), nel mio periodo di permanenza ad Ariano Irpino ho notato che occorre un maggiore slancio investigativo. Devo effettuare una rettifica all’appunto che il sostituto mi ha preparato: per quanto riguarda il primo incidente mortale sul lavoro, è la ASL che deve far pervenire il rapporto. I tempi devono essere comunque più solleciti, sia da parte dell’ispettorato del lavoro che da parte della ASL.

PRESIDENTE
Mi scusi se la interrompo, dottor D’Emmanuele. Siete anche voi che dovete consentire che questo percorso avvenga in tempi più solleciti. Voi vi state impegnando, state realizzando dei protocolli di formazione e dei modelli che aiutano il processo investigativo. Se poi però una persona o un ispettore, in un anno circa (da gennaio, mi sembra di aver capito), non invia la propria relazione conclusiva o quello che voi avete richiesto in merito, questa persona deve essere convocata.

D’EMMANUELE
Certamente, è nostro dovere farlo.

NEROZZI
Questa persona o ha delle responsabilità individuali o ha delle altre responsabilità.

PRESIDENTE
Come facciamo noi, quando convochiamo qualcuno che non vuole venire a parlare. Da questo punto di vista, abbiamo poteri simili.

D’EMMANUELE
Stavo dicendo comunque che un maggiore slancio investigativo, di fronte a questi fatti, non fa male, al di là delle singole e specifiche responsabilità nel caso concreto.

PRESIDENTE
Signor procuratore, se lei convoca una persona che ritarda, questo fatto si sa immediatamente ed ha un effetto mediatico enorme; penso che gli altri poi non si vorranno far convocare. Questo succede anche a noi.

DI POPOLO
Signor Presidente, nel condividere le considerazioni svolte dai miei colleghi, vorrei aggiungere una semplice notazione «brutale», per usare le parole del senatore Nerozzi, che sono onorato di aver conosciuto, anche per l’impegno e l’attenzione che egli dedica al problema. La considerazione brutale è la seguente: il problema di fondo parte dalla scarsità delle risorse umane, che sono poche. Si tratta purtroppo di un circolo non virtuoso, che si chiude. Per forza di cose, possono diventare anche «sonnolente», per usare un’altra espressione del senatore Nerozzi, ed inadeguate. Qual è allora la prospettiva che si può porre e sollecitare alla Commissione? È quella che, in qualche modo, ha tenuto presente il senatore Nerozzi, quando è venuta fuori la parola «mobilità». Si dice, anche da parte di esponenti del Governo, che vi sono pubblici funzionari e pubblici dipendenti che in sostanza non fanno nulla. Perché non mettere in circuito le risorse buone di questi pubblici dipendenti e formarli come addetti? Sono percorsi che la Commissione potrebbe suggerire e sollecitare a livello di rafforzamento delle presenze ai fini della prevenzione e della repressione. Sono risorse che andrebbero ad evitare i disguidi che si verificano e a rafforzare l’attività effettiva, utilizzando anche i corsi di formazione, che sono indispensabili e che devono essere continui, come diceva il collega Guerriero. Questa è la notazione che mi sento di fare, affinché la Commissione la tenga presente; la realtà è questa. Se le relazioni arrivano in ritardo, forse c’è anche una cattiva abitudine ad adagiarsi sulla scarsezza delle risorse; però la ragione principale è soprattutto questa.
Mi permetto di segnalare un’ultima notazione. Questo è il tempo delle autorità. Perché non sollecitare l’istituzione di un vera e propria autorità per la realizzazione di adeguate condizioni di sicurezza e di igiene sul lavoro? Perché non prevedere che tutte queste risorse umane confluiscano in sezioni specializzate di polizia giudiziaria, per quanto riguarda la repressione e la prevenzione dei reati? Perché non mettere mano ad una modifica del sistema normativo delle sanzioni, che risente ancora di una dimensione burocraticizzata delle violazioni che vengono riscontrate, attraverso i meccanismi delle definizioni amministrative, delle prescrizioni, degli adempimenti e delle sanzioni pecuniarie che vengono comminate? Anche il profilo del regime normativo generale delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro rappresenta un passaggio fondamentale perché tutto possa funzionare in termini più accettabili a tutela dei lavoratori e ad individuazione di una reale ed effettiva posizione di garanzia che compete al datore di lavoro e ai suoi rappresentanti. Questo meccanismo probabilmente è ambizioso e difficile, perché richiede percorsi di non breve termine; ma è anche un meccanismo che, a mio avviso, la Commissione può prendere in esame, quanto meno in una dimensione di prospettazione delle soluzioni.

GUERRIERO
Vorrei far riferimento agli incontri che abbiamo avuto con il personale delle ASL, durante i corsi di docenza. Essi lamentano spesso il fatto che le ASL non mettono a loro disposizione tutte le risorse tecnologiche e di altro tipo per poter funzionare adeguatamente. Essi dipendono comunque da funzionari che gestiscono le risorse a loro discrezione. Il problema dunque non è soltanto relativo al numero delle persone, ma anche alle condizioni con cui queste persone vengono messe in condizione di poter operare, migliorando l’apporto tecnologico. Spesso lamentavano la difficoltà di avere anche delle macchine fotografiche, dei registratori, dei computer di ultima generazione e quant’altro, perché gli organismi preposti non fornivano loro risorse adeguate. Il problema non va posto solamente in termini quantitativi, ma anche in termini qualitativi. C’è una struttura moderna, funzionale, con una banca dati che consenta di informatizzare tutto il lavoro svolto dall’ufficio oppure si lavora ancora sul cartaceo, senza metodiche d’indagine ben coordinate e senza dei funzionari che abbiano un know how specifico? I loro capi spesso sono funzionari senza alcun know how in termini investigativi. Sono dei burocrati che non conoscono le metodiche di indagine investigativa; questa è la loro difficoltà. Non sto facendo altro che riferire quello che essi hanno rappresentato a me come indicazione. Secondo me, creare un ufficio unico preposto alla prevenzione e alla sicurezza, con un vertice che abbia un know how specifico in termini di conoscenza e di cultura investigativa, consentirebbe una razionalizzazione e un coordinamento di tutte le pochissime risorse di cui disponiamo e migliorerebbe la qualità e le condizioni di lavoro di queste persone. È un problema di qualità del lavoro. Bisognerebbe analizzare la situazione anche presso le ASL, per capire in quali condizioni queste persone vengono messe a lavorare, con quali strutture e con quali mezzi.

PRESIDENTE
Avete sollevato un problema a noi molto noto; personalmente mi trova d’accordo. Ma c’è un problema di fondo, che riguarda le competenze. In questo settore, che avrebbe bisogno di una unitarietà di gestione, di indirizzo e di organizzazione (da voi richiamata ed anche evocata), noi incontriamo un problema di carattere costituzionale che ci impedisce di intervenire. Sarebbe la cosa ideale poter disporre di persone specializzate dalla base al vertice. C’è infatti il problema della burocrazia: la persona che deve decidere a volte non possiede le categorie per poter capire di cosa si sta parlando e cosa si deve fare.
C’è un dibattito anche fra noi per stabilire se questa materia debba tornare nella esclusiva competenza dello Stato o debba rimanere così com’è. Come sapete, con la modifica del Titolo V della Costituzione, si è creata questa situazione, quindi ci stiamo pensando ma non possiamo fare quello che lei auspica e che anche il procuratore ci ha detto. Non so quale sarà lo sviluppo del dibattito politico su questo tema, noi ci auguriamo che si arrivi alla riunificazione delle competenze, perché abbiamo tenuto incontri con nostri colleghi di altri Paesi d’Europa e ci siamo resi conto che anche nella Germania federale, anzi superfederale, dove i poteri che vengono conferiti ai vari Lander sono molto più ampi di quelli che vengono conferiti alle Regioni a statuto ordinario in Italia, vi è una legislazione centrale che fa capo allo Stato, poi le strutture dei Lander ovviamente la applicano a livello operativo e gestionale. Questo è un problema che speriamo di risolvere. Oltre che a questo aspetto, il procuratore faceva poi riferimento anche alla normativa e vi saremmo molto grati se ci poteste segnalare gli elementi che potrebbero essere migliorati che doveste incontrare nell’esercizio delle vostre funzioni, che sono di alta magistratura, perché la nostra Commissione ha anche una funzione di questo tipo e questo ci permetterebbe di snellire, di essere più efficaci e di migliorare la normativa stessa che, come voi sapete, non è ancora compiuta in modo definitivo, dal momento che i decreti ancora non vengono attuati, compreso quello sull’informatizzazione di cui si parlava prima. Se ci deste degli elementi da questo punto di vista ve ne saremmo molto grati.
Vi ringraziamo per la collaborazione e per l’importante incontro che di questa mattina. L’audizione è così conclusa.

Audizione del direttore provinciale dell’INAIL, del direttore provinciale del lavoro e del direttore generale dell’ASL di Avellino

Intervengono il direttore provinciale dell’INAIL, dottor Ettore De Socio, accompagnato dal direttore del comitato provinciale, dottor Costanzo Ventre, il direttore dell’ufficio provinciale del lavoro, dottoressa Ilaria Feola, accompagnata dal responsabile degli uffici di direzione, dottor Carmine Capriolo, e il direttore generale della ASL di Avellino, ingegner Sergio Florio, accompagnato dal direttore del servizio prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro, ingegner Teodorico Martino, e dal direttore del servizio igiene e medicina del lavoro, dottor Michele De Piano.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione del direttore provinciale dell’INAIL, del direttore provinciale del lavoro e del direttore generale dell’ASL di Avellino. Sono presenti per questo incontro il direttore provinciale dell’INAIL, dottor Ettore De Socio, accompagnato dal direttore del comitato provinciale, dottor Costanzo Ventre, il direttore dell’ufficio provinciale del lavoro, dottoressa Ilaria Feola, accompagnata dal responsabile degli uffici di direzione, dottor Carmine Capriolo, e il direttore generale della ASL di Avellino, ingegner Sergio Florio, accompagnato dal direttore del servizio prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro, ingegner Teodorico Martino, e dal direttore del servizio igiene e medicina del lavoro, dottor Michele De Piano, cui diamo il benvenuto.
La nostra Commissione è qui ad Avellino oggi per svolgere un’attività di monitoraggio in riferimento agli obiettivi che la Commissione stessa si prefigge e che deve perseguire, cioè per capire l’organizzazione sul territorio delle attività connesse al contrasto agli infortuni e quindi muoversi di conseguenza. Abbiamo riscontrato dai dati INAIL in nostro possesso che vi è un trend di contenimento per quanto riguarda gli infortuni più in generale (ovviamente mi riferisco a dati relativi al 2010), ma che c’è invece un’impennata per quanto riguarda gli infortuni mortali.

DE SOCIO
Non mi risulta. Ad oggi, nel 2010 i casi mortali sono otto.

PRESIDENTE
Non le risulta? L’anno scorso ce n’erano quattro. Forse un raddoppio sui piccoli numeri può non sembrare grande cosa, ma anche sui piccoli numeri ci sono novità. Siamo di fronte ad una situazione fasica, con otto infortuni nel 2006, cinque nel 2007, nove nel 2008, quattro nel 2009, otto nel 2010. Questo ci induce ad un momento di riflessione, atteso il fatto che c’è una riduzione degli infortuni nel loro complesso del 28,5 per cento, questi dati vanno letti in questo modo; poi fortunatamente si tratta di numeri piccoli, perché si riferiscono ad un territorio piccolo, ma le percentuali sono queste. Quest’anno, come risulta già dai dati che abbiamo avuto (non so se lei ha dei dati in merito) parlando in modo molto empirico con i procuratori che ricadono in questo territorio provinciale, si sono già determinati alcuni decessi; quindi, non so se si manterrà il dato del 2010, ma speriamo sia al di sotto. Ciò significa che non dobbiamo meravigliarci, ma fare mente locale sul fatto che indubbiamente ci sono dei dispositivi di prevenzione scarsi o che, sia pure nella vostra perfetta organizzazione, non svolgete delle azioni che dovrebbero essere svolte. Ci siamo posti questo problema con i magistrati e anche loro ci hanno dato delle risposte molto interessanti ed importanti che sono legate anche alla collaborazione che hanno con voi, per fare in modo che vi sia un più diretto controllo del territorio, sia pure con le problematiche e con le difficoltà che avete e che ben conosciamo. Questo però è un dato che ci deve far pensare.

DE SOCIO
A nessuno di noi fa piacere che ci siano dei morti sul lavoro.

PRESIDENTE
Ci deve far pensare il fatto che i decessi da quattro del 2009 sono diventati otto nel 2010. Questo è un dato importante, non è un dato secondario.

DE SOCIO
Sulla prevenzione vorrei dire che secondo la normativa attualmente vigente, l’INAIL non ha un compito specifico su questo fronte, se non genericamente a livello di informazione e formazione.

PRESIDENTE
Noi stavamo parlando dei dati dell’INAIL che mi pare lei abbia sottovalutato, tant’è che mi ha interrotto per dire che sono normali. Quando ho detto che ci sono degli elementi che ci devono far riflettere, lei ha dubitato di questo fatto, ma io ribadisco che ci devono far riflettere, perché c’è poco da discutere sui numeri. Non le sto chiedendo di fare attività particolari, ma di leggere i numeri che ho citato, che noi leggiamo e su cui riflettiamo molto, perché sono punti di riferimento che ci fanno capire come stanno andando le cose. L’INAIL fa anche un’attività di prevenzione con le scuole molto meritoria, a livello nazionale, ed ha progetti specifici, quindi certamente investe su questo fronte.

DE SOCIO
Infatti anche noi abbiamo in programma delle attività di formazione a livello scolastico che ci apprestiamo ad avviare la prossima settimana.

PRESIDENTE
Quindi fate anche voi formazione ed informazione allo stesso tempo, sia pure in senso preventivo. Non so cosa mi voglia dire.

DE SOCIO
Volevo semplicemente dire che il trend storico è più o meno simile, si ripete negli anni. Non volevo né sottovalutarlo né banalizzarlo, perché non mi pare proprio il caso di farlo: dico solo che se prendiamo in riferimento i dati rispetto al 2006, vediamo che la curva è più o meno simile. È chiaro che lei ha ragione; i dati ci dicono che nel 2009 gli infortuni mortali sono stati la metà di quelli che sono nel 2010, tuttavia il trend storico, come può vedere dai dati, ci dice che siamo più o meno, purtroppo, nello stesso trend.

FLORIO
Sono stato nominato circa un mese fa direttore dell’ASL di Avellino, dopo un periodo di commissariamento della stessa che è durato circa 13 mesi. La prima cosa che devo dire è che i dati in possesso dell’azienda non sono i dati che lei ha testé citato. A questo riguardo, mi permetto di fare un’osservazione che magari potrebbe essere una proposta che in qualche modo potrebbe essere rilevata. C’è forse la necessità di un collegamento puntuale di banche dati a livello provinciale e regionale, che attualmente non si può dire vi sia. Ne è prova la relazione che ho tra le mani, che registra un numero di infortuni mortali ad oggi, 31 ottobre 2011, pari a sei.

PRESIDENTE
Noi non abbiamo fatto riferimento al 2011, perché i dati INAIL su cui lavoriamo si riferiscono al 2010, quelli del 2011 li avremo nel luglio 2012.

FLORIO
Quelli che le sto riferendo sono dati in possesso dell’ASL

PRESIDENTE
Quindi secondo i dati in possesso dell’ASL al 2011 si sono registrati sei decessi?

FLORIO
Sì, i dati parlano di sei infortuni mortali al 31 ottobre 2011.

PRESIDENTE
Se è così, questo già ci mette in allerta.

FLORIO
Quattro infortuni mortali nel 2010 e sei nel 2009.

PRESIDENTE
È difficile da riscontrare, perché i quattro casi del 2010, quelli dell’INAIL, sono dati certificati.

FLORIO
Sono dati in possesso dell’azienda (perché, come le dicevo e come credo sia utile segnalare, non esiste un coordinamento su base provinciale) e ovviamente c’è una suddivisione per diversi incidenti mortali così come avvenuti nei diversi settori: edilizia, industria, artigianato, agricoltura e pubblica amministrazione. L’osservazione che può essere fatta ad oggi è che c’è una cognizione inversa tra gli infortuni che avvengono in agricoltura rispetto a quelli che avvengono in edilizia: paradossalmente, dove c’è l’attività di prevenzione e di controllo si registra una minore mortalità; laddove, come in agricoltura, non c’è questo livello di informazione, soprattutto per eventi di schiacciamento dell’operatore da parte di macchine agricole, si registra una cognizione di infortuni in misura maggiore. Questo emerge dalle rilevazioni dell’azienda che non sono quelle dell’INAIL.

DE LUCA
Vorrei fare un’osservazione proprio a chiarimento di questa doppia lettura dei dati. La nostra Commissione è qui, come il Presidente ha già detto, per avere un monitoraggio del territorio, come stiamo facendo sul piano nazionale. I dati purtroppo tragici, quelli definitivi, sono quelli dell’INAIL, ma ci preoccupiamo anche di un dato diverso fornito dalla ASL. Per questo chiediamo una interlocuzione tra di noi per rapporti di responsabilità ed istituzionali. C’è un comitato di coordinamento regionale che fa riferimento a tutto il territorio della Regione Campania. Il numero di incidenti mortali del 2010 è pari a otto, non può essere diversamente, perché è un dato acclarato. Questa divergenza tra i dati forniti dalle vostre amministrazioni dimostra però che questo comitato di coordinamento regionale, nei ruoli e nelle funzioni, praticamente, come ci hanno detto anche i soggetti auditi prima, non ha una grande incidenza.
Non dico che non funzioni perché non spetta a noi dirlo, però, vi chiediamo di coordinarvi almeno sul territorio provinciale e nel contesto regionale. Ribadisco che non si tratta di individuare delle responsabilità.
Come è riferito nella nostra relazione annuale, dopo il decreto legislativo n. 81 del 2008 abbiamo prodotto alcuni atti migliorativi; purtroppo i decreti delegati non vengono emanati, perché ci sono dei ritardi. Tuttavia, avere queste incongruenze tra i dati sugli infortuni nell’ambito di una Provincia piccola come quella di Avellino dimostra che l’azione di coordinamento dei soggetti a ciò deputati sul territorio è quanto mai indispensabile; oltre all’opera di prevenzione, che si fa anche con la scuola o con la formazione nell’ambito dei luoghi di lavoro, vorrei rivolgervi una domanda e proporvi una sottolineatura anche rispetto all’approccio di quest’audizione.
Siamo qui per avere un riscontro territoriale rispetto a una vicenda che in un Paese civile è un dramma inaccettabile, perché è inimmaginabile che ci siano 1.000 morti l’anno e circa 800.000 incidenti. È vero che c’è la mobilità nella pubblica amministrazione e che le risorse sono scarse, ma è necessaria un’azione di coordinamento rispetto a questo settore. Vi chiediamo dunque se è stato posto in essere il coordinamento regionale previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008.

FEOLA
Nel momento in cui mi sono insediata ho posto il problema del coordinamento regionale ai collaboratori della direzione provinciale del lavoro anche per capire lo stato dell’arte, visto che quest’anno il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha dato un’indicazione molto forte in materia di ambienti confinati; ha cioè richiamato l’attenzione su un’attività di vigilanza e controllo da farsi nell’ambito di silos e cisterne, dove purtroppo l’incidenza della mortalità in riferimento a inquinamento atmosferico è molto elevata. Si è compreso che nell’ambito della Provincia di Avellino questo coordinamento si è perso e non si è attuato.

PRESIDENTE
Mi scusi l’interruzione, ma voi vi vedete?

FEOLA
Ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 124 del 2004, dal mio insediamento ho convocato una riunione di coordinamento cui ha partecipato l’INAIL; pertanto ha avuto inizio questa attività di coordinamento a livello provinciale. Per la verità, con la ASL non lo abbiamo previsto, perché il coordinamento dovrebbe essere fatto nell’ambito del comitato, che nella Provincia di Avellino non è attuato.
Pertanto, quando abbiamo dovuto programmare attività di vigilanza negli ambienti confinati, l’iniziativa è stata presa da questa direzione: abbiamo convocato la ASL; il dottor Di Paolo, qui presente, è venuto e abbiamo coordinato l’attività da porre in essere in questi contesti. Come è noto, infatti, noi non abbiamo competenza in questa materia a livello di sicurezza, ma ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 81 del 2008, solo nell’edilizia. Quindi, per quanto riguarda la vigilanza, l’ispezione prevenzionistica e quindi la sicurezza sul lavoro in contesti diversi dall’edilizia è competente la ASL; pertanto abbiamo dovuto coinvolgerla in questo progetto di vigilanza e ci siamo coordinati.
Naturalmente bisogna fare una riflessione a monte, perché la frammentazione delle competenze non è foriera di un’attività capillare sul territorio, quindi è logico che nell’ambito di queste competenze noi otteniamo dei risultati, sebbene le risorse umane siano ridotte all’osso. Nella DTL di Avellino, infatti, ci sono due ispettori tecnici operanti sulla vigilanza, ma fortunatamente abbiamo anche altre forze, soprattutto i carabinieri del nucleo ispettorato del lavoro che hanno competenze tecniche. Noi riusciamo quindi a garantire, nell’ambito di nostra competenza, cioè l’edilizia, un controllo e una prevenzione sul territorio che ci è stata attestata anche poc’anzi dal dottor Florio, perché, rispetto agli altri settori, in edilizia si riscontra una minore incidenza della mortalità. Però, naturalmente, la frammentazione delle competenze non incide positivamente sul controllo del territorio.

PRESIDENTE
C’è sicuramente un problema a monte che non riguarda voi. C’è un vulnus che nasce dal comitato regionale di coordinamento, che dovrebbe svolgere una serie di incontri e quindi avere anche una realtà operativa di indirizzo.

CAPRIOLO
Di indirizzo.

PRESIDENTE
Di indirizzo e programmazione. Purtroppo a questo proposito le Regioni, non solo la Campania, sono in ritardo. La nostra Commissione ha addirittura deciso di recarsi in tutte le Regioni d’Italia, anche perché, senza far riferimento ad adagi conosciuti da tutti, c’è il vecchio detto che se non si fa l’uno non si fa l’altro. Noi ci siamo impegnati a incontrare tutti gli assessori alla salute, al lavoro o quelli che hanno delega in materia e con grandi sforzi siamo riusciti a incontrare 7 o 8 di loro, quindi avvertiamo una profonda difficoltà da questo punto di vista.
Comunque, in assenza della programmazione regionale, sulla quale torneremo, continueremo a sollecitarla e a fare il nostro lavoro, considereremo meritorie le iniziative territoriali. Spesso queste attività di strutturazione e coordinamento si tengono presso le prefetture, che in molti casi hanno svolto il lavoro di coordinamento; tuttavia non è obbligatorio e si tratta di stabilire chi di voi vuol fare da capofila e io credo che la ASL dovrebbe avere un ruolo centrale in questa vicenda. La dottoressa Feola ci ha infatti ricordato che l’ente da lei diretto ha competenze abbastanza contenute su un settore specifico, mentre la ASL ha in capo la maggior parte dell’attività e del lavoro. Occorre quindi anche capire come vengono organizzate le varie realtà. Credo che probabilmente voi siate organizzati in poli e quindi bisogna capire quanto personale avete a disposizione, quanti ispettori avete e quanta parte del vostro bilancio dedicate a sostenere questa attività.
In qualche modo noi vorremmo esservi vicini, sostenervi, incoraggiarvi, ma nello stesso tempo cercare anche di capire come vi state muovendo. Prima abbiamo sentito che in questo territorio alcuni magistrati tengono incontri con l’ufficio provinciale del lavoro e con ispettori dell’azienda sanitaria; si tratta di una bella iniziativa, che noi abbiamo molto apprezzato perché è spontanea. È opportuno unire la forze che ci sono e che vengono anche differenziate, altrimenti, per via dell’eccessiva frammentazione sul territorio, diventa difficile operare e non per colpa vostra, ma di noi legislatori. La vostra competenza non va ridotta a un unicum, ma bisogna che ognuno parli con l’altro; inoltre si dovrebbe creare la struttura regionale di coordinamento per le programmazioni sui territori e quindi riverberare tale struttura anche sul piano provinciale. Questo è ciò che vi chiediamo. Vogliamo prendere atto della vostra buona volontà, ma mi sembra sia necessaria maggiore attenzione.
Se ritenete che ci siano problemi potete scriverci, perché questo non va visto come un incontro conclusivo, ma verosimilmente come l’inizio di una collaborazione. Noi saremo ben felici se ci porrete delle problematiche che potremmo affrontare anche nella normativa; in questo modo, infatti, lo strumento viene provato sul campo e perde la sua immagine di prodotto realizzato pensando che meglio non si poteva fare, con le mille mediazioni che ci sono state su quel testo unico e anche sul decreto legislativo n. 106 del 2009 che in parte lo ha modificato. Ci auguriamo che ci sia anche con voi questa collaborazione.

FLORIO
Se è possibile vorrei conferire con la Commissione circa il breve report che è stato redatto e nello stesso tempo fare qualche osservazione per quanto riguarda la prevenzione obbligatoriamente messa in campo dal sistema sanitario, ma secondo norme che ormai hanno quasi 20 anni: mi riferisco in particolare al decreto legislativo n. 502 del 1992. Il sistema della prevenzione è affetto da un conferimento di risorse che è pari al 5 per cento del montante annuo dei fondi complessivamente trasferiti all’azienda; esso poi si suddivide nuovamente negli ambiti della prevenzione, in ambito medico e veterinario con sistemi definiti dalle cosiddette unità operative complesse, ognuna delle quali ha compiti specifici. Dal punto di vista del finanziamento, le singole attività sono assentite in misura fissa, che di solito è uguale alle risorse trasferite al sistema sanitario e usufruite dal dipartimento di prevenzione nella misura del 5 per cento; pertanto, le risorse da mettere in campo per le attività in area medica o veterinaria sono definite con provvedimenti legislativi.
Dal piccolo report che lasciamo alla vostra attenzione emerge un fatto interessante, vale a dire questa condizione inversa che è funzione del fatto che sembra quasi che fino al 2009-2010 quanto più si sorveglia tanto più i risultati sono efficaci. Mi riferisco all’edilizia. Viceversa, per quanto riguarda l’agricoltura, ad esempio lo schiacciamento che subiscono gli operatori agricoli conduttori del terreni, mi chiedo perché non si immagini di introdurre l’inclinometro che, dopo un certo grado di inclinazione, stacca il motore e lo ferma. Questa è una condizione semplice che potrebbe essere richiesta all’ente preposto e poi prevista tra le condizioni di omologazione dei trattori.

PRESIDENTE
Le rispondo con piacere sui temi che lei ha posto. Lei ha parlato del finanziamento del 5 per cento previsto dai piani sanitari nazionali. Purtroppo, noi non siamo mai riusciti a far stabilire quanta parte di quel 5 per cento debba essere orientata all’attività di prevenzione per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali che stanno crescendo e sono problemi importanti.
Ricordo un ex Ministro che non appartiene alla mia area politica (lo dico per indicare la serenità di questa Commissione), parlo del ministro Turco, che con una grande operazione cercò di avere questo riferimento e questo dato, ma non ci riuscì; alla fine con le Regioni si stabilirono un certo numero di attività di controllo. Anche se non ci riuscì, va riconosciuto pieno merito al ministro Turco, che ha tentato in tutti i modi di arrivare a questo risultato. Voi però, come azienda, avete una capacità di gestione, sia pure all’interno di quel plafond; potete quindi stabilire come muovervi. Non a caso, la ASL si chiama «azienda» e lei è il manager che la gestisce.
Per quanto riguarda il problema dell’agricoltura, questa Commissione si sta attivando ed ha anche un conflitto aperto con l’Unione europea. Abbiamo una serie di dati dell’ISPESL (che ora è stato assorbito dall’INAIL) relativi ad interventi che potrebbero essere adottati contro il ribaltamento dei vecchi trattori, ma troviamo grandi difficoltà, dovute più alle burocrazie che ad altro. L’INAIL ha addirittura stanziato 80 milioni di euro a livello nazionale, per poter sostenere queste migliorie salvavita; purtroppo, però, questi fondi non sono stati spesi. Un altro problema che abbiamo con l’Unione europea infatti (e che speriamo di risolvere) è relativo al fatto che questi contributi si cumulano con altri contributi e quindi fanno scattare il de minimis nei confronti del quale non si può andare oltre. Allora forse per un agricoltore è preferibile ricevere un altro contributo che non quello per mettere a punto il trattore. Noi abbiamo presentato un disegno di legge, al vaglio dell’Unione europea, per far capire loro che un contributo a fondo perduto per la sicurezza non può essere cumulato, come un contributo antagonista, di fronte ad altri contributi relativi alla gestione della loro attività; speriamo che capiscano questo aspetto. Vi ho voluto fornire questi elementi, per farvi capire come stiamo lavorando anche su questo settore.

NEROZZI
Vorrei svolgere una sola considerazione, relativa al fatto che il coordinamento non c’è. Noi faremo ovviamente di tutto perché questo problema si possa risolvere; intanto, sarebbe opportuno che a livello provinciale cominciaste ad operare. Sono ad esempio quasi sicuro che, se si mettono assieme i nomi dei defunti dell’INAIL e i nomi dei defunti della ASL, probabilmente si scoprirebbe che sono più di otto. L’INAIL infatti assicura che il suo è il dato chiave ed è l’unico dato oggettivo presente in Italia. Però l’INAIL tiene conto solo dei suoi assicurati, dal suo punto di vista giustamente, un po’ meno dal punto di vista della statistica; fra l’altro, se non ci fossero quei dati noi non avremmo niente.
Nel settore agricolo, dove purtroppo gli incidenti sono in aumento, spesso i lavoratori non sono assicurati all’INAIL. I dati della ASL sono invece relativi a coloro che passano attraverso le unità sanitarie locali; se uno muore di colpo, il dato non va alla ASL, ma alla procura e all’INAIL (infatti il dato dell’INAIL è quello più giusto). Però, nel caso degli agricoltori, se ad esempio la morte avviene dopo un ricovero, se sono ottantenni o sono bambini, se non sono assicurati perché fanno un altro lavoro (i cosiddetti agricoltori della domenica), all’INAIL non possono risultare e non è neanche giusto che risultino. Quindi forse, a seguito di questo coordinamento, potremmo scoprire che purtroppo i morti sono nove e non otto. Sentendo quanto lei ha detto degli agricoltori e sentendo che i dati non corrispondono, già questo ci consente di avere un’idea del problema; uno solo di voi, con le vostre specialità ed i vostri compiti (che sono purtroppo divisi), non è in grado di avere l’insieme della mappa di cosa sta succedendo in un territorio, e nemmeno l’INAIL, che è attendibile al 90 per cento, perché assicura quasi tutto. L’unica cosa che rimane fuori dall’INAIL sono, appunto, una parte degli agricoltori, quelli che non hanno l’età e gli agricoltori della domenica. Se non si hanno i dati, poi, non si capisce cosa succede e non si capisce nemmeno quali saranno le tendenze future; una di queste purtroppo riguarda l’agricoltura. Siete tutti dirigenti pubblici (lo dice un ex pubblico dipendente); nessuno porta via il lavoro all’altro. So che a volte ci può essere un po’ di gelosia; cerchiamo però di mettere insieme le rispettive competenze e proviamo a renderci conto di cosa sta succedendo. La ASL, oltre al 5 per cento, ha le risorse per le multe e le ispezioni, che non sono molte, ma rappresentano anch’esse una piccola cosa.

PRESIDENTE
Ci salutiamo con la speranza che si possa migliorare il tutto. Per quanto riguarda le multe, proprio questa Commissione ha presentato un emendamento che stabiliva che dovevano essere impiegate con questa finalità.
Vi ringrazio per il contributo fornito ai lavori della Commissione.

Audizione del comandante provinciale dei carabinieri, del comandante del nucleo carabinieri per la tutela del lavoro e del comandante provinciale dei vigili del fuoco

Intervengono il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Giovanni Adinolfi, il comandante del nucleo dei carabinieri per la tutela del lavoro, maresciallo Rosario Monetti, e il direttore provinciale dei vigili del fuoco, ingegner Alessio Barbarulo.

PRESIDENTE
Nel salutare i nostri ospiti rivolgo loro anche un ringraziamento per la loro presenza odierna. Noi siamo qui oggi per capire le tematiche e le problematiche che riguardano il settore della prevenzione degli infortuni e del contrasto ai soggetti e ai fattori che determinano questo tipo di fragilità. Siamo interessati anche al problema delle malattie professionali, che sono in crescita e che destano quindi preoccupazione. Siamo inoltre interessati al problema dell’organizzazione dei vari soggetti che si interessano sul territorio a questa attività, che in qualche modo dovrebbe garantire la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro.

ADINOLFI
Signor Presidente, il comando dei carabinieri di Avellino ha competenza sui 119 Comuni dell’intera Provincia e si articola in 6 comandi di compagnia e 68 presidi (comandi di stazione), che per noi sono le unità elementari di base che consentono una ricognizione ed un’attività conoscitiva e di intelligence molto approfondita. In materia vi è una stretta sinergia e collaborazione con il nucleo dei carabinieri per la tutela del lavoro; collaboriamo quotidianamente a questo tipo di attività, non solo ricognitiva, ma basata anche su interventi rispetto a casi ed eventi che si verificano nella stessa Provincia. Questa efficace collaborazione è stata ribadita di recente con la convenzione sottoscritta dal Ministero della difesa e dal Ministero del lavoro nel settembre 2010, promuovendo uno stretto contatto tra l’Arma dei carabinieri e le direzioni provinciali del lavoro. In questo quadro, si svolgono delle riunioni trimestrali tra il comandante provinciale dei carabinieri e il direttore provinciale del lavoro; si tratta di una sorta di cabina di regia strategica degli interventi da effettuare sul territorio a livello di vigilanza e di prevenzione. Queste riunioni, in base alla convenzione, si svolgono tra noi, l’ispettorato e la direzione provinciale del lavoro. La legge n. 183 del 2010, il cosiddetto «collegato lavoro», attribuisce ad ogni agente e ad ogni ufficiale di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni, a prescindere dalla qualifica, il ruolo di ispettore in materia di lavoro. Inoltre, sulla base del Testo unico (decreto legislativo n. 81 del 2008), effettuiamo di nostra iniziativa, e con le aziende sanitarie locali, degli interventi in materia preventiva, in particolare nei cantieri edili.

PRESIDENTE
Da quanto ho capito, voi avete stabilito un doppio dialogo, con l’ispettorato del lavoro e con gli ispettori della ASL. In materia edilizia lei ha fatto riferimento alla ASL; ma la materia edilizia è di competenza anche dell’ispettorato del lavoro.

ADINOLFI
Noi svolgiamo un’attività preventiva presso i cantieri edili, concordando strategicamente i nostri obiettivi con le direzioni provinciali del lavoro. Quando interveniamo a seguito di eventi delittuosi, unitamente all’autorità giudiziaria, scatta anche la competenza delle ASL su determinate materie.

PRESIDENTE
Questo è un discorso che noi stiamo cercando di alimentare, affinché ci sia una maggiore funzionalità. Il magistrato può stabilire che la relazione venga redatta da uno degli ispettori del lavoro o della ASL; l’uno deve intervenire con l’altro o al posto dell’altro.

ADINOLFI
C’è infatti una collaborazione, in caso di eventi con morti o feriti. In queste circostanze interviene l’autorità giudiziaria.

MONETTI
Il Testo unico, che ha assorbito i vari decreti legislativi precedentemente emanati, ha stabilito che la competenza sugli infortuni sul lavoro spetti agli ispettori della ASL e che in edilizia spetti all’ispettorato del lavoro. Il comandante Adinolfi diceva che, poiché l’Arma territoriale è sempre e costantemente presente nei luoghi di lavoro, nel momento in cui l’infortunio sul lavoro non si verifica all’interno...

PRESIDENTE
Mi scusi, l’Arma dei carabinieri è sempre presente sul territorio, non sui luoghi di lavoro.

MONETTI
Sì, ma è presente nel momento in cui si verifica un infortunio sul lavoro.

ADINOLFI
Seguiamo determinate strategie di intervento preventivo. Volevo proprio sottolineare con forza che siamo presenti sul territorio a livello di vigilanza e di prevenzione, poi è chiaro che quando c’è un evento con esito mortale, interviene l’autorità giudiziaria e concorrono tutti gli altri organismi. A livello di attività di vigilanza e di prevenzione nel settore non solo edile, ma anche commerciale e industriale, sono stati effettuati dei controlli e dall’attività espletata è stata evidenziata l’esistenza, anche se in misura modesta, del fenomeno dell’occupazione dei minori, del fenomeno del lavoro in nero, dell’impiego di manodopera di lavoratori extracomunitari in nero ed in particolare quest’ultimo fenomeno è risultato maggiormente presente nel terziario, soprattutto nel settore della concia delle pelli. Ci sono quattro Comuni alle porte di Avellino (Solofra, Montoro Superiore, Montoro Inferiore e Serino) che rappresentano appunto il terzo polo conciario per importanza a livello nazionale.
Per quanto riguarda la caratterizzazione delle sanzioni che sono state elevate nel settore edile, esse riguardano per il 45 per cento l’omissione delle regole di prevenzione per i lavori di costruzione in quota, per il 18 per cento l’omessa osservanza delle norme di igiene e salubrità nei luoghi di lavoro, per il 30 per cento l’omessa informazione o formazione dei lavoratori, per il 2 per cento l’omissione dell’uso dei dispositivi di protezione individuale e per il 5 per cento violazioni varie che lo stesso nucleo dei carabinieri presso l’ispettorato del lavoro riscontra. Le criticità riscontrate dunque riguardano l’impreparazione professionale dei lavoratori addetti, l’omessa adozione nell’utilizzo delle precauzioni e delle protezioni obbligatorie e dei dispositivi di protezione individuale, l’inadeguatezza dei piani di sicurezza e coordinamento (questo ovviamente per la parte dove il nucleo interviene a livello di vigilanza e di riscontro in questo settore).
L’Arma dei carabinieri non ha un’esclusiva competenza di monitoraggio sul fenomeno degli incidenti sul lavoro, quindi i dati che riporterò sono desunti dai nostri interventi. In particolare, nel 2010 i carabinieri si sono occupati di tre decessi sul lavoro: uno relativo all’attività lavorativa presso un tabacchificio, un altro all’attività nel settore edilizio (una caduta accidentale da un ponteggio) e uno relativo all’attività nel settore metalmeccanico (un operaio rimasto schiacciato da balle di ferro). Nel 2011 sono intervenuti per tre decessi, due relativi sempre ad attività nel settore dell’edilizio, in particolare del movimento terra (degli operai sono stati colpiti da escavatori) e uno relativo ad un caricamento di lamiera di ferro su un automezzo. Questi sono i dati a nostra disposizione e che posso riportare. Ancora nel 2010, abbiamo ispezionato circa 388 aziende nel settore edile, tra queste circa 309 nel settore edile, dal 1º gennaio al 31 ottobre 2011 sono state ispezionate 258 aziende e tra queste 224 nel settore edile.

PRESIDENTE
Di quante unità è composto il vostro nucleo?

MONETTI
Del sottoscritto, in qualità di comandante e di tre altri elementi; quindi, nell’intera Provincia siamo quattro.

PRESIDENTE
La media è questa: di tre, quattro unità.

MONETTI
Probabilmente sì, e siamo pure fortunati rispetto agli altri.

MARAVENTANO
Vorrei avere, se possibile, dei dati precisi
ed approfonditi sul fenomeno dello sfruttamento dei minori: vorrei sapere quali sono i settori in cui si riscontra e se i minori coinvolti sono comunitari o extracomunitari.

MONETTI
Il fenomeno, in effetti, è di modesta entità. Si sviluppa per lo più nei periodi estivi e riguarda prevalentemente il commercio, ad eccezione di casi sporadici nell’attività industriale, ma in quel caso riguarda minori extracomunitari. L’Arma è presente per denunciare i genitori per la mancata istruzione, ma anche per l’induzione al mondo del lavoro quando in effetti i minori non hanno i requisiti anagrafici minimi per l’avviamento al lavoro. Le violazioni che si riscontrano maggiormente sono la mancata visita medica, il mancato riposo e il perdurare delle ore lavorative, che per i minori e i fanciulli è ridotto.

NEROZZI
Quali sono le dimensioni del fenomeno in agricoltura?

MONETTI
In agricoltura, nonostante le ispezioni eseguite, non abbiamo riscontrato tale fenomeno, vi è da dire però che in agricoltura, come sa il senatore De Luca, che conosce bene queste zone e ne è testimone, vi è prevalentemente la raccolta delle uve, peraltro di non ingente portata, in quanto le nostre uve autoctone sono pregiate ma non in grosse quantità. In effetti la vendemmia avviene secondo i canoni famigliari, quindi non c’è un ricorso alle attività lavorative. Quelle poche riscontrate fanno buon uso dei voucher, una norma di recente introduzione che ha dato i suoi frutti almeno nella Provincia irpina.

BARBARULO
Rivesto la carica di comandante provinciale dei vigili del fuoco da due mesi ed ho già una conoscenza abbastanza approfondita della situazione qui ad Avellino. Vorrei innanzitutto spendere poche parole per descrivere fondamentalmente il compito dei vigili del fuoco, con particolare riguardo alla prevenzione per quanto concerne l’infortunistica sul lavoro. Noi abbiamo una matrice fondamentalmente tecnica, sebbene naturalmente dobbiamo attenerci, in quanto ufficiali di polizia giudiziaria, alle procedure previste dai codici per quanto riguarda la limitazione per tutti i procedimenti legati all’attività di polizia giudiziaria nell’esercizio delle nostre funzioni. Corre l’obbligo di operare, come ufficiali di polizia giudiziaria, nell’ambito dell’attività di prevenzione, in particolare degli incendi, che è una delle nostre attività istituzionali, e nel corso dell’attività che forse è quella più significativa per i vigili del fuoco, che è quella operativa intesa come soccorso tecnico urgente: laddove rileviamo delle situazioni che possono essere riconducibili a reati o laddove in qualche modo si configurano delle situazioni sulle quali intervenire come ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, lo facciamo e abbiamo un contatto diretto con la procura alla quale riferiamo attraverso delle notizie di reato e attraverso tutti gli atti previsti dalla funzione che ricopriamo in quel momento.
Con riguardo alla casistica delle situazioni riscontrate, devo premettere che i vigili del fuoco hanno una fascia d’azione limitata per quanto riguarda la prevenzione. Mi riferisco, appunto, all’attività di prevenzione incendi, un servizio che da circa un mese ha subito un rinnovamento abbastanza significativo per quanto ci riguarda. È stato infatti emanato un nuovo regolamento di applicazione delle procedura per la prevenzione incendi: laddove quindi ci sono attività lavorative e non che rientrano in una fascia d’attività a rischio particolarmente elevato, noi operiamo con delle procedure che sono differenziate a seconda anche del livello di rischio, rilasciando in alcuni casi il certificato di prevenzione incendi, in altri attraverso le procedure di SCIA, la segnalazione certificata di inizio attività, che fa parte di un nuovo procedimento semplificato a favore delle attività, in particolare di quelle produttive, per cui non viene più seguita la prassi che era in vigore fino al 7 ottobre di quest’anno, che prevedeva il pedissequo rilascio di un certificato prevenzione incendio. Bensì, attraverso una procedura semplificata, viene consegnata da parte dei titolari delle attività interessate una segnalazione certificata di inizio attività e per una buona parte di esse il controllo è previsto solo a campione, dietro direttive che vengono periodicamente emanate dal nostro dipartimento, che facendo parte del Ministero dell’interno regolamenta questo controllo a campione attraverso disposizioni dirette per una fascia di attività più significative, cioè a rischio più elevato; invece di prassi continuiamo ad operare dei controlli e a rilasciare il certificato di prevenzione incendi. Ho riferito molto in sintesi l’essenza di questa nuova regolamentazione.
Riguardo all’attività di soccorso, che ci espone invece a verifiche più ampie e a più ampio raggio, non solo per quanto riguarda problemi legati alla prevenzione incendi, abbiamo anche competenze nell’ambito del soccorso tecnico in generale, quindi non interveniamo (questo credo sia noto a tutti) solo per incendio, ma per qualsiasi necessità laddove si ravvisi una situazione di pericolo e vi sia bisogno di un intervento urgente di tipo tecnico, abbiamo una forza operativa dispiegata sull’intero territorio della Provincia che ci consente di intervenire per risolvere il problema o quantomeno per portare soccorso alle persone o anche per la difesa dei beni, che è uno dei nostri compiti istituzionali. Nel corso dell’attività di soccorso, abbiamo anche modo di svolgere attività di polizia giudiziaria ed è anche in quelle occasioni che riscontriamo delle situazioni che sono poi passibili di denuncia alla procura per vie dirette, attraverso la prassi dei codici, o attraverso l’applicazione del decreto legislativo n. 758 del 1994, che discende dal decreto legislativo n. 626 del 1994, oggi attualizzato dal decreto legislativo n. 81 del 2008, che consente, per alcune ipotesi di reato, di poter depenalizzare il reato stesso e operare la risoluzione delle inadempienze attraverso procedure di tipo amministrativo. Anche se velocemente, credo di aver sintetizzato il quadro del nostro servizio.

PRESIDENTE
Di quanti uomini consta il vostro organico?

BARBARULO
Abbiamo un organico che sulla carta dovrebbe essere di 200 unità operative, abbiamo purtroppo (come credo sia noto) una carenza di organico di circa il 20 per cento, quindi le unità effettive sono circa 170.

MARAVENTANO
Per tutta la Provincia?

BARBARULO
Il servizio si svolge su quattro turni che si avvicendano sulle 24 ore, pertanto mediamente nella provincia è presente una forza di 25 unità. Abbiamo la sede centrale ad Avellino e quattro distaccamenti in provincia a Grottaminarda, Bisaccia, Lioni e Montella, oltre ad un distaccamento dove operano esclusivamente volontari. Disponiamo infatti anche di una forza aggiunta composta dal contingente di vigili volontari, che sono iscritti in una graduatoria provinciale e che, secondo le disponibilità dettate dalle risorse economiche, possiamo periodicamente richiamare per svolgere servizio nelle nostre sedi. Oggi questi uomini riescono a rimpiazzare il personale mancante per le carenze di cui parlavo prima. Per quanto riguarda il personale tecnico in particolare, ad Avellino c’è un organico di 9 funzionari, di cui cinque ingegneri, tre funzionari non direttivi e due ispettori, di cui uno prossimo alla pensione; abbiamo quindi un totale di nove funzionari che operano in stretta collaborazione con il dirigente (che sono io) e che in qualche modo assolvono alle funzioni di guardia, prevenzione incendi e gli altri compiti istituzionali che svolgiamo. Abbiamo anche un contingente di personale amministrativo per le funzioni legate alla gestione delle attività e del servizio interno: si tratta di 25 unità amministrative dislocate in diversi uffici all’interno del comando e operanti secondo un orario ordinario giornaliero.

PRESIDENTE
Vi ringrazio.

MONETTI
Signor Presidente, noi siamo personalmente interessati alle ispezioni nel settore dell’edilizia. Il decreto legislativo n. 81 del 2008 ci fornisce un ottimo strumento per contrastare le violazioni relative al lavoro nero; mi riferisco alla sospensione amministrativa, che si può adottare se si riscontra la presenza di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro e in caso di reiterate violazioni sul versante della prevenzione. Purtroppo possiamo adottare questo strumento solo nel primo caso, ovvero quello relativo al lavoro nero, perché non ci è stata data la possibilità di contrastare la reiterazione del reato, poiché a livello regionale doveva essere avviata una banca dati cui attingere informazioni.

PRESIDENTE
È vero. Noi ci stiamo attivando molto su questo fronte e la realtà corrisponde a quello che lei ha detto. Speriamo che al più presto tale mancanza venga sanata.

MONETTI
In effetti noi tecnici sopperiamo a questa mancanza con il sequestro giudiziario, uno strumento di contrasto radicale che crea un danno per l’utente, perché i tempi per il rilascio e il ripristino della sicurezza si allungano.

PRESIDENTE
Penso che la problematica dovrebbe trovare soluzione anche con la banca dati centrale, la cui definizione è anch’essa al vaglio della Conferenza Stato-Regioni. Quando la competenza sulla stessa materia è concorrente tra più soggetti purtroppo si verificano anche ritardi che speriamo di colmare, però confermiamo l’esistenza di questo problema.

Audizione del presidente e del direttore provinciale dell’ANCE e del presidente, del vice presidente e del direttore del centro formazione e sicurezza in edilizia della Provincia di Avellino

Intervengono il presidente provinciale, signor Angelo D’Agostino, e il direttore provinciale dell’ANCE, dottor Paolo Foti, il presidente, dottor Michele Di Giacomo, il vice presidente, signor Antonio Famiglietti, e il direttore del centro formazione e sicurezza in edilizia, dottor Gianni Solvimene, della Provincia di Avellino.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione del presidente provinciale dell’ANCE e del presidente del centro formazione e sicurezza in edilizia della Provincia di Avellino. Sono presenti il presidente provinciale dell’ANCE, signor Angelo D’Agostino, il direttore provinciale dell’ANCE, dottor Paolo Foti, il presidente, dottor Michele Di Giacomo, il vice presidente, signor Antonio Famiglietti, e il direttore del centro formazione e sicurezza in edilizia della Provincia di Avellino, dottor Gianni Solvimene. A tutti rivolgo un caloroso benvenuto.
Questa Commissione sta cercando di svolgere il proprio ruolo comprendendo situazioni e problematiche confliggenti con un andamento ordinario e corretto e che quindi possono produrre e provocare incidenti o infortuni. Oggi siamo ad Avellino proprio per continuare il nostro monitoraggio. Fortunatamente la nostra presenza su questo territorio non è determinata da eventi specifici, ma si inserisce in una nostra azione d’indagine e conoscenza sul funzionamento e sul coordinamento esistente tra i tanti soggetti coinvolti in questo settore.

D’AGOSTINO
Signor Presidente, il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro è molto sentito anche dall’ANCE. Non a caso abbiamo un ente, la cui presidenza è affidata a Michele Di Giacomo, che si occupa di formazione e sicurezza; riteniamo infatti che il problema di base sia formare i giovani per far loro capire cosa è un cantiere e come vi si devono svolgere le attività lavorative. Ritengo che un’altra questione fondamentale sia quella relativa alla cultura della sicurezza e penso che noi tutti dovremmo fare un grande sforzo portando queste tematiche nelle scuole fin da adesso, affinché i futuri giovani imprenditori rispettino queste norme. Credo infatti che se non si ottiene una consapevolezza di tipo culturale circa questo fenomeno, esso sia difficile da far recepire: la sicurezza sui luoghi di lavoro non deve rappresentare un ordine o una regola da seguire perché imposta da qualcuno, ma deve essere un fatto culturale. Penso che ciò sia fondamentale e noi stiamo lavorando con i giovani in questa direzione per cercare di inculcare in loro questa sensibilità.

FAMIGLIETTI
Oltre ad essere vice presidente del centro formazione e sicurezza, un ente paritetico gestito da imprenditori e sindacato, sono anche segretario provinciale della FILLEA CGIL. Certamente voi avete un quadro chiarissimo della situazione sul nostro territorio; lo stesso senatore De Luca è impegnato insieme a noi in un’azione di sensibilizzazione su queste problematiche. Nelle nostre valutazioni come sindacato siamo dovuti passare dalla percezione di una Provincia virtuosa per quanto riguarda la sicurezza, alla notizia che il 1º novembre su un cantiere è morto un ragazzo di diciannove anni. Questi eventi sono il frutto della crisi molto forte del settore che investe il nostro territorio; una crisi legata alla difficoltà di carattere generale che caratterizza il settore delle costruzioni e l’economia più in generale, in cui hanno facile presa le imprese non strutturate, cioè quelle operanti nell’assoluto non rispetto delle regole sulla sicurezza.
Noi lo stiamo dicendo anche come sistema delle costruzioni, in questa provincia lavoriamo in sinergia. Proprio ieri abbiamo presentato un progetto, finanziato da Fondimpresa, in cui facciamo un investimento molto forte sulla formazione, sull’utilizzo delle macchine di movimento terra, col sistema delle scuole edili della Campania (quella di Avellino è capofila di questo progetto) e in sinergia con l’istituto tecnico per geometri; si tratta, quindi, di un’esperienza di grande valore. Tuttavia, percepiamo con forza come oggi purtroppo, per una serie di ragioni, il messaggio che veniva lanciato fino a qualche tempo fa, secondo cui in questa provincia nel settore delle costruzioni vigevano regole e controlli, non corrisponda più alla realtà: questa stessa attenzione, infatti, non c’è, si sono verificati diversi incidenti, ci sono diverse situazioni non positive. La visita della Commissione è sicuramente un fatto positivo; speriamo però che ci aiutiate a far diventare la provincia ancora più virtuosa e a dare il messaggio che dalla crisi possiamo uscire, che sulle questioni riguardanti la sicurezza e la prevenzione ci sono forze, energie, capacità nonché la nostra disponibilità affinché si esca più forti e i cantieri non siano luoghi dove si verificano incidenti, ma in cui la dignità del lavoro è al primo posto.

DE LUCA
Vorrei cogliere quest’occasione per fare una domanda specifica, visto che su questo tema la Commissione sta lavorando intensamente con relazioni annuali sempre approvate all’unanimità e con un’azione di modifica sul piano legislativo, specificamente per quanto riguarda il settore degli appalti, tanto che è in itinere un disegno di legge relativo al massimo ribasso che si inserisce anche nell’ambito di misure già varate lo scorso anno dal Governo.
Poiché prima abbiamo ascoltato altri riferimenti istituzionali, tra cui le forze dell’ordine e la procura, vorrei chiedere al direttore dell’ANCE se è attivo sul territorio provinciale il coordinamento regionale, che è uno dei punti cardine del decreto legislativo n. 81 del 2008 ed è materia concorrente. In base alle informazioni che abbiamo ricevuto credo che questo sia uno dei settori in cui il coordinamento deve essere in capo ad un soggetto unico. In questa provincia, attraverso il Governo e il comitato regionale di coordinamento, è stato posto in essere questo aspetto previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008?

FOTI
Signor Presidente, rispetto al problema posto dal senatore De Luca, devo registrare una sostanziale inattività ed un’assenza di coordinamento in direzione di questa previsione legislativa.
Per quanto riguarda la specificità della realtà provinciale, nella Provincia di Avellino ci siamo organizzati in house (volendo utilizzare un termine non esattamente appropriato). Le parti sociali si sono date da fare proponendo ed ottenendo, dal prefetto di Avellino dell’epoca, l’istituzione di un osservatorio in Provincia di Avellino, che si occupava del settore delle costruzioni in tutte le sue angolature, sia sul piano degli appalti che su quello della sicurezza e degli investimenti. Istituito dal compianto prefetto Stranges con un suo decreto, tale osservatorio ha funzionato fintanto che ha avuto la possibilità di funzionare. Si tratta di un organismo che viene convocato dal prefetto, non dalle parti sociali e che è stato molto utile proprio per quanto riguarda il problema della sicurezza nei cantieri; dico questo, proprio per offrirvi una cognizione e una conoscenza dei processi nella Provincia di Avellino.
Ci siamo inoltre dati da fare come parti sociali, sempre in house, sottoscrivendo una serie di protocolli di intesa con l’amministrazione provinciale di Avellino e con il Comune capoluogo. Nell’ambito di tali protocolli si è posta la questione della sicurezza e della legalità nei cantieri e si è posta la problematica – cui faceva cenno il senatore De Luca – della previsione del nostro ordinamento interno, che, recependo un’indicazione dell’Unione europea, prevede che nelle gare sia privilegiato il sistema del massimo ribasso, che va in direzione opposta rispetto agli interessi sociali del settore (la sicurezza, la legalità e quant’altro è necessario in un qualsiasi ambiente di lavoro, specialmente nel settore delle costruzioni). Tale sistema non garantisce la pubblica amministrazione, non garantisce i lavoratori e non garantisce le imprese. Vi è qualche sistema alternativo che, attraverso la sottoscrizione dei protocolli cui facevo riferimento prima, siamo riusciti ad inserire nelle pubbliche amministrazioni della Provincia: mi riferisco al sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa. I senatori sapranno meglio di me, tuttavia, che tale sistema è un po’ più complesso e che non tutte le amministrazioni hanno la capacità di gestire un sistema come questo; c’è bisogno infatti di un apparato amministrativo e burocratico preparato. Capisco anche che la stazione appaltante unica non è la panacea di tutti i mali. Credo che il Parlamento si debba occupare ed abbia tutte le carte per occuparsi di una riforma del sistema degli appalti, introducendo nel codice degli appalti anche qualche vecchio sistema di gara, che funzionava e che garantiva la pubblica amministrazione, i lavoratori e le imprese.

PRESIDENTE
Si riferisce alla media mediata?

FOTI
Sì, mi riferisco alla media mediata. La struttura portante del sistema imprenditoriale delle costruzioni in Italia è basato sulla piccola e media impresa. La grande impresa ha altri interessi economici, che non si rinvengono solo in Italia, dal momento che le grandi imprese lavorano molto all’estero; esse sono il vanto del nostro Paese, per come lavorano all’estero e per le grandi infrastrutture realizzate. Questo è un primo passo.
Un altro passo che mi permetto di suggerire – è una mia opinione del tutto personale – è che le amministrazioni dovrebbero essere sollecitate a fare il proprio dovere. Non c’è bisogno di fare nessun tipo di riforma strutturale del sistema. La direzione dei lavori, che è una prerogativa delle stazioni appaltanti, dovrebbe fare il proprio dovere sul fronte della prevenzione degli infortuni. Se un direttore dei lavori si reca in un cantiere complessivamente tre volte, se tutto va bene (ed è tantissimo), è chiaro che la pubblica amministrazione perde di vista il controllo dell’opera pubblica che ha commissionato. La presenza del direttore dei lavori nei cantieri serve a prevenire gli infortuni, sia gravi che lievi, perché si tratta di un professionista. Se le amministrazioni non vigilano su questo fronte, poco si può fare rispetto anche all’evento fortuito. Grazie a Dio in Provincia di Avellino i cosiddetti infortuni di portata lieve sono calati rispetto agli anni passati; c’è però un dato in controtendenza, purtroppo, rispetto agli infortuni mortali, che sono i peggiori. Questo dato in controtendenza, senza voler giustificare chicchessia, deve riferirsi al particolare momento economico che sta vivendo il nostro Paese. Questi infortuni si verificano prevalentemente in cantieri gestiti da imprenditori ed aziende non organizzati, non coordinati e non assistiti; è stato infatti consentito l’ingresso nel mercato delle costruzioni anche di operatori che già definire tali è un complimento.
Non ultimo, c’è il problema della prevenzione degli infortuni e della cultura della sicurezza. Concordo con quanto ha detto il mio presidente: è qualcosa che deve partire dal basso, dalle scuole elementari. È come la vecchia educazione civica e stradale di mia memoria (sono un po’ avanti con gli anni), che ci ha portato ad avere determinati punti di riferimento. Se non si lavora in questo senso con le giovani generazioni, sarà ancora peggio nei prossimi anni. Questo è il mio pensiero, anche se espresso in modo molto scoordinato.

PRESIDENTE
La ringrazio per il suo contributo, dottor Foti, che invece è molto coordinato (o almeno così è stato colto), nel senso che ha una logicità di conseguenze. Lei ha fatto riferimento al ruolo della scuola; come lei sa, c’è già una previsione in questo senso, sono già state attivate una serie iniziative e c’è un tavolo permanente tra i Ministeri dell’istruzione e del lavoro, proprio per integrare e favorire sempre di più questo processo. È infatti fondamentale che una determinata cultura venga acquisita nella fase formativa; è difficile poi imporla, quando sono state acquisite delle abitudini sbagliate, perché la correzione è sempre molto più complessa.
Per quanto riguarda la vicenda degli appalti, noi stiamo conducendo una battaglia come Commissione (lo ha ricordato il senatore De Luca) ed abbiamo anche impegnato l’Aula del Senato con delle votazioni. Incontriamo però grandi difficoltà di fronte all’Europa, a causa della sua visione del libero mercato. Io sono convinto che la stazione appaltante non sia la soluzione definitiva del problema; però credo che in larga parte lo risolva, per due motivi. Anzitutto, si può procedere non attraverso il massimo ribasso, ma con altri strumenti più complessi; quindi una stazione appaltante unica o parziale può quanto meno supplire in questa fase. C’è poi il discorso relativo alla possibilità di reinserire la media mediata, che ha funzionato per tanti anni (lo dico anche da amministratore).

DI GIACOMO
È stata rialzata la soglia per quanto riguarda l’aggiudicazione.

PRESIDENTE
A questo facevo riferimento. Non è sparita le metodologia, ma bisognerebbe riportarla a com’era prima. Adesso studieremo la questione, perché mi sembra un discorso serio da affrontare con correttezza.

FOTI
Signor Presidente, mi scusi per l’interruzione, ma mi è sfuggito un passaggio. La stazione appaltante unica non risolve tutti i problemi, ma risolve il problema della gestione complessa di un appalto.

PRESIDENTE
Consente anche di porre l’attenzione su fenomeni che in quel mondo si possono inserire; questo non è un aspetto secondario.

FOTI
Però, mi lasci pensare in modo negativo (chiedo scusa per questo). Nel nostro Paese si possono fare delle cose semplici che appaiono poi grandi, non so per quale oscuro disegno. Ove non si potesse arrivare ad istituzionalizzare il sistema della stazione appaltante unica (che incontra il nostro favore), nelle more si potrebbe pensare a formare e ad aggiornare il personale amministrativo degli enti locali, attraverso le associazioni, che pure esistono, delle Province e dei Comuni d’Italia. Si tratterebbe di processi formativi di aggiornamento che non sarebbero né complicati, né troppo dispendiosi. L’Italia è tradizionalmente il Paese dei Comuni, anche se qualcuno ha parlato di eliminare i Comuni, le Province e quant’altro.

PRESIDENTE
Sono due cose diverse.

FOTI
Ci si trova di fronte a situazioni in cui il capo dell’ufficio tecnico – senza voler disprezzare questa qualifica professionale – è un geometra, che probabilmente fa quel lavoro da una vita e da una vita non apre né un libro, né un giornale specializzato.

PRESIDENTE
Almeno «Il Sole 24 Ore».

FOTI
Basterebbe leggere «Il Sole 24 Ore» tutti i giorni.
Dicevo che si potrebbe anche ovviare, nelle more, in questo modo.

PRESIDENTE
C’è un discorso di competenza specifica e singola dell’amministrazione. Da parte di alcuni perfetti ci si sta muovendo per promuovere la creazione della stazione appaltante unica per le Province.

FOTI
Ci sono dei perfetti che si muovono in questa direzione. Ma noi abbiamo un osservatorio che è fermo.

PRESIDENTE
Allora potremmo sollecitare il prefetto. Io ho la fortuna di avere un prefetto, nella mia Provincia (Frosinone), che si sta attivando per far aderire i Comuni, almeno in questa fase, alla stazione unica appaltante. Si tratta di un problema aperto rispetto al quale la Commissione non è sorda. Stiamo cercando di fare quello che possiamo, a volte riuscendoci a volte meno, ma il problema è in grande evidenza.

DI GIACOMO
Signor Presidente, vorrei brevemente illustrare l’andamento del nostro Centro per la formazione e sicurezza in Provincia di Avellino, che ritengo sia di un livello di tutto rispetto nel panorama italiano. Noi provvediamo a formare tutte le maestranze in ingresso nei cantieri, svolgiamo dei corsi sia ad Avellino che in tutta la Provincia, anche in paesi lontani, e provvediamo con i nostri tecnici a svolgere dei corsi di aggiornamento professionale sul territorio.
Inoltre, il nostro ente raggruppa sia la scuola edile, sia il CPT (Comitato paritetico territoriale) che è preposto, con i suoi tre tecnici, al controllo sui cantieri e alla consulenza alle imprese. Posso dire veramente con cognizione di causa che questo sistema funziona qui in Provincia di Avellino. Se non il 100 per cento, il 90 per cento dei cantieri sono monitorati sotto l’aspetto, appunto, della sicurezza e dell’applicazione delle norme, perché con i nostri tre addetti tecnici specializzati in sicurezza, monitoriamo tutto il territorio della Provincia e quindi siamo in grado di disporre di dati statistici e, dove si evidenziano gravi problemi, di fare le segnalazioni del caso alle autorità preposte. Il direttore mi conferma che c’è un’ottima integrazione con le forze dell’ordine, con i preposti alla sorveglianza e al controllo sui cantieri.
Non ultima, l’attività di formazione presso il nostro centro è un’attività di eccellenza. Come diceva prima il vice presidente, la nostra scuola edile di Avellino è stata vincitrice di un progetto a livello nazionale come capofila della Regione Campania, perché per numero e per corsi è uno dei principali centri di formazione e scuole edili d’Italia. Seguo attentamente questa attività della formazione, che è coordinata dal Formedil nazionale: ogni anno c’è un incontro delle scuole edili, un convegno di studi dove ci si confronta e si cerca di mettere insieme il sistema formazione in Italia. A questi incontri formativi partecipo insieme al direttore e al vice presidente, come del resto circa il 70 per cento delle Province italiane. La nostra è anche tra le prime scuole edili a sperimentare il progetto borsa lavoro, l’ultimo progetto nato dal Formedil; questo mi consente di comunicare alla Commissione che in Provincia di Avellino la formazione sulla sicurezza la facciamo seriamente, che abbiamo ottime maestranze, che si sta formando già da oltre vent’anni un ottimo tessuto, che i tecnici sono molto qualificati e che rispondiamo appieno alla norma sulla formazione ed informazione obbligatoria, di cui ci facciamo carico anche dal punto di vista economico, tenendo corsi gratuiti per i lavoratori e per le imprese. Adempiamo inoltre alla norma che istituisce l’obbligo dell’ingresso in cantiere, quindi le 16 ore di formazione, anche in questo caso sostenendone i costi. L’aspetto della sicurezza e della formazione, quindi, in Provincia di Avellino è di alto livello.

PRESIDENTE
Ne prendiamo atto con soddisfazione. Indubbiamente questi enti bilaterali hanno la possibilità e la capacità di svolgere queste iniziative e queste azioni. Mi sono trovato in più di qualche circostanza a partecipare a riunioni nazionali nell’ambito delle quali ho riscontrato personalmente con quanta passione si partecipa. Anche il dato che lei ha fornito della partecipazione del 70 per cento delle Province italiane è comunque, a mio avviso, un buon dato. Vi ringrazio per la vostra collaborazione e vi auguro buona giornata.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali

Intervengono il segretario generale della CGIL di Avellino, signor Vincenzo Petruzziello, il segretario generale della CISL di Avellino, signor Mario Melchionna, il segretario generale della FILCA-CISL di Avellino, signor Mennato Magnolia, il segretario generale della UIL di Avellino, signor Franco De Feo, il segretario generale della FENEAL-UIL di Avellino, signor Carmine Piemonte, il segretario generale della UGL di Avellino, signor Costantino Vassiliadis.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali. Sono presenti il segretario generale della CGIL di Avellino, signor Vincenzo Petruzziello, il segretario generale della CISL di Avellino, signor Mario Melchionna, il segretario generale della FILCA-CISL di Avellino, signor Mennato Magnolia, il segretario generale della UIL di Avellino, signor Franco De Feo, il segretario generale della FENEAL-UIL di Avellino, signor Carmine Piemonte, il segretario generale della UGL di Avellino, signor Costantino Vassiliadis.
Lo scopo della presenza di questa Commissione qui ad Avellino è quello di monitorare, come si sta facendo in tutta Italia, le situazioni e le condizioni nei luoghi di lavoro in riferimento alla sicurezza e alla salute. Aspettiamo un ragionamento importante da voi in quanto forze sociali, anche per comprendere le problematicità che possono esservi, se vi sono, su questo territorio e che a noi possono servire come quadro e orizzonte più vasto.

MELCHIONNA
Vorrei rivolgere un ringraziamento alla Commissione per aver scelto Avellino come sede per questo importante confronto, in particolare al nostro amico e conterraneo senatore De Luca, da sempre attento alle tematiche della sicurezza e del lavoro nero, per questa opportunità che ci viene data. Non essendo abituati a questo tipo di confronto, non sapevamo nemmeno come prepararci a questo appuntamento, ma abbiamo tentato di fare una sintesi delle problematiche e degli aspetti che possono essere migliorati.
Partirò da un dato: al 1º novembre di quest’anno il dato nazionale, che credo sia già in vostro possesso, è di 556, ma vi sono stati 34 infortuni mortali in Campania di cui nove in Provincia di Avellino. Questo significa che la Provincia di Avellino è esposta da questo punto di vista.

PRESIDENTE
Nove morti quest’anno?

MELCHIONNA
Sì, in tutti i settori (agricoltura, edilizia, industria), quindi è un dato abbastanza preoccupante. Bisogna considerare che i dati oscillano sempre intorno ad una cifra media di circa sette morti negli ultimi dieci anni. Per quanto ci riguarda, riteniamo che nessuno abbia la ricetta per risolvere il problema degli infortuni sul lavoro, ma alcuni aspetti possono essere migliorati e il nostro sindacato si impegna quotidianamente perché ci sia una cultura della sicurezza, che allo stato viene vista come un costo e non come un valore aggiunto, che invece serve per tutelare il lavoro e soprattutto per tutelare le vite umane. Credo sarebbe opportuno, e credo sia previsto anche dal decreto legislativo n. 81 del 2008, l’insegnamento nelle scuole delle materie della sicurezza, perché bisogna cominciare a far crescere questa cultura tra i bambini e i ragazzi, non si può immaginare che maturi da un momento all’altro nelle persone già adulte quando entrano nel mondo del lavoro. C’è poi bisogno di molta prevenzione, attraverso la formazione e l’informazione, porto ad esempio il contratto collettivo nazionale nel settore edilizio, che prevede per i nuovi assunti 16 ore di formazione obbligatoria prima di mettere piede in un cantiere. Questa previsione si potrebbe estendere a tutti i settori lavorativi, perché gli infortuni avvengono soprattutto nei primi giorni, soprattutto tra i giovani che per la prima volta si accingono ad un’esperienza lavorativa e quindi si trovano in difficoltà.
C’è anche bisogno di dare grande risalto, in tutti i luoghi di lavoro, alla figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) e degli RLST, i rappresentanti territoriali. Un’esperienza sotto questo profilo ad Avellino è stata fatta soprattutto nel settore dell’edilizia, ma sarebbe opportuno estenderla a tutti gli altri settori produttivi, perché questa figura è fondamentale almeno per quanto riguarda la prevenzione e l’informazione ai lavoratori, infatti spesso se l’infortunio avviene è perché non c’è consapevolezza del rischio sul luogo di lavoro.
Accanto a questo, credo occorra valorizzare il ruolo degli enti paritetici, come il comitato paritetico territoriale e le scuole edili, ma anche allargare le esperienze di questi enti ad altri settori, perché ad oggi questi enti esistono solo nel settore delle costruzioni, ma gli infortuni avvengono anche in agricoltura e nel settore industriale, quindi è opportuno valorizzare questi enti e crearne anche negli altri settori produttivi.
Bisognerebbe inoltre fare un po’ di chiarezza in merito alla questione del coordinamento dell’ASL, dell’INAIL e dell’ISPESL, che giocano un ruolo importante quando si parla di prevenzione, formazione e informazione. A noi risulta che l’accorpamento fra INAIL e ISPESL sia stato solo formale ma nei fatti i due uffici continuano a lavorare in modo separato, quindi sarebbe opportuno valorizzare questi due enti dando loro degli indirizzi ben precisi per evitare accavallamenti di attività e soprattutto il rischio che nessuno dei tre enti preposti alla prevenzione metta veramente in pratica le misure perché ritiene che debba farlo l’altro.
Insieme alla cultura della sicurezza, che impiegherà molto tempo a diffondersi, è chiaro che è necessaria anche la repressione: bisognerà nel frattempo combattere il lavoro nero, che è la causa principale degli infortuni sui luoghi di lavoro, e c’è bisogno di un coordinamento tra le forze dell’ordine e gli organi ispettivi che oggi manca in questa Provincia. Abbiamo avuto esperienze significative, ma il coordinamento avviene sulla base di accordi presi al tavolo di confronto, ma non c’è una legge che coordini le forze dell’ordine con gli organi ispettivi, ognuno si arroga il diritto di non partecipare alle riunioni o alle attività congiunte, salvo quelle già stabilite (l’ispettorato del lavoro fa le ispezioni congiunte con l’INPS), ma c’è bisogno di stabilirlo in modo chiaro. Ci deve essere un obbligo per l’ASL, l’INPS, l’INAIL, l’ispettorato del lavoro e le forze dell’ordine di lavorare insieme. Il rischio, altrimenti, è che ognuno lavori per conto proprio e soprattutto che vi siano posti di lavoro che vengono visitati nello stesso giorno da tre enti e altri che non vengono visitati da nessuno.
C’è poi una carenza di personale soprattutto negli organi ispettivi, ad Avellino c’è stata una incredibile riduzione del personale e mancano gli ispettori, proprio i soggetti preposti alle verifiche nei posti di lavoro, così come mancano le risorse economiche. Abbiamo vissuto momenti in questa Provincia in cui gli ispettori non avevano soldi per la benzina e si erano ridotti a visitare solo luoghi di lavoro nella città capoluogo e non avevano risorse economiche per recarsi negli altri 118 Comuni della Provincia. Se si vogliono combattere il lavoro nero e la violazione delle norme in materia di sicurezza, c’è bisogno di maggiori risorse umane ed economiche e di conferire maggiori responsabilità agli enti appaltanti, perché la legge c’è ma non obbliga: non è mai accaduto che un direttore dei lavori o un responsabile di un ente appaltante siano andati in galera perché non hanno fatto rispettare i contratti o le leggi sulla sicurezza. Ci vuole quindi un intervento serio, che costringa soprattutto il direttore dei lavori a verificare cosa succede in un luogo di lavoro; bisogna che i sindaci vengano responsabilizzati ancora di più rispetto alla questione del lavoro nero e della sicurezza sui luoghi di lavoro, con delle leggi che in qualche modo garantiscano che ciò che viene recuperato dalla lotta al lavoro nero e all’evasione fiscale venga reinvestito nel welfare locale. Il sindaco si sentirebbe incentivato a contrastare questi fenomeni perché saprebbe che quello che ne ricava può essere rinvestito nel proprio Comune.
Il DURC (documento unico di regolarità contributiva) è stata una grandissima invenzione, in cui le parti sociali hanno giocato un ruolo fondamentale, ma bisogna che venga controllato: non è possibile che la maggior parte dei DURC vengano rilasciati da INPS e INAIL per silenzio-assenso, perché non ci sono i 30 giorni canonici per fare le opportune verifiche. Sebbene quindi sia stata una grande conquista, allo stesso tempo diventa una grande perdita di tempo perché le autorizzazioni poi vengono rilasciate anche a chi non è in regola. Oltre al DURC, riteniamo sia fondamentale istituire la cosiddetta patente a punti, che da tempo il sindacato sta proponendo e che è l’unico modo per costringere gli imprenditori ad uscire allo scoperto per far capire chi sono veramente e quanti non sono in regola devono uscire dal mercato lavoro, non c’è altro modo.
L’ultima questione è quella dell’osservatorio presso la prefettura: riteniamo che serva un punto di riferimento e di coordinamento sul territorio e che questo debba essere necessariamente la prefettura. È stato già detto dai colleghi che mi hanno preceduto, ma desidero ribadire che l’osservatorio in prefettura funzionava, in quanto serviva a mettere insieme parti sociali, sindacati, datori di lavoro, forze dell’ordine ed organi ispettivi nel monitoraggio del territorio. Oggi questo osservatorio non c’è più, è stato eliminato dal prefetto, non sappiamo per quali motivazioni, ma riteniamo che sia fondamentale reintrodurlo. Per quanto riguarda i CLES (comitati per il lavoro e l’emersione del sommerso), così come sono oggi, non servono a niente: si riuniscono per dare i dati dell’ultimo trimestre, delle visite effettuate e di ciò che ne è emerso. Questo non serve a nulla. Non può essere che un organismo del genere dia solo il resoconto di quello che si è fatto; piuttosto deve avere un ruolo di programmazione, di concertazione, ma soprattutto un ruolo più incisivo. Al suo interno, le parti che lo costituiscono sono solo le organizzazioni sindacali, insieme agli ispettori e alle forze dell’ordine: le associazioni datoriali puntualmente non partecipano ed anche la partecipazione dell’ASL è sporadica. Nessuno si sente costretto a sedere ad un tavolo che è fondamentale per contrastare il lavoro nero e soprattutto per far rispettare le norme sulla sicurezza.
Credo quindi che si possa fare molto se c’è la volontà politica; se poi vogliamo continuare ad approvare leggi rispetto alle quali si trova poi sistematicamente il modo per non rispettarle, non c’è problema. In Italia siamo bravi a farlo: mi scuso per il mio tono polemico, ma sono abituato a parlare chiaro. Quando muoiono i lavoratori non si può scherzare e affinché non muoiano bisogna agire seriamente e se non lo si fa ci prendiamo in giro. Mi permetto di dirlo a voi che siete autorevoli esponenti parlamentari: se veramente si vuole intervenire in qualche modo voi siete nella condizione di farlo; se invece non intendiamo farlo, incontrarvi è stato un piacere, ma siamo fermi a un minuto prima dell’inizio della seduta.

NEROZZI
Io sarò altrettanto franco e brutale. Noi siamo qui per capire il funzionamento di questa realtà e per esaminare un fenomeno che purtroppo nell’ultimo anno è in aumento: secondo i dati INAIL ad Avellino si sono infatti verificati 9 morti nel 2010, forse uno o due di più considerando quelli dell’agricoltura che non sono censiti dall’INAIL; stando ai dati che lei ha riferito, inoltre, nel 2011 i morti sono 9, per cui non è vero che si era avuto un calo; siamo al doppio, pertanto il trend non è in diminuzione. Certo, nel lungo periodo il trend è stabile, ma l’anno scorso purtroppo c’è stato un peggioramento che è confermato quest’anno e che probabilmente è causato dalla crisi economica e quindi da una minore attenzione rispetto alla sicurezza.
Uno dei problemi riguarda il coordinamento di tutti i soggetti che si occupano della sicurezza sul lavoro e uno degli aspetti su cui incentriamo le nostre verifiche durante questi nostri incontri attraverso l’Italia concerne l’applicazione del decreto legislativo n. 81 del 2008 e del successivo decreto legislativo n. 106 del 2009, nonché il coordinamento regionale, che a sua volta dovrebbe portare ai coordinamenti provinciali.
A quanto mi risulta, in Campania il comitato regionale di coordinamento non c’è, però bisognerebbe chiederlo: compito del sindacato è anche alzare la voce, perché questa richiesta non spetta a Roma, che ha già deciso in questo senso. Se in Campania il coordinamento è assente, la responsabilità ricade sulle istituzioni locali, a cominciare dalla Regione che, attraverso il Presidente o un suo delegato (l’assessore alla sanità o al lavoro, questo varia nelle Regioni e non è compito nostro né vostro deciderlo), deve convocarlo, anche perché altrimenti, in assenza dei comitati regionali, gli omologhi organismi provinciali non possono essere istituiti. Oggi abbiamo percepito che tutti gli uffici sono composti da persone bravissime, ma molto scollegate tra loro, tanto che alcuni esponenti di enti pubblici si sono visti tutti insieme oggi per la prima volta. In questa Provincia, secondo quanto ci è stato riferito, negli ultimi anni non si erano mai riuniti insieme ASL, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e INAIL. Non si può dunque fare altro che avviare un’opera di sollecitazione, di istituzione degli strumenti che il legislatore ha varato, perché è evidente che se non vengono utilizzati, tutto il meccanismo si interrompe. Tuttavia, oltre ad agire sul fronte della prevenzione, bisogna intervenire anche sul controllo e non lo possono fare le parti sociali. Se lo stato in cui versa il settore del controllo è quello descrittoci, l’unica attività di verifica che si può svolgere è quella che si traduce con l’arrivo della magistratura quando le persone sono morte, ma mi sembra che si tratti di un intervento tardivo.
Qui si inserisce l’azione di sollecitazione ad opera delle forze sociali. Capisco la difficoltà del momento, che abbiamo percepito anche ieri a Barletta, ma la vita umana non ha prezzo, né rispetto al posto di lavoro né al salario, quindi c’è un’operazione da compiere, perché ritengo che le strutture preposte manchino di un coordinamento. Si deve cominciare chiedendo con forza di convocare il comitato regionale, che deve dare indirizzi e costringere a costituire il tavolo provinciale che, stando alle affermazioni dell’ANCE, un tempo c’era, ma ora non c’è più. Bisogna però considerare che ora, visto che la normativa ha previsto l’istituzione del comitato regionale, in sua assenza non si avviano neanche i tavoli provinciali. Per quanto riguarda le risorse, la legge stabilisce che va dedicato alla prevenzione (non solo sul posto di lavoro) il 5 per cento dei bilanci delle ASL, cui si aggiungono i proventi delle multe incassate a livello regionale. Mi sembra che nemmeno l’1 per cento di queste risorse venga speso per la sicurezza sul lavoro e comunque non si conosce la suddivisione di quel 5 per cento. È vero che si tratta di una fase di emergenza, ma forse si potrebbe chiudere qualche cardiochirurgia o nominare qualche primario in meno. Non è detto che Napoli – per citare una città a caso – debba avere più primari o cardiochirurgie di Parigi o di Londra.
La sicurezza sul lavoro non deve essere sacrificata ai problemi finanziari, che pure esistono, perché la vita viene prima di tutto, quindi bisogna adottare le iniziative necessarie.

DE LUCA
Vorrei fare una battuta velocissima a margine degli interventi del segretario della CISL, propositivo e costruttivo, e del collega Nerozzi, nell’ambito del dialogo che la Commissione sta portando avanti in modo unitario, come in occasione dell’approvazione della relazione annuale, che è molto più avanzata del decreto legislativo n. 81 del 2008 anche rispetto ad alcune delle tematiche affrontate.
Vorrei iniziare proprio dalla considerazione del collega Nerozzi, il quale ha una esperienza di impegno sociale nel settore sindacale diversa dalla mia, che mi porta a fare una sottolineatura positiva che aiuta la discussione: non solo c’è un ritardo sul piano dell’attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, ma anche rispetto ai miglioramenti contenuti nella relazione che la Commissione d’inchiesta ha approvato unitariamente, senza contrapposizioni in Parlamento. Peraltro, abbiamo approvato l’ultima relazione alla ripresa dell’attività parlamentare dopo la sospensione natalizia e molte delle cose dette oggi sono presenti in essa, in particolare in riferimento all’azione di coordinamento che manca.
A questo proposito devo dire che oggi, essendo irpino, ho sentito una cosa che mi ha fatto sobbalzare. L’INAIL e la ASL hanno riferito numeri totalmente diversi sui morti; ciò significa che da parte vostra è assolutamente prioritario mettere in campo un’azione di confronto. Tutta l’attività posta in essere dal legislatore, che ad esempio ha voluto istituire la nostra Commissione d’inchiesta (tra i cui membri c’è una grande armonia, che va al di là delle appartenenze politiche), perde infatti di incisività se sul territorio i soggetti deputati non si coordinano e utilizzano un’espressione che serve a salvarsi la coscienza, a fronte della quale però i morti ci sono lo stesso, dicendo cioè che la colpa è della politica. Mi chiedo però cosa sia la politica; ne è riprova il ritardo nell’attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, che mi fa piacere sia stato sottolineato dal collega Nerozzi. Lo dico in un’ottica improntata al dialogo e al confronto che viene spesso sollecitato, ma che rimane anche inascoltato, perché è molto semplice dire che la responsabilità è sempre degli altri.
Sebbene non sia il momento, proprio perché siete le parti sociali, vorrei ringraziare la Commissione per essere venuta ad Avellino, nell’ambito di un’azione su tutto il territorio nazionale, anche se la nostra Provincia non è interessata da vicende drammatiche. Ritengo si possano fare notevoli passi avanti collaborando nell’attuazione delle norme in vigore; lo dico richiamando una possibilità di confronto, perché in questo settore alcune volte non sono distratte soltanto le imprese che vengono da fuori. Pertanto stiamo lavorando ad un disegno di legge sugli appalti al massimo ribasso; i soggetti distratti sono molti, quindi bisogna fare attenzione ad evitare che ognuno se la prenda con l’altro. Cerchiamo di essere uniti di fronte alla morte per evitarla.

PETRUZZIELLO
Ringrazio la Commissione per l’opportunità che ci ha offerto. Vorrei che il mio intervento si inserisse in questo richiamo al dialogo, perché penso che gli incontri che state facendo in tutta Italia devono servire a far emergere dei risultati e a correggere il tiro, senza rinfacciarci le responsabilità, ma per vedere cosa si può fare. Come parti sociali, prima di essere segretari provinciali di CGIL, CISL e UIL eravamo tutti e tre nel settore delle costruzioni. Prima vi siete incontrati con l’ANCE e in questo territorio le iniziative che abbiamo messo in campo come parti sociali forse sono uniche, anche per un rapporto di collaborazione che c’è sempre stato con riguardo agli infortuni. L’ente per la prevenzione degli infortuni della nostra provincia è uno dei primi a esser stato costituito e opera da anni.
Quando portavamo i nostri dati all’osservatorio, risultava che i cantieri visitati dai nostri tecnici erano il doppio di quelli visitati dalle forze preposte (ispettorato, ASL e così via). Abbiamo creduto sempre all’utilità di questo strumento; non c’è stata mai una divisione, neanche con le imprese. C’è stato un ragionamento concreto con l’associazione costruttori, dalla costituzione dell’ente preposto all’utilizzo di tecnici; tutte le mattine, nella nostra Provincia, ci sono sei tecnici che vanno in giro per i cantieri, verificano quali sono i rischi e comunicano quali sono i cantieri che bisogna visitare. Prima c’era un osservatorio (indipendentemente da quello regionale) che funzionava benissimo, per due ragioni: perché metteva insieme tutte le forze (dalla guardia di finanza ai carabinieri) e perché si evitava che tutti arrivassero contemporaneamente nel cantiere in cui si era verificato un incidente. C’era una divisione dei compiti e c’era una corsia preferenziale per le parti sociali, che indicavano quali erano i cantieri che bisognava subito visitare. Questo strumento funzionava; poi, con l’arrivo dell’attuale prefetto, è scomparso dalla mattina alla sera. Abbiamo anche fatto una manifestazione ed abbiamo organizzato delle iniziative; non siamo stati con le mani in mano. Tuttavia questo osservatorio da due anni non viene più convocato. Negli ultimi incontri, il prefetto ha detto che egli stesso si incontra con le forze dell’ordine e con le istituzioni preposte ed effettua questo coordinamento. Noi invece rivendicavamo proprio il lavoro che era stato svolto; di quell’osservatorio facevano parte anche il presidente della cassa edile e il presidente del CPT. Ora questo osservatorio non sta più funzionando.
Passando alla questione dei dati, bisogna rilevare che i dati dell’INAIL spesso sono un po’ falsi rispetto alla realtà. In Provincia di Avellino, nel 2011, c’è stato un calo del lavoro del 30-35 per cento, secondo i dati della cassa edile. Quindi c’è meno lavoro, c’è una chiusura totale: non ci sono più grandi opere, mentre per le piccole opere è tutto fermo. A una diminuzione del lavoro dovrebbe corrispondere una diminuzione degli incidenti; invece non è così, perché quando c’è meno lavoro diminuiscono anche i controlli su quel poco lavoro che c’è. C’è quindi un problema che riguarda i controlli. Abbiamo un Governo che taglia in continuazione le risorse al pubblico impiego e agli enti ispettivi. In questa Provincia, ci saranno in tutto dieci persone che dovrebbero fare prevenzione su 118 Comuni. Quando si lavora, in questa Provincia, ci sono 2.000 cantieri aperti (secondo i dati della cassa edile); e si tratta solo di quelli regolari, senza contare quelli irregolari. Non è possibile effettuare la prevenzione e i controlli con forze così esigue; abbiamo notato inoltre che aumentano le persone che vanno in ufficio e diminuiscono quelle che girano per i cantieri. Se parliamo delle imprese, vediamo che i direttori dei lavori svolgono la loro funzione dietro una scrivania e vanno poco nei cantieri; a volte hanno molte altre incombenze, oltre alla direzione dei lavori, e non vanno nei cantieri. C’è quindi un’assenza di questi soggetti nei cantieri. Guarda caso, gli incidenti si verificano tutti in quei cantieri dove non c’è nemmeno la presenza del sindacato. C’è quindi la necessità di disporre di maggiori forze e di ampliare gli organici; al mio paese si dice che senza soldi non si cantano messe. Servono i fondi e le risorse, comprese quelle del 5 per cento, che nessuno sa come e quando vengono spese (in questo la responsabilità è anche nostra).

NEROZZI
La responsabilità è della Regione, non è vostra; non credo che voi siate assessori regionali.

PETRUZZIELLO
C’è poi un problema che riguarda la legge sugli appalti, in particolare il sistema del massimo ribasso. Con il senatore De Luca, abbiamo avviato una bella iniziativa presso la Regione: una legge regionale che metteva in discussione il sistema del massimo ribasso. In questa Provincia e in questa Regione ci sono ribassi superiori al 40 per cento. Con un ribasso del 40 per cento, dove si devono recuperare i costi? O sulla qualità dell’opera o non versando la cassa edile o sui costi relativi alla sicurezza. La sicurezza, se la si vuole fare seriamente, ha un costo, che non è ininfluente. Uno dei punti su cui a mio avviso il legislatore può intervenire è costituito dalla modifica di questo sistema; è fondamentale stabilire dei criteri sotto i quali non si può andare. Adesso i progetti sono esecutivi; se si presenta un progetto esecutivo per 1 milione di euro e poi si appalta per 600.000 euro, o c’è qualcosa di sbagliato oppure l’opera poi non si realizza.
C’è poi il problema dei rapporto con le amministrazioni comunali; anche su questo punto potrebbe intervenire il legislatore. Le amministrazioni comunali, in questa situazione, hanno l’unico interesse a terminare l’opera, ma a loro non interessano le modalità con cui l’opera viene portata a termine. Dunque anche le amministrazioni comunali spesso non effettuano i dovuti controlli. Uno degli elementi che possiamo aggiungere alle esigue forze disponibili è un ruolo diverso svolto dagli uffici tecnici dei Comuni. Il mio è un Comune di 3.000 abitanti; se si apre un cantiere, lo sanno tutti, perché si vede. Allora, se le forze disponibili sono esigue, sarebbe forse il caso di attribuire un potere ulteriore ai Comuni oppure di obbligarli ad effettuare delle verifiche nei cantieri attraverso i loro uffici tecnici o i vigili urbani. Se si apre un cantiere nel Comune di Monteverde, che si trova ad 86 chilometri da Avellino, quando mai arriverà un ispettore in quel cantiere? Ma nel Comune di Monteverde, che ha 1.400 abitanti, se si aprono tre cantieri, il sindaco lo sa. Allora, un primo input che si può avere è proprio relativo all’utilizzo degli uffici tecnici dei Comuni. A seguito del terremoto, il personale degli uffici tecnici è stato rafforzato ovunque; presso le amministrazioni comunali c’è dunque del personale che potrebbe essere utilizzato anche per questo scopo. C’è però il problema di coordinare meglio questo personale; questa funzione spetta al legislatore.
Parliamoci chiaro: questo Governo non ha stretto, ma ha aperto le maglie della sicurezza rispetto alla situazione precedente, anche con le leggi che sono state approvate. Si cerca sempre di accontentare tutti; però, se diciamo che la vita umana viene prima di tutto, dovrebbe venire sempre prima di tutto, dalla legislazione alle risorse che si mettono a disposizione, ai controlli, agli obblighi sanzionatori che dobbiamo mettere in campo. Noi le abbiamo provate tutte; è però indispensabile aumentare le forze disponibili e fare in modo che la legislazione venga applicata. Il responsabile della sicurezza in un cantiere sia effettivamente responsabile della sicurezza e presenti il progetto di sicurezza; il direttore dei lavori vada sul cantiere; l’amministrazione appaltante controlli come l’appalto viene eseguito. Se non realizziamo tutte queste cose, è difficile risolvere il problema. Certo, anche il coordinamento è importante; su questo punto possiamo fare di più, obbligando la Regione ad istituirlo e pretendendo dal prefetto...
Se vi portassi gli articoli di giornale, potreste vedere quanti attacchi e quante conferenze stampa abbiamo fatto contro questo prefetto; ne abbiamo dette di tutti i colori, ma lui non ha cambiato idea. Eravamo riusciti a mettere in piedi un tavolo, che però è stato convocato una volta sola e poi è sparito. Ci sono anche responsabilità dei singoli e dunque ognuno di noi può fare di più. Io penso che, dopo questo confronto, ci sia bisogno di continuare il confronto stesso, ma soprattutto di attrezzare una legislazione sulla sicurezza che non faccia sconti a nessuno e di mettere più forze sul territorio, utilizzando meglio quelle disponibili, pur in una situazione di difficoltà. Sono convinto che gli uffici tecnici dei Comuni possano rappresentare un referente, perché sono quelli più vicini ai cantieri. Altrimenti, si rischia alla fine di risolvere tutto unicamente in termini ragionieristici. La sanità, ad esempio, è stata completamente scompaginata in Provincia di Avellino. Sono stati chiusi due ospedali, uno dei quali si trovava ad 80 chilometri da Avellino; ora ci sono 60.000 persone che non sanno più dove rivolgersi. Figuriamoci se verranno messe a disposizione delle risorse per la prevenzione!
Qui non abbiamo più nemmeno il diritto alla salute. Se in Alta Irpinia qualcuno si sente male, prima di arrivare ad Avellino ci vuole un’ora e rischia di arrivare già morto. La situazione è catastrofica. Il Mezzogiorno e l’Irpinia sono abbandonati (non prendiamoci in giro). Questo Governo non ha fatto niente, su tutte le questioni; il Mezzogiorno è scomparso dall’agenda di questo Governo. Se almeno sulle questioni che riguardano la salute, cioè la morte delle persone, possiamo fare qualcosa in più, noi siamo disponibili a confrontarci, a fare di più e a prenderci le nostre responsabilità. Si tratta della pelle dei lavoratori; se uno la mattina va a lavorare, deve avere anche la certezza di tornare a casa. Purtroppo questa certezza non c’è. Non parliamo poi degli immigrati e di come vengono utilizzati; nella nostra Regione (basta vedere quello che succede nel Salernitano) siamo quasi alla schiavitù. Questa è la realtà. Purtroppo non si ci sono regole, non c’è controllo e il lavoro nero si allarga. Siamo giunti a punte di lavoro nero, secondo i dati del CLES, che vanno oltre il 53-54 per cento. Di quale sicurezza parliamo? Questa è la fotografia che vedo, in base all’esperienza che ho fatto dirigendo prima la FILLEA e oggi la CGIL.

DE FEO
Signor Presidente, ho redatto una breve nota che illustra la situazione in Provincia di Avellino, partendo da alcuni dati che nei fatti sostanzialmente confermano le cose che i colleghi dicevano poco fa. Mi riferisco alle difficoltà e ai problemi rispetto alla disponibilità di enti e funzionari che siano impegnati nei sopralluoghi e nelle ispezioni, non solo sui cantieri, ma in tutti i posti di lavoro. In questa nota, partendo proprio dai dati del CLES, si rileva con facilità che le ispezioni sono diminuite, a pari periodo (tra il 2010 e il 2011), del 50 per cento. Nel 2010 sono state realizzate 2.018 ispezioni, mentre nel 2011, a tutto il secondo trimestre (quindi a giugno, esattamente a metà anno), ne sono state realizzate 486. Praticamente c’è una riduzione complessiva del 50 per cento delle ispezioni realizzate in tutti i luoghi di lavoro nella Provincia di Avellino. Questo significa che sostanzialmente mancano le risorse e che ci sono difficoltà nel coordinamento delle forze ispettive; molto spesso si duplicano gli interventi sulle stesse aziende, sugli stessi posti di lavoro e sugli stessi cantieri. Vi sono inoltre difficoltà di colloquio tra gli enti; un attimo fa è stata citata appunto la questione del rapporto difficile tra l’ispettorato, l’INAIL e la ASL. Mi permetto di dire, sulla base della nostra esperienza, che il problema è soprattutto tra l’ispettorato da una parte e gli altri due enti (INAIL e ASL) dall’altra. Il problema vero è che le competenze che sono state demandate a questi enti dalle norme legislative hanno creato un contenzioso, che ancora oggi non è definito; non è stato chiarito chi deve intervenire in alcune situazioni e chi deve intervenire in altre situazioni, legate alle questioni del lavoro nero, del lavoro sommerso e della sicurezza sui posti di lavoro.
A noi pare invece che non vi siano dubbi su questo punto: la legge definisce chiaramente quali sono le competenze. Il livello di coordinamento che abbiamo da sempre sollecitato è assolutamente indispensabile per fare un lavoro mirato sul territorio, quindi gestire queste partite con l’idea di rendere un servizio utile ai lavoratori e a tutti coloro che operano in questi settori particolarmente a rischio rispetto alle questioni della sicurezza. Ci rendiamo conto che se non si fanno dei passi significativi in avanti, con grande disponibilità a questo livello, non si raggiungeranno risultati positivi.
Ricordo un’esperienza importante quando, sin dal 1994, cioè nel periodo caldo della ricostruzione del post terremoto, abbiamo costituito il primo osservatorio sugli appalti in Italia ed è da quel momento che è partito un livello di coordinamento che è durato veramente per tanti anni, con tutti i prefetti che si sono alternati in Provincia di Avellino. Confermo che abbiamo difficoltà con l’attuale prefetto, ma abbiamo fatto un’esperienza positiva e veramente utile a contrastare le difficoltà relative agli adempimenti sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. L’osservatorio operava esclusivamente nell’ambito dell’edilizia, soprattutto in una fase legata al processo di ricostruzione, ma poteva e può essere ancora un utile strumento per contrastare questo fenomeno anche negli altri settori di attività.
Abbiamo sempre detto, non solo a livello provinciale, che i fenomeni delle morti bianche, delle evasioni e degli inadempimenti in materia di sicurezza sui luoghi lavoro molto spesso sono dovuti all’altro fenomeno che attanaglia tutta l’Italia, ma soprattutto il Mezzogiorno, che è quello del lavoro nero, del lavoro grigio e del lavoro sommerso. I dati che sono riportati in questo documento, che sono quelli dei CLES, ci testimoniano questo problema, quindi non si tratta di semplici teorie, ma di dati accertati rispetto ai quali bisogna tentare di mettere mano. Dobbiamo tentare di sconfiggere questo fenomeno che sta alla base delle inadempienze in materia di sicurezza e rispetto al quale abbiamo verificato che nel 2010 oltre il 30 per cento dei lavoratori delle imprese e delle aziende che sono state ispezionate sono lavoratori in nero. Il fenomeno, quindi, in percentuale è abbastanza rilevante.
Molte delle questioni sottolineate in questa sede e molti degli obiettivi che ci prefiggiamo sono gli stessi che il sindacato si è dato a livello nazionale e che credo abbiano costituito spunto di riflessione e di approfondimento per questa Commissione in occasione dell’audizione che avrete già avuto con le nostre organizzazioni nazionali.
Vi ringrazio per aver scelto Avellino come sede della vostra missione e ringrazio il senatore De Luca, che sicuramente si è prodigato affinché la Commissione potesse intervenire anche qui per sentire tutti gli attori del territorio e le forze sociali per comprendere fino in fondo qual è il fenomeno che si estrinseca ed è presente nella Provincia di Avellino. Intendiamo intraprendere delle iniziative insieme a tutti coloro che sono disponibili, siamo pronti a stringere intese per ridurre questo fenomeno aberrante, che poi comporta problemi ai lavoratori non solo in termini di decessi, che sono la parte finale di un percorso difficile e complicato sui posti di lavoro, ma anche di infortuni e malattie professionali, di situazioni che creano difficoltà immediate, ma anche per il futuro. Vi ringrazio ancora una volta per l’attenzione, lasciando il documento cui ho accennato a disposizione della Commissione.

NEROZZI
Non siamo affezionati all’idea del comitato regionale per puro spirito legislativo, ma perché quest’ultimo prevede anche i comitati provinciali, con il coinvolgimento delle Province e dei Comuni. Con la commissione prefettizia, che esisteva prima delle leggi attuali, può accadere quello che è accaduto ad Avellino, mentre la Regione delega alla Provincia e al Comune capoluogo prima e poi a tutti gli altri Comuni la responsabilità di articolare questo comitato a livello provinciale e quindi delega un altro modello di coordinamento, con la responsabilità regionale e di tutto il sistema delle autonomie locali.

MELCHIONNA
Vorremmo evitare di fare lo scaricabarile, perché come lei sa bene, da ex sindacalista, i sindacalisti fanno tante chiacchiere ma a volte sanno essere anche pratici. Se c’è una legge, in questo Paese, che prevede che la Regione debba fare delle cose e la Provincia debba farne delle altre, vorrei capire perché il sindacato deve fare i sit-in davanti alla porta della Regione o della Provincia perché venga applicata una legge. Se la Regione è tenuta a fare questo, c’è un Governo centrale che controlla che la Regione lo faccia o deve essere il sindacato ad andare a chiedere al Presidente della Regione perché non attiva l’osservatorio e il tavolo istituzionale, o perché non lo fa la Provincia di Avellino?

NEROZZI
C’è un piccolo particolare: una volta che le leggi vengono emanate, non è che lo Stato debba intervenire ogni volta per farle applicare. Nella formazione delle leggi non è previsto che il sindacato debba chiedere l’attivazione dei comitati, ma è previsto che ne faccia parte. Faccio l’esempio di un’altra Regione, confinante con questa, sul versante adriatico, dove non c’è il comitato e dove il sindacato riteneva che fosse giusto che non ci fosse. Le leggi stabiliscono quali sono i soggetti che devono far parte di questi comitati e questi soggetti sono corresponsabili, ma non devono richiederne l’attivazione. Capisco che c’è questo timore dei comitati regionali, anche se il motivo mi è ignoto, ma evidentemente avrà una giustificazione che mi sfugge.

MELCHIONNA
Voglio solo dire che se c’è una legge e se è stato previsto che ci debba essere questo tavolo istituzionale, composto anche dalla Regione, la Commissione o il Ministro che si occupa di queste materie dovrebbero avere il potere di intervenire per cercare di capire per quale motivo la Regione Campania non lo attiva.

PETRUZZI
Ciò non toglie che possiamo chiedere alla Regione l’attivazione di questo tavolo.

MELCHIONNA
I nostri segretari regionali lo hanno già chiesto; anzi, in realtà lo chiedono da anni.

PRESIDENTE
Il discorso che va chiarito (noi ci sforziamo di farlo, come credo facciate anche voi) è che non è sempre così ovvio quello che appare ovvio. Qui non ci sono gerarchie. Dieci anni fa è stata rivista la Costituzione, in cui è citato tanto lo Stato quanto il Comune, la Provincia, la Regione e anche la Comunità montana. Bisogna fare in modo che se ci sono delle sbavature, queste vengano eliminate. Il Parlamento e il Governo di cui prima si parlava, ma anche quello precedente, come qualsiasi Governo, non hanno il potere di imporre alla Regione di fare qualcosa, perché ci sono materie di esclusiva competenza, in questo caso della Regione, che non la esercita e così si apre il conflitto. Il senatore Nerozzi, da persona pratica e anche dotata di competenza sindacale, dice che dato che la legge dà al sindacato un posto di diritto all’interno di questo organismo, si può anche non fare il comitato, ma il sindacato può insistere per averlo: era solo una collaborazione, non un atto di sostituzione.

VASSILIADIS
Come si sarà capito dagli interventi dei tre segretari che mi hanno preceduto, per la verità in queste occasioni, specialmente nella Provincia di Avellino, tutte le sigle sindacali si trovano abbastanza unite quando si parla di questi temi che coinvolgono la collettività, tant’è vero che con il segretario generale della CGIL di Avellino abbiamo anche organizzato delle manifestazioni in tal senso, quindi se ci fosse stato più tempo avremmo preparato un documento unitario di proposte e di sintesi.

PRESIDENTE
Come diciamo sempre in occasione di questi incontri, la collaborazione inizia ma non si esaurisce qui, quindi con piacere leggeremo i vostri documenti in un secondo momento.

VASSILIADIS
Sarebbe utile anche per fare una sintesi della discussione. Volevo solo fare un’analisi su alcuni punti. Secondo i dati ISTAT in mio possesso, le morti sul lavoro ad oggi dall’inizio dell’anno sono 569. Il 15 per cento di questi infortuni mortali riguarda lavoratori in nero o addirittura in pensione, quindi questo dato è abbastanza significativo e deve far riflettere. Il 30 per cento degli eventi riguardano il settore dell’agricoltura, il 26 per cento quello dell’edilizia e a seguire l’industria ed altri settori. Per quanto riguarda gli appalti pubblici, come hanno già detto i segretari che mi hanno preceduto, anche il nostro sindacato chiede che venga modificata questa legge, specialmente per il massimo ribasso: ci sono aziende che fanno appalti al massimo ribasso, c’è una battaglia con il sindacato per questo.

PRESIDENTE
Bisogna chiarire questo punto: la questione non è che l’azienda fa l’appalto al massimo ribasso, ma che è stata fatta una procedura da parte dell’ente con il massimo ribasso.

VASSILIADIS
Dovrebbero anche spiegarci come fanno, visto che hanno uffici tecnici competenti. Volevo poi sottolineare l’aspetto della formazione nelle scuole, in cui crediamo fortemente. Crediamo che la sicurezza sul lavoro debba essere materia di studio nelle scuole, affinché si formi una cultura in questo senso. L’UGL da sempre porta avanti questa istanza, anche a livello nazionale.

PRESIDENTE
Anche su questo possiamo dare subito una risposta. La legge n. 123, alla quale fa riferimento il decreto attuativo n. 81, prevede dei moduli didattici. Quello che voi dite lo condividiamo anche noi: il percorso va allargato e si sta allargando, perché, anche grazie all’INAIL, che ha posto in campo dei finanziamenti, e all’intesa tra INAIL, Ministero del lavoro e Ministero della pubblica istruzione, sono già stati indetti vari bandi in tutte le Regioni d’Italia e proprio recentemente si è chiusa la procedura con la pubblicazione dei vincitori. In più, ci sono dei moduli didattici che, anche in base all’autonomia di cui ciascuna scuola gode, si stanno già predisponendo. Quindi siamo d’accordo su questo.

VASSILIADIS
Tenevo a sottolinearlo, perché in alcuni Paesi dell’Unione europea questo si fa ed è materia di studio nelle scuole.
In ultimo, rispetto alle indicazioni del senatore circa il fatto che INAIL e ASL non si incontrano spesso, devo dire che tali organismi si vedevano nell’osservatorio istituito presso la prefettura, di cui facevano parte. Come diceva Petruzziello, abbiamo chiesto fortemente che l’osservatorio venisse di nuovo costituito, ma non è stato possibile. Vi ringrazio per l’ascolto e per la vostra presenza ad Avellino, rilevando che, peraltro, il senatore de Luca è sempre presente sul territorio.

PRESIDENTE
Il senatore è un trait d’union, perché è sempre presente anche in Commissione, quindi si è creato un circolo virtuoso. Ringraziamo voi per la collaborazione e se ritenete opportuno fornirci ulteriore documentazione ve ne saremo grati fin da adesso.
Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, artigiane e agricole

Intervengono il direttore della Confindustria di Avellino, dottor Giacinto Maioli, il direttore di Confcommercio di Avellino, ingegner Oreste La Stella, il presidente della Coldiretti di Avellino, dottor Francesco Vigorita, il presidente del CNA di Avellino, dottor Ciriaco Coscia, il presidente di Casartigiani di Avellino, dottor Antonio Cipriano, il presidente della Confederazione lavoratori autonomi artigianato (CLAAI) di Avellino, dottoressa Adriana Romano, il responsabile del settore sicurezza di Confartigianato di Avellino, signor Antonio Geloso.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione di rappresentanti delle organizzazioni datoriali. Sono presenti il direttore della Confindustria di Avellino, dottor Giacinto Maioli, il direttore di Confcommercio di Avellino, ingegner Oreste La Stella, il presidente della Coldiretti di Avellino, dottor Francesco Vigorita, il presidente del CNA di Avellino, dottor Ciriaco Coscia, il presidente di Casartigiani di Avellino, dottor Antonio Cipriano, il presidente della Confederazione lavoratori autonomi artigianato (CLAAI) di Avellino, dottoressa Adriana Romano, il responsabile del settore sicurezza di Confartigianato di Avellino, signor Antonio Geloso. A tutti rivolgo un caloroso benvenuto.
Ci scusiamo per il ritardo con cui iniziamo questa audizione, ma il nostro obiettivo è quello di dialogare e di fare un incontro vero ed in questo modo a volte si determinano dei ritardi. La venuta della nostra Commissione sul territorio è sia legata ad accadimenti o situazioni che ci vengono indicate, ma può anche inserirsi in un’attività di conoscenza su tutto il territorio nazionale per quanto concerne il funzionamento dei sistemi di controllo, di prevenzione e l’articolazione di ogni iniziativa volta a tutelare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Questo è quindi l’obiettivo della nostra presenza qui ad Avellino e con la vostra audizione chiudiamo il ciclo di incontri che da stamattina stiamo tenendo qui in prefettura.

MAIOLI
Signor Presidente, vorrei fare una brevissima rappresentazione del nostro tessuto industriale e depositare agli atti della Commissione un piccolo documento riassuntivo delle nostre riflessioni su questo argomento.
La provincia di Avellino è caratterizzata soprattutto dal settore metalmeccanico, quindi dalla filiera dell’automotive. Abbiamo grandi aziende anche nel settore dell’agroalimentare, della gomma e della plastica e poi vi è quello della concia, nel distretto industriale di Solofra; inoltre, ultimamente stiamo osservando una crescita del settore dell’informatica che sta dando grandi performance.
È innegabile parlare della crisi, che ha comportato anche un abbassamento dei dati ISTAT sugli infortuni, perché si lavora meno; ciò tuttavia nulla toglie a una serie di miglioramenti che sono stati posti in essere nell’ambito delle aziende manifatturiere: quest’anno, infatti, non abbiamo registrato infortuni mortali all’interno del settore manifatturiero. Al di là delle normative e delle disposizioni a cui tutti dovrebbero attenersi, la nostra intenzione è quella di diffondere la cultura della sicurezza, perché in questo modo probabilmente si possono evitare infortuni seri. La cultura della sicurezza deve quindi giocare un ruolo fondamentale per garantire l’efficacia delle misure di prevenzione, nell’individuazione della dotazione degli impianti e dei macchinari più moderni per il controllo della sicurezza e contemporaneamente nell’utilizzo – parlo di alcune aziende chimiche nella zona di Solofra – di sostanze chimiche a ridotto l’impatto nocivo.
La nostra provincia presenta degli esempi di eccellenza e vorrei segnalarne uno in particolare. Si tratta di un’azienda dell’area industriale di San Mauro che opera nel settore siderurgico. Vi segnalo che da cinque anni quest’azienda non ha infortuni e che ogni anno noi ci riuniamo per analizzare e monitorare tutte le best practice che pone in essere a mo’ di esempio per il territorio.
Per raggiungere questi obiettivi c’è bisogno di molta formazione sulla sicurezza, per questo noi insistiamo molto su un massiccio impegno in questo senso.
Ad ogni modo, abbiamo degli obiettivi da raggiungere insieme con le parti sociali, tra cui vanno sicuramente considerati la lotta al lavoro irregolare, perché molto spesso lì si nascondono dei problemi che vanno a degenerare nell’infortunistica, e il contrasto al fenomeno dei falsi infortuni. Infatti, abbiamo notato anche questo: molti associati ci segnalano che a volte vengono registrati come infortuni sul lavoro anche incidenti avvenuti giocando a calcio, conseguentemente nelle statistiche questi sono considerati infortuni sul lavoro.

PRESIDENTE
Succede anche il contrario.

MAIOLI
Vi è poi il capitolo sulla semplificazione delle norme: se riuscissimo a ottenere maggiore semplificazione si faciliterebbe l’interpretazione della normativa e occorrerebbero procedure più semplici nel colloquiare con la base dei lavoratori; questa almeno è una scommessa che Confindustria ha fatto e sta condividendo con il provveditorato agli studi. Noi riteniamo fondamentale inserire nei programmi di studio, quindi nelle materie curriculari dell’ultimo anno degli istituti tecnici, la cultura della sicurezza con una materia specifica che è la conoscenza della normativa sulla sicurezza, immaginando che partendo dal basso, cioè dalle scuole, probabilmente potremmo avere risultati immediatamente.

PRESIDENTE
Vorrei fare solo due considerazioni. Per quanto riguarda il coinvolgimento delle scuole, prima abbiamo già detto che non c’è una materia curriculare, ma ci sono moduli didattici già molto diffusi grazie all’attività dell’INAIL e all’autonomia di cui godono le scuole. Io mi permetterei di suggerirle che sarebbe opportuno iniziare dalle scuole elementari, perché si dovrebbe immaginare un processo educativo che dovrebbe nascere prima in quell’ambito e poi proseguire nelle scuole superiori, soprattutto in quelle di orientamento tecnico, ed è auspicabile che ciò avvenga con un processo formativo più che culturale.
Per quanto riguarda la normativa, saremo grati di ricevere proposte che lei o gli altri rappresentanti pensate di avanzare anche in seguito; saremo infatti lieti di riflettere sulle vostre idee, perché il ruolo di questa Commissione è anche quello di monitorare il decreto legislativo n. 81 del 2008 in base alle problematiche esistenti e ai ritardi determinati dai decreti ancora non attuati. Questa è una Commissione parlamentare, con tutte le garanzie e le caratteristiche connesse alla pluralità dei soggetti che ne fanno parte, e fortunatamente c’è anche una grande intesa tra di noi, che scegliamo altri terreni (e ce ne sono tanti) per fare la polemica politica, ma sicuramente teniamo da parte questo settore che rappresenta un bene comune per tutti.

CIPRIANO
Signor Presidente, vorrei ringraziare la Commissione per aver invitato anche la nostra associazione di categoria a partecipare a questo incontro; colgo altresì l’occasione per salutare il senatore De Luca e tutta la Commissione.
Vorrei iniziare il mio intervento dalla base, cioè dal decreto legislativo n. 81 del 2008. Noi facciamo parte della commissione provinciale per l’artigianato (CPA), che la Regione adesso intende eliminare; ritengo però che se si procedesse in tale direzione si creerebbe della confusione. La CPA ha sede presso la Camera di commercio; i nostri membri sono nominati dal governatore, quindi ogni associazione di categoria ha i suoi consiglieri; tale istituto serve già dalla nascita dell’impresa artigiana a tutelare l’artigiano e a valutare quali sono le sue esigenze. Dobbiamo infatti capire che l’infortunio si può evitare solo investendo sulla prevenzione: io ritengo che occorra iniziare proprio dalla prevenzione. In precedenza ho fatto questo lavoro a Roma e ora da quindici anni lo faccio qui ad Avellino.
Per quanto riguarda la prevenzione bisogna capire di cosa hanno bisogno l’artigiano, il commerciante o il piccolo imprenditore. Recandomi personalmente nelle attività artigiane, posso dire che possiamo diminuire gli infortuni o le malattie professionali in un solo modo. Molte delle attività dei nostri iscritti – vi sfido a fare una statistica in questo senso – non hanno una destinazione d’uso: ad esempio, per chi fa il meccanico ciò significa che l’immobile dove intende esercitare tale attività deve avere una specifica destinazione d’uso. L’artigiano va, quindi, seguito; bisogna spiegare cosa prevedevano la legge n. 46 del 1990, abrogata dall’attuale decreto ministeriale n. 37 del 2008 sugli impianti elettrici, il decreto legislativo n. 152 del 1999 in materia di inquinamento delle acque, il decreto legislativo n. 626 del 1994 in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che è stato sostituito dai decreti legislativi n. 81 del 2008 e n. 106 del 2009 e fare capire l’esigenza di tutto ciò.
Per combattere questi fenomeni bisogna redigere il documento di valutazione dei rischi (DVR). Io sono abituato – e non da adesso – a parlare dello stress correlato, perché gli artigiani debbono capire che quando aprono un’attività tutti devono avere il DVR. Bisogna far capire il concetto della movimentazione manuale dei carichi, dello stress correlato, della fonometria, della formazione e informazione ai dipendenti, delle comunicazioni agli enti preposti. Gli artigiani, infatti, ancora non conoscono la figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) e non sanno chi è l’addetto al primo soccorso e all’antincendio. Inoltre, per combattere le malattie, è importante il medico competente.
Senatori, parliamoci chiaro: la gente non sa che noi facciamo veramente tanto. I nostri uffici non hanno un orario; a volte chiudiamo gli uffici anche alle 10 di sera, per venire incontro alle esigenze della povera gente. Mi fa male al cuore aprire il giornale la mattina e vedere che c’è stato un altro caso di morte sul lavoro. Non si può morire sul lavoro nel terzo millennio e non si deve morire più ; non è più possibile concepire la morte di un giovane di vent’anni sotto una gru. Non c’è prevenzione e non c’è formazione. Allora, se vogliamo evitare che accada tutto ciò, io propongo di dedicarci prevalentemente alla formazione e alla prevenzione. Per quanto riguarda il medico competente, molti non sanno che, prima di assumere una persona, bisogna sottoporla ad una visita preventiva, per verificare se questa persona è idonea o meno a montare un ponteggio. Io invito a volte i datori di lavoro ad effettuare tali visite, anche se non sono obbligatorie; potrebbe succedere infatti che proprio quel lavoratore soffre di vertigini e rischia di cadere da un ponteggio. Dobbiamo partire da questo punto, cioè dalla base; dobbiamo stare vicini alle nostre aziende. Se vengono tartassate di controlli e devono pagare 3.000-4.000 euro per ogni piccola multa, non ne verranno mai fuori. Noi stessi siamo in difficoltà, come associazione di categoria. L’INPS ci segnala un forte calo dei paganti; molta gente iscritta all’INPS non paga le nostre quote, che ci consentono di tenere queste strutture aperte. La Regione poi ci ha messo del suo; sono tre anni che non ci paga i fondi previsti dalla legge regionale n. 51 del 1975 a favore delle associazioni degli artigiani. Vorrei sapere per quale motivo, visto che era l’unico modo per dare maggiore forza a queste imprese; non si trattava di somme molto elevate, ma anche 4.000-5.000 euro ci facevano comodo per fare formazione ed informazione ai nostri associati. Se vogliamo evitare che accada quello che accade, bisogna fare molta prevenzione e molta formazione; altrimenti ci saranno sempre incidenti e morti sul lavoro. Bisogna invogliare tutti ad effettuare la valutazione del rischio. Se non si danno i dispositivi sulla sicurezza, è chiaro che un lavoratore in fabbrica non sa nemmeno cosa deve fare e quali strumenti deve usare. Tutto ciò non va bene, dal nostro punto di vista; così come noi facciamo questo sacrificio dalla mattina alla sera, vogliamo che anche gli altri si impegnino un po’ su questo fronte.
Ora la Regione vuole eliminare la commissione provinciale per l’artigianato (CPA), senza che se ne conoscano le ragioni. Dove sta scritto che noi non possiamo stare vicino ai nostri associati? Dico questo, proprio per fare presente questa esigenza. Tutti i giorni noi cerchiamo di stare vicini ai nostri associati, proprio per evitare tutto quello che sta succedendo; il nostro compito è proprio questo, come datori di lavoro e come associazione di categoria. Ieri sera alla trasmissione «Porta a Porta» ha partecipato Malavasi, il presidente di Rete Imprese Italia; questa associazione, che ha 2 milioni e mezzo di iscritti, dialoga direttamente con il Governo. Non siamo più una società nata ex abrupto, ma siamo un’associazione consolidata. Ogni giorno ci dedichiamo alla formazione di questa povera gente, che sta allo sbando.

LA STELLA
Signor Presidente, la ringrazio anzitutto per averci offerto l’opportunità di svolgere delle valutazioni di fronte alla Commissione parlamentare che si occupa di sicurezza sui luoghi di lavoro. È un’occasione che non ci capita quotidianamente e che dobbiamo cogliere al volo, per cercare di svolgere una valutazione e un’analisi quanto più razionali relativamente al territorio di nostra competenza, ma anche, se possibile, per offrire qualche modestissima indicazione. Già dalle poche battute fatte, vedo che su alcune questioni ci troviamo in perfetta sintonia.
L’esigenza fondamentale si pone in questi termini. È stato fatto tanto in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro; è chiaro che c’è ancora molto da fare, però è giusto vedere le cose che sono oggettivamente presenti e al servizio di tutti. È tuttavia importante, come è stato detto prima, che
si riesca a far accrescere sempre di più la cultura della sicurezza all’interno del mondo aziendale, tanto da parte dell’imprenditore quanto da parte dei lavoratori. L’idea di iniziare già dalle scuole elementari (seguendo una strada parallela), per cercare di far nascere nei bambini questo senso e questa cultura della sicurezza per un miglior vivere civile, è chiaramente un obiettivo fondamentale.
Il settore di mia competenza (commercio, turismo e servizi) è molto ampio come numero di aziende, ma fortunatamente è un settore poco a rischio. È importante che vengano ulteriormente semplificate le procedure; non devono essere annullate, ma devono essere rese ancora più semplici nell’applicazione, soprattutto per le attività «a basso rischio». Forse si può ancora intervenire su un aspetto: i controlli che vengono effettuati dagli organi preposti (conosciamo i limiti di personale di queste strutture) dovrebbero essere abbinati alla presentazione della documentazione per via telematica alle Camere di commercio e alle amministrazioni comunali (quando si apre una qualsiasi attività imprenditoriale). In questo modo, si disporrebbe già di un dato certo fin da quando viene avviata una determinata attività imprenditoriale. Per aprire un’attività nel settore alimentare, ad esempio, è necessario avere il requisito professionale per il commercio; se noi rendessimo obbligatoria la presentazione telematica anche del piano di valutazione dei rischi, della formazione e così via, all’avvio di qualsiasi attività, si disporrebbe di dati certi e si avrebbe una platea che applica immediatamente le norme fin dal nascere dell’attività imprenditoriale.

VIGORITA
Signor Presidente, mi associo ai ringraziamenti che già sono stati fatti, perché questa è un’occasione importante per il nostro territorio. Per quanto riguarda il settore dell’agricoltura, parto da un’analisi dei dati dell’INAIL e dell’INPS, che vedono gli infortuni sul lavoro notevolmente in calo rispetto agli anni precedenti. Questo dato è una conseguenza dell’ammodernamento tecnologico che è stato attuato nelle imprese agricole, grazie ai PSR (programmi di sviluppo rurale) e ai piani dell’Unione europea con l’Italia. Dunque c’è stata sicuramente una diminuzione notevole degli infortuni sul lavoro in agricoltura; tuttavia gli infortuni si verificano ancora. Da un’analisi degli infortuni che accadono ancora oggi in agricoltura si può ricavare un dato: molti infortuni sono causati da persone anziane che guidano dei mezzi non idonei o dall’utilizzo di attrezzature agricole che non presentano le necessarie omologazioni per garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro. Vorrei avanzare una proposta, di cui ho parlato anche con l’ispettorato del lavoro. In Irpinia vi sono stati due morti causati da trattori manovrati da hobbisti, non da imprese agricole, e non dotati degli elementi di sicurezza più essenziali (roll-bar e cinture di sicurezza). La mia proposta è che il risparmio che l’INPS e l’INAIL stanno conseguendo grazie a questa diminuzione notevole degli incidenti sul lavoro in agricoltura venga in qualche modo utilizzato per adeguare, non per cambiare (quindi stiamo parlando di somme minime, 1.000-2000 euro), gli attrezzi e i mezzi agricoli già esistenti sul territorio.
Questa potrebbe essere una mia considerazione, visto che le aziende e le imprese agricole, nel 99 per cento dei casi, hanno già adeguato il proprio parco macchine e attrezzature.

COSCIA
Signor Presidente, vorrei avanzare poche brevi osservazioni. Ritengo anzitutto che ci sia un problema non solo di formazione e di informazione, ma anche di cultura, soprattutto nelle imprese che noi rappresentiamo (le piccole e medie imprese e le imprese artigiane). Molte volte, quando si verifica qualche incidente o anche per altri motivi, tali aziende vengono trattate dai mezzi di informazione quasi come se fossero delle imprese fuorilegge, senza tener conto del fatto che, soprattutto nel caso degli artigiani e delle piccole e medie imprese, tutto il capitale consiste nelle persone e nel lavoro. Il falegname, ad esempio, è lui stesso il capitale; se succede qualcosa all’imprenditore falegname, ne deriva un problema per la sua famiglia e per la sua impresa. Da questo punto di vista, è una piccola sottolineatura che vorrei fare nelle questioni di informazione. Questo discorso vale anche per la piccola impresa di cinque o sei dipendenti; il capitale più importante di quell’impresa sono i dipendenti, insieme allo stesso datore di lavoro. Certamente le norme sulla sicurezza ci hanno aiutato molto; ho anche qualche esperienza personale in questo
campo. È tuttavia necessario che vengano finalmente emanati questi benedetti decreti attuativi previsti dal Testo unico. Un’impresa di 5 dipendenti non può avere gli stessi costi di un’impresa con 300 dipendenti. Bisogna cominciare a fare delle norme per semplificare la vita a chi vuole aprire un’impresa, anche individuale. Il falegname deve adottare un metodo, un sistema e un piano di sicurezza adeguato alla sua attività e non può dover sottostare alle stesse identiche condizioni di un’impresa ad alto rischio (sebbene anche la falegnameria sia un’impresa ad alto rischio, rispetto a tante altre). Sono passati ormai tre anni, se non erro.

PRESIDENTE
Tre anni e mezzo.

COSCIA
Noi in Europa arriviamo con un po’ di ritardo rispetto agli altri e già ci dobbiamo adeguare, soprattutto noi al Sud, ad un determinato sistema, soprattutto culturale. Io ritengo che, se partiamo dal presupposto di cui parlava l’ingegner La Stella (cioè che quando si apre un’azienda si deve provvedere a tutte le cose da fare, anche alla necessaria formazione), diventa tutto più semplice. Si deve però provvedere ad emanare queste benedette norme, per evitare di avere una classificazione in cui siamo tutti uguali. Non siamo tutti uguali; soprattutto in un momento drammatico di crisi come quello attuale, i costi incidono molto sul costo del prodotto finale. Si rischia di mettere fuori mercato quelli che oggi cercano ancora di mantenere in piedi questo Paese.

PRESIDENTE
Su questo punto siamo d’accordo. Del resto, prima ancora che lei intervenisse, lo avevo già detto io a nome della Commissione. Siamo in ritardo con i decreti e stiamo esercitando un pressing continuo sul Governo su questa materia. Continueremo a farlo, perché siamo convinti che alla fine vinceremo questa battaglia, che condividiamo completamente.
Vi ringrazio nuovamente per la vostra presenza e per il contributo fornito ai lavori della Commissione.