Tribunale di Torino, Sez. 1 Pen., udienza 10 gennaio 2013 - Sostituzione di un "tomino" da parte di un lavoratore inesperto e non formato: infortunio e responsabilità dell'ente ex d.lgs. 231/01
N. 10051/2010 R.G. Notizie reato
N. 538/2012 R.G. Tribunale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO
- prima sezione penale -
In persona del Giudice monocratico dott. Giuseppe Marra, alla pubblica udienza del 10 gennaio 2013 ha pronunciato mediante lettura del dispositivo la seguente :
SENTENZA
nel procedimento penale a carico di :
1) XXX- giudicato in separato giudizio
2) XXX(già XXX S.p.a.), in persona del legale rappresentante XXX nato a Torino il 23.6.1968, dom. ex art. 161 c.p.p. a Torino in via Ettore De Sonnaz n. 11 presso lo studio dell'Avv. Cesare Giordanengo e dell'Avv. Simona Carosso
Difeso di fiducia dall'Avv. Guglielmo Giordanengo e dall'Avv. Simona Carosso del foro di Torino
I M P U T A T I
XXX (giudicato in separato giudizio) :
a) reato di cui all'art. 590 commi 1, 2 e 3 c.p. perchè, nella sua qualità di capoturno e quindi di preposto presso la linea C2 della XXX S.p.a.(già XXX S.p.a.) per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e in violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (art. 4 comma 5 lett. F), 4 comma 5 lett. E) e 4 comma 5 lett. C) del D. Lgs. 626/94) richiedendo al lavoratore XXX di coadiuvarlo nello svolgimento dell'operazione di cambio del "Tomino" sulle presse di calettamento delle linee 98, C1 e C2 pur essendo a conoscenza che lo stesso non aveva ricevuto adeguate istruzioni per accedere alle zone della pressa di calettamento che durante il cambio del Tomino lo esponeva ad un rischio grave e specifico, affidando a XXX il compito di svolgere quella operazione senza tenere conto delle sue capacità in rapporto alla assenza di formazione e di abilitazione (secondo la tabella di polivalenza), non richiedendo infine al lavoratore XXX l'osservanza delle norme e delle disposizioni aziendali che prevedevano in quell'operazione l'uso di occhiali di protezione e di un martello in materiale dolce, cagionava al lavoratore XXX - il quale colpiva con un martello di acciaio il Tomino della linea C2 che non si era perfettamente allineato provocando così una scheggia che gli colpiva l'occhio destro- lesioni personali consistite in una ferita penetrante all'occhio destro con corpo estraneo endobulbare da cui derivava una malattia giudicata guaribile in un tempo superiore a quaranta giorni e non inferiore a novanta giorni e l'indebolimento permanente del senso della vista. In Rivoli il 23.4.2008.
XXX (già XXX S.p.a.),
b) dell'illecito amministrativo di cui all'art. 25 septies del D. Lgs. 8 giugno 2001 n. 231 dipendente dal reato di lesioni personali aggravate di cui al capo a) commesso da XXX nella qualità ivi indicata nell'interesse ed a vantaggio della stessa S.p.a. In Rivoli il 23.4.2008.
Conclusioni delle parti :
P.M.: chiede sentenza di condanna dell'ente alla pena pecuniaria di 30.000 euro, pari a 100 quote di euro 300 ciascuna.
Difesa : chiede sentenza di esclusione della responsabilità perché il fatto non sussiste.
FattoDiritto
A seguito di citazione a giudizio regolarmente notificato si procedeva nei confronti di XXX per il delitto di cui al capo A), nonché nei confronti della società XXX (già XXX S.p.a.) in persona del legale rappresentante, per rispondere dell'illecito amministrativo di cui all'art. 25 septies del D. Lgs. 8 giugno 2001 n. 231.
Alla prima udienza dibattimentale XXX formulava istanza di applicazione pena e si procedeva quindi alla separazione della sua posizione con formazione di separato fascicolo.
L'istruttoria dibattimentale ha consentito di chiarire la dinamica dell'infortunio occorso alla persona offesa XXX, e le modalità di funzionamento della linea produttiva ove il fatto si verificò.
A tal fine occorre, innanzitutto, osservare che la società XXX si occupa della produzione di ruote per autoveicoli.
Nel reparto ove operava il XXX erano presenti due linee di produzione: linea cerchi e linea montaggio. La linea cerchi stampava i cerchi delle ruote, essi venivano successivamente trasferiti alla linea montaggio dove erano assemblati con i dischi creando così la ruota completa.
In particolare il sig. XXX era un addetto linea cerchi ed operava al carico ed allo scarico dei cerchi sul nastro trasportatore, che ne curava poi il trasferimento al montaggio.
L'infortunio avvenne sulla linea di montaggio C2 verso le ore otto del mattino (cfr trascrizioni udienza 17 maggio 2012 pag.12, pag.22).
L'imputato XXX ( che ha patteggiato), capoturno della linea montaggio, si era avvalso dell'aiuto della persona offesa per procedere ad effettuare una operazione denominata cambio "tomino". Si trattava della sostituzione di un pezzo dello stampo, il tomino appunto, che doveva essere effettuata ogniqualvolta si procedeva ad un cambio lavorazione, ovvero a preparare la linea per la produzione di un nuovo componente.
Più precisamente il tomino è stato definito come un cilindro di metallo fissato con delle chiavi a brugola. Per sostituirlo era quindi necessario svitare le brugole, inserire il nuovo cilindro, posizionarlo e riavvitare le brugole.
L'operazione richiedeva la presenza di due persone di modo da riuscire a sostenere il tomino, di un peso non indifferente.
Durante l'esecuzione dell'operazione di inserimento è stato chiarito che può accadere che il tomino si incastri. E' stato spiegato che in tale evenienza uno degli operatori deve assestare dei "colpetti" al tomino con un martello al fine di farlo scorrere correttamente nell'alloggio.
Non si trattava di una operazione di forza, ma semplicemente di un assestamento che consentiva lo scorrimento delle viti (cfr trascrizioni udienza 18 ottobre 2012 pag.39, pag.42).
Il XXX si infortunò nell'eseguire questa attività perché utilizzò un martello in acciaio su un metallo di identica durezza. Ciò produsse il distacco dalla superficie del tomino e la proiezione di una scheggia che lo colpì all'occhio. L'istruttoria ha chiarito che l'incidente non si sarebbe verificato qualora l'infortunato avesse utilizzato un martello in un materiale dolce, come il rame, di modo da non scheggiare la superficie del tomino o nell'eventualità in cui egli avesse indossato occhiali di protezione (cfr trascrizioni udienza 18 ottobre 2012 pag.39, p.7).
E' pacifico che la sostituzione del tomino rientrava nell'ambito di competenza dello XXX ma non in quella del XXX, anche se, come evidenziato sia dalle dichiarazioni testimoniali, sia dalle foto che riproducono la sequenza si tratta di una operazione piuttosto semplice che la stessa persona offesa definì "elementare" (cfr trascrizioni udienza 17 maggio 2012 pag. 24). Proprio in ragione del fatto che si trattava di una operazione semplice, fu chiesto al XXX di prestare occasionalmente il suo ausilio per non essendo quelle le sue mansioni specifiche ed egli accettò senza problemi. Le testimonianze raccolte in dibattimento hanno poi provato che l'operazione della sostituzione del tomino, prevista per il pomeriggio del 23 aprile, fu invece anticipata la mattina, in quanto vi era stato un guasto agli impianti che aveva fermato, sin dalle 7,15 del mattino, le linee di produzione.
In particolare il teste C. ha chiarito la ragione di questa modifica al programma. Egli ha spiegato, che il giorno dell'infortunio sulla linea cerchi si ruppe l'albero di una rullatrice. La segnalazione del guasto venne registrata sulla scheda produzione ed inviata alla manutenzione alle ore 7.15 del mattino (cfr trascrizioni udienza 18 ottobre 2012 pag.33).
I manutentori informarono i capi turno, uno dei quali era il sig. XXX della durata della fermata necessaria per riparare il guasto (cfr trascrizioni udienza 18 ottobre 2012 pag.35).
Si trattava di un guasto grave che determinò la fermata della linea cerchi fino alle 16.50 e quindi per tutto il giorno.
Di conseguenza si fermò anche la linea montaggio che era alimentata da quella cerchi e non poteva quindi operare in mancanza di tali semilavorati (cfr trascrizioni udienza 18 ottobre 2012 pag.37).
La documentazione prodotta dalla difesa della XXX attesta una fermata del montaggio dalle 8.30 sino alle 17.00. L'unica attività registrata sulla linea montaggio è l'operazione di sostituzione del tomino.
In ragione di una previsione di fermata per guasto stimata in oltre sette ore, i capi turno decisero perciò di anticipare le operazioni di cambio linea originariamente previste per il pomeriggio (cfr trascrizioni udienza 18 ottobre 2012 pag. 31-32).
La sostituzione venne eseguita a partire dalle 7.30, quindi dopo la segnalazione di arresto della linea cerchi. L'infortunio della persona offesa avvenne verso le otto - otto e trenta del mattino.
Dopo la sostituzione del tomino anche la linea montaggio rimase ferma tutto il giorno fino alle ore 16.50 (cfr. trascrizioni udienza 18 ottobre 2012 pag.37, documenti difesa prodotti all'udienza del 18 ottobre 2012). Eseguito il cambio la linea montaggio rimase inattiva sino al ripristino del funzionamento di quella cerchi. La rottura dell'albero interruppe quindi l'intero flusso produttivo. Ebbene, in quella contingenza, nell'arco di delle sette ore di fermata, il capoturno avrebbe potuto procedere al cambio tomino in qualsiasi momento, addirittura anche dopo la conclusione dell'intervento di riparazione sulla linea cerchi. Questi i fatti come emersi a seguito delle prove dibattimentali.
La condotta colposa imputata allo XXX ha portato altresì alla contestazione nei confronti della società dell'illecito amministrativo di cui all'articolo 25 septies del D.Lgs. n. 231/2001, sull'assunto che il capoturno, in assenza in quel momento degli addetti linea, avrebbe utilizzato per l'operazione di sostituzione del tomino il primo lavoratore disponibile, sebbene egli non fosse adeguatamente formato per questa attività non essendo quelle le sue mansioni; ciò al fine di velocizzare quanto più possibile l'operazione cambio lavorazione e limitare così al minimo la durata del fermo linea e il conseguente calo di produzione.
In altri termini, si deve ritenere che in prospettiva accusatoria l'interesse o il vantaggio richiesto dall'articolo 5 del D. Lgs. n. 231/2001 ai fini della configurabilità dell'illecito amministrativo di cui all'articolo 25 septies, sarebbe individuato nella necessità impellente di riallestire la linea produttiva nel più breve tempo possibile, e ciò al fine di evitare cali nella produzione programmata per quella giornata.
In via preliminare va detto che ai sensi dell'articolo 5 del D.Lgs n. 231/2001 la responsabilità dell'ente può, infatti, configurarsi esclusivamente allorquando il soggetto qualificato che ha commesso il reato presupposto abbia agito nell'interesse o a vantaggio dell'ente rappresentato.
Nel caso di commissione di un reato colposo, quale quello in esame, la giurisprudenza consolidata ( seppure solo a livello di giudici di primo grado) ritiene che il requisito dell'interesse o vantaggio deve essere riferito non all'intera fattispecie di reato, comprensiva dell'evento lesivo, ma alla sola condotta violativa delle norme antinfortunistiche. Questa opzione interpretativa si rende, per così dire, necessaria nell'ottica di consentire alla norma di trovare applicazione anche nelle ipotesi di reati colposi di evento, perché altrimenti se l'interesse o il vantaggio fosse riferibile anche all'evento morte o lesione colposa, è evidente che i suddetti profili non si configurerebbero mai, basti solo considerare il risarcimento dei danni che l'ente dovrebbe pagare poi alla persona offesa o ai suoi familiari in caso di morte. Come è noto il Giudice deve attribuire alle norme quell'interpretazione che consenta la loro applicazione, operando nell'ordinamento in maniera immanente il principio di conservazione dello stesso.
Ai fini della configurabilità dell'illecito amministrativo occorrerà quindi verificare se la condotta violativa delle disposizioni poste a tutela della sicurezza del lavoro contestata all'imputato XXX di cui al capo A) - riportato nell'intestazione per comodità di lettura della presente sentenza - fosse stata compiuta nell'interesse dell'ente oppure avesse arrecato un vantaggio all'ente datore di lavoro, da valutare in termini di risparmio di costi o di incremento nella velocità di esecuzione delle prestazioni o di aumento della produttività.
Va detto inoltre che l'accertamento sulla sussistenza dell'interesse o vantaggio dell'ente precede e prescinde dalla verifica circa l'avvenuta adozione del modello organizzativo.
Il controllo sull'avvenuta adozione e sulla idoneità del modello organizzativo è infatti richiesto nelle sole ipotesi in cui l'ente sia chiamato a rispondere dell'illecito amministrativo, ovvero dopo aver acclarato che il reato presupposto é stato commesso nel suo interesse o a suo vantaggio.
Questo giudice in primo luogo rileva che la responsabilità degli enti prevista dal D.lgs. n.231/2001 ha natura penale ( malgrado formalmente il decreto parli di responsabilità amministrativa derivante da reato), sulla scorta di quanto sostenuto dalla dottrina maggioritaria e di quanto univocamente ricavabile dai principi espressi dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo circa la natura giuridica delle sanzioni e , quindi, degli illeciti per le quali sono comminate.
La Corte di Strasburgo ( le cui sentenze, come è noto, integrano il diritto vivente che promana dalla C.E.D.U.) ha, infatti, più volte ribadito che, per qualificare come "penale" una disciplina, non si deve adottare una visione formale e puramente " nominalistica", bensì si deve guardare agli effetti sostanziali che essa produce, ponendo l'accento su alcuni indicatori quali : la natura e lo scopo delle sanzioni adottate, la afflittività, le modalità di esecuzione, nonché la qualificazione giuridica scelta dall'ordinamento interno e le modalità di comminazione della stessa . Questo assunto di base ovviamente determinerà conseguenti considerazioni in ordine all'interpretazione da attribuire ai requisiti dell'interesse o vantaggio dell'ente.
In secondo luogo va sottolineato che i due suddetti criteri sono alternativi ( la c.d. interpretazione dualistica), e ciò sia perché il dato letterale è chiaro ponendo tra loro la disgiunzione "o", sia perché la lettura autonomistica di entrambi i parametri è chiaramente evincibile dalla Relazione di accompagnamento al Decreto 231/2001, in particolare ove si legge che " il richiamo all'interesse caratterizza in senso marcatamente soggettivo la condotta delittuosa della persona fisica e si accontenta di una verifica ex ante", mentre il vantaggio da un verso " può essere tratto dall'ente anche quando la persona fisica non abbia agito nel suo interesse ", e dall'altro " richiede sempre una verifica ex post". In questi passaggi della Relazione di accompagnamento appare esplicitata in maniera abbastanza inequivoca l'intenzione del legislatore di non reputare affatto i due parametri come meri sinonimi o come parti di una endiadi, bensì di considerarli, al contrario, come due concetti ben distinti e separati.
Tale interpretazione ha poi trovato conferma nella sentenza della Cassazione, sez. II, 20 dicembre 2005 ( dep. 30/01/2006), Jolly Mediterraneo; ove si ribadisce che il termine " interesse" fa riferimento ad una valutazione ex ante della corrispondenza o meno tra l'interesse soggettivo della persona fisica autore del reato e quello della società, mentre il termine "vantaggio", invece, riguarda l'accertamento ex post del beneficio effettivamente ottenuto dall'ente in seguito alla commissione del reato.
Al fine di riempire di contenuto i criteri di " interesse o vantaggio", indicati dall'art. 5 citato quali necessari presupposti per configurare la responsabilità dell'ente, è giocoforza indispensabile richiamare quanto affermato nella prima premessa, ossia che si è di fronte ad una responsabilità di natura penale, che in base ai principi costituzionali deve connotarsi necessariamente di un profilo di colpevolezza, non potendosi quindi dare accesso a forme più o meno implicite di responsabilità oggettiva o da posizione.
In forza di queste considerazioni non si può condividere l'interpretazione fornita da una parte minoritaria della dottrina, secondo cui l'interesse dell'ente sia configurabile ogni qual volta si accerti che il fatto sia stato commesso da un soggetto qualificato nell'ambito delle sue funzioni, dal momento che ogni soggetto qualificato agisce di regola, in base al principio della c.d. immedesimazione organica, nell'interesse dell'ente stesso, con esclusione, perciò, della responsabilità dell'ente solo nei casi in cui l'autore del reato ha agito invece solamente per perseguire un suo interesse personale. Questa interpretazione escluderebbe qualunque funzione selettiva dell'art.5 citato nell'individuazione delle ipotesi di responsabilità in caso di reati colposi, a differenza di quanto invece avviene per i reati dolosi. Ai fini dell'affermazione della responsabilità dell'ente si può riscontrare la sussistenza del requisito dell'interesse, nei casi in cui si dimostra una tensione finalistica della condotta illecita dell'autore volta a beneficiare l'ente stesso, in forza di un giudizio ex ante, ossia da riportare al momento della violazione della norma cautelare.
In ragione di siffatte considerazioni, si condivide sostanzialmente quanto già sostenuto dal GUP di Tolmezzo (sent. 23 gennaio 2012, Giud. Massarelli) e prima ancora dal GUP di Cagliari (sent. 4.07.2011 Giud. Altieri), i quali hanno affermato che sono imputabili agli enti solo quei comportamenti delle persone fisiche psicologicamente diretti a perseguire un interesse dell'ente; in quest'ottica restano fuori dal campo tutta una serie di violazioni derivanti dalla semplice imperizia, dalla sottovalutazione dei rischi o anche dall'imperfetta esecuzione delle misure preventive previste, in quanto " non frutto di esplicite deliberazioni volitive finalisticamente orientate a soddisfare un interesse dell'ente". Con riguardo invece al requisito alternativo del vantaggio, esso appare strutturato in termini oggettivi, tant'è che si afferma esso vada verificato ex post, anche a prescindere dalla sussistenza di un profilo di colpevolezza soggettiva in capo all'autore del reato penale.
Tuttavia anche in questo caso al fine di evitare surrettizie forme di responsabilità oggettiva, si ritiene che il vantaggio dell'ente possa configurare la responsabilità ai sensi dell'art. 5 citato, solo ove sia al contempo riscontrabile un profilo di c.d. " colpa nell'organizzazione", come descritta dai successivi artt. 6 e 7, giacchè appare necessario escludere dal novero delle ipotesi di responsabilità dell'ente tutti quei casi in cui un qualsivoglia vantaggio, si sia realizzato in maniera del tutto fortuita.
In forza di queste considerazioni preliminari la vicenda oggetto di questo processo si presenta inidonea a fondare la responsabilità dell'ente citato in giudizio. Infatti da un lato appare evidente che la condotta colposa dello XXX fu del tutto occasionale ed estemporanea, avendo egli chiesto al XXX di dargli " una mano" a cambiare il tomino perché in quel momento non erano disponibili gli addetti alla linea, probabilmente senza neppure rappresentarsi i rischi che si sarebbero potuti realizzare a causa dell'imperizia del XXX stesso. Fu perciò senza dubbio una condotta imprudente, in quanto la persona offesa non era un lavoratore adeguatamente formato per svolgere quell'attività, ma essa appare sprovvista di quella tensione finalistica rivolta al perseguimento dell'interesse della società datore di lavoro .
In altri termini si ritiene che l'errore occasionale da parte del soggetto qualificato, non possa essere sufficiente a fondare la responsabilità dell'ente, se non affermando l'automatismo tra esercizio delle funzioni all'interno dell'ente e perseguimento dell' interesse dello stesso, affermazione che ad avviso di questo Giudice violerebbe il principio di colpevolezza richiesto anche dall'art. 5 più volte citato, norma che come detto svolge una funzione selettiva nell'ambito della responsabilità delineata dal D.lgs. 231/2001.
Con riguardo poi all'altro presupposto, ossia il possibile vantaggio che ne sarebbe derivato alla M.W. Italia dalla condotta colposa del capoturno XXX, esso non si è configurato in fatto. Infatti quel giorno le linee di lavorazione erano ferme a causa di un guasto, e l'anticipazione al mattino dell'operazione del cambio del tomino fu decisa solo per "non sprecare" quelle ore in cui la lavorazione sarebbe rimasta comunque ferma in attesa della riparazione del guasto sulle linee. Quell'operazione non comportò alcun vantaggio alla società in giudizio, né in termini di risparmio di costi o di incremento nella velocità di esecuzione delle prestazioni nè di aumento della produttività.
In forza di queste argomentazioni si impone pertanto una pronuncia di insussistenza della responsabilità dell'ente citato in giudizio.
P.Q.M.
Visto l'art. 66 del D.lgs.231/2001,
dichiara non sussistere la responsabilità dell'ente M.W. Italia s.p.a. in ordine all'illecito contestato.
Visto l'art. 544 comma 3 c.p.p.
Indica il 10.04.2013 quale termine per il deposito della motivazione. Torino, il 10 gennaio 2013
Il Giudice Dott. Giuseppe Marra