Cassazione Penale, Sez. 4, 07 maggio 2013, n. 19505 - Assenza di recinzione della gru a rotazione bassa e responsabilità anche del subappaltatore
"Gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con specifico riferimento all'esecuzione di lavori in subappalto all'interno di un unico cantiere edile predisposto dall'appaltatore, grava su tutti coloro che esercitano i lavori, quindi anche sul subappaltatore interessato all'esecuzione di un'opera parziale e specialistica, che ha l'onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, pur se la sua attività si svolga contestualmente ad altra, prestata da altri soggetti, e sebbene l'organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all'appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali".
Fatto
1. G.B. ha proposto appello nei confronti della sentenza del Tribunale di Lodi di condanna alla pena di euro 550,00 di ammenda per i reati di cui agli artt. 374 e 389 del d.P.R. 547 del 1955 e 23 e 77 del d.P.R. n. 164 del 1956 per avere omesso di predisporre che una gru a rotazione bassa fosse munita di apposita recinzione. In data l'appello è stato trasmesso a questa Corte.
2. Con un primo motivo, volto a censurare l'inosservanza o l'erronea applicazione della legge penale, lamenta, in primo luogo con riferimento alla violazione relativa alla assenza di recinzione della gru a rotazione bassa, non essere stato considerato che egli, operante nel cantiere impiantato ed organizzato da altri unicamente come subappaltatore, aveva espressamente vietato ai propri dipendenti di usare detta gru di cui egli non era, infatti, proprietario; del resto lo stesso ispettore del lavoro intervenuto in loco non aveva verificato a chi appartenesse la gru. Analogamente, per le medesime ragioni, con riferimento alle altre violazioni, non poteva essere mosso al ricorrente alcun rimprovero.
Con un secondo motivo lamenta l'erronea valutazione delle risultanze processuali; deduce che proprio dalle dichiarazioni rese dai testi risulterebbe, contrariamente a quanto rilevato dal Tribunale, la correttezza del suo comportamento essendo stato confermato che egli entrò, come subappaltatore, in un cantiere già organizzato da altri, e che egli vietò l'uso della gru essendo tale uso stato dovuto all'infelice iniziativa di un paio di lavoratori, irrispettosi delle prescrizioni ricevute.
Diritto
3. Deve preliminarmente osservarsi che l'appello deve essere convertito in ricorso per cassazione ex art. 568, comma 5, c.p.p., stante l'inappellabilità della sentenza impugnata; occorre al riguardo ricordare l'insegnamento delle Sezioni unite che, con la sentenza n. 45371 del 2001, Bonaventura, hanno sostenuto che in tema dì impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l'atto deve limitarsi, come verificatosi del resto nella specie, a norma dell'art. 568 c.p.p., comma 5, a verificare l'oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l'esistenza di una "voluntas impugnationis", consistente nell'intento di sottoporre l'atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente. Con la stessa decisione si è aggiunto che condizione necessaria ed insieme sufficiente perché il giudice possa compiere la operazione di qualificazione è la esistenza giuridica di un atto - cioè di una manifestazione di volontà avente i caratteri minimi necessari per essere riconoscibile come atto giuridico di un determinato tipo - e non anche la sua validità; ciò che conta è inoltre la volontà oggettiva dell'impugnante - quella cioè di sottoporre a sindacato la decisione impugnata, senza che sia possibile attribuire alcun rilievo all'errore che potrebbe verificarsi nel momento della manifestazione di volontà o anche alla deliberata scelta di proporre un mezzo di gravame diverso da quello prescritto.
4. Ciò posto, il ricorso è inammissibile. Entrambi i motivi sono sostanzialmente incentrati sul fatto che la sentenza impugnata avrebbe indebitamente attribuito all'imputato la violazione relativa a legge antinfortunistica invece ricollegabile ad un'omissione propria di altri avendo egli, mero subappaltatore e comunque estraneo alla gestione del cantiere, vietato l'uso della scala ai propri dipendenti. Un tale assunto, tuttavia, sì pone, innanzitutto, in linea di diritto, in contrasto con il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con specifico riferimento all'esecuzione di lavori in subappalto all'interno di un unico cantiere edile predisposto dall'appaltatore, grava su tutti coloro che esercitano i lavori, quindi anche sul subappaltatore interessato all'esecuzione di un'opera parziale e specialistica, che ha l'onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, pur se la sua attività si svolga contestualmente ad altra, prestata da altri soggetti, e sebbene l'organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all'appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali (Sez. 4 n. 42477 del 16/07/2009, Cornelli, Rv. 245786). Le censure del ricorrente appaiono inoltre dedurre la pretesa circostanza del divieto, da lui impartito ai suoi stessi dipendenti, di utilizzo della scala in oggetto, in tal modo tuttavia proponendo, per di più in contrasto con le argomentazioni della sentenza impugnata (che ha, di contro, valorizzato l'uso ugualmente posto in essere dello strumento), questioni meramente fattuali come tali improponibili nel presente giudizio di legittimità.
4. L'inammissibilità del ricorso per motivi originari preclude il rilievo delle cause di non punibilità, ivi compresa l'estinzione del reato per prescrizione, maturate successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, essendo detto ricorso inidoneo ad instaurare validamente il rapporto di impugnazione (per tutte, Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, De Luca).
5. All'inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado, e della somma indicata in dispositivo, ritenuta equa, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell'art. 616 c.p.p.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.