SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI LEGISLATURA
Giunte e Commissioni

Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Lunedì 14 maggio 2012

Audizioni svolte presso la prefettura di Venezia


Presidenza del presidente TOFANI

 

Audizione del prefetto di Venezia
Audizione dell’assessore alla salute della Regione Veneto
Audizione del procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Venezia
Audizione del direttore regionale del lavoro e del direttore regionale dell’INAIL
Audizione del comandante della Legione Carabinieri Veneto e del direttore provinciale dei Vigili del fuoco
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali
Audizione del presidente dell’Autorità portuale e del comandante della Capitaneria di porto di Venezia
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, agricole e artigiane

Audizione del prefetto di Venezia

Interviene il prefetto di Venezia, dottor Domenico Cuttaia.

PRESIDENTE
Rivolgo il benvenuto della Commissione al prefetto di Venezia, dottor Domenico Cuttaia. Ci auguriamo che lei possa fornire un quadro di sintesi con riferimento ai motivi che hanno portato la nostra Commissione a Venezia.
La nostra presenza in questa sede non è dettata da motivi specifici
legati alla materia infortunistica e alle malattie professionali, bensì dalla necessità di capire meglio, nei vari territori italiani, le problematiche che si evidenziano sul tema degli infortuni e delle morti sul lavoro. Cerchiamo di verificare in modo particolare l’attuazione del Testo unico sulla materia e di rilevare come si è dinamicizzato il ruolo delle Regioni al fine di comprendere se quanto previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008 trova applicazione sul territorio.
Abbiamo ritenuto di fare questa indagine venendo di persona anche per avere un incontro e un colloquio diretto con le istituzioni del territorio e poter avere una maggiore vicinanza tra le istituzioni centrali e quelle territoriali.
Cedo quindi la parola al dottor Cuttaia.

CUTTAIA
Signor Presidente, mi permetto anzitutto di rivolgere un saluto di benvenuto a lei e ai componenti della Commissione, esprimendo la gratitudine del mio territorio per questo importante segnale di attenzione che il Parlamento rivolge alle problematiche relative ad un tema che qui, come nel resto d’Italia, è particolarmente sentito dai lavoratori e dall’opinione pubblica in generale.
Per quanto riguarda il territorio della Provincia di Venezia, nei primi mesi di quest’anno abbiamo registrato un incidente mortale sul lavoro avvenuto nel cantiere relativo all’ampliamento della terza corsia dell’autostrada Venezia-Trieste. L’incidente è occorso a metà gennaio, quando ero da poco insediato in questa prefettura. Proprio tale occasione mi ha portato a fare un quadro d’insieme della situazione sul territorio provinciale assieme a tutti gli enti e agli organi competenti nella materia.
Questa prima ricognizione ha fatto emergere una situazione che evidenzia un impegno forte, ben coordinato ed omogeneo da parte degli uffici a diverso titolo competenti, nell’ambito di un coordinamento da parte degli uffici regionali deputati alla gestione delle problematiche connesse alla sicurezza sul lavoro.
Accanto a questa attività di coordinamento, come è prassi nel territorio nazionale, si è affiancata e continua ad affiancarsi anche l’attività della prefettura, con l’inserimento di tutti gli interventi finalizzati ad una ricognizione e ad un preciso indirizzo da dare anche alle forze dell’ordine in materia di controllo dei cantieri, affiancando questa attività a quella istituzionalmente svolta dalla Regione Veneto ed inserendola nel quadro degli impegni del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.
In tal modo abbiamo consentito anche alle forze dell’ordine di poter dispiegare un’azione più incisiva e a più largo raggio. Ricordo, ad esempio, che i Carabinieri hanno una sezione ad hoc che presta attività a fianco dell’Ispettorato del lavoro. Abbiamo inoltre inteso coinvolgere anche le altre forze dell’ordine in un’attività più diffusa sul territorio. Vorrei sottolineare che abbiamo notevolmente ampliato, per rischi oggettivi che espongono sia la Provincia che la Regione, il quadro di attività finalizzate a prevenire il fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel mondo delle imprese e del tessuto economico sociale di questa Provincia e di questa Regione. In tale quadro abbiamo condotto tutti gli accertamenti e, in particolare, le attività di accesso in queste aziende e in questi cantieri, avvalendoci di particolari controlli intesi a verificare anche le condizioni di sicurezza degli ambienti di lavoro, convinti come siamo che chi opera nell’illegalità o cerca di affermarsi in modo illegale probabilmente anche in tema di sicurezza dei luoghi di lavoro cerca di ispirarsi a questi criteri di illegalità. Questi accessi e queste attività, svolte congiuntamente dalle forze dell’ordine, che trovano nell’ambito della prefettura il momento di definizione delle strategie, sono state effettuate in stretta intesa con l’Ispettorato, la Direzione provinciale e la Direzione regionale del lavoro, ma anche con gli organismi regionali, che effettuano i controlli igienico-sanitari, con il Servizio di prevenzione igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro (SPISAL), le Unità sanitarie locali (USL) e con la collaborazione dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS).
L’azione finalizzata alla prevenzione e, quindi, alla ricognizione delle diverse situazioni che possono destare una qualche preoccupazione nell’ambito della sicurezza sul lavoro è stata inquadrata in un contesto più generale relativo alla verifica dell’osservanza delle norme in materia di trasparenza del lavoro. Infatti, nel momento in cui si evidenzia una situazione di lavoro nero o di non puntuale osservanza della normativa in materia di lavoro, ci sono già i presupposti perché venga meno anche l’osservanza delle regole in materia di garanzia della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il direttore regionale del lavoro sarà più dettagliato di me nel fornire dati e situazioni. Ritengo comunque significativo indicare un dato che riguarda proprio l’attività ispettiva che è stata condotta dagli organi dello Stato, ma non di polizia, e quindi a livello di Direzione del lavoro, INPS ed INAIL. Tale attività ha comportato un controllo in tutte le aziende della Regione e in 14.273 aziende collegate. A seguito di tali controlli, sono state rinvenute 8.412 aziende irregolari, con 14.780 lavoratori irregolari. Abbiamo quindi registrato una media di un lavoratore irregolare per azienda, di cui 5.053 in nero.
Questo costituisce un ulteriore incentivo a svolgere in maniera più incisiva l’azione di monitoraggio, d’intesa con le organizzazioni sindacali rappresentative dei lavoratori e con le organizzazioni sindacali datoriali, nella comune considerazione che anche questo tipo di attività serve a tutelare e a garantire le aziende che operano onestamente e nell’osservanza delle regole e, quindi, anche a colpire coloro che, non osservando queste regole, agiscono in maniera sleale, violando le regole del mercato.
È un’azione che viene dispiegata non solo nella Provincia di Venezia, ma in maniera sinergica, nell’ambito dei compiti del prefetto nella sede capoluogo di Regione, anche insieme a quella di tutti i prefetti presenti sul territorio.

PRESIDENTE
È possibile avere l’appunto sulle indagini riferite ai controlli nelle aziende?

CUTTAIA
È una parte della relazione del direttore regionale del lavoro, che ho acquisito. Se vuole dispongo dell’intera documentazione.

PRESIDENTE
Ne parleremo allora con il direttore regionale del lavoro.

CUTTAIA
Vista la ristrettezza dei tempi, ho ritenuto di non citare tutti i protocolli che sono stati sottoscritti e adottati in materia di sicurezza del lavoro.

PRESIDENTE
La ringrazio, signor prefetto, per la sua collaborazione e dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione dell’assessore alla salute della Regione Veneto

Interviene l’assessore alla salute della Regione Veneto, dottor Luca Coletto, accompagnato dal funzionario del servizio salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, dottor Alberto Chinaglia e dal dirigente della direzione prevenzione, dottoressa Giovanna Frison.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione dell’assessore alla salute della Regione Veneto. Sono presenti l’assessore alla salute, dottor Luca Coletto, il funzionario del servizio salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, dottor Alberto Chinaglia, e la dirigente della direzione prevenzione, dottoressa Giovanna Frison.
Siamo venuti a Venezia perché, oltre a comprendere le situazioni che ci riguardano come Commissione d’inchiesta, cerchiamo di capire, dopo quattro anni dal varo del cosiddetto Testo unico, come stanno andando le cose. Con un occhio particolare guardiamo alle Regioni, atteso che le stesse hanno una delega importante e fondamentale che il legislatore ha voluto dare attraverso il comitato di coordinamento. Si sta cercando di fare quanto più possibile chiarezza, anche perché lo si ritiene un punto di snodo molto importante ai fini del contrasto del fenomeno degli infortuni gravi, delle morti sul lavoro ma anche delle malattie professionali. Questa è la quattordicesima Regione che visitiamo perché ci siamo presi l’onere e l’onore di fare un giro per l’Italia, attesa la difficoltà di incontrare i responsabili delle Regioni insieme. Ci abbiamo provato più volte, ma il risultato non è stato dei migliori e allora abbiamo pensato che questo giro fosse necessario perché come Commissione lo ritenevamo un tassello debole del sistema. Vorremmo le sue riflessioni al riguardo perché ci troviamo di fronte ad una serie di soggetti, alcuni di emanazione del territorio e altri di provenienza da strutture centrali dello Stato e, quindi, anche a metodologie diverse di comportamento, di lavoro e di strategie. Su questo, le ripeto, stiamo concentrando la nostra attenzione perché dalle notizie che abbiamo assunto da questo peregrinare ci sembra il punto più complesso da superare. Se lei potesse far riferimento non solo alle sue competenze in questa Regione, ma anche a quelle che ricopre per l’incarico che ha nell’organizzazione delle Regioni italiane, gliene saremmo molto grati.

COLETTO
La ringrazio per l’oneroso lavoro che la Commissione sta facendo per agevolare il nostro lavoro andando in giro per le singole Regioni. Ricordo che una volta fu possibile concentrare le audizioni a Roma, ma è pur vero che in quell’occasione eravamo in pochi.
Credo che il Titolo V della Costituzione, in particolare l’articolo 117, dia una grossa opportunità alle Regioni nel senso di sviluppare una cultura del lavoro e dell’autoresponsabilizzazione. Tutte le Regioni, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 dicembre 2007, contenente il patto per la tutela della salute e la prevenzione nei luoghi di lavoro, si sono attivate, hanno istituito i vari comitati e stanno perseguendo, anche se è una china abbastanza ripida, gli obiettivi normativi. In sede di Conferenza delle Regioni per l’anno 2010 abbiamo fatto tutte le rilevazioni territoriali Regione per Regione. Gli obiettivi non sono stati raggiunti da tutti, come lei ben sa, però c’è una tendenza a conseguirli. Nella fattispecie in Veneto, lei lo ha accennato alla fine suo intervento, abbiamo avvertito la difficoltà di coordinare i vari soggetti interessati alle verifiche sul territorio (ASL, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Vigili del fuoco, polizia municipale). Noi come Regione Veneto abbiamo attivato un disegno di legge in giunta proprio perché il sottoscritto insieme ai collaboratori aveva focalizzato questa problematica legata a chi dà lavoro. In queste situazioni di congiuntura negativa si deve tendere, secondo il mio modestissimo parere, a semplificare, a dare riferimenti certi, possibilmente a livello regionale, in considerazione dell’andamento e della strada dettata dall’articolo 117. Ciò risulta importante per una questione di semplificazione. In una congiuntura negativa come l’attuale è necessario, oltre che obbligatorio da parte delle istituzioni, semplificare, dare un riferimento certo sia in termini di chiarimenti normativi che in termini di attivazione di sistemi di prevenzione. Spesso sia nei cantieri che nelle industrie si ha difficoltà a definire esattamente il sistema di prevenzione e l’apparecchiatura più consona per mettere in sicurezza il lavoratore nonostante la volontà da parte del datore di tutelarlo, di evitare rischi e le tristemente famose morti bianche. Non c’è evento peggiore infatti di quello in cui perde la vita colui che lavora per il bene della propria famiglia, Regione e Nazione. Del resto, è inevitabile che versando le tasse si partecipi al bene pubblico. Queste difficoltà ci sono sempre state. Adesso si assiste ad un tendenziale avvicinamento delle istituzioni grazie all’articolo 117, che ha indicato come rotta di riferimento la Regione, che ha l’onere e l’onore di essere vicina alle aziende e ai lavoratori, per tutelare la loro salute e dare riferimenti certi, attraverso apparecchiature o sistemi di protezione che possano prevenire le eventuali disgrazie che possono accadere o sempre accadono. Il lavoro di coordinamento fatto sinora è importante. Certo, come in tutti casi di passaggio da un Governo centrale a uno territoriale, ci sono i pro e i contro. Già nel 2009-2010 avevamo stipulato importanti linee guida nell’ambito del patto della salute e della prevenzione. La soluzione potrebbe essere quella di rafforzare all’interno del nuovo patto della salute l’obiettivo della prevenzione, in particolare in itinere. Ai sensi del Titolo V il patto della salute è evidentemente una cessione di potere da parte delle Regioni – su questo non c’è dubbio – in cambio di «finanziamenti» per la sanità concordati con il Governo. Al patto della salute si potrebbe affiancare anche un capitolo, come è già stato fatto, finalizzato al miglioramento dell’attività di prevenzione, ma soprattutto alla focalizzazione del rispetto della norma da parte del datore di lavoro e del lavoratore. In determinate situazioni che interessano l’edilizia, uno dei settori più complessi e pericolosi, ci deve essere un’interazione e un’integrazione tra datore di lavoro e lavoratore. La prevenzione deve essere a 360 gradi ma soprattutto – mi perdoni se insisto – bisogna creare riferimenti certi. Un unico coordinatore regionale può e deve diventare un riferimento certo per il datore di lavoro e i lavoratori per implementare e migliorare i controlli territoriali.

PRESIDENTE
Questo lo abbiamo: non c’è molto da creare, c’è da farlo funzionare nel momento in cui lei dovesse ritenere che non è efficiente al massimo. Noi vorremmo sapere come funziona il comitato di coordinamento regionale in Veneto, da quanto tempo si è costituito, se ha agito sui vari territori provinciali, se dialoga con il Ministero del lavoro e con quello della salute attraverso le relazioni annuali. Credo sia questo il punto. Quando abbiamo avuto modo di dibattere questo argomento, poi fortemente rafforzato con l’adozione del decreto legislativo n. 81 del 2008, la volontà del legislatore è stata quella di avere questo riferimento e di contare sulla sua attività di coordinamento nell’ambito della Regione, anche per definire le linee e le strategie di aggressione al problema. È proprio su questo che stiamo trovando delle difficoltà nel senso che non vediamo l’ingranaggio oleato. Se lei ci desse questi dati che riguardano la sua Regione acquisiremmo ulteriori elementi.

COLETTO
Su tale questione, meramente tecnica, cedo la parola alla collega Frison.

FRISON
Signor Presidente, collegandomi al discorso dell’assessore, noi come commissione salute e coordinamento interregionale della prevenzione abbiamo elaborato un documento, a disposizione della Commissione d’inchiesta, che riassume l’attività svolta nel 2010 da tutte le Regioni. Con riferimento ai comitati regionali di coordinamento, costituiti da tutte le Regioni, è disponibile una tabella in cui sono riportati per tutte le Regioni la data di insediamento dei comitati stessi, il numero delle riunioni, se è stata fatta la pianificazione della vigilanza, altre iniziative di formazione e di assistenza e la pianificazione delle attività promozionali con l’INAIL.
Nel Veneto il comitato è stato costituito con la delibera n. 4182 del 30 dicembre 2008 e la prima seduta si è svolta il 29 settembre 2009; poi si sono tenute altre dieci riunioni (questi naturalmente sono dati al 2010). È stato adottato il documento di pianificazione della vigilanza, formazione e assistenza con tutti gli enti coinvolti (INAIL, INPS, direzioni regionali del lavoro) ed è stata anche pianificata l’attività promozionale con l’INAIL.
Oltre a questo tipo di intervento, ritornando al discorso dell’assessore sulla pianificazione, nella documentazione vengono riportati tutti gli atti di pianificazione di tutte le Regioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Quindi tutte le Regioni (è riportata l’elencazione dei relativi progetti) hanno attivato iniziative di promozione della salute e di vigilanza soprattutto in due settori particolari, ossia l’edilizia e l’agricoltura, in quanto comparti a maggior rischio.
Per quanto riguarda l’assicurazione del livello essenziale di assistenza stabilito dal DPCM del 17 dicembre 2007 (quindi il 5 per cento delle unità locali), la media nazionale si assesta sul 6,6 per cento. Evidentemente poi ci sono alcune Regioni che sono un po’ più in difficoltà rispetto ad altre; comunque 14 Regioni hanno superato la soglia del 5 per cento.
Le aziende che sono state controllate e ispezionate in tutti i comparti produttivi nel 2010 (sono sempre dati nazionali) sono state 162.525.

PRESIDENTE
Mi scusi se la interrompo, ma noi questi dati li acquisiamo. Noi vorremmo sapere soprattutto cosa accade nella Regione Veneto, altrimenti non saremmo neanche venuti.

FRISON
Ha ragione, presidente. Mi scusi, mi sono fatta prendere dalla foga di fornire i dati.

PRESIDENTE
Se lei ci fornisce un quadro della Regione, noi le saremo grati, possibilmente ad oggi.

FRISON
Inizierei dai dati di vigilanza, anno 2010. Quindi, come le dicevo, è stato costituito il comitato regionale di coordinamento che è composto non soltanto dalle amministrazioni, quindi le istituzioni (DPL, INAIL, INPS e SPISAL), ma anche dalle parti sociali.

PRESIDENTE
Questo è previsto.

FRISON
Quindi dai rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori.
Tra l’altro, all’interno del comitato regionale di coordinamento sono presenti rappresentanti della direzione lavoro e della direzione formazione.
All’inizio dell’anno abbiamo approvato la pianificazione del 2012 e stiamo appunto consolidando i dati del 2011. Nel 2010 (per dare anche l’evoluzione dei dati) i cantieri ispezionati sono stati 983 per la DPL e 4.475 per gli SPISAL, per un totale di 5.458 cantieri. Sono state ispezionate anche aziende per un totale di 26.905.
I rapporti tra le amministrazioni sono buoni, nel senso che prima di arrivare a condividere la pianificazione all’interno del comitato regionale di coordinamento vi sono riunioni con l’ufficio operativo. Quest’ultimo è un organismo che raccoglie i rappresentanti delle istituzioni con cui si condividono le azioni comuni.
A questo proposito, per quanto riguarda l’attività congiunta tra gli enti, sono stati ispezionati, tra DPL e SPISAL, 477 cantieri in comune. Le aziende oggetto di ispezione congiunta INAIL-SPISAL sono state 127 e 403 con la DPL. In sostanza, l’attività congiunta è stata di 1.007 controlli. Questo per quanto riguarda la vigilanza; poi ci sono le iniziative di formazione.
Resta fondamentale peraltro una condivisione di obiettivi soprattutto con la DPL. Recentemente peraltro la Direzione provinciale del lavoro, tramite una circolare, ha previsto una serie di controlli sul territorio che non sono stati concordati preventivamente all’interno del comitato regionale di coordinamento. Questo aspetto tocca il principio della leale collaborazione tra istituzioni; forse questo è stato un po’ il neo da parte della Direzione provinciale del lavoro.

PRESIDENTE
Ogni quanto si riunisce il comitato?

FRISON
Almeno due volte l’anno e comunque l’ufficio operativo si riunisce in relazione ad una pianificazione, quindi per la verifica dei controlli e per la condivisione di una serie di iniziative di formazione che di volta in volta vengono assicurate tra le amministrazioni.
Tra l’altro, a livello di coordinamento interregionale della prevenzione, sono state elaborate e condivise delle linee guida che verranno poi portate per la condivisione anche in questo comitato.

PRESIDENTE
Come lei saprà sicuramente, c’è la necessità di inviare ogni anno una relazione al Ministero del lavoro e al Ministero della salute. Volevo sapere se si è provveduto a questo adempimento.

FRISON
Questo documento è stato mandato al Ministero del lavoro

PRESIDENTE
Quella è un’altra cosa.

FRISON
Ma riporta comunque l’attività che è stata fatta da tutti. Siamo all’interno del Comitato, articolo 5...

PRESIDENTE
La volontà (mi permetto di dirlo dal momento che ho discusso di questo tema) era quella di poter creare un collegamento, oltre che tra le Regioni, anche direttamente tra ogni Regione e il Governo centrale, nella fattispecie il Ministero del lavoro e il Ministero della salute, tanto che è prevista una relazione annuale. Quindi volevo sapere se questo aspetto lo avete eseguito, perché la relazione annuale permette il collegamento e quindi ci dà la possibilità di essere a conoscenza di quello che si fa, fermo restando il ruolo della Conferenza Stato-Regioni e in modo particolare della Commissione che si interessa a questo tema specifico.

CHINAGLIA
Sono il dottor Chinaglia del servizio prevenzione, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Presidente, per quanto riguarda le relazioni, se facciamo riferimento a quelle elaborate dalle singole Regioni, non vi è stato disordine nell’invio ai Ministeri, perché nell’ambito del coordinamento delle Regioni viene redatto ogni anno un documento di raccolta di tutti i dati di attività delle Regioni. Questo documento (noi possiamo parlare in particolare da quando la Regione Veneto ha assunto il ruolo di coordinamento) viene poi condiviso, inviato in particolare in sede di Comitato per l’indirizzo, la valutazione e il coordinamento (articolo 5 del Testo unico), oltre che di Commissione consultiva permanente (articolo 6 del Testo unico; intendiamo diffondere i dati il più possibile), e quindi posto a conoscenza sia del Ministero del lavoro, sia del Ministero della salute.
Vorrei puntualizzare che le Regioni, nell’ambito del proprio coordinamento, vogliono prescindere da un’ottica disordinata di trasmissione dei dati e anzi (questo è stato lo sforzo della nostra Regione; bisogna anche sottolineare ed elogiare l’attività svolta dalla Regione Toscana che ci ha preceduti) la logica è sempre stata quella di dare un coordinamento ed una omogeneizzazione nell’ambito della redazione dei documenti. Se un coordinamento delle Regioni vuole essere efficace, secondo me può esserlo unicamente attraverso un’omologazione delle tipologie di documenti. Per semplificare, i documenti sono arrivati ai Ministeri.

PRESIDENTE
Noi comunque dovremmo attenerci anche alla normativa, che è chiara su questo argomento.

CHINAGLIA
Sì, la normativa è chiara nel dire che le Regioni trasmettono, ma...

PRESIDENTE
Danno comunicazioni annuali dei risultati di tale monitoraggio ai Ministeri della salute, del lavoro e della previdenza sociale.

CHINAGLIA
Ma non si dice ciascuna Regione per conto proprio. Questo può essere realizzato anche nell’ambito di un coordinamento, come è stato fatto.

PRESIDENTE
Credo che questo sia uno dei tanti motivi di confusione.
Anche i dati che prima leggeva la dottoressa Frison, che facevano riferimento al 2010, sono sicuramente importanti e significativi, però poi bisogna esaminare con più attenzione quei dati. Nel momento in cui ci si reca in ambito regionale, infatti, risulta evidente che, pur essendoci la volontà (non c’è una palese volontà contraria), si manifesta alla fine una problematicità intrinseca, che cogliamo. In qualche modo l’ha detto anche la dottoressa Frison quando ha fatto notare che i comitati, rispetto al Ministero del lavoro e all’Ufficio provinciale del lavoro, avendo avuto direttive specifiche, vanno per conto loro.
Non è un problema a priori posto dalla Regione, ma ci sono soggetti che spesso concorrono secondo logiche diverse: l’INAIL concorre ad una pianificazione nazionale diversa, così come l’INPS. Allora, nel momento in cui queste cose dovessero venire fuori da ogni relazione – così come gentilmente voi ci state oggi dicendo – ai Ministeri di riferimento, hanno un significato determinato; nel momento in cui è necessario poi sintetizzarle, ciò risulta dalle tabelle.
Il documento illustrato in precedenza dalla dottoressa Frison (le chiedo se gentilmente può consegnarlo) in effetti riporta alcune tabelle, che poi bisogna interpretare. Il problema nasce nel momento in cui quel documento non si riesce a capirlo. È chiaro che il documento è stato un adempimento, però quello che volevamo con il Testo unico, il decreto legislativo n. 81, era far emergere il ruolo importante delle Regioni in tale contesto, che magari neanche noi riusciamo ad aiutare proprio per un conflitto legato a logiche verticistiche nazionali quantomeno da parte di alcuni soggetti, che non sono pochi. Tolte le competenze regionali, tolti gli Ispettori regionali, per il resto le competenze sono verticizzate a livello nazionale dai Vigili del fuoco, dall’INPS, dall’INAIL, dal Ministero del lavoro, con direttive che questi soggetti danno a livello nazionale, tant’è vero che ci sono state anche tante polemiche sui soggetti da attenzionare, su come fare le ispezioni. A noi questo serve per poter avere un colloquio più diretto con le Regioni, quindi ci auguriamo che in qualche modo vi possa essere un concorso a livello territoriale.
Scusatemi se mi sto soffermando su questo aspetto, però per noi è un’occasione importante incontrare non tanto e non solo l’assessore del Veneto che ha delega su questo grande tema, ma anche l’assessore che coordina questo settore per quanto riguarda le Regioni d’Italia.

NEROZZI
Sono state fatte due osservazioni, la prima è che vi sono pochi operatori che intervengono nell’aspetto ispettivo, il che teoricamente è vero se si esaminano i settori separatamente. Quindi è vero che le ASL hanno carenza d’organico, come anche gli Ispettorati del lavoro, ma questo ragionamento è meno vero se si mettono tutti insieme.
La seconda considerazione è che magari in una stessa impresa vengono fatte tre ispezioni, mentre in altre questo non accade. È una considerazione che è emersa ed è vera perché, non essendoci un unico centro di comando, Direzione del lavoro, INAIL e ASL potrebbero andare tutti e tre nella stessa azienda e non in altre. Ciò è avvenuto e ha creato un doppio problema; un problema per l’impresa che riscontra un surplus di controlli e un problema perché ci sono imprese sulle quali i controlli non si effettuano affatto. La riflessione a tal proposito deriva da considerazioni che abbiamo colto.
Ho apprezzato molto l’equilibrio che l’assessore ha espresso. Noi abbiamo ascoltato i vari operatori sociali, le rappresentanze sociali e istituzionali e abbiamo rilevato che, in realtà, il coordinamento è stato fatto in molte Regioni ma non in tutte (peraltro ci mancano ancora Regioni importanti come la Lombardia, l’Emilia-Romagna e il Piemonte), i coordinamenti sono stati fatti all’inizio, ma poi al massimo due volte nei quattro anni della loro attività.
Vorrei rilevare che la questione delle relazioni annuali, posta dal Presidente, non implica solo il rispetto della legge, che potrebbe essere barocca e, quindi, da sostituire. In realtà, dietro i ragionamenti generali c’è la cosiddetta «media del pollo». Non va bene allora che ci siano 5 Regioni in Italia che funzionano e 15 che non funzionano. È un problema reale; 5 Regioni che funzionano non possono coprire le 15 che non funzionano.
Fino ad ora, precisando che alcune delle maggiori Regioni del Nord le abbiamo tenute per ultime, ci sembra che questi comitati non funzionino e che nella relazione annuale, ammesso che ci sia e non sempre c’è, si facciano ragionamenti molto generali.
È vero infatti che l’ente Regione è in possesso dei dati regionali ma, per esempio, i dati INAIL non sono coordinati con l’iniziativa regionale. Ho fatto l’esempio iniziale che gli operatori ispettivi mancano, ma messi tutti insieme potrebbero fare un lavoro molto più coordinato di quello che fanno. Non so perciò se sia vero che mancano, ma sicuramente non sono coordinati.
La mancanza di questo coordinamento procura fastidi nelle aziende; da un lato, il fastidio dell’azienda dove si fa l’ispezione e, dall’altro, la concorrenza sleale da parte delle aziende dove l’ispezione non si fa. Questo anche perché se non c’è un coordinamento, uno può decidere dove andare e ciò è perlomeno opinabile. Questa è la nostra preoccupazione. Il funzionamento non è quindi un mero fatto di applicazione, ma il fatto che tutto ciò porta a risultati non positivi rispetto alla reale possibilità e all’attività; ricordo infatti che fino al 2010 c’è stata una diminuzione degli infortuni, ma da lì in poi, considerando lo stato della situazione economica, i dati sono negativi. Se poi calcoliamo la cassa integrazione, i dati sono molto negativi, non tanto in questa Regione, che peraltro ha una cassa integrazione alta, quanto a livello nazionale.

PRESIDENTE
Auspichiamo quindi una rinnovata collaborazione. Questo è ora il nostro obiettivo. Si potrebbe forse stabilire, invece di mandare una sintesi delle varie Regioni al Ministero, che ogni Regione lo facesse per la sua parte perché in tal modo ogni singola Regione sarebbe obbligata ad entrare nel merito della questione. Noi stiamo cercando di capire perché nonostante l’impegno delle istituzioni ad ogni livello, dal Presidente della Repubblica alle Regioni, passando per il Parlamento, come diceva il collega Nerozzi, c’è una diminuzione significativa di infortuni sul lavoro, che constatiamo anche nel Veneto, però il numero di occupati è più o meno stabile, forse con una piccola punta di aumento e nessuno fa la tara delle cassa integrazioni. Per gli analisti l’occupato è tale anche se è cassa integrato.
C’è inoltre il dato che riguarda i decessi che si sta stabilizzando da tre anni, forse con qualche morto in più quest’anno. Significa allora che dobbiamo fare qualcosa di più. C’è qualcosa che non funziona come vorremmo, anche perché altrimenti il Parlamento non avrebbe nemmeno istituito questa Commissione. Queste sono le nostre intenzioni. Se avrete altri elementi da darci, vi ringraziamo fin da adesso per la collaborazione.

COLETTO
Signor Presidente, vorrei ringraziare la Commissione per questa audizione, che ritengo importante e puntuale. Sono state messe a fuoco delle situazioni che vale la pena approfondire. Farò certamente tesoro di questo incontro riportandolo in Commissione salute e sollecitando tutti quanti noi indistintamente sulla relazione annuale e l’intervento coordinato. Come diceva infatti il senatore Nerozzi, tre istituzioni non possono andare nella stessa azienda lasciandone scoperte altre.
Vi è poi soprattutto la necessità di fare interventi random, evitando per quanto possibile di avvisare ed arrivare in maniera assolutamente non aspettata. Aprioristicamente serve la collaborazione e sono convinto che tutte le Regioni d’Italia portino avanti questo tipo di sinergia, creando cultura del lavoro, addestrando gli operatori ed informando le aziende. Ad un certo punto però questa «collaborazione» si deve interrompere con ispezioni che non hanno lo scopo di colpire indistintamente e sanzionare, ma la finalità di creare cultura finalizzata alla prevenzione e al miglioramento della qualità della vita dei nostri lavoratori. Tutto ciò si rifletterà anche in un miglioramento economico.

PRESIDENTE
Ce lo auguriamo. Grazie ancora per la vostra collaborazione. Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Venezia

Interviene il procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Venezia, dottor Pietro Calogero.

PRESIDENTE
Rivolgo un saluto al procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Venezia, dottor Pietro Calogero. Il motivo della nostra presenza è legato essenzialmente ad una vicinanza del Parlamento con il territorio su un tema particolarmente delicato e, per gli effetti che ne derivano, odioso, che non riusciamo a risolvere. Stiamo cercando di spostarci su tutti i territori delle Regioni italiane per comprendere se il Testo unico, che ha compiuto ormai quattro anni, riesce a fornire quelle soluzioni che il legislatore si era prefissato oppure se vi sono elementi che possono essere rivisti. Ricordo tra l’altro che lo stesso Testo unico deve essere ancora completamente attuato.
Vorremmo altresì sapere quali sono dal punto di vista della magistratura l’approccio e l’organizzazione per conoscere e contrastare fenomeni di questo tipo.
Vi ringraziamo per la vostra collaborazione.

CALOGERO
Signor Presidente, i dati che sono pervenuti su mia richiesta dalle procure del distretto evidenziano che il fenomeno degli infortuni mortali invalidanti nei luoghi di lavoro per quanto riguarda le aree del distretto di Venezia è in diminuzione a partire all’incirca dal 2009. C’è un trend che lascia emergere una linea involutiva del fenomeno, che viene spiegato dai procuratori e dal personale esperto nella materia in parte con l’incremento di professionalità degli organi di vigilanza preposti alle indagini in materia di reati da infortuni sul lavoro ed in parte, anche se è difficile stabilire percentuali, con la sopravvenuta crisi economico-finanziaria.
L’andamento dei reati è in diminuzione, però il numero delle contravvenzioni nella stessa materia è in aumento, probabilmente per questo concorso di fattori. Tali contravvenzioni sono volte a prevenire eventi mortali o invalidanti nei luoghi di lavoro. I procuratori hanno inoltre rappresentato che questo numero è aumentato in ragione sia dell’incremento della professionalità, di cui parlavo prima, sia perché probabilmente mancano risorse economiche adeguate, stante la situazione di crisi, per ottemperare a tutte le prescrizioni e le misure di protezione che gli organi di vigilanza richiedono ed esigono nei confronti soprattutto delle medie e piccole imprese. Questo è il quadro generale che appare da questi dati, che sono peraltro molto sintetici.
Dal punto di vista dell’approccio organizzativo alle varie sfaccettature e profili del Testo unico, bisogna dare atto che le procure hanno cercato di attrezzarsi, organizzando in molti casi dei gruppi di lavoro specializzati attraverso il concorso di magistrati e rappresentanti delle forze di polizia, anch’essi specializzati nella materia. L’organizzazione in gruppi di lavoro ha consentito di dare un’ampia attuazione alle varie previsioni del Testo unico, che è sicuramente completo, ma che probabilmente richiederebbe una maggiore o migliore modulazione delle sue prescrizioni. Considerare, per esempio, paritariamente le grandi e le piccole e medie imprese non è una scelta che faccia sperare in un’attuazione completa, soddisfacente e adeguata alle esigenze di sicurezza della normativa contenuta nel Testo unico. Questa è una considerazione di carattere generale, anche se posso certamente fare qualche considerazione de iure condendo che possa migliorare in generale la risposta complessiva della magistratura alla gravità di questi fenomeni. Non credo di poter rappresentare un’opinione diffusa tra i procuratori e i magistrati del distretto, però penso che potrebbe rappresentare un salto di qualità la previsione sul piano sostanziale della figura autonoma di omicidio colposo da infortunio sul lavoro. Oggi questo tipo di reato (omicidio o lesioni gravi o gravissime) è appiattito sul tronco degli altri omicidi da incidente stradale e ciò probabilmente non favorisce una cultura della specializzazione della sicurezza. Sul piano sostanziale, una volta creata una figura autonoma di reato, anche con l’innalzamento della pena edittale minima, si potrebbe pensare a una specifica articolazione di una fattispecie fondata sulla colpa con previsione, oggi un istituto sostanzialmente abbandonato e non praticato perché probabilmente avrebbe bisogno di qualche elemento di dettaglio che potrebbe anche essere formulato nell’ambito di una rivisitazione normativa complessiva dell’istituto dell’omicidio e della lesione colposa grave e gravissima da infortunio sul lavoro. Faccio un’altra considerazione, se questo può giovare alla Commissione attraverso lo scambio rapido di opinioni su questa tematica. Mi si faceva notare che forse non sarebbe male se, sempre dal punto di vista sostanziale, si prevedesse con apposita norma per casi estremi la configurabilità di una responsabilità per dolo eventuale. A titolo di esempio, una configurabilità di questo genere potrebbe essere giustificata nei casi di grave e reiterata inottemperanza di prescrizioni a tutela dell’incolumità e della vita del lavoratore. Si tratterebbe di prescrizioni inosservate ripetutamente dalla cui osservanza chiaramente dipende l’integrità e anche il bene della vita del lavoratore. Sono spunti che potrebbero eventualmente essere considerati in vista di un rafforzamento del sistema di tutela complessivo in questa materia. Sul versante processuale potrebbe segnare un salto di qualità la centralizzazione delle indagini presso ogni procura distrettuale. C’è chi ha proposto molto autorevolmente – mi riferisco al collega Guariniello – la costituzione di una procura nazionale. Io ho l’impressione allo stato dei dati e sulla base della mia esperienza che questa centralizzazione estrema potrebbe indebolire il sistema di tutela anziché rafforzarlo. Invece, probabilmente, un punto di equilibrio potrebbe essere rappresentato dalla centralizzazione a livello di ogni distretto presso ogni procura distrettuale, con successivo rinvio a giudizio degli imputati davanti ai giudici territorialmente competenti e con delega eventuale in tale fase ai pubblici ministeri corrispondenti. Un’altra cosa che mi è stata segnalata nel corso degli ultimi tempi è la necessità di una semplificazione delle prescrizioni delle procedure previste dal Testo unico, al fine di meglio adeguarle alle dimensioni e alle caratteristiche organizzative delle imprese medio-piccole. Sembrano procedure e prescrizioni eccessivamente elaborate, articolate e forse ridondanti rispetto alle capacità attuative di imprese di ridotte dimensioni. Un’altra cosa che ritengo di poter segnalare è la necessità di semplificare l’apparato sanzionatorio, che oggi appare effettivamente e irragionevolmente pletorico e anche vessatorio, aggiungendovi anche la previsione del pagamento frazionato rateale che oggi non mi pare sia previsto. Infine, Presidente, viene da più parti evidenziata la necessità di un rafforzamento dei coefficienti di professionalità degli organi di vigilanza incaricati delle indagini, che hanno livelli sicuramente soddisfacenti, ma che appaiono, anche in ragione delle elevate cognizioni tecniche e scientifiche che dovrebbero essere in possesso di questi organi, non adeguati a fronteggiare problemi di decisiva importanza che si presentano specialmente sul versante del rapporto di causalità e su quello dell’elemento soggettivo dei reati.

PRESIDENTE
Signor procuratore generale, ci ha dato spunti molto interessanti che sicuramente dovranno essere approfonditi. Mi permetterei di chiederle, pertanto, conciliando con gli impegni che ha, una memoria un po’ più dettagliata dei singoli argomenti.

CALOGERO
Ci avevo pensato, ma mi sembrava di essere troppo invadente perché mi rendo conto che sono problemi discussi e discutibili. L’accenno sobrio che ho fatto penso possa essere adeguato alle esigenze di modifica e di miglioramento della normativa.

PRESIDENTE
Questo aspetto è più di diritto, però ci sono altri passaggi che potrebbe riassumere.

CALOGERO
Se può essere utile, lo faccio volentieri.

PRESIDENTE
Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del direttore regionale dell’INAIL e del direttore dell’Ufficio regionale del lavoro

Intervengono il direttore regionale dell’INAIL, dottoressa Elda Ferrari, e il direttore dell’Ufficio regionale del lavoro del Veneto, dottor Michele Monaco.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione del direttore dell’Ufficio regionale del lavoro e del direttore regionale dell’INAIL. Sono presenti il direttore regionale dell’INAIL, dottoressa Elda Ferrari, e il direttore dell’Ufficio regionale del lavoro del Veneto, dottor Michele Monaco.
Siamo a Venezia per cercare di valutare su tutto il territorio nazionale la situazione di organizzazione e di gestione delle singole competenze che ognuno ha in riferimento ai problemi che riguardano la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro e per comprendere anche la situazione del comitato di coordinamento regionale (che dovrebbe essere la stella polare per programmare con la struttura esecutiva successiva e di dispiegamento anche sulle singole Province), le sue problematicità e come muoversi in sinergia con tutti quei soggetti che in base ad una specifica norma sono previsti all’interno del coordinamento stesso. Questo è il quadro, oltre alle riflessioni che ognuno di voi riterrà opportuno riferirci, sul quale ci inseriamo e su cui vi chiediamo di riferire.

FERRARI
Signor Presidente, il dottor Traficante manda i suoi saluti perché ha già avuto occasione d’interloquire con la Commissione.
Io penso di dover dare delle informazioni sul fenomeno nel 2011, al di là delle elaborazioni che sono state prodotte direttamente alla Commissione. Se mi consente, inizierei proprio dal momento informativo sui dati infortunistici dell’anno 2011 e poi sulle azioni di prevenzione e sul momento di vigilanza dell’INAIL, per poi lasciare al dottor Monaco la visione globale e l’enunciazione delle azioni comuni in tema di vigilanza.
La premessa è la seguente: è qui vicino a me un direttore che conosco da tanti anni e, come in tutte le cose, al di là della rete delle istituzioni, la stima e la conoscenza sono la base per azioni comuni. Ne approfitto per ringraziare il dottor Monaco di quel momento di impulso e di coordinamento che dà a tutti noi, anche nel tavolo della Direzione regionale del lavoro, nel tavolo della commissione per i ricorsi in tema di lavoro e anche come momento di rafforzamento per l’INPS e l’INAIL per quanto riguarda l’azione di vigilanza e di indirizzo ai fini di quell’omogeneità che l’azione ispettiva dovrebbe tenere nei comportamenti.
Nel 2011 abbiamo avuto una riduzione del 6,9 per cento dei casi denunciati complessivamente per le nostre tre gestioni industria, agricoltura e conto Stato-dipendenti, a fronte di una riduzione del 6,4 per cento a livello nazionale. In valori assoluti: 81.178 infortuni denunciati, a fronte di 87.229 del 2010. Di questi infortuni denunciati, 71.270 si sono verificati in occasione di lavoro e 9.908 in itinere. I casi mortali sono stati 84 nel 2011, di cui 58 in occasione di lavoro e 26 in itinere. Pur essendo un debito troppo alto, dobbiamo però ricordare che nel 2007, quindi in un’epoca vicina, abbiamo avuto un picco di 124 eventi mortali, di cui 83 in occasione di lavoro.
Nella considerazione analitica delle gestioni, l’agricoltura registra un meno 9,7 per cento, con una punta addirittura del 14 per cento in Provincia di Venezia, a fronte di un dato nazionale che registra una riduzione del 6,3 per cento.

PRESIDENTE
Però dal 2009 al 2011 abbiamo un progressivo aumento dei morti sul lavoro: 80 nel 2009, 83 nel 2010, 84 nel 2011. Questo nonostante una minore occupazione reale; un conto sono gli occupati, un
conto le ore lavorate. È un dato che ci fa riflettere.

FERRARI
Vorrei precisare che la banca dati INAIL è basata naturalmente sul luogo dell’evento, perché l’azione incisiva professionale si realizza laddove si verifica l’evento infortunistico o la malattia professionale.
Dai nostri archivi di produzione comunque, che sono basati sulla trattazione per domicilio dell’assicurato, parlando dell’anno 2011, abbiamo registrato 118 casi denunciati come eventi mortali. La banca dati INAIL si depura dei casi per cui è intervenuta una definizione negativa nei 180 giorni dall’evento.
Sugli archivi di produzione, di questi 118 casi, Presidente, ne abbiamo indennizzati 77; stiamo parlando di competenza per domicilio dell’assicurato. Di questi 77 indennizzati, cioè considerati infortuni lavorativi, 44...

PRESIDENTE
Di cosa stiamo parlando?

FERRARI
Dei casi mortali del 2011, archivi di produzione.

PRESIDENTE
Ma io non le ho parlato di 118, ma di 84.

FERRARI
Per analizzare i casi mortali...

PRESIDENTE
Conosco il meccanismo INAIL. Le sto dicendo, contrariamente a quello che lei mi ha riferito (ho i dati dell’INAIL), che bisogna sottolineare non solamente il trend decrescente come lei ha fatto, ma anche un trend che ci deve preoccupare perché abbiamo avuto 118 morti nel 2006, 124 (una punta altissima, che lei ha citato) nel 2007, per poi scendere a 112 nel 2008, a 80 nel 2009, per poi cominciare a riprendere con 83 casi nel 2010 e 84 nel 2011, in una situazione di crisi – dal 2009 al 2011 – in cui le ore lavorate sicuramente sono diminuite. È questo dato che ci deve preoccupare.

FERRARI
Senz’altro.

PRESIDENTE
Al di là dell’aspetto tecnico, non ci interessa il resto, perché lo conosciamo. Voi a luglio soltanto fornite i dati ufficiali, quindi sappiamo come procedete.

FERRARI
L’evidenza che mi permettevo di indicare, Presidente, è che, relativamente all’indennizzo degli archivi di produzione, su 77 casi, ben 44 sono da rischio strada, di cui 26 in itinere, come trattazione della sede competente. Su industria e servizi abbiamo registrato un meno 6,8 per cento, in linea con il dato nazionale.

PRESIDENTE
Mi scusi, dottoressa Ferrari, questi dati li abbiamo. Noi vorremmo sapere quali iniziative ha preso l’INAIL nella Regione Veneto per poter fare un’attività di prevenzione dato che l’INAIL svolge in tutta Italia queste iniziative, quali sono i progetti in corso ed eventualmente quali risultati sono scaturiti da questi progetti, collaborando anche con gli altri soggetti che si interessano alla materia, e con chi avete deciso di fare queste collaborazioni; può essere il Ministero del lavoro oppure le scuole o altri. Gli altri dati li abbiamo, ci arrivano.

FERRARI
Sui progetti di prevenzione dell’anno 2012 abbiamo avuto un budget assegnato per la Regione di 1.070.000 euro e per i bandi ISI di oltre 14 milioni di euro. Nel 2010 il budget assegnato era inferiore.
Abbiamo destinato alla formazione il 51 per cento, all’assistenza e consulenza il 20 per cento, all’informazione e ricerca il 19 per cento e alla promozione il 10 per cento.
Per quanto concerne l’informazione e la ricerca, le vorrei segnalare come momenti importanti l’azione fatta in sinergia con l’ex ISPESL sul settore portuale e logistico-intermodale e per il trasporto dei rifiuti solidi urbani. Con Legacoop e con l’Università di Padova si sta approntando un momento di studio e di sperimentazione sui servizi assistenziali domiciliari che non risultano esplorati per i rischi specifici in cui possono incorrere gli assistenti domiciliari, in particolare per le patologie muscolo-scheletriche e con Veneto Agricoltura per la prevenzione delle malattie professionali.
Per quanto riguarda le formazioni di reti, sicuramente nel mondo della scuola una realtà che è presente anche in Toscana, seppur in forma ridotta, attiene al SiRVeSS, che è la rete delle scuole per la prevenzione e la sicurezza; rete che è gestita nell’ambito del comitato regionale di coordinamento, a cui noi partecipiamo anche in maniera attiva per dei momenti con la docenza, gli RSPP, gli RLS, e anche direttamente con gli allievi delle scuole per quanto riguarda attestati di percorso, per esempio per il primo soccorso. Eclatante è l’accordo per i sistemi di gestione della sicurezza (SGS) in sanità, che è un nostro fiore all’occhiello, così come il Master «Steps» –che lei ben conosce – presso l’Università Ca’ Foscari.
In un’ottica di genere, anche il territorio ha predisposto degli sportelli particolari a Padova di genitorialità e lavoro, uno studio di fattibilità di sportello multidisciplinare presso l’ULSS 15 per le lavoratrici madri; inoltre, a Rovigo il progetto «La vita delle donne nel lavoro» e anche dei concorsi fotografici con la Provincia di Rovigo.
La sicurezza stradale è stata attenzionata con una formazione per autisti a Treviso con la Provincia e il COBIS sulla circolazione, guida e abuso di alcol, droghe e farmaci e con l’Associazione autotrasporti, con gli SPISAL e con la polizia municipale a Vicenza. Sempre a Vicenza il lavoro in sicurezza nei cantieri edili stradali è un percorso formativo per lavoratori edili con i CPT.
Non abbiamo dimenticato neanche un momento di attenzione allo stress e soprattutto alla valutazione dello stress nelle aziende artigiane a Treviso con i COBIS.
Per le macchine agricole, a Vicenza con gli SPISAL e le associazioni di categoria abbiamo avviato dei percorsi formativi che riguardano i costruttori, i rivenditori e gli operatori. Per i cantieri edili non manca di tradizione la verifica cantieri con le Province, gli SPISAL e i CPT. Anche per l’integrazione cittadini-Paesi terzi siamo in fase di gestione del progetto nazionale a Vicenza «Etica, sicurezza e responsabilità sociale». Circa l’attenzione agli stranieri, l’«ABC della sicurezza» è una traduzione plurilingue realizzata a Venezia con la Provincia.
Vi sono anche dei momenti di spettacolo, il Teatro di sabbia, con i Vigili del fuoco e «Sicur» ed «Ezza», che sono due amici per la sicurezza. Si tratta di esemplificazioni di comportamenti sicuri e preventivi, che devono mettere in luce i rischi della vita quotidiana, quindi lo stile di vita per la padronanza della sicurezza in ambito scuola, casa e lavoro.
Il percorso «Sicuropoli», di cui lei avrà senz’altro sentito parlare in altre audizioni, è un percorso interattivo per i bambini delle scuole elementari che è stato molto apprezzato. A Treviso, ad esempio, in passato, è stato concesso dal Comune direttamente il trasporto degli studenti e la visione della mostra gioco, poi sperimentata anche a Verona.
Questo è il quadro delle azioni di prevenzione che riguardano direttamente la gestione del budget assegnato, che vede senz’altro una rete consolidata vieppiù ricordando il protocollo d’intesa con Confindustria, che vede anche quest’anno la guida «Lavoro sicuro», un’implementazione dell’SGSL (Guida UNI-INAIL).
Quindi il tentativo è attenzionare i settori più a rischio non dimenticando il mondo della scuola a cui noi rivolgiamo un’attenzione particolare come momento clou per la sensibilizzazione alla cultura della sicurezza. Tutto questo per quanto riguarda la prevenzione.
A proposito della vigilanza, che comprende naturalmente anche la vigilanza per gli infortuni e le malattie professionali in un momento ispettivo per l’indagine sull’evento infortunistico, sono state ispezionate 1.998 ditte, di cui 1.651 considerate irregolari. I lavoratori regolarizzati sono stati 3.228, di cui 539 in nero; per la vigilanza coordinata, sono state ispezionate 164 aziende, di cui 116 irregolari e lavoratori in nero...

PRESIDENTE
Coordinata con chi?

FERRARI
Con gli SPISAL, la Direzione regionale del lavoro e l’INPS, secondo le varie situazioni.

PRESIDENTE
Queste scelte dove si fanno?

FERRARI
Le scelte si fanno nel comitato regionale di coordinamento e direttamente presso la Direzione regionale del lavoro, come momento di congiunzione con la commissione regionale per i rapporti di lavoro. Il momento clou è comunque quello che si svolge all’interno del comitato regionale.
Vorrei altresì rilevare che abbiamo riscontrato le maggiori irregolarità nelle agenzie immobiliari e nei pubblici esercizi.
Per quanto riguarda i benefici previdenziali per esposizione all’amianto in Veneto, previsti dalla legge n. 257 del 1992, che consente l’accesso anticipato alla pensione, abbiamo avuto in tutto 34.585 domande, secondo quanto previsto dal comma 8 dell’articolo 13, e 216, secondo i criteri dettati dal comma 6 dello stesso articolo. Abbiamo già rilasciato 12.108 certificazioni positive ex comma 8 e 246 ex comma 6. Le certificazioni negative ammontano a 18.710.
Per quanto riguarda gli incentivi alle imprese, il budget della Regione Veneto è di 14.592.678 euro per il 2011. Nel 2010 abbiamo avuto 92 domande in Veneto (ricordo che complessivamente l’Italia ne ha avute 1.438), di cui il 66 per cento è stato richiesto per investimenti ed acquisto di attrezzature, il 27 per cento per adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale di impresa e solo il 7 per cento per la formazione. Quest’ultimo dato, che rispecchia quello nazionale, ha determinato il venir meno della formazione dagli incentivi 2011. Il settore di attività che è stato più rappresentato è stato il manifatturiero, pari al 47 per cento, seguito da quello delle costruzioni, con una percentuale del 17 per cento.
Nel 2012 sono inoltre pervenute 8.733 domande di oscillazione nel secondo biennio di attività, ex articolo 24 delle modalità di applicazione della tariffa INAIL, a fronte di 8.464 del 2011. Consideriamo che nel 2007 erano pari a 4.276. C’è senz’altro un avvicinamento al momento dell’oscillazione del tasso di premio per prevenzione con minore titubanza rispetto agli anni precedenti, perché siamo andati sul territorio con i nostri funzionari ed anche con gli esperti della consulenza tecnica per l’accertamento dei rischi e la prevenzione (CONTARP).
Non abbiamo fatto la scelta del momento plenario di convegno, ma la scelta di vicinanza al territorio con la spiegazione diretta da parte delle consulenze. A nostro avviso, visto l’afflusso delle domande, si è trattato di una scelta vincente.

PRESIDENTE
Ringrazio la dottoressa Ferrari per l’ampia relazione che ci ha fornito. Do la parola al dottor Monaco, direttore dell’Ufficio regionale del lavoro.

MONACO
Signor Presidente, vorrei anzitutto fare una piccola premessa per poter inquadrare il fenomeno, spiegando cosa facciamo nell’ampio panorama della sicurezza e quale contributo offriamo sul territorio regionale, permettendomi altresì di fare qualche osservazione di natura programmatica.
Vorrei consegnare alla Commissione una relazione che comprende tutti i dati concernenti l’attività che abbiamo svolto nel corso del 2011, accompagnata da tabelle che riguardano l’attività svolta in maniera congiunta e le sinergie che sono state attuate sul territorio.
Mi avvicino a questa materia sempre con estrema cautela perché i trionfalismi non possono mai albergare in questo genere di approcci. Basta pensare che proprio il 1º maggio, mentre celebravamo la festa del lavoro in tutti i capoluoghi di Regione, non è mancato il morto.
Noi ispettori del lavoro abbiamo competenza diretta, anche sotto il profilo della vigilanza in termini di prevenzione, soltanto nella materia dell’edilizia. Nel 2011 abbiamo ispezionato 1.041 cantieri.

PRESIDENTE
Su questa materia, che è anche un po’ concorrente, come vi organizzate?

MONACO
Non posso nascondere che nei primi anni di attività del comitato regionale, previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008, è stata necessaria una discreta opera di rodaggio. Negli ultimi due anni le cose sono invece migliorate.
L’azione del Ministero del lavoro si concentra su due direttrici principali; da una parte, cerchiamo di aggredire il fenomeno sotto il profilo della sicurezza, dell’igiene e della salute, andando ad ispezionare, sulla base delle nostre competenze, che sono di natura prevalentemente amministrativa, quei settori nei quali è ragionevole ipotizzare una maggiore incidenza del lavoro nero, partendo dal presupposto che spesso al lavoro nero e irregolare si accompagna anche il lavoro poco sicuro. Questa attività viene svolta in maniera autonoma; abbiamo un coordinamento regionale nell’ambito del quale cerchiamo di pianificare l’attività delle nostre sedi territoriali.

PRESIDENTE
Ogni quanto si riunisce questo coordinamento regionale?

MONACO
Abbiamo delle riunioni periodiche. Il comitato si riunisce ogni due o tre mesi. Partecipo però personalmente anche agli uffici operativi. Si svolgono quindi circa cinque o sei riunioni all’anno.
All’interno del comitato abbiamo predisposto un documento, che lascio agli atti della Commissione, nel quale abbiamo pianificato l’attività di vigilanza per il 2012 e già in quella sede abbiamo cercato – non senza fatica – di fissare un numero minimo di accessi che devono necessariamente essere compiuti in congiunta.
L’espressione «vigilanza congiunta» fa riferimento prevalentemente all’attività che gli ispettori del lavoro nelle nostre sedi territoriali possono svolgere unitamente ai tecnici SPISAL. Mettiamo inoltre in cantiere un’attività di vigilanza congiunta con l’INPS e con l’INAIL.

PRESIDENTE
Vorremmo capire un po’ meglio l’attività di coordinamento della Regione Veneto. Mi soffermo su questo aspetto perché ci siamo trovati di fronte a considerazioni secondo le quali il comitato di coordinamento regionale in qualche modo si è sentito scavalcato da direttive nazionali che sono arrivate, per esempio, al vostro ufficio. Dobbiamo allora capire se possiamo andare avanti in questo modo o dobbiamo cambiare qualcosa.
Il documento che ci è stato consegnato è relativo alle attività delle Regioni e noi lo abbiamo già inserito in una nostra relazione precedente; risale infatti al 2010 ed è perciò datato. Questa nostra presenza serve per cercare di capire de visu se c’è qualcosa che non funziona. Noi ci troviamo di fronte a più soggetti; da una parte il comitato di coordinamento a livello regionale e poi una serie di soggetti istituzionali, tra i quali voi, che operate in una logica di gestione nazionale. Quando infatti il Ministero del lavoro vi dà delle indicazioni, voi giustamente dovete seguirle. Noi cerchiamo di rilevare questo aspetto di discrepanza tra chi gestisce le strutture che sono proprie della Regione e chi invece, sia pure con vocazione territoriale (non a caso siete direttori regionali, nella fattispecie del Veneto), risente delle politiche nazionali dei soggetti che rappresenta. Quando infatti il Ministero del lavoro vi ha dato sollecitazioni di muovervi in un certa maniera, in modo corretto avete seguito quella linea. A questo punto c’è un rischio di corto circuito con il comitato di coordinamento regionale. È questo che noi stiamo cercando di capire. Anche i Vigili del fuoco hanno una loro struttura; anche l’INPS ha una propria struttura verticale. Quindi far funzionare i comitati di coordinamento significa in qualche modo fondere queste provenienze in un unicum che permetta un’attività, un’elaborazione, una strategia e, quindi, capire cosa fanno gli uni e gli altri per evitare sovrapposizioni e fughe in avanti. Questo accade o no?

MONACO
Ipotizzando che ci siano stati, ad esempio in questa Regione, degli approcci critici sotto questo profilo, forse riuscirei a rispondere in maniera più esaustiva. Per quanto mi riguarda, i rapporti con i vertici della Regione, che sono continui, vanno in direzione opposta. Non le parlo dei dati del 2010; le dico soltanto quello che abbiamo fatto nel 2011.
È stato licenziato un documento per l’approccio alla formazione per la sicurezza in agricoltura che mi risulta essere uno dei primi esempi.

PRESIDENTE
Cerchiamo di andare nel dettaglio. Noi abbiamo saputo dalla dottoressa Frison, che lei conosce sicuramente, l’impegno del Ministero del lavoro.

MONACO
Penso di capire a cosa si riferisce.

PRESIDENTE
Allora arrivi a questo.

MONACO
Con la dottoressa Frison e il dottor Marchiori la frequentazione è pressoché settimanale e non a caso abbiamo messo in piedi un’attività di formazione in materia di rischi da stress da lavoro correlato, che proprio in questi giorni si sta realizzando, ma non è mai stato rilevato, neanche nel comitato di coordinamento, alcun accenno critico. Provo ad ipotizzare e, se mi consente, mi riaggancio all’invito che ha fatto circa eventuali osservazioni critiche. Io avevo preparato un canovaccio, ma vedo che lei giustamente vuole andare al nocciolo della questione.
Abbiamo avuto la direttiva alla quale presumo si possa fare riferimento senza che questo, almeno per quanto mi riguarda, abbia dato adito a delle particolari rimostranze. Si tratta della direttiva emanata dal nostro Ministero in materia di vigilanza nei siti confinati. È una materia estremamente delicata.

PRESIDENTE
Avete avuto anche altre direttive nel passato su come orientare la vostra attività di ispezione. Sa perché le dico questo? Per capire se arriviamo ad un amalgama.

MONACO
Sto cercando di ipotizzare quali sono stati i motivi che hanno giustificato queste sollecitazioni che le sono pervenute. Io devo pensare a quelle materie che possono comportare per la loro stessa natura dei punti di contatto con il Servizio di prevenzione igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro (SPISAL). Non credo ciò possa avvenire in edilizia.

NEROZZI
Noi stiamo facendo un giro in tutte le Regioni per verificare due cose. Innanzitutto cerchiamo di verificare il funzionamento del coordinamento perché il comitato che la legge prevede ha una grande importanza. In secondo luogo, lei sa che c’è stata una polemica – non parlo del Veneto in particolare perché stiamo cercando qui quello che abbiamo cercato in Piemonte e che cercheremo in Emilia e che abbiamo visto in altre Regioni – sul numero degli ispettori del lavoro, che sarebbero
pochi. È vero? Sui giornali si dice che non ce ne sono a sufficienza, così come si dice che gli ispettori e gli operatori di controllo delle ASL non sono sufficienti e lo stesso si dice per altri settori. In realtà, la cosa di per sé potrebbe essere vera; il problema è che tutti insieme forse, se coordinati, sono sufficienti. Noi però troviamo casi in cui l’Ispettorato del lavoro, l’INAIL e l’ASL in un determinato posto effettuano ispezioni nella stessa azienda, mentre in altre non ci va nessuno perché non c’è questo coordinamento. Noi stiamo cercando questo. Io mi sono meravigliato positivamente dell’osservazione che faceva la Regione Veneto. Come diceva il Presidente, ci sono state circolari che dicevano anche di rallentare le ispezioni nel corso degli anni passati. Tutte queste cose determinano non un problema tra di voi, ma sul funzionamento del comitato di coordinamento. Ci chiediamo se le risorse umane e di esperienza sono utilizzate in modo coordinato. A noi questo interessa perché stiamo verificando che in realtà la legge è buona, ma non viene applicata in quasi nessuna parte d’Italia per l’aspetto del coordinamento e, quindi, questo è un problema. La domanda era rispetto al coordinamento, se ci sono osservazioni su questo e non in generale sui vostri rapporti giornalieri. Non stiamo cercando l’errore in Veneto, ma in un quadro più generale e di sistema perché abbiamo verificato che le ispezioni funzionano in 4 Regioni su 15. È vero che ne mancano ancora 5, però 11 su 15 non funzionano e, quindi, un certo problema esiste. Ecco perché ci interessava capire come funziona il coordinamento. Questa era la domanda del presidente.

MONACO
Provo ad aggiungere qualche considerazione, ma loro mi correggeranno per portarmi nella giusta direzione. Io fino a due anni fa sono stato un dirigente di trincea. Non voglio soltanto dare una rappresentanza oleografica dei rapporti interpersonali, ma anche dal punto di vista delle istituzioni non abbiamo avuto mai il ritorno negativo – le associazioni datoriali ci avrebbero fatto saltare nel giro di 15 giorni – sotto il profilo di grandi affollamenti o di accanimenti nell’attività ispettiva.

NEROZZI
Può essere che non abbiate fatto nulla. C’è un caso e l’altro.

MONACO
Abbiamo effettuato ispezioni su 7.500 imprese trovando lavoratori in nero e procedendo a 43 sospensioni. Io devo provare a capire per essere utile alla causa e non per contribuire con polemiche inutili che non appartengono al mio background culturale. Noi ci muoviamo con due tipi di coordinamento, uno nazionale e uno che si sta cercando di individuare a livello regionale all’interno di quel tavolo. In quella sede abbiamo notato – un caso esemplificativo è stato l’impulso della nostra Direzione generale all’attività di vigilanza nei siti confinati – una certa difficoltà di compenetrazione delle esigenze. Per quanto ci riguardava, sono stati esaminati 72 casi e mi sono permesso di portarvi una tabella relativa al 2011 e, quindi, recente. Quello è un elemento che ho cercato di portare e di affermare nel tavolo della vigilanza congiunta perché c’è assolutamente bisogno anche dell’apporto del tecnico. Nel sito confinato ci sono caratteristiche legate alla filiera degli appalti, che è sicuramente un ambito di grande turbolenza, ed è evidente dal punto di vista della competenza tecnica-specifica delle iniziative che concretamente l’azienda ha posto in essere che abbiamo bisogno dell’apporto del tecnico dello SPISAL, essendo così divaricate le nostre competenze. Un altro settore in cui può esserci stata qualche frizione è quello in cui operano aziende che allestiscono e disallestiscono palchi per spettacoli e fiere. Anche lì abbiamo visto che la diversità delle competenze poteva provocare dei corti circuiti. Questo – mi si permetta – è però probabilmente anche frutto di una linea di demarcazione molto netta per quanto riguarda la vigilanza ordinaria, cosiddetta amministrativa, e la vigilanza tecnica. Loro sanno che come attività concorrente noi abbiamo solo quella dell’edilizia. In ambiti nei quali il rapporto tra la tipologia dell’impiego della manodopera (appalti, subappalti, voucher, contratti intermittenti) e aspetti legati alla sicurezza è talmente intimo, credo che un’estensione a questi aspetti delle competenze tipiche dell’ispettore del lavoro sia sicuramente auspicabile. Questo si è dimostrato, a mio modesto avviso, ancor più evidente proprio in questi due ambiti: è difficile intervenire sul fronte dell’appalto dovendosi fermare all’aspetto tecnico di come, ad esempio, è stato messo su il ponteggio. Questa è una mia valutazione; lei me l’ha chiesta a livello personale.

PRESIDENTE
L’obiettivo è di capire meglio le cose. A volte sollecitiamo anche in modo forte, ma lo facciamo perché altrimenti nessun incontro avrebbe senso. La Commissione sta facendo delle riflessioni molto importanti proprio su scelte fondamentali. Nel momento in cui lei richiama che la direzione nazionale dà alcune direttive o che addirittura vi è una linea politica recepita dalla direzione nazionale che impartisce alcune direttive, chiaramente voi le dovete seguire e non è detto che siano le stesse che poi vengono condivise o addirittura che ne venga informato il comitato di coordinamento regionale. Non sta a voi la gestione del comitato di coordinamento regionale. Quello che dico per lei nella sua funzione, lo dico per tutti gli altri soggetti che fanno parte del coordinamento che ha una verticalizzazione nazionale. Noi stiamo cercando di analizzare approfonditamente queste problematiche, non solo le tabelle, per capire se abbiamo commesso degli errori come legislatori e come eventualmente questi errori possano essere corretti. Nonostante tutto l’impegno, l’attenzione e la volontà noi abbiamo purtroppo ancora dei dati molto preoccupanti sia per gli infortuni che per le morti sul lavoro.
Non c’è questo trend significativo di diminuzione, perché con la crisi sono diminuite le ore lavorate, e purtroppo qualcosa indubbiamente dovrà essere rivisto. Abbiamo uno spirito di ricerca, uno spirito critico in senso costruttivo.

MONACO
Signor Presidente, ci sono anche alcune tipologie di impiego che obiettivamente mal si conciliano...

PRESIDENTE
È un altro aspetto.

MONACO
Non è proprio un altro aspetto, a volte sono collegati.

PRESIDENTE
È un altro problema, un problema vostro. Non possiamo avere tutti questi soggetti che operano sullo stesso identico obiettivo con logiche diverse, che non riescono a fare una sintesi, perché il suo Ministero le darà degli input, la Direzione generale dell’INAIL darà altri input, i Vigili del fuoco altri ancora, tant’è vero che alcuni aspetti sono stati rivisti, così come l’INPS nella sua prospettiva particolare darà altri input, sia pure inerenti alla propria funzione d’istituto, come è giusto che sia. Le Regioni hanno una loro struttura anche capillare e hanno la più ampia competenza, tant’è vero che la concorrenza si realizza sostanzialmente solo in un settore.
Tutto questo si amalgama ma non per vostro o nostro merito o demerito. Ci sono le condizioni di amalgama o ci sono invece le condizioni di non amalgama? La Commissione, dopo anni d’inchiesta, si sta ponendo questi problemi. Quindi non è un ragionamento che riguarda voi in quanto tali, per quello che rappresentate, ma è un ragionamento di sistema. Noi stiamo ragionando sul sistema perché non è possibile avere ancora quasi mille morti. Gli infortuni non sono più 800.000 ma 700.000, però non è questo il dato, perché poi sappiamo che c’è una tara dovuta ad altro. L’obiettivo era questo e vi ringrazio per le vostre riflessioni.

NEROZZI
Noi stiamo ragionando sulla legislazione concorrente e poniamo domande su questo punto.

FERRARI
Se mi permette (parlo come dirigente), la sfida è sempre quella di seguire delle linee guida, contestualizzarle sul territorio, trovare la rete. Credo che nella nostra Regione questo spirito ci sia.

PRESIDENTE
Anche noi l’abbiamo colto, però non è questo il problema. Ne riparleremo un’altra volta. Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del comandante della Legione Carabinieri della Regione Veneto e del direttore provinciale dei Vigili del fuoco

Intervengono il comandante della Legione Carabinieri Veneto, generale di brigata Sabino Cavaliere, accompagnato dal comandante provinciale dei Carabinieri di Venezia, colonnello Giovanni Cataldo, dal capo sezione operazioni e informazioni della legione Carabinieri della Regione Veneto, tenente colonnello Ivan Petracca, dal comandante del Nucleo CC Ispettorato del lavoro di Vicenza, maresciallo aiutante Leonardo Anderlini, e il direttore provinciale dei Vigili del fuoco, ingegner Loris Munaro.

PRESIDENTE
Ringrazio per la presenza il comandante della Legione Carabinieri della Regione Veneto, generale di brigata Sabino Cavaliere, accompagnato dal comandante provinciale dei Carabinieri di Venezia, colonnello Giovanni Cataldo, dal capo sezione operazioni e informazioni della Legione carabinieri della Regione Veneto, tenente colonnello Ivan Petracca, dal comandante del Nucleo per la tutela del lavoro di Vicenza, maresciallo aiutante Leonardo Anderlini, e il direttore provinciale dei Vigili del fuoco, ingegner Loris Munaro.
La Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro si sta recando in ogni Regione d’Italia per avere una maggiore vicinanza tra istituzioni, quindi per non avere solo un legame burocratico di comunicazione, per fare delle riflessioni su questo tema.
Ci si sta impegnando a tutti i livelli per contrastare in modo significativo questo fenomeno e i risultati non sono dei migliori, nel senso che, pur essendoci un contenimento del fenomeno degli infortuni e delle morti sul lavoro, comunque abbiamo una presenza del fenomeno ancora troppo alto e troppo significativo; allora cerchiamo di comprendere il problema nelle varie Regioni d’Italia. Per quale motivo le Regioni? Perché il Testo unico dà alla Regione la facoltà e l’obbligo di costituire un coordinamento che permetta di mettere insieme tutti i soggetti che in vario modo concorrono in quest’attività di prevenzione e di tutela della salute, per far sì che vi siano risultati migliori, quindi stiamo cercando di incontrare quei soggetti istituzionali che concorrono a questo processo.
Vorremmo conoscere il vostro punto di vista e, se ci sono delle indicazioni, con piacere le recepiremo.

CAVALIERE
Per facilitare i lavori della Commissione, ho sintetizzato le valutazioni sul fenomeno in un documento che eventualmente posso consegnare.
Dall’analisi della situazione regionale non si può disconoscere che il fenomeno esista, però non ha la consistenza di altre Regioni d’Italia, in relazione all’esperienza professionale da me fatta in altre aree del territorio nazionale. Presidente, Le spiego innanzitutto com’è articolato il dispositivo dell’Arma preposto al controllo. L’Arma territoriale, che vede la Legione Carabinieri, con i suoi 7 comandi provinciali e le loro articolazioni periferiche (compagnie e stazioni), è affiancata nell’attività di controllo nello specifico settore dai sette Nuclei dei Carabinieri Ispettorato del lavoro, ossia un nucleo per ciascuna Provincia.
Affrontiamo ora gli aspetti normativi che disciplinano l’attività. Intanto la legge 4 novembre 2010, n. 183 (il noto collegato lavoro), ha sancito il potere di diffida a tutti gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria. Questo ha comportato che il nostro personale anche non in possesso della qualifica di ispettore del lavoro, che invece hanno i militari specializzati del NIL, nei loro accessi, nelle loro ispezioni, quindi nella loro attività quotidiana, può svolgere questa attività di prevenzione, che viene effettivamente esercitata con buona efficacia.
L’altro caposaldo di questa attività è l’accordo tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri del 29 settembre 2010; con questo accordo si è dato mandato al livello provinciale, cioè ai comandanti provinciali, di raccordare e di coordinare in maniera molto più efficace, d’intesa con le Direzioni territoriali del lavoro, le attività di verifica sul territorio. È proprio questa una esemplificazione di quell’azione che lei prima ha definito il raccordo tra le parti operanti sul territorio.
La normativa citata prima e l’accordo ricordato hanno comportato, in ambito provinciale, da parte sia del comandante provinciale che dei direttori territoriali del lavoro, un significativo raccordo nello svolgimento dell’azione di controllo che viene eseguita in maniera articolata e puntuale e non più lasciata solo alla libera iniziativa dei singoli operatori.
Quali risultati ci sono stati? Relativamente al 2011 ed al primo quadrimestre di quest’anno possono essere così sintetizzati: sono state svolte 87 ispezioni complessive, 237 prescrizioni ai sensi degli articoli 20 e 21 del decreto legislativo n. 758 del 1994; sono state irrogate quattro sospensioni di attività operate ai sensi dell’articolo 36-bis della legge n. 248 del 2006, nonché dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 81 del 2008, avendo scoperto lavoro in nero; sono state comminate 236 ammende contestate per un importo pari a 296.350 euro.
Quali sono state le violazioni più ricorrenti? Sono state verificate 75 omissioni delle disposizioni sulla prevenzione per lavori nelle costruzioni in quota, 66 omissioni sull’uso dei dispositivi di protezione individuale, 47 omissioni sull’informazione e formazione dei lavoratori, 47 omissioni relative alla mancata osservanza della normativa sull’igiene sul lavoro, 12 omissioni relative alla mancata osservanza delle norme sulla sicurezza nei cantieri temporanei e mobili.
Quali sono i settori che hanno presentato maggiore criticità nell’ambito dell’attività nei cantieri ispezionati? Sono stati i settori riferiti all’esecuzione di attività simultanee ma incompatibili tra di loro, l’impreparazione professionale dei lavoratori addetti, l’omessa adozione o utilizzo delle prescrizioni e delle protezioni obbligatorie, l’inadeguatezza dei piani di sicurezza e di coordinamento, la carenza di misure tecniche e procedurali, impianti elettrici non conformi alle direttive CEE e soprattutto lo scorretto uso delle previste attrezzature tanto da sovraesporre gli addetti ai lavori a rischi da precipitazione.
Nel corso di questa attività di riscontro è emersa anche la mappatura degli infortuni più gravi, compresi quelli con esito mortale. Dall’esame della mappatura è emersa la correlazione tra infortuni e distribuzione delle attività economiche nelle varie Province del Veneto. In particolare, nel settore agricoltura, che è particolarmente sviluppato nella Provincia di Treviso, vi sono stati ben 12 incidenti sul lavoro, di cui cinque con esito mortale. Nel settore dell’edilizia, particolarmente concentrato nella Provincia di Padova, vi sono stati 18 infortuni, di cui quattro mortali. Nel settore manifatturiero, concentrato nelle Province di Venezia, Padova, Treviso e Verona, vi sono stati due casi mortali a Venezia e un caso per le altre province (Verona, Padova e Treviso). Nel settore del commercio, presente per lo più nelle località legate al turismo, si sono verificati 62 incidenti, suddivisi tra le Province di Venezia, Padova, Verona e Vicenza, di cui 7 mortali.
Vorrei fare alcune considerazioni di carattere generale. Sull’andamento del fenomeno infortuni, la Provincia di Belluno è l’area meno interessata rispetto alle altre Province del Veneto, con picchi nelle Province di Padova, Treviso e Venezia.
Tale dato è comunque coerente con la distribuzione delle varie attività lavorative nell’ambito del territorio regionale. Nel 2011 l’Arma è intervenuta per 32 infortuni mortali distribuiti sull’intero territorio del Veneto, che conta una popolazione di circa 5 milioni di abitanti, di cui 2.136.000 occupati, Con un tasso di disoccupazione medio pari al 5,6 per cento.
Nel primo quadrimestre del 2012 abbiamo operato su 59 infortuni, di cui 8 mortali. Tale andamento, se confermato nel restante periodo dell’anno, porterà ad una diminuzione del fenomeno.
Il Comando Carabinieri per la tutela del lavoro, che è il comando a livello nazionale con sede a Roma, preposto specificamente al settore, ha implementato la preparazione dei propri militari preposti all’attività ispettiva attraverso la partecipazione a corsi formativi in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, con particolare riferimento alla cantieristica nel settore edilizio.
Questa precisazione è correlata al fatto che, relativamente alla sicurezza nei luoghi di lavoro, la normativa vigente limita le competenze dei Nuclei Carabinieri Ispettorato del lavoro (NIL) ai settori edilizia, ferrovie dello Stato, radiazioni ionizzanti, lavori sotterranei o in galleria, escludendo di fatto la possibilità di accertamenti in altri settori strategici, quale quello metalmeccanico, manifatturiero e chimico, la cui competenza è specifica degli SPISAL.
Relativamente ai militari specializzati che operano in Veneto, impiegati nei 7 nuclei (NIL) distribuiti nelle 7 Province, specifico che sono in totale 22 unità. La loro attività è incessante e qualificata, affiancata a quella dell’Arma territoriale.
Certamente per avere un’azione ancora più incisiva bisognerebbe disporre di un maggior numero di militari specializzati. Tuttavia tale problematica investe valutazioni da assumere a livello centrale, tenendo comunque conto delle vigenti misure per il contenimento della spesa pubblica.
Resto a disposizione per eventuali ulteriori approfondimenti.

PRESIDENTE
Do la parola al comandante provinciale dei Vigili del fuoco, ingegner Loris Munaro.

MUNARO
Signor Presidente, vorrei anzitutto specificare che sono qui in sostituzione del direttore regionale. Ho preparato una memoria con dati statistici legati alla Regione Veneto e alla specificità nazionale dei compiti istituzionali dei vigili del fuoco.
Vorrei fare in premessa un ragionamento legato ai decessi e agli infortuni per incendio e scoppio. Grazie all’attività di prevenzione incendi, modificata con una nuova disciplina di semplificazione che aiuta i comandi ad intervenire facendo sopralluoghi sulle attività ad elevato rischio d’incendio, possiamo constatare che rapportando il numero di decessi e di infortuni a livello nazionale ai parametri europei, siamo la Nazione con il minore numero di decessi in ambiente di lavoro per scoppio e per incendio. Siamo infatti nell’ordine di due decessi ogni milione di persone. Ricordo che la media europea si attesta all’11,5.
Per quanto riguarda specificamente la Regione Veneto abbiamo lo stesso rapporto. Dai grafici che ho allegato si può rilevare che gli infortuni e i decessi in ambiente domestico per incendio e scoppio sono di un ordine di grandezza di dieci volte più elevato. Ciò dimostra che l’attività di prevenzione incendi, così come strutturata, dà buoni risultati. Ogni anno nel Veneto facciamo circa 45.000 interventi, di cui 8.500 legati all’incendio e allo scoppio; si tratta di una quota non elevata, che rispecchia l’andamento nazionale.
A questa attività vanno a sovrapporsi le varie attività che facciamo a 360 gradi. Ricordo che le attività di sopralluogo regolamentate dalla disciplina di prevenzione incendi in Regione sono circa 7.000 e da esse scaturiscono una serie di considerazioni e di attività non solo amministrative, ma repressive e di polizia giudiziaria. Anche noi abbiamo infatti una competenza specifica sulla sicurezza antincendio negli ambienti di lavoro. A seguito di questi sopralluoghi, abbiamo elevato 261 sanzioni per effetto dell’applicazione del decreto legislativo n. 758 del 1994, rilevando violazioni sulla sicurezza legata alla gestione dell’emergenza e all’evacuazione degli edifici e sull’ambiente di lavoro.
C’è poi da aggiungere una serie di attività e di sopralluoghi che noi facciamo su segnalazione del cittadino, ovvero a seguito di nostri intertecnico urgente. Se vengono segnalate situazioni di pericolo a seguito di questi interventi, si procede all’attivazione dell’impianto sanzionatorio del citato decreto legislativo oppure alla segnalazione all’autorità giudiziaria ovvero, come è successo in tre casi, al sequestro cautelativo se si evidenziano palesi e gravi inadempienze e violazioni.
Questo è un aspetto importante che ha consentito di arrivare, unitamente all’attività di formazione per gli addetti antincendio e alla verifica dell’idoneità al servizio antincendio, alla formazione di 4.000 persone nel 2011, cui si aggiungono 3.722 lavoratori in Regione che hanno fatto l’esame e ottenuto l’idoneità al servizio di addetti antincendio.
Questo è il quadro regionale. Certamente l’attività di prevenzione incendi e l’attività di soccorso tecnico urgente sono limitative perché noi non interveniamo su tutti gli infortuni, ma soprattutto quando c’è la necessità di un soccorso tecnico.

PRESIDENTE
Come vi muovete nel corso delle attività ispettive ai fini della prevenzione?

MUNARO
Eseguiamo 6.900 sopralluoghi come attività di prevenzione incendio e, quindi, su richiesta dell’utente per il rilascio del certificato. Per quanto riguarda il rilascio del certificato di prevenzione incendi, ci sono propaggini che possono portare a violazioni e all’attivazione del decreto legislativo n. 758 del 1994.
Sono stati inoltre espletati 523 sopralluoghi su segnalazione dell’autorità giudiziaria e di altre forze ispettive al nostro Ministero, che ogni anno ci incarica di effettuare il 5 per cento di istruttorie e sopralluoghi per specifici settori di attività soggette al controllo dei vigili del fuoco. La gran parte di questi sopralluoghi portano all’attivazione della procedura sanzionatoria del decreto legislativo n. 758 del 1994 se si tratta di ambienti di lavoro, oppure alla segnalazione all’autorità giudiziaria o al sequestro se la situazione di pericolo impone uno stato di conservazione tale da garantire la tutela della sicurezza dei lavoratori.

PRESIDENTE
I Vigili del fuoco fanno parte dei comitati regionali di coordinamento. È lei che partecipa alle riunioni?

MUNARO
A livello regionale coordina il dottor Magarotto dello SPISAL. C’è un continuo confronto su questi dati statistici, con l’attivazione sul campo nel caso di infortunio. Ci sono anche dei momenti di formazione congiunta che facciamo periodicamente.

PRESIDENTE
È lei che partecipa?

MUNARO
Partecipa il direttore regionale.

MUNARO
È impegnato a Roma. Vorrei però sottolineare che alcune volte delega me.

PRESIDENTE
Avremmo gradito incontrare anche il direttore regionale.

MUNARO
Per quanto riguarda la prevenzione degli infortuni, ricordo la caratteristica tipologia di Venezia e, in particolare, di Porto Marghera. Come direzione regionale e comitato tecnico regionale abbiamo fatto 52 sopralluoghi sulle attività a rischio d’incidente rilevante.
Vorrei qui aprire una parentesi perché voi conoscete la situazione di Porto Marghera con questo complesso di attività fra di loro interconnesse dove, ahimè, la situazione economica, produttiva e di mercato è critica e porta ad avere delle situazioni di crisi. Stiamo ad esempio venendo fuori dall’esperienza dello stabilimento Vinyls che è stato commissariato ed è attualmente in fase di dismissione. Come accaduto in altre situazioni nel passato, ad esempio con la Dow Chemical, nelle situazioni transitorie l’attenzione alla sicurezza è basata sulla manutenzione. I commissari sono purtroppo concentrati sugli aspetti della liquidazione ed i lavoratori sul mantenimento delle loro situazioni lavorative occupazionali. Talvolta, come è successo per lo stabilimento Vinyls, si tenta di usare queste sostanze pericolose come ostaggio, per garantire il proseguimento del livello occupazionale.
Qui sorge un problema perché il livello di guardia si abbassa e talvolta vengono a crearsi situazioni di conflitto all’interno di questo condominio, che è Porto Marghera, perché un conto è la singola azienda e un altro sono tutti i service di intercommissione (P.E.) vapore e azoto, che vengono forniti alle aziende in crisi che non pagano e che costringono le aziende fornitrici al recupero del contenzioso.

PRESIDENTE
Se voi avete colto questa situazione, ne avete anche valutato l’esponenzialità del rischio?

MUNARO
Certo, il comitato tecnico regionale ha compiti di vigilanza e di controllo su queste attività. Per legge è l’organismo che rappresenta tutte le amministrazioni di prevenzione.

PRESIDENTE
Lei, per le competenze dell’istituzione che rappresenta, ritiene che si siano abbassate le sicurezze e le garanzie su ambienti già a rischio?

MUNARO
Sulla Vinyls abbiamo fatto un’azione di monitoraggio insieme alla procura della Repubblica e al CTR – ci aveva pensato anche il Ministero dell’ambiente – ed eravamo pronti a fare un sequestro cautelativo. Questo è il modus operandi per questa tipologia di situazioni perché il soggetto attore nell’attività a rischio di incidente rilevante è il gestore. Non c’è stato un sequestro, ma una seria infinita di diffide, portando comunque a buon fine l’operazione con lo svuotamento degli impianti. Mi sembra che in questi giorni questa azienda sia uscita per il quantitativo di sostanze pericolose dall’ambito della cosiddetta direttiva Seveso e rientri nell’ordinario, però è stata fatta una forte azione di pressing perché sono attività molto complesse per cui non è pensabile che un’istituzione si sostituisca alla gestione dello stabilimento.

PRESIDENTE
L’istituzione deve svolgere il ruolo che le compete se ravvisa la pericolosità.

MUNARO
Penso e ritengo di aver svolto un ruolo di vigilanza e controllo e aver portato l’azienda a una condizione di sicurezza anche con scontri con altre istituzioni.

PRESIDENTE
È un problema loro e non vostro.

MUNARO
Dal punto di vista dell’esercizio del controllo e dell’approfondimento cautelativo per le aziende a rischio di incidente rilevante e, a maggior ragione, per le piccole aziende penso sia il provvedimento migliore.

PRESIDENTE
Oggi non ci sono questi problemi?

MUNARO
No.

PRESIDENTE
Lei ha descritto che ci sono stati, che sono stati affiancati e disinnescati.

MUNARO
Però Porto Marghera non è solo la Vinylis, ma riguarda anche altre realtà.

PRESIDENTE
Voi solo su questa vi siete mossi?

MUNARO
La Vinilys è stata la situazione conflittuale più pesante.

PRESIDENTE
Ad oggi – lei ci sta facendo una comunicazione particolarmente significativa – ci sono a Porto Marghera altre situazioni che sono andate oltre?

MUNARO
No sono tutte monitorate continuamente.

NEROZZI
Siccome è probabile che altre aziende dismettano, soprattutto piccole e medie, ci potranno essere in futuro altri problemi. Stanno dismettendo una dietro l’altra.

MUNARO
Il problema, che è sempre esistito da quando queste aziende erano a regime, è che Porto Marghera ha un piano di emergenza complesso e unico nel suo genere al mondo: quando ci sono queste situazioni emergenziali – l’ho riportato nell’appunto che vi lascio – le maestranze sono concentrate a cercare di risolvere l’emergenza. Su questo aspetto c’è una divaricazione tra quello che dice la direttiva Seveso e quello che diciamo noi enti di controllo e di soccorso, che dobbiamo entrare ed avere gli strumenti per dare un giudizio sulla pericolosità dell’incidente che sta avvenendo. Su Porto Marghera la cosa è molto complessa e c’è una grande attenzione da parte di tutti per cercare di avvicinare questi gestori ad essere il più possibile trasparenti. Non parliamo, infatti, solo di incidente, ma anche dell’evento che si vede all’esterno, che crea paura nella gente e che può creare un danno ambientale. Qui si vive continuamente questa esigenza di confrontarci quotidianamente, anche arrivando a delle diffide pesanti, come quelle che puntualmente vengono fatte da CTR e confermate dal Ministero dell’ambiente nell’applicazione della direttiva Seveso, che come impianto, ripeto, è efficiente ed efficace. Se si avessero più risorse si potrebbe anche fare di più. Questo non lo metto in dubbio. A Venezia questo esercizio di repressione noi lo facciamo quotidianamente e devo dire che c’è un’estrema sensibilità del pool del procuratore aggiunto Mastelloni con cui noi lavoriamo come attività di polizia giudiziaria. Noi nell’esercizio delle nostre funzioni nel momento dell’individuazione di una violazione da polizia amministrativa diventiamo agenti ufficiali di polizia giudiziaria.

NEROZZI
Quando c’è la crisi sia il datore di lavoro che i lavoratori tendono a nascondere queste cose e purtroppo in un settore come quello di Porto Marghera questo si verifica. La Vinylis è stata l’ultima crisi, ma non è detto che in futuro non ce ne siano altre.

PRESIDENTE
Purtroppo mi vengono alla mente drammi seri che si sono determinati proprio nel momento in cui si va verso la chiusura o la crisi, quando c’è un abbassamento del livello di attenzione enorme. La ThyssenKrupp a Torino lo dimostra. Noi dovremmo capire – lei ha illustrato in modo chiaro come stanno le cose – se per le vostre attività ispettive verificate che ci sono condizioni di maggiore rischio legate anche a questo fenomeno. Se mi parla solamente di potenzialità, questo è un discorso valido in tutte le aziende e non solo a Porto Marghera. Si complica dove c’è un crogiolo di attività, però se voi rilevate che stanno venendo meno condizioni necessarie alla sicurezza non si può dire soltanto che può succedere, ma bisogna operare di conseguenza.

MUNARO
Nel momento in cui intervengono istituzioni come Vigili del fuoco, ci sono degli ambienti come l’edilizia che sfuggono al loro controllo, salvo l’infortunio. In questo caso non ho numeri omogenei.

PRESIDENTE
Io vi chiedo se per le vostre competenze, come ci state descrivendo, rilevate che vi siano rischi in crescendo perché, in questo caso, bisogna intervenire; non si possono fare solo ipotesi.

MUNARO
Se parliamo di rischio incendi, io non lo noto. Se mi chiede, invece, se in questo ultimo periodo a causa della situazione economica c’è un aumento degli incendi e delle situazioni di soccorso tecnico-urgente relativo all’ambiente di lavoro, le rispondo affermativamente per quanto riguarda gli ultimi sette mesi. I numeri verranno fuori nell’audizione del prossimo anno.

PRESIDENTE
No, non li facciamo venire fuori: agiamo con maggiori controlli. Se lei ha questa informazione, dovrà fare controlli non dico giornalieri, ma quanto più possibile ravvicinati e poi si attiverà con la procura di riferimento.

MUNARO
Ha ragione. Noi come amministrazione – lo troverete nell’appunto – da ottobre dell’anno scorso abbiamo modificato la nostra disciplina proprio perché noi interveniamo solo nelle attività a rischio maggiore. C’è stata una forma di taratura su disposto europeo e, quindi, facciamo più sopralluoghi rispetto agli anni scorsi.

PRESIDENTE
Se lei coglie – parlo d’istituzione – che ci sono rischi superiori, io credo che non si debba solo dire che questi rischi ci saranno, ma bisogna procedere di conseguenza. Non c’è altra via.

MUNARO
Ha perfettamente ragione.

PRESIDENTE
Se alla ThyssenKrupp la squadra interna antincendio obbligatoria, che non c’era più da un anno e mezzo perché stavano smontando e se ne stavano andando, fosse stata ancora operativa, probabilmente le cose per le persone morte bruciate sarebbero andate diversamente.

MUNARO
La dismissione della ThyssenKrupp era un fatto noto. Sono stato perito del tribunale per il famoso scoppio dell’Umbria Olii in Umbria.

PRESIDENTE
Noi abbiamo fatto una nostra inchiesta.

MUNARO
Sono queste realtà che mi preoccupano.

PRESIDENTE
Lei non si deve preoccupare, deve agire. Se ci sono delle condizioni queste vanno rimosse o si chiude. Non abbiamo una terza possibilità.

MUNARO
Non difendo l’indifendibile. Ha ragione quando dice che bisogna aumentare il numero dei controlli, ma bisogna anche entrare nella gestione della sicurezza di queste attività, che è anche l’orientamento della disciplina europea.

PRESIDENTE
Voi siete preposti. Non è complicato. È il vostro mestiere, come loro hanno il loro e noi il nostro. La complicazione non può essere giustificazione. La complicazione diventa semplice nel momento in cui c’è la competenza. Muoviamoci tutti con maggiore rigore.

CAVALIERE
Lei ha fatto una domanda specifica sul comitato a livello regionale. Anche questi problemi rientrano all’interno delle discussioni che vengono fatte per trovare i mezzi. Si è sviluppata una compartecipazione dove sempre più vengono tirati in ballo anche i Vigili del fuoco, i quali vengono inseriti in questi pool, senza aspettare che si verifichi l’evento, per fare accertamenti per poter prevenire prima che si debba arrivare a reprimere.

PRESIDENTE
Da due anni c’è un orientamento diverso nel settore. Lo sappiamo benissimo perché questi problemi noi li monitoriamo a livello nazionale, ma quando veniamo sul territorio vogliamo monitorare le problematiche del territorio.

NEROZZI
Come elemento di sintesi, voi nel comitato regionale e nei comitati provinciali rappresentate la fase anche repressiva. Nel corso di una crisi economica, la fase repressiva purtroppo è più importante in quanto c’è una tendenza che lega il lavoratore, il datore di lavoro e le rappresentanze politiche locali a nascondere situazioni che poi diventano dei drammi, come diceva il presidente. Quindi la fase repressiva di rappresentanza dei vostri specifici compiti in questo momento è ancora più importante, perché è necessaria per evitare drammi.

PRESIDENTE
Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali

Intervengono il segretario regionale della CGIL Veneto, signor Patrizio Tonon, il rappresentante della segreteria regionale CISL Veneto, signor Maurizio Cecchetto, il segretario regionale della UIL Veneto, signor Mauro Di Matteo, il segretario generale regionale della UGL, signor Enea Passino.

PRESIDENTE
È ora in programma l’audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali, che ringrazio per la partecipazione.
La nostra presenza a Venezia non è dettata da motivi particolari, ma da un’indagine che stiamo facendo come Commissione in tutte le Regioni d’Italia per capire come le nuove normative (mi riferisco in modo particolare al cosiddetto Testo unico) abbiano trovato spazio e di conseguenza come si svolgono soprattutto le attività del comitato di coordinamento regionale. Inoltre da parte vostra, per quello che rappresentate, ci aspettiamo delle riflessioni; comunque, se vi sono altri argomenti collaterali che ritenete opportuno proporci, ve ne saremo grati.

CECCHETTO
Sono Maurizio Cecchetto, della segreteria regionale della CISL. Seguo le questioni della sicurezza e faccio parte anche del comitato regionale di coordinamento.
L’attuazione del Testo unico ha determinato una nuova ondata di attenzione e di impegno sui temi della sicurezza e questo è un dato sicuramente positivo. Però il fatto che via siano delle ondate evidenzia un limite, nel senso che non c’è ancora un impegno quotidiano continuo sui temi della sicurezza; ci sono appunto delle ondate. Adesso, ad esempio, ci attendiamo un’ondata sul tema della formazione perché c’è stato l’accordo Stato-Regioni.
C’è un forte atteggiamento anche a livello di impresa, soprattutto nelle piccole imprese, dove prevale l’esigenza di mettersi in regola più del creare condizioni di sicurezza. C’è una preoccupazione di essere in regola, mentre fa ancora fatica a passare un ragionamento un po’ più profondo, ossia l’esigenza di lavorare in sicurezza e di creare condizioni di sicurezza sul lavoro.
In questo atteggiamento culturale giocano negativamente i rinvii normativi che ci sono nell’attuazione delle deleghe; i tempi di attuazione delle deleghe creano un ingiustificato atteggiamento di attesa, cioè si attende che arrivi l’accordo, che arrivi la circolare.

PRESIDENTE
Parla delle deleghe del decreto legislativo n. 81?

CECCHETTO
Sì, sia delle deleghe di tipo ministeriale, sia di quelle legate agli accordi Stato-Regioni o anche agli accordi di natura sindacale.
Al netto anche degli effetti della crisi economica, l’impatto di questa normativa lo riteniamo positivo, anche se la crisi ha spostato un po’ l’attenzione – e questo è un dato del momento – sia delle imprese che dei lavoratori sul tema del posto di lavoro, dell’occupazione, piuttosto che sul tema della sicurezza, e questa è una difficoltà.
Nel Veneto l’applicazione della normativa sulla sicurezza deve misurarsi con il problema delle piccole imprese che sono il tessuto del nostro sistema produttivo, spesso poco strutturate anche sul piano delle relazioni sindacali. Questa carenza di struttura viene recuperata positivamente attraverso l’attività degli enti bilaterali nel campo dell’edilizia e dell’artigianato in particolare, con le esperienze positive che abbiamo, anche se limitate, nel campo del commercio e dell’agricoltura; ma soprattutto nell’edilizia e nell’artigianato l’attività bilaterale sulla sicurezza è importante e qualificata.
Da questo punto di vista, il messaggio è che le piccole imprese vanno sostenute nell’implementazione delle misure di sicurezza, anche perché il rischio è che siano aggredite dal mercato. Oggi il mercato offre una pluralità di prestazioni, dalla consulenza alla formazione, e se le piccole imprese non sono supportate in questa situazione rischiano di essere un po’ vittime di questo mercato che si sta diffondendo in maniera abbastanza forte. Quindi il rischio è che ci sia una sicurezza basata su carte e su timbri, su dichiarazioni, semplificazioni e attestati, più che su contenuti reali di sicurezza.
Quindi andrebbe sviluppata l’attività di consulenza anche da parte dei servizi pubblici, da parte degli SPISAL e delle ULSS, oppure servirebbe un intervento a sostegno della consulenza offerta dalle strutture bilaterali. Ad esempio, positivo da questo punto di vista è l’intervento dell’INAIL che finanzia progetti portati avanti dalla bilateralità.
Questo atteggiamento dell’impresa di mettersi in regola andrebbe sfruttato proponendo delle campagne tematiche che possano orientare questi sistemi di imprese molto piccole sia a mettersi in regola, sia a produrre effettive condizioni di sicurezza, magari orientandole su contenuti particolari e specifici.
Per quanto riguarda la rete degli RLS e RLST, è una rete che si sta consolidando, che comincia a funzionare. Resta anche al riguardo l’esigenza di supportare queste persone che all’interno delle imprese o nel territorio svolgono questa importante funzione. Quindi il ragionamento sul supporto alle piccole imprese e il supporto della rete degli RLS richiama l’attuazione dell’articolo 52 del Testo unico sul fondo che sostiene la piccola impresa, la rappresentanza dei lavoratori e la pariteticità. Questo è uno strumento che, se si riuscisse ad attivare questo articolo, produrrebbe un effetto importante.
Sempre a livello istituzionale, valutiamo positivamente l’esperienza del comitato di coordinamento regionale e dei comitati provinciali, anche se ci sono dei problemi. Ve li segnalo, pur dicendo che è un’esperienza positiva, proprio per capire quali sono le difficoltà che si incontrano in questa sede. Nel comitato di coordinamento regionale sono presenti le istituzioni nazionali (INAIL, Vigili del fuoco ed altri), che però operano sulla base di indicazioni nazionali. Quindi loro, anche nel territorio, eseguono quello che si decide a Roma e questa è una difficoltà.
Gli SPISAL, all’opposto, hanno una problematicità di tipo diverso, nel senso che ci sono delle autonomie – chiamiamole così – di tipo anche professionale che rendono un po’ complicata l’azione di coordinamento. La Direzione regionale, che è quella che coordina l’attività di coordinamento, risente di una sua struttura burocratica e le parti sociali, quindi noi o le nostre controparti datoriali, esprimono delle specificità dal punto di vista degli interessi ma anche dell’esperienza.
Quindi il comitato è uno strumento positivo che funziona, però con queste dinamiche e con queste difficoltà.
Sempre a livello istituzionale, nel Veneto abbiano il problema – lo segnaliamo da tempo come sindacati – degli organici degli SPISAL, che sono gli enti delle ULSS. Complessivamente sono sottodimensionati rispetto anche ad altre Regioni quando facciamo dei paragoni, ma sottodimensionati qui significa dimezzati rispetto ad altre realtà regionali paragonabili alle nostre; soprattutto sono sottodimensionati rispetto alla miriade di piccole imprese che dovrebbero essere oggetto di attenzione da parte degli SPISAL.
Peraltro, anche la ripartizione interna tra le varie ULSS è molto squilibrata, non c’è un criterio oggettivo di assegnazione del personale in questi importanti strumenti. Ne consegue che l’attività ispettiva è limitata, insufficiente e praticamente è quasi assente l’attività di consulenza. Non è che noi puntiamo sulla vigilanza, però la vigilanza è un importante elemento di equilibrio all’interno di un sistema di sicurezza.
Volevo segnalare una contraddizione: c’è il vincolo nazionale di visitare almeno il 5 per cento delle imprese e stranamente è un vincolo che viene rispettato annualmente; il problema è la qualità di questi interventi. Ci sono i numeri, ma cosa c’è dietro questi numeri è una delle cose che abbiamo chiesto di verificare in coordinamento e dovremmo farlo nelle prossime settimane.
La dinamica è che, anche negli ultimi anni, cala il numero degli ispettori e aumenta il numero delle ispezioni; c’è qualcosa che non funziona. Si fanno quegli interventi che danno i numeri, più che quegli interventi che sarebbero necessari per dare sicurezza.

PRESIDENTE
È stato chiaro.

CECCHETTO
Siamo impegnati con la Regione per tentare di affrontare il problema e di risolverlo.
A livello istituzionale bisognerebbe appunto attivare il sistema informativo nazionale, quindi rendere fluida, gestibile e finalizzata anche l’elaborazione statistica dei dati che ci sono utili per l’orientamento dell’attività di prevenzione. Non è che oggi non esistano i dati, ma spesso non vengono fruiti in maniera razionale e quindi sono poco finalizzati alla sicurezza.
Un tema su cui siamo lavorando ultimamente è quello delle malattie professionali; questo è un settore su cui riteniamo decisivo rafforzare l’iniziativa. Tutti sono convinti che ci sia un fenomeno di sottodenuncia delle malattie professionali, diversamente rispetto agli infortuni, però intervenire su questo richiede un’azione integrata tra i vari soggetti. Quindi bisogna coinvolgere i medici di base, i medici specialisti, ospedalieri e ambulatoriali. C’è un lavoro di sistema da portare avanti e come sindacato spingiamo in questa direzione nel Veneto.
Per quanto riguarda gli infortuni, valutiamo positivamente un trend in diminuzione anche al netto degli effetti della crisi, perché la crisi ha ridotto il numero di ore lavorate e quindi è chiaro che calano anche gli infortuni, ma la crisi ha anche ridotto l’attenzione sui temi della sicurezza. Al netto di questo, riteniamo che la diminuzione del numero degli infortuni sia anche il segnale di una maggiore attenzione sui temi della sicurezza; almeno vogliamo sperarlo, la nostra lettura è questa.
Restano però dei punti critici, che sono quelli di sempre, ossia i cantieri, in particolare i cantieri mobili, le attività di movimentazione dentro e fuori gli stabilimenti, alcune lavorazioni in agricoltura, ambienti confinati e soprattutto le fasi di manutenzione ordinaria e straordinaria. È in queste situazioni che abbiamo la maggior parte degli infortuni, almeno quelli che non avvengono sulla strada, che è un altro aspetto critico. Sono tutte situazioni queste dove è determinante la dimensione professionale, cioè il saper lavorare in sicurezza, quindi la formazione e l’addestramento; è questa la lettura che facciamo sugli infortuni.
Infine segnalo un tema delicato. Il recente accordo Stato-Regioni sulla formazione e l’aggiornamento dei lavoratori pone il tema degli organismi paritetici previsti dalla normativa con un loro ruolo di orientamento e di indirizzo importante. Però, guardando anche su Internet le varie offerte formative, scopriamo di giorno in giorno sempre nuovi organismi paritetici, per cui c’è un problema di riconoscimento di questi organismi. È un tema delicatissimo perché dietro c’è il tema del riconoscimento delle rappresentanze. Mi rendo conto che è complicato, però c’è il rischio di un uso strumentale di questi organismi o di alcuni di questi; lo ricaviamo proprio dalle offerte formative che vengono fatte in rete. L’aspetto preoccupante è che di per sé l’attività di questi organismi paritetici è importante, è prevista dalla legge, ma non sarebbe di per sé obbligatoria; si potrebbe fare formazione anche senza. Ma il fatto che si propongano organismi bilaterali di varia natura, che non si sa da dove vengano e cosa facciano, pone il problema di tenere d’occhio questo settore.

NEROZZI
Può spiegarsi meglio? Fa riferimento agli enti bilaterali contrattuali?

CECCHETTO
Sono enti bilaterali contrattuali. In Italia ci sono tante organizzazioni datoriali e tante organizzazioni sindacali, io faccio riferimento a quelli che non conosciamo. Non pongo una questione di riserva di legge perché l’iniziativa sindacale e quella contrattuale sono libere.

NEROZZI
Quella contrattuale è libera se non fa dumping, ma in molti di questi casi fa dumping.

CECCHETTO
Esatto. Mi è capitato, su segnalazione di un’offerta trovata in rete, di andare alla ricerca di un ente. Mi sono così trovato di fronte ad un ente proposto da organizzazioni sindacali che non sono presenti in Veneto. Sul sito ho trovato dei contratti di lavoro, peraltro con il timbro del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL), che organizzano enti bilaterali e cose di questo tipo. Guardando poi le firme delle due parti, ho notato che la mano era la stessa. Credo allora che se affidiamo un compito a questo settore, dovremmo proporci di verificare che dietro ci sia una consistenza di rappresentanza.

NEROZZI
Soprattutto nel settore artigiano.

CECCHETTO
Anche nei settori delle piccole imprese, del terziario e dell’edilizia. Non stiamo parlando della Confindustria classica.

NEROZZI
Non ci sono nemmeno la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (CNA) e Confartigianato.
È venuto fuori nella discussione sul mercato del lavoro che sono enti bilaterali spuri che svolgono dumping. Dovremmo predisporre una norma per risolvere questo problema.

CECCHETTO
Mi rendo conto che è complicato, ma cominciamo a vedere dei segnali.

DI MATTEO
Signor Presidente, vorrei anzitutto ringraziare, a nome dell’Unione italiana del lavoro, la Commissione parlamentare per averci dato la possibilità di interloquire con il Senato della Repubblica sul tema della sicurezza sui posti di lavoro, riportando alcune rilevazioni del nostro osservatorio. Ritengo che le questioni sollevate da coloro che mi hanno preceduto siano state abbastanza esaustive nell’ambito dei ragionamenti che stiamo facendo.
L’Unione italiana del lavoro (UIL) esprime un giudizio parzialmente positivo sul lavoro svolto dal comitato regionale di coordinamento, che si riunisce in maniera abbastanza ravvicinata, discutendo problematiche rispetto alle quali noi offriamo un contributo abbastanza sostanziale.
Abbiamo già inviato ai vostri uffici le comunicazioni e il lavoro svolto dal comitato quest’anno e nell’anno precedente. Si tratta di un lavoro molto articolato con dei riscontri positivi ed altri che lasciano alcuni elementi in sospeso. Si tratta comunque di un lavoro che ci sembra abbastanza positivo.
Vorrei sottolineare l’importanza e la rilevanza della politica preventiva e della diffusione della cultura della prevenzione nei luoghi di lavoro, che quest’anno ha visto il coinvolgimento degli enti pubblici. Riteniamo che la Regione Veneto, l’INAIL, lo SPISAL e i Vigili del fuoco stiano percorrendo la strada giusta.
Vorrei a tal fine rilevare anche gli accordi realizzati e quelli in programma che hanno interessato e coinvolto tutti i soggetti istituzionali e sociali, portando un confronto e una collaborazione positiva e concreta al fine di costruire e diffondere una politica della prevenzione e di cultura nei posti di lavoro.
Per raggiungere l’obiettivo ed arrivare ad una più approfondita formazione, valutiamo positivamente l’accordo Stato-Regioni che finalmente regolamenta i processi d’informazione e formazione nei confronti dei lavoratori, che rappresentano i soggetti predominanti che s’intendono tutelare nell’ambito della prevenzione e della sicurezza nei posti di lavoro.
Riteniamo che sia stato in tal modo raggiunto un altro importante tassello, anche se occorrerà naturalmente osservarne gli sviluppi e i piani attuativi.
Non intendo soffermarmi ancora sugli aspetti generali, concentrando invece la mia attenzione sulla questione del personale che riteniamo fondamentale. Nel lavoro svolto dal comitato di coordinamento manca un’analisi dello stato attuale degli organici dei servizi, che noi abbiamo più volte sollecitato. Consideriamo positivamente il fatto che nell’ultima riunione del comitato tale invito sia stato accolto convocando entro tempi brevi una riunione specifica del comitato, con particolare riferimento al numero di tecnici di prevenzione attualmente in servizio, che sopportano circa l’80 per cento dell’attività di vigilanza, indagini su infortuni, ispezioni nei cantieri, vigilanza congiunta e coordinata, ispezioni nelle aziende con l’onere dell’applicazione delle procedure di prescrizione e di verifica dell’applicazione delle procedure di reati.
Il numero di tecnici in servizio effettivo, cioè gli UPG, è diminuito e si sta facendo fronte a tale diminuzione attraverso l’acquisto di prestazioni di personale a tempo determinato, che non essendo UPG non può essere nominato ed è privo della necessaria esperienza. Questa è una denuncia che noi vogliamo fare rispetto all’utilizzo di questo tipo di personale. Ciò comporta che ad oggi le prestazioni siano al limite e non sia verosimile mantenere lo stesso ritmo di lavoro, tenuto conto che le attività di vigilanza sono sempre più complesse e che le controparti sono ormai seguite da professionisti, tecnici e avvocati, che richiedono un livello di approfondimento sempre più spinto, una programmazione efficace e un’attività di formazione di questo personale che sia particolarmente attenta alle procedure di polizia giudiziaria.
Abbiamo chiesto al comitato di affrontare tale problematica perché ciò si rende necessario al fine di provvedere ad una revisione delle piante organiche degli SPISAL, verificando la congruità del numero di tecnici della prevenzione in servizio a tempo indeterminato e il carico di lavoro effettivamente sostenuto.
Vorrei ricordare che il tecnico della prevenzione è una figura sanitaria istituita da apposite norme e regolamenti, che ha compiti specifici e le cui attribuzioni e competenze non possono essere svolte da altro personale, stante il rischio di incorrere nell’esercizio abusivo di una professione sanitaria riconosciuta.
Vorrei quindi cogliere l’occasione per ringraziare pubblicamente il lavoro svolto da tutti gli operatori che hanno il compito di prevenzione, tutela, formazione, informazione, controllo, sanzione nell’ambito della sicurezza e tutela della salute e dei lavoratori nel nostro territorio.
La sicurezza e la cultura nei luoghi di lavoro è un aspetto che interessa tutti e riteniamo perciò necessaria la diffusione della cultura della sicurezza in tutti gli ambiti e a tutti i livelli.
Crediamo infine che la crisi incombente, per la quale ancora non si intravedono soluzioni, non debba essere elemento frenante di un processo che investe il trend degli infortuni, delle morti sul lavoro e delle malattie professionali che stanno notevolmente aumentando. Crediamo che fino a quando anche un solo lavoratore non ritorna a casa dalla sua famiglia, la nostra battaglia per la sicurezza e la salute nei posti di lavoro non possa ritenersi conclusa.

TONON
Signor Presidente, ringrazio anch’io la Commissione per questa audizione che ci permette di esprimere la nostra opinione rispetto ad una complicata e non semplice applicazione del decreto legislativo n. 81 del 2008. Tale applicazione non è semplice dal punto di vista della vigilanza. Non è tuttavia semplice nemmeno per il personale delle ASL e dell’INAIL riuscire a svolgere un lavoro proficuo nel momento in cui esistono decine di rapporti di lavoro al limite della tipologia contrattuale e comunque anche complicazioni relative alla flessibilità degli orari e alla precarizzazione che ovviamente non rendono immediatamente visibili le irregolarità all’interno dei posti di lavoro. Tutto questo implica un lavoro e una capacità professionale che deve essere sempre aggiornata.
Spero che il calo di infortuni e di morti sul lavoro sia dovuto almeno in parte al lavoro che le parti sociali e gli enti hanno messo in campo.
Per quanto riguarda il Veneto abbiamo perso negli ultimi due anni circa 80.000 posti di lavoro. Negli ultimi tre anni abbiamo avuto una media annua dagli 80 milioni ai 100 milioni di ore di cassa integrazione. Penso che gran parte di questo calo di lavoro abbia avuto una ricaduta sul calo degli infortuni e spero che nel momento della ripresa non ci troveremo nuovamente ad affrontare un fenomeno infortunistico preoccupante.
Ritengo positivo il lavoro messo in campo dal coordinamento regionale della vigilanza che, perlomeno dal punto di vista dell’utilizzo delle risorse e della razionalità, ha assunto iniziative e svolto attività formative che in qualche modo hanno aggredito anche i settori a rischio. È ovvio che per dare continuità a questo tipo di attività bisognerà andare oltre le risorse che lo Stato aveva messo a disposizione per il primo saggio dell’attività formativa che è stata messa in campo. Serviranno quindi ulteriori risorse che spero la Regione possa metter in campo.
L’anno scorso abbiamo avuto circa 90.000 infortuni nel settore dell’industria, del commercio e dell’agricoltura, e circa 8.000 infortuni tra gli studenti delle scuole. Quest’ultimo è un fenomeno che alle volte dimentichiamo perché spesso le banche dati non registrano questi infortuni che si verificano nelle scuole pubbliche, che hanno problemi di applicazione e messa a regime dei sistemi di sicurezza a partire dagli stessi edifici.
Abbiamo poi avuto un aumento delle malattie professionali e delle stesse malattie del lavoro che tante volte l’INAIL non riscontra e non riconosce all’interno delle sue normative.
Per quanto riguarda la formazione obbligatoria dei lavoratori, abbiamo fatto un accordo importante con Confindustria e Confartigianato. L’applicazione dell’articolo 37 del decreto legislativo n. 81 e l’accordo Stato-Regioni ci hanno permesso di mettere in campo un’attività diffusa di formazione o perlomeno di concordare come parti sociali la necessità di estendere quello che finora si era messo in campo in materia di formazione diffusa dei lavoratori.
Non vorrei essere ripetitivo e fare le solite affermazioni sulla mancanza di risorse. I miei colleghi hanno già detto che effettivamente il decreto legislativo n. 81 e i coordinamenti regionali di vigilanza hanno messo in campo programmi di attività formative. Noi abbiamo la risorsa in termini umani dei lavoratori tecnici degli SPISAL che fanno questa attività che è però ferma a tre anni fa. Sulla carta abbiamo perciò messo in campo un aumento della capacità della possibilità di vigilanza e di prevenzione all’interno dei posti di lavoro. Si tratta di capire se questo comporta anche un lavoro di qualità e di estensione delle capacità di vigilanza e di controllo.
Noi abbiamo difficoltà a verificare la formazione e l’addestramento dei giovani con rapporti di lavori brevi per ovvi motivi. Siamo in una Regione i cui i rapporti di lavoro brevi e stagionali, che durano 60 o 120 giorni, rendono molto complicata sia la vigilanza sia l’attività formativa. Noi pensiamo che servirebbe – su questo siamo impegnati dal momento che si vanno a rinnovare accordi regionali contrattuali – un’indicazione a livello nazionale di protocolli d’intesa che regolamentino l’accesso dei giovani e i rapporti di lavoro brevi. Un giovane lavoratore, infatti, quando entra in un’azienda, soprattutto se manifatturiera o a rischio infortunistico, dovrebbe aver ricevuto la formazione. Penso al contratto nazionale dell’edilizia che prevede che un giovane prima di entrare in un posto di lavoro deve avere svolto 16 ore di formazione preparatoria. Questo dovrebbe essere esteso ad altri settori. C’è un’altra cosa che vorrei sottolineare: mentre abbiamo un riferimento in un organismo paritetico, per quanto riguarda l’attività della sicurezza o l’applicazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, con Confindustria sia a livello regionale che a livello provinciale e per gli artigiani con un altro organismo unico paritetico regionale, abbiamo più difficoltà nel settore del terziario perché abbiamo circa 18 enti bilaterali – questi in teoria dovrebbero assolvere almeno parzialmente a questo tipo di ruolo – e non abbiamo nessun organismo paritetico di riferimento paradossalmente nei settori pubblici. Penso in primo luogo alla sanità pubblica e privata. C’è tutta un’attività relativa alle nomine dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS), alla loro formazione, che è lasciata alla buona volontà e alla voglia di fare dei singoli enti. Non si capisce come mai non si riesca anche a livello nazionale a stabilire regole e percorsi precisi anche per questo settore.
Un’ultima questione è relativa all’INAIL. Fino a tre anni fa avevamo una banca dati aggiornata mensilmente che permetteva a noi delle parti sociali di intervenire all’istante. Nel momento in cui avevamo notizie certe sulla crescita di infortuni nel singolo settore o Provincia c’era anche la possibilità di intervenire in quei settori o situazioni a rischio per riuscire ad accelerare iniziative ad hoc che ci consentivano di dare anche una risposta immediata. Adesso ci troviamo di fronte ad una situazione diversa; i motivi li abbiamo ascoltati, ma non li riteniamo importanti: oggi noi abbiamo i dati ufficiali del 2010, al di là dei lanci di agenzia o dell’attività delle singole INAIL regionali. La banca dati dell’INAIL è bloccata e la nostra conoscenza si basa su quelli che, in genere, vengono presentati l’anno successivo a settembre. Questa è diventata una data storica. Non so a quale necessità interna dell’ente questo risponda; per noi è una mancata possibilità di un intervento immediato. Sapere per tempo penso sia un elemento importante, anche per quanto riguarda il coordinamento regionale della vigilanza. Sapere per tempo che nel singolo settore e Provincia ci sono problemi darebbe possibilità di intervento in termini di vicinanza e di messa in campo di attività specifiche formative che possano rispondere a questo tipo di complessità.

PASSINO
Confermo quanto detto dai colleghi che mi hanno preceduto. Secondo me, occorre puntare l’attenzione sul sistema degli appalti pubblici, come veniva detto poc’anzi. Le cose innovative che potrebbero essere previste sono il tutor di cantiere, la verifica di idoneità tecnico-professionale, l’obbligatorietà del cartellino di riconoscimento per gli operatori (che in alcuni settori funzionano, mentre in altri le cose sono un po’ latenti) e riunioni periodiche di coordinamento tra stazione appaltante e ditte impegnate nel cantiere. Attualizzare queste norme e renderle operative è di fondamentale importanza perché non solo il Veneto è caratterizzato, come è stato detto, da microimprese, ma l’attuale crisi economica che ha attraversato il Paese ha prodotto un’ulteriore polverizzazione del tessuto produttivo con una crescente presenza di piccolissime imprese e lavoratori autonomi. Questi sono anelli deboli della catena di appalti e subappalti che diluiscono le responsabilità e accrescono la ricerca dell’economicità ad ogni costo. L’individuazione puntuale delle responsabilità serve per contrastare il ricorso non solo al lavoro nero, ma anche alla mancanza della tutela in termini di sicurezza. Per noi è fondamentale che ci sia l’abolizione totale del massimo ribasso nelle gare di appalto, che significa arrivare a una riduzione dei diritti di chi lavora perché per effetto della crisi si avvia un trend di calo dell’attenzione su questa materia.
Per quanto riguarda la vigilanza, una maggiore copertura, come è stato detto e sentiamo di dover ripetere, si può ottenere utilizzando al massimo le sinergie tra gli enti preposti al controllo e non puntando esclusivamente sugli aspetti repressivi e sanzionatori, ma sulla prevenzione e sulla cultura della sicurezza, aiutando le imprese in investimenti e formazione, come è previsto dalle norme e arrivando a prevedere anche la defiscalizzazione di questi oneri di investimento, che per noi sono un investimento e non un costo, come invece alcune aziende sostengono. La prevenzione è strumento principe soprattutto nel settore della sanità che si realizza tramite gli SPISAL a livello territoriale. È, quindi, importante un potenziamento degli SPISAL. L’altro aspetto che vorrei evidenziare è che la prevenzione deve partire nella fase iniziale di un lavoro – ritornando al discorso degli appalti – prima ancora che venga data l’autorizzazione alla realizzazione di un’opera. In molti casi, sarebbe opportuno effettuare, prima di avviare un progetto di lavoro e l’apertura di un cantiere, un sopralluogo preventivo per valutare se il sistema di sicurezza è rispettato. Ciò deve essere fatto prima e non quando il cantiere è già operante e c’è già stato un incidente. Ciò deve essere accompagnato da un monitoraggio continuo. Solo in tal modo potremo mettere in essere un efficace sistema di prevenzione.
Ci sono altri due aspetti che desidero sottolineare. Il primo è finalizzato a migliorare la conoscenza in ambito scolastico del sistema sicurezza, obiettivo che pur essendo previsto non abbiamo la certezza assoluta che venga perseguito correttamente, né abbiamo la possibilità di verificarlo. Il riferimento è alle scuole dell’obbligo e superiori nelle quali bisognerebbe offrire in maniera sistematica una conoscenza adeguata delle norme di sicurezza nei luoghi di lavoro anche perché i ragazzi vengono preparati al ruolo che dovranno svolgere in futuro in qualità di lavoratori dipendenti o di imprenditori. Deve crescere la consapevolezza delle normative in materia di sicurezza per aumentare la disponibilità a rispettarle anziché tentare di raggirarle. Un’attenzione maggiore dovrebbe essere riservata agli stranieri per via della loro lingua e della non conoscenza dell’italiano e affinché le norme siano di facile apprendimento anche per loro. Per quanto riguarda gli RLS non solo nell’edilizia, in alcune aziende, soprattutto nelle più piccole, mancano gli RLS o, se ci sono, sono a macchia di leopardo e non colloquiano con l’INAIL e gli enti preposti. A livello di INAIL servirebbero un data base con il nome dei vari RLS a livello territoriale delle varie aziende al fine di innescare una sorta di rete.
Un altro aspetto importante che nelle aziende è sottovalutato è lo stress lavoro correlato e il microclima aziendale, che non è ancora avvertito dagli imprenditori e tanto meno dai lavoratori. Un altro aspetto non trascurabile è la verifica periodica dei carichi di lavoro intesi come orario. Abbiamo riscontrato casi di turni di lavoro doppi e tripli in alcune aziende, di lavoratori che non effettuano giorni di riposo che potenzialmente sono a rischio visto il calo di attenzione. A nostro avviso, una maggiore promozione delle norme e della loro conoscenza quale diritto-dovere cui adempiere è fondamentale.

PRESIDENTE
Desideriamo ringraziarvi per i contributi che ci avete dato. Per quanto riguarda gli RLS stiamo aprendo anche noi un’interlocuzione diretta con l’INAIL perché in varie parti d’Italia le forze sociali e i sindacati, in modo particolare, ci chiedono questo. Stiamo cercando di accelerare quanto più possibile l’attuazione del Testo unico perché manca in alcune parti importanti. C’è un confronto diretto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: l’ultima volta che lo abbiamo avuto in audizione credo sia stato 20 giorni fa perché c’è anche questa necessità di poter capire meglio come mai ci sono ritardi significativi. Del resto, il Testo unico è del 2008. È vero che ci sono tavoli complessi a tre o a più soggetti, però anche da questo punto di vista dobbiamo sollecitare e snellire. Noi ci auguriamo che questa nostra attività d’indagine possa alla fine favorire delle soluzioni che possano essere il più possibile funzionali ad un problema che, al di là della pur richiamata leggera diminuzione di infortuni e morti sul lavoro, non si riesce ad abbattere o cui non si riesce ad infliggere un colpo significativo. È vero che c’è un andamento di riduzione nel Veneto degli infortuni, come prima veniva richiamato. Adesso l’INAIL non dà dati definitivi, ma fornisce ancora dei dati su cui lavorare. Per il meccanismo interno dell’INAIL passano circa sette mesi prima che i dati vengano forniti e si va a finire ad estate inoltrata per l’anno precedente. Abbiamo questo dato abbastanza buono di 81.000 infortuni, richiamato da qualcuno di voi, che di fronte agli 87.000 del 2010 e agli 89.000 del 2009 e ai 113.000 del 2006 rappresenta un segnale importante. C’è il problema delle ore lavorate di cui bisogna fare la tara. Nonostante questo aspetto, gli infortuni mortali, pur essendo decresciuti nel 2006, 2007 e 2008, nel 2009 raggiungono le 80 unità, nel 2010 salgono a 83 e nel 2011 se ne presumono 84. C’è, quindi, una piccola risalita. Anche questo ci dice che dobbiamo capire meglio e muoverci meglio per cercare di avere risultati molto più efficienti. Noi vi ringraziamo per la collaborazione e tenete presente che il nostro non è un incontro spot, ma vogliamo augurarci che, se vi è necessità e noi ce lo auguriamo, sia l’inizio di una collaborazione e, quindi, ci possa essere un’interlocuzione da parte vostra con la nostra Commissione anche per entrare all’interno di quei temi che voi doveste ritenere opportuni. Questa è la disponibilità di collaborazione che vi offriamo. Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del presidente dell’Autorità portuale e del comandante della Capitaneria di porto di Venezia

Intervengono il presidente dell’autorità portuale di Venezia, professor Paolo Costa, accompagnato dal direttore tecnico, dottor Nicola Torricella, e dal responsabile della sicurezza, signor Andrea Rossi, e il comandante della capitaneria di porto di Venezia, contrammiraglio Tiberio Piattelli, accompagnato dal capo sezione tecnica, capitano di fregata Alberto Pietrocola.

PRESIDENTE
I nostri lavori proseguono con l’audizione del presidente dell’Autorità portuale di Venezia, professor Paolo Costa, accompagnato dal direttore tecnico, dottor Nicola Torricella, e dal responsabile della sicurezza, signor Andrea Rossi, e del comandante della Capitaneria di porto di Venezia, contrammiraglio Tiberio Piattelli, accompagnato dal capo sezione tecnica, capitano di fregata Alberto Pietrocola.
La presenza della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno degli infortuni e delle morti sul lavoro qui a Venezia si inserisce in un’indagine in corso in tutte le Regioni italiane per poter comprendere una serie di problematiche e in qualche modo per stare vicino alle istituzioni territoriali e creare anche un’occasione di colloquio, di incontro vero, effettivo. Questo al fine di comprendere in che modo il nuovo Testo unico è calato sul territorio e quindi se denota problematicità o se invece viene visto in senso positivo, anche con le riflessioni che magari vanno sviluppate.
Voi rappresentate una realtà un po’ particolare, quindi vorremmo avere anche da voi notizie e riflessioni su questo tema che credo sia caro a tutti, ossia cercare effettivamente di sconfiggere la piaga degli infortuni e delle morti sul lavoro, battaglia che non è assolutamente vinta.

COSTA
Sono Paolo Costa, presidente dell’Autorità portuale di Venezia.
Ringrazio il Presidente e la Commissione per questa visita e per l’occasione che ci viene offerta di scambiare qualche opinione su un tema che non può non essere di estrema rilevanza per tutti noi e che, per quanto ci riguarda, è fonte di molta attenzione, di molto impegno e di molta attività. Probabilmente lo dico per il fatto che alcuni anni fa il porto di Venezia è stato colpito da un grave incidente e a seguito di questo credo di poter dire (ma su questi aspetti bisogna sempre essere molto attenti a quello che si dice) che abbiamo cercato di fare e mi pare che stiamo facendo sforzi adeguati che penso possano essere messi a disposizione di altre esperienze in altri momenti.
Mi limiterei semplicemente a dare quattro flash sui capitoli delle attività che svolgiamo (li ho riassunti in un documento che ho consegnato, in modo tale da non dover scendere in troppi dettagli) e concluderò con una piccola proposta che potrebbe anche avere carattere normativo e potrebbe aiutarci a completare il lavoro.
La realtà di cui ci occupiamo per la sicurezza (ce ne occupiamo in condominio, nel senso letterale del termine, con l’autorità marittima, che è qui rappresentata dall’ammiraglio Piattelli) è quella portuale, che molto spesso non è percepita nella sua duplicità, che è costituita da quella parte veneziana che ha a che vedere con la vecchia marittima, con il vecchio porto insulare lagunare, e soprattutto dalla grandissima area industriale di Marghera, che è tecnicamente ricompresa entro l’ambito portuale veneziano. Naturalmente le responsabilità anche per la sicurezza che in questo momento ci riguardano sono quelle relative all’attività portuale dentro l’ambito, ma in qualche caso (gestione dei rischi e così via) le responsabilità che abbiamo si estendono anche un po’ al di là.
Per dare un’idea, dentro quello che è definito ambito portuale lavorano più di 21.000 persone; di queste 21.000, nel settore portuale logistico e cantieristico, quindi compresa Fincantieri, si arriva a 16.000-17.000; se togliamo la cantieristica, parliamo di 13.000 persone; se guardiamo al trasbordo delle merci in senso più ristretto, siamo sulle 5.000 persone e poi man mano fino alle 90 persone che lavorano dentro l’Autorità portuale.
Per il tema che ci riguarda, lavoriamo fondamentalmente, come penso ogni altro porto, su quattro attività: sull’attività di vigilanza e di promozione della sicurezza; su un’intensa attività di formazione; sul coordinamento di un tavolo di lavoro per la sicurezza con tutti coloro che hanno qualche responsabilità al suo interno; conducendo anche iniziative non solo locali per aumentare il livello di sicurezza.
Metto in rilevo solo alcuni aspetti attinenti ai primi due punti. Per la vigilanza esercitiamo un controllo con sei ispettori e con un’attività che è organizzata ventiquattr’ore su ventiquattro tutto l’anno, compresi quindi anche i giorni festivi. È un’attività di vigilanza che si muove secondo una programmazione mensile, di continua ispezione in modo che facciamo un’attività per quanto più possibile di prevenzione delle cose che possono accadere, naturalmente seguendo le varie leggi e le varie norme che sono a disposizione, che abbiamo codificato in ordinanze. Le più recenti sono quelle che riguardano la disciplina sulla sicurezza durante le operazioni dei servizi portuali del 2009, la disciplina sui permessi di lavoro per accessi e spazi confinati a bordo nave perché – come vedremo – l’attività di formazione si conclude con autorizzazioni individuali (nessun operatore dentro il porto può muoversi se non ha prima superato tutti i test e se non è stato formato ai fini della sicurezza in maniera adeguata) e poi man mano con altri interventi sulla prevenzione magari delle cause prime di problemi, come può essere un’ordinanza sulla prevenzione delle emissioni da polveri diffuse.
Facciamo una programmazione mensile per le attività di vigilanza e controllo secondo la normativa ISO 9001; c’è un processo che è continuato e che è organizzato, che si produce alla fine con eventuali contestazioni in caso di scritte e verbali.
Anticipo qual è il punto nodale: noi facciamo una grande attività ispettiva; c’è stato un aumento del numero di ispezioni, che hanno anche portato un crescendo di infrazioni riscontrate (da 120 nel 2008 a 194 nel 2011), che fortunatamente si accompagnano invece ad un trend decrescente di infortuni.
Vi anticipo qual è il tema che offro alla vostra riflessione: non siamo dotati di poteri sanzionatori, per cui svolgiamo una grande attività ispettiva, controlliamo la situazione e, quando riscontriamo un’infrazione, la segnaliamo secondo le competenze e probabilmente poi, interrompendo la catena, si rischia in qualche caso di essere meno efficaci nel momento successivo.
Per quanto riguarda le attività relative al porto, abbiamo avuto 120 casi problematici, tra cui si segnalano non tanto i 24 casi a bordo ma quelli sottobordo e poi soprattutto nell’area del piazzale di movimentazione, laddove c’è interazione con mezzi che movimentano le merci. Ci sono delle statistiche sulla tipologia di accadimenti e sul tipo di lesioni che queste provocano e su quali siano i problemi che più facilmente vengono riscontrati. Siccome si tratta soprattutto di casi relativi alla movimentazione delle merci sui piazzali, è intuitivo che i problemi più gravi li abbiamo relativamente a fatti traumatici.
Questo per quanto riguarda il controllo, cioè la vigilanza e l’organizzazione, ed i riscontri che abbiamo ottenuto.
Stiamo lavorando molto di più in attività di formazione e di prevenzione, nel senso che stiamo seguendo tutte le attività. L’obiettivo che ci siamo dati è quello di arrivare a dotare tutti coloro che si muovono in porto di un libretto individuale di professionalità che testimoni il superamento, la sottoposizione e il mantenimento dell’attività formativa. Non è merito mio ma del mio predecessore: abbiamo anticipato alcuni contenuti del testo unico della sicurezza quando è stato istituito. Oggi nessuno si muove nell’area portuale senza avere un tesserino che attesti che ha superato tutte queste attività.
La formazione avviene per tipologia di attività che viene svolta. Vengono regolarmente rinnovate e il libretto formativo prescrive i temi cui deve sottoporsi nuovamente il soggetto rispetto all’attività.
Un altro aspetto rilevante è la costituzione del tavolo di lavoro per l’applicazione del protocollo di sicurezza che è stato originato nel 2008 dall’incidente. A quel tempo, e a tutt’oggi, abbiamo messo insieme tutti le istituzioni che si occupano della sicurezza, che si trovano con regolarità per il fatto che fortunatamente non si sono verificati altri incidenti e sfortunatamente perché questo allenta un po’ la tensione. In qualche caso ci troviamo di fronte a soggetti che molto spesso non hanno le risorse né personali né materiali per conseguire il lavoro; in altri casi l’INAIL, l’INPS, la stessa Regione Veneto hanno qualche difficoltà a tenere pienamente attivo il sistema. Comunque è questo tavolo che sovrintende ai corsi di formazione, alla Giornata nazionale per la sicurezza sul lavoro, all’identificazione dei problemi e ha una sua capacità di muoversi in questa maniera.
Come dicevo, il cuore della nostra attività è quello preventivo e formativo. Nessuno può essere addetto al lavoro portuale se non è in possesso di un percorso formativo certificato, se non ha sostenuto l’esame per l’addestramento e la formazione e se non si sottopone ogni due anni ai necessari corsi di aggiornamento. Tutto questo è regolato da ordinanze che siamo andati man mano mettendo insieme.
Inoltre abbiamo proceduto e premuto su tutte le imprese che lavorano nella realtà portuale affinché si dotino di certificati di sistemi di gestione di sicurezza. Nella documentazione consegnata si possono misurare i risultati finora raggiunti. Non è ancora il cento per cento della copertura, ma una stragrande maggioranza di imprese che si muovono al nostro interno ormai sono avviate ad aumentare sempre più i livelli di certificazione rispetto alla sicurezza.
Le altre attività sono costituite da un portale sulla sicurezza che cerchiamo di alimentare e di mantenere in modo che tutti siano aggiornati su obiettivi, metodi e modi per conseguirla, su una convenzione che manteniamo con l’Istituto San Camillo (un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico sulla traumatologia) anche in tematiche che ci riguardano e poi tutta una serie di iniziative che girano attorno la Giornata nazionale per la sicurezza sul lavoro, il Safety Day che si tiene ogni anno, e che hanno prodotto altre iniziative pubbliche generali. Soltanto nel 2009 sono stati fatti cinque incontri informativi che sistematicamente cercano di mantenere desta l’attenzione su una tematica che credo non possa non essere in prima fila nella nostra responsabilità e nella nostra attenzione.
La questione che resta aperta è quella relativa all’efficacia della vigilanza. Noi facciamo un grande sforzo di verifica e di controllo che molto spesso si interrompe nel momento in cui occorrerebbe un corto circuito sulla vigilanza e sul potere sanzionatorio.
Noi saremmo anche disponibili ad assumerci qualche responsabilità in più; se lo si riterrà opportuno, noi siamo disponibili in tal senso.
Rimango a disposizione, assieme ai miei collaboratori, per eventuali domande e chiarimenti.

PIATTELLI
Signor Presidente, ringrazio la Commissione per l’opportunità di intervenire in questa sede sulla materia della sicurezza sul lavoro che è sicuramente una delle priorità assolute, anche a seguito dell’incidente avvenuto tre anni fa. In seguito a tale incidente è nato a Venezia il cosiddetto Sistema operativo integrato sulla sicurezza di cui fanno parte gli enti che si occupano a vario titolo della sicurezza portuale, come lo SPISAL, l’Autorità portuale, la Capitaneria di porto, i Vigili del fuoco e l’Ispettorato del lavoro.
Anch’io devo rilevare, come ha detto il presidente Costa, alcune difficoltà nella piena operatività di questo servizio per la molteplicità di impegni dei vari enti. Ciò nonostante l’attività del Sistema è molto frequente ed incisiva. A ciò si aggiunga che in ambito portuale il personale della Capitaneria di porto, nell’espletamento giornaliero dei servizi d’istituto, controllando nel porto navi e ormeggi, presta una particolare attenzione alla problematica della sicurezza, svolgendo un’attività preventiva, cercando di sensibilizzare gli operatori e segnalando i casi che non sono conformi alle norme.
A parte ciò che concerne il lavoro portuale a terra, particolare attenzione è rivolta alla sicurezza a bordo delle navi mercantili e delle unità da pesca, durante le operazioni di rilascio e di rinnovo dei certificati di sicurezza. Nel 2011 abbiamo ispezionato, prestando particolare riguardo alla sicurezza nel lavoro, 156 unità mercantili e 3 navi da pesca; nel 2012 abbiamo ispezionato 234 unità mercantili e 14 navi da pesca.
Vorrei fare un piccolo cenno alla nostra competenza in materia di infortuni avvenuti a bordo, nei quali si procede a seconda di quelle che sono le procedure previste dalla legge. Nel 2011 abbiamo registrato 12 infortuni a marittimi italiani, con prognosi inferiori a 30 giorni; nel 2012 abbiamo registrato 3 infortuni con prognosi inferiori a 30 giorni e nessun infortunio mortale negli ultimi due anni. Mi sembra un dato positivo che sta a registrare come sul naviglio mercantile e sul naviglio da pesca nazionale le norme di sicurezza vengono rispettate.
Abbiamo operato a bordo in base ai dettami dei decreti legislativi nn. 271 del 1999 e n. 272 del 1999 che, con l’emanazione del Testo unico del decreto legislativo n. 81 del 2008, rimangono in vita in attesa del regolamento attuativo che dovrebbe essere emanato entro il 15 maggio di quest’anno. Vorrei sapere, Presidente, a che punto sono questi decreti attuativi.

PRESIDENTE
Venerdì scorso il Consiglio dei ministri ha varato un disegno di legge delega in materia di salute e sicurezza sul lavoro nel settore portuale e marittimo. Non abbiamo ancora il testo, che ci procureremo non appena rientreremo a Roma.

PIATTELLI
Ringrazio quindi la Commissione e rimango a disposizione per eventuali domande.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per il contributo che avete offerto ai lavori della Commissione, anche perché voi siete un mondo nel mondo, una realtà nella realtà, che in qualche modo ha meccanismi, regole e controlli che vi rendono diversi dal resto per una serie di motivi.
Ritengo che dalle vostre relazioni sia emersa una forte volontà di contrasto; è questo che noi ci auguriamo ed è il motivo per il quale operiamo. Credo altresì che sarà interessante un sistema collaborativo con voi, qualora lo riteneste opportuno, al fine anche di avere da voi un commento e un’analisi su queste nuove norme nel momento in cui esse verranno applicate. Tutto ciò sarà per noi motivo di sostegno e di comprensione. Anche noi infatti abbiamo bisogno di poter capire come vanno le cose e chi vive queste cose ed opera direttamente nel settore può offrirci il contributo migliore, soprattutto se non si tratta di soggetti interessati, ma di autorità pubbliche con le quali noi abbiamo un’interlocuzione diretta. Da questo punto di vista consideriamo questo incontro nell’ottica di una possibile collaborazione successiva o, se voi ritenete, quale punto di riferimento per quanto riguarda le problematiche delle quali questa nostra Commissione si interessa. Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, agricole e artigiane

Intervengono il funzionario della Confindustria Treviso, dottor Marco Armillotta, il presidente dell’ANCE Veneto, geometra Luigi Schiavo, accompagnato dal geometra Alberto Guerra, il funzionario della Confartigianato Veneto, signor Marino Pistolato, il responsabile provinciale della Federazione regionale dei coltivatori diretti Veneto, dottor Paolo Casaro, il presidente della CNA Veneto, dottor Alessandro Conte, accompagnato dal funzionario del medesimo ente, dottor Luigi Fiorot, il vice direttore della direzione regionale della Confcommercio Veneto, dottor Francesco Antonich, il responsabile delle politiche del lavoro della Conferesercenti, signor Marco Palazzo, il funzionario della Federazione regionale Casartigiani, signor Umberto D’Aliberti, il responsabile delle relazioni industriali della Legacooperative Veneto, dottor Nicola Comunello, il rappresentante della direzione regionale della Confederazione italiana agricoltori (CIA), signora Laura Ferrin, e il direttore della Confcooperative Veneto, signor Francesco Brunello.

PRESIDENTE
La nostra Commissione è presente a Venezia non perché ci siano motivi particolari, ma per conoscere meglio la Regione Veneto. Siamo qui perché abbiamo deciso di fare un’indagine in tutte le Regioni d’Italia per poter capire, soprattutto dopo la nascita di questo tanto atteso decreto legislativo n. 81 del 2008, come lo stesso viene attuato e recepito. Vorremmo poi sapere come viene vissuto il comitato di coordinamento regionale che mi sembra abbastanza funzionante qui nel Veneto. Capisco che non sono rappresentate tutte le sigle, ma sono comunque presenti sigle di rappresentanza del mondo datoriale e dei lavoratori autonomi.
Vorremmo fare con voi una riflessione su questo tema che, nonostante siano presenti segnali di una sensibile diminuzione di infortuni e di morti sul lavoro, rimane comunque un problema caldo perché i numeri sia degli infortuni che delle morti sono ancora altissimi. La nostra intenzione non è quella di creare ulteriori orpelli normativi o di carattere burocratico, ma capire se vi sono delle tessere in questo mosaico che non rappresentano completamente il fenomeno e che potrebbero aiutarci a prevenirlo prima che lo stessi si determini.

ARMILLOTTA
Signor Presidente, mi occupo del tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro per Confindustria Veneto.
Vorrei anzitutto portare alla Commissione i saluti del presidente Tomat e i suoi particolari ringraziamenti per l’occasione che ci viene data di fornire la nostra testimonianza e speriamo un contributo per i lavori che state svolgendo.
Esprimiamo grande apprezzamento per le attività che vengono svolte da questa Commissione e per la forte determinazione di comprendere il complesso fenomeno degli infortuni, cercando di mettere in campo strategie che siano volte a contenerlo.
Il sistema Confindustria Veneto è composto dalla struttura territoriale regionale, quindi da Confindustria Veneto e dalle sette associazioni territoriali. Tale sistema ha sempre manifestato un grosso impegno e una grande attenzione ai temi della sicurezza, promuovendo in particolare attività relative alla diffusione della cultura della sicurezza presso le proprie associate nella piena consapevolezza che il fenomeno infortunistico comporta, in primo luogo, la violazione dei diritti umani e della dignità umana e, in secondo luogo, costituisce un fattore che determina un abbassamento e incide negativamente sulla competitività del nostro sistema produttivo.
Tra le attività istituzionali che Confindustria Veneto ordinariamente svolge mi sento di segnalare la costante sensibilizzazione delle imprese nei confronti delle tematiche della sicurezza. Mi riferisco, in particolare, alle attività di formazione e informazione che quotidianamente svolgiamo sui temi normativi della sicurezza e sul decreto legislativo n. 81 del 2008 e sulle successive modifiche, integrazioni e sui provvedimenti di secondo livello che sono in fase di adozione da parte delle autorità competenti. È stato anche creato un sito all’interno del quale c’è una pagina specifica che tratta il tema della sicurezza. Realizziamo corsi di formazione su tutte le figure professionali previste dal Testo unico sulla sicurezza (addetti al servizio di prevenzione e protezione (ASPP), responsabili del servizio prevenzione e protezione (RSPP), rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS), dirigenti, preposti e lavoratori); organizziamo convegni e seminari sulle principali tematiche in materia di sicurezza sempre a vantaggio delle nostre aziende; assistiamo le nostre aziende nell’implementazione degli adempimenti previsti dalla normativa vigente; predisponiamo delle metodiche e delle buone prassi che mettiamo a disposizione delle aziende del nostro territorio. In più, partecipiamo attivamente ai tavoli tecnici regionali per condividere le strategie per far fronte al fenomeno degli infortuni sul lavoro. Dalle attività che svolgiamo riscontriamo in particolare, anche in un periodo di crisi come quello che attualmente le nostre aziende stanno vivendo, grande attenzione nei confronti del tema della sicurezza e una sempre maggiore partecipazione alle attività formative e informative di progetto che organizziamo come sistema. Notiamo un notevole miglioramento della conoscenza e del rispetto della normativa vigente da parte delle nostre aziende. Di particolare importanza sono le attività che svolgiamo con la collaborazione dei partner istituzionali che, come giustamente diceva il Presidente, in Veneto ha una tradizione. È nata da tempo e si è consolidata. I vari partner istituzionali competenti sulla materia o interessati sono abituati a confrontarsi quotidianamente su questi temi. Mi sento di citare il positivo rapporto di collaborazione instaurato con gli uffici della Regione Veneto e, in particolare, con la direzione prevenzione grazie a cui è possibile confrontarsi e sollevare tematiche. Questa collaborazione è stata istituzionalizzata con il comitato regionale di coordinamento, al quale partecipiamo anche noi, che sta producendo dei lavori assolutamente positivi in termini di pianificazione regionale in materia di prevenzione sulla sicurezza. Ci tengo a citare gli ultimi provvedimenti che sono stati condivisi con le parti sociali e il piano sulle attività di formazione, assistenza e vigilanza per l’anno 2012 e una linea di indirizzo relativa agli ambienti confinati, dove in questo periodo si stanno verificando il maggior numero di infortuni. Particolare menzione meritano i gruppi di lavoro costituiti all’interno della segreteria operativa del comitato regionale di coordinamento ai quali partecipiamo anche noi. Mi riferisco specialmente al gruppo di lavoro per la diffusione e promozione dei sistemi di gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro e al gruppo di lavoro specificatamente costituito per affrontare il tema della valutazione dei rischi. Di prossima condivisione è proprio una linea di indirizzo sulla valutazione dei rischi che mette a disposizione delle imprese nel nostro territorio uno strumento operativo che dia delle indicazioni su come effettuare la valutazione dei rischi e su come successivamente predisporre in maniera corretta il documento di valutazione dei rischi affinché possa essere di utilità sia agli operatori (imprese e datori di lavoro in questo caso, visto che la valutazione dei rischi è un obbligo non delegabile) che agli enti di controllo, i quali possono trovare in questo documento un elemento di riferimento per controllare la regolarità della valutazione dei rischi all’interno dell’azienda.
Tra i rapporti con i partner istituzionali, positivi sono i rapporti di dialogo e collaborazione che abbiamo instaurato da tempo con la Direzione regionale dell’INAIL con cui abbiamo condiviso svariati progetti. In particolare, mi sento di citare il «Progetto lavoro sicuro» che mira al miglioramento dell’organizzazione aziendale mediante la diffusione di sistemi di gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro implementando un sistema di gestione secondo le linee guida «Lavoro sicuro» predisposte dal nostro sistema come Confindustria Veneto. Essi vengono implementati all’interno delle aziende che partecipano a questi progetti su base volontaria. Grazie a questa attività e a questo progetto è stato possibile assistere oltre 300 aziende sul territorio regionale e questo testimonia ancora di più la grande attenzione che in Veneto c’è su questi temi per un totale coinvolgimento di 5.000 lavoratori. Il progetto proseguirà: è da poco terminata la quarta edizione e la quinta inizierà i propri lavori nel mese di luglio di questo anno. Positivi risultano essere anche i rapporti con le organizzazioni sindacali. Confindustria Veneto ritiene che la bilateralità sia uno strumento fondamentale per perseguire gli obiettivi comuni della parte datoriale e di quella sindacale. Grazie a un protocollo sottoscritto nel luglio 2008, è stato possibile dare avvio a una serie di attività che svolgiamo in sinergia con le organizzazioni sindacali e, in particolare, successivamente alla costituzione dell’organismo paritetico regionale per la sicurezza che di fatto rappresenta il braccio operativo delle parti impegnate su questa materia. Tra i documenti e le attività svolte come organismo paritetico regionale cito le linee di indirizzo predisposte sulla valutazione dei rischi e poi messe a disposizione della Regione per un recepimento ufficiale e un accordo in materia di formazione degli RLS. Ricordo, inoltre, che l’organismo paritetico regionale veneto per la sicurezza è stato il primo organismo a determinare, a seguito dell’entrata in vigore degli accordi sulla formazione del 21 dicembre scorso, le modalità di richiesta di collaborazione che le aziende devono chiedere agli organismi paritetici.
Ho voluto citare e descrivere le attività che svolgiamo in collaborazione per evidenziare il positivo rapporto di sinergia che c’è con tutte le parti che cooperano in materia di sicurezza con l’augurio e l’auspicio che i documenti che ho citato e le attività svolte possano essere valorizzate e di utilità anche per i lavori che la Commissione svolge a livello nazionale. Ritengo che potrebbero essere esportati in altri territori. I documenti sono a vostra disposizione e siamo disponibili a metterli sul tavolo.
Con l’occasione, ci permettiamo di fare alcune considerazioni su alcune tematiche di particolare interesse per le nostre imprese. Relativamente al decreto legislativo n. 81 del 2008 riconosciamo un netto miglioramento, in particolare nella revisione che c’è stata della normativa sulla sicurezza. Abbiamo registrato un notevole passo avanti rispetto al passato; riteniamo tuttavia che ci siano alcuni passaggi e disposizioni che debbano trovare un’unica chiave di lettura per assicurare, in particolare, uniformità di comportamenti sull’intero territorio nazionale. Riteniamo che ci sia la necessità di intervenire per eliminare alcuni adempimenti che hanno natura prettamente burocratica e che non sono assolutamente coordinati o collegati con la tutela di elementi di salute e sicurezza all’interno delle aziende. Ciò rientra nel campo della semplificazione e mi pare che il Ministero si sia già attivato su questa strada per cercare delle soluzioni al problema. Visto che in questo periodo sono in fase di elaborazione da parte della Commissione consultiva permanente i provvedimenti di secondo livello per completare il corpus della normativa vigente in materia, mi sento di citare alcuni principi che dovrebbero essere rispettati a tutela delle nostre aziende. Bisogna soprattutto assicurare che le norme che stanno per essere emanate siano chiare, precise e inequivoche. Questa è un’esigenza di certezza del diritto che è un presidio fondamentale a garanzia degli interessi degli imprenditori. L’operatore deve essere in grado di conoscere e capire nell’immediato i comportamenti leciti, come provvedere agli adempimenti per gli obblighi vigenti nell’immediato e senza dubbio alcuno. Purtroppo, molto volte questo non accade e in alcuni casi assistiamo all’emanazione di alcuni provvedimenti cui segue l’adozione di altri per la lettura dei precedenti. Faccio l’esempio degli accordi della Conferenza permanente Stato-Regioni del 21 dicembre scorso sulla formazione di lavoratori, preposti e dirigenti, che hanno bisogno di ulteriori chiarificazioni ed elementi di lettura univoca. In questa funzione riteniamo inoltre che debbano essere evitate scelte che comportino l’inserimento di ulteriori adempimenti di natura prettamente burocratica. A causa della crisi che le nostre aziende stanno vivendo, riteniamo che debbano essere evitati costi ulteriori che non siano strettamente collegati alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Faccio un rapido accenno all’attività di vigilanza sulla quale la Commissione sta lavorando. Relativamente alla pianificazione dell’attività di vigilanza, apprezziamo molto gli sforzi volti a realizzare un efficace coordinamento tra i vari enti preposti al controllo. Il coordinamento in Veneto è partito con la precedente pianificazione e viene portato avanti anche sulla base degli esiti dei lavori svolti. Apprezziamo, in particolare, il fatto che in Veneto la pianificazione delle attività di vigilanza venga effettuata e prestata soprattutto nei confronti dei settori a maggior rischio di infortuni, con priorità per i rischi di infortuni gravi e mortali. Comprendiamo la necessità di aumentare il numero dei controlli, ma allo stesso tempo non nascondiamo una notevole perplessità e la paura che a questo aumento di natura quantitativa non corrisponda un aumento di natura qualitativa del controllo stesso. Sappiamo che gli enti di controllo hanno dei problemi di organico e questo ci preoccupa perché riteniamo che il controllo all’interno delle aziende debba avere un livello molto approfondito e non prettamente documentale, ma sostanziale.
Relativamente alle modalità di effettuazione dell’attività ispettiva sollecitiamo una maggiore valorizzazione delle attività di assistenza che il Testo unico, impropriamente detto sulla sicurezza, ha introdotto a far data dal 2008. In questo caso rimarchiamo la necessità e l’opportunità che vi sia un dialogo tra l’ente di controllo e l’azienda, che comporta dei positivi riflessi in termini dell’azione dell’azienda nel rispetto della normativa vigente. Chiediamo – lo abbiamo fatto anche alla Regione Veneto – di fare in modo che nei controlli venga prestata maggiore attenzione alle attività sostanziali e alle difformità sostanziali piuttosto che a quelle di natura documentale o burocratica. Ho tenuto per ultimo il tema delle statistiche degli infortuni non per disconoscere l’importanza di questo elemento, ma per sottolineare come, seppure le risultanze statistiche nel settore industria denotino un segno positivo, non possiamo trarre consolazione da questo risultato. Non possiamo, pertanto, sottovalutare la consistenza del fenomeno infortunistico nella nostra Regione.
L’elemento numerico, a nostro parere, costituisce un indicatore che ci permette di capire che siamo sulla giusta strada ed è una strada che vogliamo percorrere insieme alle nostre aziende, a fianco dei partner istituzionali, con i quali tentiamo di perseguire quello che è considerato il risultato ultimo, ossia infortuni zero.

PRESIDENTE
Mi permetterei di darvi un consiglio: se vi sono degli argomenti precisi sui quali ritenete opportuno preparare una memoria di riflessione, scriveteci, altrimenti si rischia che rimanga una pur apprezzabile riflessione ma fine a sé stessa. Invece, facendoci riferimenti precisi, saremo chiamati a darvi risposte altrettanto precise.
Il Testo unico è una specie di mare magnum, il numero degli articoli è enorme, le deleghe sono più di 60, alcune delle quali ancora non sono state definite. Quindi bisognerebbe capire esattamente cosa si vuole. In questo modo aiutereste anche la politica a comprendere meglio i problemi, al di là del fatto che ci possono essere questi elementi, queste incrostazioni.

ANTONICH
Sono Francesco Antonich, della direzione Confcommercio Veneto. Porto ai senatori il saluto del nostro presidente Massimo Zanon, che per motivi di salute non ha potuto partecipare.
Mi preme velocemente evidenziare alcuni elementi che abbiamo potuto constatare in questo campo, innanzitutto il fatto che, soprattutto come associazione di categoria, questa è una grande occasione per fare anche della formazione soprattutto in chi si insedia nel lavoro per la prima volta.
È un importante lavoro che stiamo facendo soprattutto sui giovani e sui giovani imprenditori; è una cosa importante. Benché il settore dei servizi possa sembrare «meno a rischio», in realtà ci sono dei rischi diffusi nonostante si parli di commercio, di turismo e di servizi in generale.
È molto importante in questa fase soprattutto trasmettere le fondamenta della sicurezza in particolar modo a molti neoimprenditori e a molti giovani stranieri che stanno imparando, grazie a questo, la nostra cultura della sicurezza e la cultura del lavoro, che non è una cosa di poco conto.
Mi preme inoltre sottolineare, soprattutto nel settore del commercio e anche in quello del turismo, la forte incidenza degli investimenti (data anche molto spesso la dimensione di piccola impresa), seppur irrinunciabili, in tema di sicurezza e di adeguamento degli impianti e delle strutture. Al riguardo auspicheremmo degli accompagnamenti perché, in un periodo come questo, giustamente la priorità va alla sicurezza, va agli adeguamenti normativi, ma ciò sacrifica ampiamente anche la possibilità di fare investimenti per la crescita. Occorrerebbero quindi misure di accompagnamento almeno per quanto concerne la parte obbligatoria di adeguamento.
Stiamo portando avanti come Confcommercio, a livello nazionale e quindi a livello regionale, i test relativamente alla nuova normativa per quanto riguarda l’autocertificazione e i test di autovalutazione. Non possiamo che plaudere ovviamente alla volontà di ridurre ulteriormente tutti gli adempimenti burocratici. Ci auguriamo che, in particolar modo per la piccola impresa e soprattutto per l’impresa del settore dei servizi, del commercio e del turismo, questa ulteriore riduzione della distrazione burocratica – così viene vista dai nostri imprenditori – possa andare a vantaggio invece di un valore aggiunto in termini di maggior controllo e maggior autocontrollo e cultura dell’autocontrollo.
Sottolineo il ruolo delle associazioni di categoria, che già avevo accennato in precedenza, per quanto riguarda questo aspetto culturale che si sta finalmente trasformando in dati positivi. Però giustamente, come si diceva prima, è un trend che ci indica la giusta direzione ma che non deve farci desistere dall’impegno.
Metto in risalto inoltre l’ottimo rapporto con l’INAIL, con l’Ufficio provinciale del lavoro, con tutte le autorità preposte soprattutto per evitare doppie interpretazioni o comunque interpretazioni non sempre convergenti. Questo è indispensabile in quanto la chiarezza (questo forse è quello che gli stessi imprenditori a volte ci chiedono) è determinante anche per il rispetto della norma.
Concluderei sottolineando il ruolo importante di sintesi che hanno anche gli enti bilaterali proprio nello sviluppare i punti che ho precedentemente indicato.

NEROZZI (PD)
Vorrei porle una domanda in quanto la questione è emersa nel corso di un’altra audizione.
Rispetto agli enti bilaterali, vi sono degli accordi «pirata» che vanno in qualche modo a ledere gli accordi nazionali che le principali organizzazioni dei datori di lavoro hanno sottoscritto nel settore del commercio? Nel settore dell’artigianato sì, lo sappiamo.

ANTONICH
Direi di no, non ci risulta nel Veneto.

NEROZZI
Anche a me non risultava, però la questione è emersa in un’audizione precedente.

ANTONICH
No, non mi risulta.

FIOROT
Sono Luigi Fiorot, della CNA Veneto.
Non ho capito l’osservazione che ha fatto; siccome la ritengo importante, potrebbe ripeterla per quanto riguarda la bilateralità artigiana?

NEROZZI
Ci sono associazioni artigiane spurie, non quelle tradizionali, che firmano, in qualche area del Paese, con organizzazioni sindacali spurie, falsi accordi che vanno poi ad intervenire nella naturale bilateralità, a danno vostro e anche a danno del settore della sicurezza.

FIOROT
È presente anche il presidente regionale e penso farà anche lui un intervento.
Le considerazioni che faccio le abbiamo costruite qui, in base all’esperienza che abbiamo avuto, alle domande che ci avete posto, perché dalla convocazione che ci è arrivata in realtà non avevamo capito bene che c’era una consultazione con questa Commissione. Non dico questo per sottrarmi alle cose; le osservazioni siamo in grado di farle.
Innanzitutto (parlo in generale del settore artigianato, poi interverranno anche gli amici di Confartigianato e di Casartigiani), c’è un atteggiamento diverso, secondo me, in Veneto rispetto ad altre aree del Paese in generale. Non sto facendo riferimento ad aree dove l’artigianato non è strutturale; lo dico in generale. Da diversi anni opero nel settore e devo dire che si discute solo di come si attuano le normative, qual è il sistema migliore, quali sono le soluzioni migliori che possiamo trovare. Da altre parti ho sentito che, anche dopo che vengono definite le nuove leggi e le applicazioni, c’è più tendenza a dire cosa non va all’interno della legislazione e noi notiamo che ci sono delle cose che non vanno, ma il nostro imperativo è fare.
Per fare naturalmente abbiamo due elementi di fortuna. In primo luogo, abbiamo sistemi associativi forti. La piccola CNA del Veneto ha 800 dipendenti, che non operano nella sicurezza ma in sistemi di servizi e informazione alle imprese che consentono di tradurre in concreto, portare assistenza tecnica, portare attività formativa ad un livello abbastanza capillare.
In secondo luogo, possiamo usare tutti assieme, quindi tutte le associazioni e i sindacati, un sistema bilaterale che è il più grande in Italia, nel senso che abbiamo 140.000 dipendenti associati, un’esperienza venticinquennale che da diversi anni opera anche nel settore sicurezza. Vi opera per fare cosa? Il problema che abbiamo nella piccola impresa e nell’artigianato è innanzitutto quello di reperire risorse per fare le cose, perché la sicurezza – come sappiamo tutti – costa e la redditività non è sicuramente in crescita da diversi anni. Quindi adeguare la situazione delle imprese a normative stringenti, a normative sempre più precise costa da una parte e dall’altra richiede un livello di assistenza tecnica capace di arrivare in profondità anche alla piccola dimensione d’impresa.
L’attività che svolgiamo potrei elencarla sinteticamente, ma più o meno è quella che è stata illustrata.
Cerchiamo collaborazioni con l’INAIL, non da sempre attento alle problematiche delle aziende più piccole. Noi abbiamo sfondato con l’INAIL attraverso la bilateralità regionale tre anni fa. Prima c’erano interventi sporadici che potevano riguardare qualche esperienza, però da tre anni abbiamo accordi di tipo regionale, che sono stati propiziati da accordi nazionali tra le confederazioni dell’artigianato e l’Istituto a livello nazionale, che hanno consentito anche qui in Veneto, con piena soddisfazione – secondo me – sia delle associazioni dell’artigianato e dell’impresa che dell’INAIL, di dispiegare un’azione di attività e servizi per far crescere la sicurezza all’interno delle aziende, che prima non avevamo.
Anche per quanto riguarda la Regione ovviamente partecipiamo ai tavoli regionali, apprezziamo le linee che vengono impostate dalla Regione Veneto, però devo rilevare che in merito al problema della sicurezza servirebbe fare qualcosa in più. Se il comitato di coordinamento regionale si riunisce una o due volte all’anno, penso sia insufficiente rispetto alle esigenze che ci sono, perché uno degli aspetti principali nell’applicazione della normativa, nell’implementazione della normativa, nella stessa correzione eventuale della normativa è un filo diretto, un andare e venire tra la posizione del legislatore e di coloro che promuovono gli interventi, ma verificano anche come questi interventi sono applicati, quali sono le difficoltà e quali sono i problemi da correggere.
Da questo punto di vista, per quanto riguarda l’impresa artigiana, in Veneto c’è stata una soluzione importante per quanto riguarda l’implementazione della sicurezza, che non è quella di riferirsi a sistemi di gestione della sicurezza che sono stati proposti da tempo e che riguardano in linea di massima dimensioni d’impresa ben più grandi e ben più strutturate delle nostre imprese. È uno dei problemi su cui si è acquisita sicuramente una convinzione, ma non siamo ancora riusciti completamente a dispiegare strumenti operativi che siano adeguati a questa attività.
Accanto ai milioni di euro della Regione, in ottemperanza a leggi nazionali e a risorse che sono state trasferite dal centro, la bilateralità in questo momento sta trasferendo circa 3 milioni e mezzo di euro dai nostri sistemi bilaterali ad attività d’implementazione di check up aziendale, d’implementazione della sicurezza all’interno delle imprese, di contributi per l’acquisto di attrezzature che servano a migliorare questo aspetto e alle attività di assistenza che vengono fornite dal sistema delle organizzazioni di categoria alle imprese.
Quindi, siamo impegnati in modo consistente sull’informazione, sui manuali, sulle linee guida, sui seminari, sui convegni, sulla promozione di materiale a supporto di iniziative formative, sulla formazione dei rappresentanti territoriali ed aziendali, sulla gestione di iniziative formative dei lavoratori e, in particolare, dopo l’accordo tra Stato e Regioni, stiamo promuovendo un’iniziativa che se andrà secondo le aspettative che ci poniamo, riguarderà la formazione di migliaia di lavoratori. Stiamo quindi lavorando con forza. Se ci sarà data la possibilità, come mi pare ci viene data, di produrre alcune specifiche proposte in merito ai punti negativi o alle eventuali difficoltà che riscontriamo rispetto alla normativa, a breve potremo produrre un’adeguata documentazione.

D’ALIBERTI
Signor Presidente, come rappresentante dell’Associazione Casartigiani vorrei soffermarmi su quello che noi cerchiamo di fare per quanto riguarda la sicurezza nelle aziende e nei posti di lavoro.
L’Associazione Casartigiani del Veneto, oltre che dare assistenza alle aziende e una precisa e puntuale spiegazione di come devono essere applicate le normative sulla sicurezza al suo interno, fornisce tutte le assistenze possibili.
Vorrei quindi passare al discorso regionale, rilevando che Casartigiani, la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (CNA), Confartigianato e i sindacati sono molto sensibili alla sicurezza sul posto di lavoro e, quindi, specificando ciò che è stato fatto in materia. Precedentemente è stato fatto riferimento alla bilateralità; insieme ai sindacati abbiamo promosso delle commissioni sulla sicurezza in collaborazione con l’INAIL, mettendoci risorse al fine di agevolare ulteriormente le aziende a conseguire risultati sulla sicurezza, che si possono effettivamente vedere dai recenti dati. Tali commissioni sono denominate comitati paritetici regionali bilaterali per la sicurezza (COBIS) e alcune di esse sono operative nel settore dell’edilizia. Si tratta di organismi che hanno prodotto risultati non indifferenti. Le aziende una volta che hanno un aiuto, un supporto logistico ed economico relativamente alla messa in atto di ciò che riguarda le normative sulla sicurezza, sono infatti ben disposte nel far conseguire la formazione ai lavoratori.
Concludo il mio intervento ringraziando la Commissione e portandole i saluti del presidente Roberto Pignatta.

PISTOLATO
Signor Presidente, ringrazio la Commissione dell’invito e porto i saluti del presidente di Confartigianato Veneto Giuseppe Sbalchiero.
Vorrei focalizzare l’attenzione su alcuni punti e temi relativi all’attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008. Sotto il profilo della vigilanza, dal nostro punto di vista non si può accettare che il principale intervento da parte della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese si riduca sostanzialmente ad attività di controllo, tanto più se incardinate su un approccio di tipo esclusivamente repressivo. In questo ambito auspichiamo un intervento di riordino e di coordinamento delle istituzioni statali e regionali, competenti in materia di prevenzione, formazione e controllo. Se servono allora cambiamenti e una rimodulazione, si abbia il coraggio di iniziare un percorso di riforma. Ci sono enti a livello territoriale che dipendono da Ministeri diversi che hanno modalità, approcci e tempistiche diverse di intervento nelle singole imprese. Mi riferisco al Ministero della salute piuttosto che al Ministero del lavoro con le direzioni del lavoro e ai servizi tecnici delle ASL che dipendono dal Ministero della sanità.

PRESIDENTE
Le ASL non dipendono dal Ministero della sanità, ma dall’assessorato della Regione. Ci sono materie esclusive della Regione, materie che sono esclusive dello Stato e materie che sono concorrenti

PISTOLATO
Mi riferivo all’ambito di intervento della sanità.

PRESIDENTE
Questo è un grande tema che noi stiamo affrontando. Abbiamo sul territorio emanazioni di strutture che sono i Ministeri. Vi incontrate, ad esempio, con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ma del Ministero della salute voi non incrociate nulla. Voi incrociate la Regione Veneto. Ricordo che l’INAIL è un’altra struttura verticale, così come l’INPS e i Vigili del fuoco. Noi stiamo studiando in modo particolare come poter risolvere questo problema perché accade, per esempio, che in una struttura verticale arrivi al direttore regionale l’input di muoversi in una certa maniera, con un certo ritmo e con certi orientamenti perché si ritiene che quelli siano gli orientamenti più giusti. Vi è necessità di coniugare tutto questo con il resto del coordinamento regionale perché probabilmente vi sono indicazioni che vanno in un’altra direzione. Questo è il grande problema che dobbiamo risolvere e affrontare perché lei ha perfettamente ragione quando dice che non dobbiamo essere vessatori; nessuno è vessatorio, ma ci sono delle norme che bisogna rispettare. È come quando lei guida la sua auto e ha dei limiti di velocità. Non è una regola vessatoria; se devo andare a 50 chilometri l’ora, non posso raggiungere i 100. Se devo avere i freni a posto, non posso circolare con le pasticche dei freni consumate. Se devo fare la revisione, non posso girare senza averla fatta. Dobbiamo entrare in un ordine d’idee diverso perché altrimenti non ne usciamo.

PISTOLATO
Il mio ragionamento riguardava l’ambito di intervento in cui operano i vari enti collegandolo poi alle risorse che vengono stanziate in quell’ambito. Una della ipotesi potrebbe essere quella di prevedere un ente unico che intervenga sotto una regia unica nazionale con articolazioni territoriali sotto forma di agenzia, come avviene in altri ambiti.
Passando poi ad osservazioni e proposte più puntuali sempre in termini di sicurezza, vorrei evidenziare l’assoluta necessità di escludere dagli obblighi e dalle previsioni del decreto legislativo n. 231 sulla responsabilità penale delle imprese, le piccole e le microimprese, ancorché organizzate in forma di società di persone o a responsabilità limitata, in quanto si tratta di previsioni assolutamente inapplicabili a queste imprese dove tra l’altro il datore di lavoro è sempre coincidente con il vertice dell’impresa.
In questo ambito non chiediamo sconti, ma intendiamo consolidare una cultura della sicurezza che prenda le mosse dalla comprensione e dalla valorizzazione delle caratteristiche delle piccole imprese, evitando che si incorra ancora una volta nell’errore di considerare come una minimultinazionale la piccola impresa.
La piccola e media impresa possiede le sue specificità e le sue compatibilità, ma ha anche alcune prerogative positive che la mettono in grado di reggere tutte le responsabilità, a patto che non la si obblighi a stravolgere la propria natura. In questo senso, al fine di contenere il rischio infortunistico e il conseguente costo sociale, si ritiene utile, in una logica preventiva e di premialità, l’adozione di buone prassi e l’attuazione di modelli ex articolo 30 del decreto legislativo n. 81 del 2008 sui sistemi organizzativi. Una caratterizzazione standard, semplificata e specifica per le piccole imprese per ottenere attestazioni finalizzate alla programmazione dell’attività di vigilanza e la riduzione degli oneri per l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali.
L’organo di vigilanza dovrà tener conto di un sistema di vigilanza, messo in piedi attraverso la bilateralità, per orientarsi verso quelle imprese totalmente sconosciute sulle quali non c’è alcun tipo di intervento, di guida e di supporto.
Un altro tema riguarda le previsioni per il sostegno all’impresa, attraverso i finanziamenti INAIL, che sono state più volte citate.

PRESIDENTE
Non solo citate, ma anche fatte.

PISTOLATO
Nell’artigianato si è usufruito delle opportunità messe a disposizione.
Vorrei poi fare una semplice e veloce considerazione su questo versante. In Veneto con la direzione regionale abbiamo fatto un’esperienza molto interessante che ha messo a disposizione delle risorse che, sommate alle risorse della bilateralità e dell’artigianato, hanno messo in moto un effetto moltiplicatore per cui, sommando le risorse, è stato possibile coinvolgere un gran numero di imprese. Nell’ambito della direzione nazionale dell’INAIL si prosegue però su una strada diversa, privilegiando un rapporto diretto con le imprese con l’attribuzione dei cosiddetti contributi a pioggia direttamente alle imprese, coinvolgendo una cerchia ristretta – seppur in quantità importante – di imprese rispetto al totale del tessuto economico imprenditoriale.
Se invece si fosse perseguita la strada di un coinvolgimento alla pari o, comunque, con determinate quote della bilateralità, il risultato sarebbe stato notevolmente maggiore e ne abbiamo la riprova con l’esperienza di questi ultimi cinque anni della bilateralità artigiana e della direzione regionale del Veneto, che ringrazio ancora una volta per la sua disponibilità.

FERRIN
Signor Presidente, vorrei anzitutto evidenziare che il settore agricolo è uno dei settori più problematici per quanto riguarda la sicurezza; se da una parte possiamo vedere il lato positivo e constatare che gli infortuni, compresi quelli mortali, sono diminuiti, dall’altra parte, dobbiamo capire dove stanno le criticità.
Nel Veneto si è fatto un lavoro diffuso per quanto riguarda la formazione, c’è il comitato di coordinamento regionale che funziona e ci sono incontri bilaterali. Nonostante le criticità si è andati avanti e si sono fatte molte cose. Il problema sta nel fatto che abbiamo bisogno di una maggiore diffusione di quello che viene stabilito dagli accordi che vengono fatti; abbiamo bisogno di maggiore relazione nel territorio perché non basta che ci sia qualcosa che funziona a livello regionale se poi le informazioni non vengono fatte veicolare nel territorio. Abbiamo bisogno di più veicolazione di queste informazioni. L’altra questione che volevo mettere in evidenza che riguarda il settore agricolo è il lavoro stagionale. So che il comitato di coordinamento regionale ha preso alcune decisioni. Noi sappiamo che nella maggior parte dei casi si tratta di lavoratori stranieri che, quindi, hanno bisogno di qualcosa di più per quanto riguarda la formazione sulla sicurezza rispetto ai lavoratori italiani. Il decreto legislativo n. 81 è del 2008; sono, quindi, cinque anni che poniamo il problema a livello di organizzazioni di categoria per capire come poter fare della formazione, seppur in breve tempo perché vengono per periodi brevi, che possa essere recepita. Non basta fare la traduzione di vademecum, ma forse dovremo verificare quali altri mezzi veloci possano essere utilizzati, anche in collaborazione con le prefetture. Bisognerebbe verificare al primo ingresso, ma non tutti passano da lì. I lavoratori neocomunitari, infatti, non passano più attraverso la prefettura. Credo che bisognerebbe studiare la possibilità di fare questi brevi corsi per dare almeno le informazioni generali perché in ogni caso è obbligatorio.
L’altra questione che abbiamo affrontato a livello regionale è quella delle morti in agricoltura, che quasi sempre avvengono per ribaltamento del trattore. Per lo più questi non sono lavoratori dipendenti, ma coltivatori diretti, proprietari anziani oppure part-time che lavorano il sabato o la domenica. Molto spesso l’incidente si verifica non perché non conoscono il rischio, ma perché sono convinti di poterlo evitare visto che hanno esperienza lavorativa. Questo riguarda soprattutto le persone anziane. Ci sono poi trattori non a norma, però in Veneto è stata fatta una grossa azione, chiamata operazione «Trattore sicuro», per fare mettere a norma i trattori. Queste sono le problematiche per cui dobbiamo trovare delle soluzioni migliori rispetto a quelle che sono state adottate finora.

CASARO
Signor Presidente, porto i saluti del presidente regionale Giorgio Piazza che non ha potuto essere presente per altri impegni. Volevo sottolineare il fenomeno delle malattie professionali che fino a qui non è stato citato. Gli infortuni in agricoltura diminuiscono e questo è un dato positivo, frutto dell’impegno in modo particolare della Regione Veneto e degli stakeholder, in primis l’INAIL con i comitati per la sensibilizzazione e la prevenzione degli infortuni, ma le malattie professionali in agricoltura aumentano notevolmente. La causa delle malattie professionali è lenta e progressiva e spesso sono molto diffuse, ma non conosciute. Come associazione di categoria, anche con l’INAIL, abbiamo fatto una campagna di sensibilizzazione per far conoscere queste malattie professionali anche attraverso i patronati, ma probabilmente serve un impegno più costante da parte di tutti e più profondo per farle conoscere, in quanto molto spesso ci rendiamo conto che in agricoltura ci sono persone che hanno contratto malattie di questo genere, ma che in realtà non sanno di averle contratte perché non le conoscono. Mi riferisco, ad esempio, alle malattie muscolo-scheletriche molto diffuse e riconosciute o ad altri tipi di malattie polmonari o a livello della pelle. Concludo con il sottolineare un importante protocollo sanitario in agricoltura, che è stato approvato, che va a prevenire la salute di tutti i lavoratori in agricoltura che, come sappiamo, sono in gran parte dipendenti stagionali per brevi periodi. Di conseguenza, è difficile identificare e collegare il nesso con il rischio
dell’infortunio. È, pertanto, opportuno operare una prevenzione e informazione sanitaria a monte. Per questo abbiamo creato questo tipo di protocollo.

COMUNELLO
Signor Presidente, porto i saluti del presidente della Legacooperative del Veneto Gianfranco Lucatello.
Le criticità che vorremo sottoporre sono forse molto settoriali, ma credo possano essere di qualche interesse. Le cooperative di piccole dimensioni sollecitano a noi, come anche ad altri, l’elaborazione di linee guida specifiche per le piccole imprese che possano agevolare l’applicazione delle normative e, in particolar modo, dell’accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011, che oltre tutto è visto come un onere particolarmente gravoso. Il costo della formazione soprattutto in ambito di cooperative con un alto numero di lavoratori è visto come un problema. Noi crediamo che il costo non sia un problema se questo serve ad evitare gli incidenti sul lavoro.
Collaboriamo con le altre organizzazioni, però ci soffermiamo su quattro cose più concrete. La prima è che le cooperative di pesca sono escluse dall’applicazione del decreto legislativo n. 81 in forza del decreto legislativo n. 271 del 1999 del Governo D’Alema e questo crea qualche problema di coordinamento legislativo, ma soprattutto di applicazione di norme. La pesca, che è un settore già in grossa difficoltà, trova quindi molto disagevole potersi allineare a standard di sicurezza adeguati. Un altro campo importante è quello delle cooperative sociali nel quale da un lato non si riesce del tutto a capire quali possano essere gli obblighi di sicurezza per i volontari (che non sono lavoratori con busta paga, ma che possono prestare la propria opera nelle cooperative sociali di inserimento lavorativo, le cosiddette cooperative di tipo B della legge n. 381 del 1991). Su questo forse un’integrazione normativa è auspicabile. L’altro aspetto che sarà sempre più importante è quello dell’assistenza domiciliare dove è di fatto preclusa la possibilità di avere un luogo di lavoro sicuro. Andando a casa degli utenti non si può porre all’utente un particolare obbligo di predisporre casa in maniera sicura. Nel Veneto si va sempre più verso un’assistenza non più dentro le residenze per anziani (RSA), ma presso i domicili degli utenti, che è un elemento di una qualche importanza.
Mi ricollego infine a quanto detto dal senatore Nerozzi per parlare della possibilità che vi siano strutture pirata o associazioni di rappresentanza datoriale o sindacale non del tutto legittimate che possono fare accordi in deroga alla normativa e a una vera e propria cultura della sicurezza. La cooperazione ha questo problema da qualche anno.

PRESIDENTE
Il problema non nasce facendo accordi in deroga perché in deroga non si può fare nulla. Le norme sono precise. Il problema nasce diventando soggetti concorrenti per i finanziamenti relativi alla formazione.

COMUNELLO
Noi sottolineiamo che molta normativa, purtroppo avallata anche dalla Regione Veneto, che chiamo in causa perché ha qualche responsabilità, ha legittimato anche in materia di sicurezza delle organizzazioni – per parte cooperative, l’Unione nazionale cooperative italiane (UNCI) e, per parte sindacale, la Confederazione generale dei sindacati autonomi dei lavoratori (CONFSAL) – che sono prive di rappresentanza.

PRESIDENTE
Non si può andare avanti su questo. La rappresentanza mi deve spiegare chi la stabilisce in Italia.

COMUNELLO
Speriamo che lo farà presto una legge delega.

PRESIDENTE
Non è consentito; non è una bella riflessione perché vanno rispettati tutti. Quando parliamo di realtà pirata parliamo di soggetti che non hanno un’organizzazione. I soggetti ai quali ha fatto riferimento hanno un’organizzazione nazionale; possono essere più o meno rappresentativi, ma quello è un altro discorso. Quando faremo la legge sulla rappresentatività, faremo questo discorso.

COMUNELLO
Prendevo spunto dai protocolli del ministro Damiano del 2007 e ritengo che il fatto che esistano centrali cooperative e sindacati che fanno contratti collettivi nazionali del 40 per cento più bassi delle altre organizzazioni sia un grosso problema di dinamica sociale.

PRESIDENTE
Che vengano denunciati.

COMUNELLO
Noi le denunce le abbiamo fatte.

PRESIDENTE
È come se stessimo parlando di chi mette la mano in tasca a un altro. Ci sono soggetti che sbagliano e vanno denunciati e dovranno pagare per quello che hanno fatto.

PALAZZO
Signor Presidente, faccio tre brevi osservazioni. Crediamo che uno dei problemi di fondo nell’applicazione della normativa sulla sicurezza e su come è strutturata sia il fatto che sia sostanzialmente impostata e pensata per aziende più strutturate e grandi. I molteplici adempimenti e cambiamenti che hanno cercato di avvicinare la normativa all’impresa più piccola, seppur tutti positivi e corretti, pagano lo scotto di un’impostazione di base su cui noi crediamo bisogna fare un cambio di passo. In secondo luogo, noi crediamo che la sicurezza non sia solo un tema del lavoro, ma anche culturale che dovrebbe coinvolgere tutta la società civile. Pensando alla formazione, che i lavoratori vengano formati quando cominciano a lavorare ci sembra un po’ tardi. Crediamo che la formazione sulla sicurezza debba iniziare già nella scuola oppure essere rivolta ai disoccupati finché non hanno un lavoro creando un sistema per formarli, anziché obbligare le imprese a formare in 60 giorni i lavoratori neoassunti. Crediamo in un sistema più ampio e che abbracci non solo il sistema delle imprese. Sulla bilateralità noi crediamo che questa possa essere uno strumento importante. Abbiamo qualche dubbio e perplessità che la chiarezza che abbiamo noi su questo punto ci sia anche tra i soggetti istituzionali.
Infatti, ci sembra che in qualche caso ci siano state posizioni discordanti nel tempo. Faccio un esempio pratico per capirci: la collaborazione con gli enti bilaterali richiesta alle aziende per la formazione rivolta ai dipendenti è prevista già dal decreto legislativo n. 81, non è una novità dell’accordo Stato-Regioni, eppure non mi risulta che sia mai stata oggetto di ispezioni da parte degli organi competenti, come se non fosse un problema. Gli stessi enti bilaterali, su questo tema, sono stati un po’ abbandonati a loro stessi; non era neanche chiaro cosa volesse dire «collaborazione con gli enti bilaterali». Noi in Veneto siamo abituati a concertare anche il modo di muoversi e di attivarsi con gli organi pubblici per far sì che ci sia una condivisione prima, durante e dopo gli interventi che vengono svolti. Su questo aspetto, forse, gli enti bilaterali dovrebbero essere coinvolti in maniera diversa, se si ritiene che sia utile allo scopo.

SCHIAVO
Sono Luigi Schiavo, presidente di ANCE Veneto, l’Associazione nazionale dei costruttori edili, quindi la categoria che ogni volta che capita un incidente è in prima pagina sui giornali.
Sostanzialmente mi uniformo a quello che ha detto prima il collega ed amico Armillotta di Confindustria Veneto in quanto quelli che lui prima ha riportato sono anche i pensieri dei costruttori, soprattutto per quanto riguarda i controlli e le verifiche. Molto spesso sono controlli e verifiche più puntualizzati sulle questioni formali che non sulle questioni di esecuzione.
In questa sede volevo chiedere una più puntuale analisi dei costi della sicurezza nei progetti. Per noi costruttori il nostro committente principe è l’amministrazione pubblica. Molto spesso vengono fatti passare dei progetti e i compensi che le imprese devono ricevere per la sicurezza sono abbastanza carenti. Quindi una più puntuale analisi dei costi in fase di progettazione credo sia indispensabile per far sì che determinati incidenti nel mondo delle costruzioni non avvengano.
L’altro aspetto che tenevo a precisare – è già stato sottolineato – è un maggiore coordinamento tra i soggetti controllori, quindi i vari enti che sono preposti al controllo.
Infine, per quanto riguarda i temi sicurezza e cultura, bisogna fare cultura della sicurezza: dobbiamo pensare di fare cultura già dalla scuola media superiore.

PRESIDENTE
Dalle elementari.

SCHIAVO
Anche dalle elementari. Come quando eravamo alle elementari la prima cosa che ci insegnavano era l’Inno di Mameli, credo che bisogna dire ai ragazzi di stare attenti con il motorino e alla sicurezza stradale. Molti Comuni hanno realizzato anche le microrotatorie per insegnare ai ragazzi dove dare la precedenza, dove fermarsi e così via.
Quindi la sollecitazione che vorrei rivolgere a questa Commissione è di rilanciare la cultura della sicurezza già nelle scuole. Questo è un investimento per il futuro.
Noto che negli ultimi anni – sono molti anni che lavoro – la generazione che adesso sta lavorando, i ragazzi che hanno 25-30 anni, usa le cuffie, indossa le scarpe antinfortunistiche, cosa che qualche anno fa non capitava; c’è cultura. Quindi bisogna continuare a insegnare che la sicurezza paga, che in fin dei conti non difendiamo il nostro operare ma difendiamo proprio la tua salute di dipendente, la tua salute di prestatore d’opera.
In ANCE abbiamo sette tecnici da oltre vent’anni che seguono le nostre 5.000 aziende regionali, tengono più di mille corsi di formazione ogni anno e vediamo i risultati in queste situazioni. Il momento è difficile perché non ci sono denari e le imprese stanno soffrendo. La sicurezza non deve essere lasciata ad uso esclusivo come costo dell’impresa, deve essere aiutata; parlo per il mio settore, perché – come dicevo prima – attiene in gran parte ai lavori pubblici. Quindi anche il committente che accetta lo sconto e il ribasso d’asta del 30-40 per cento non deve assolutamente accettare che ci siano costi per la sicurezza di poche migliaia di euro. Devono essere programmati, devono essere scritti, devono essere riferiti veramente all’esecuzione del lavoro. Allora non è più un costo e anche per l’impresa è più agevole.
Io ritengo – non so se l’ho tediata, mi dispiacerebbe – che, se vogliamo che in futuro vi siano minori danni alla società e all’economia (perché farsi male vuol dire far male a tutti, vuol dire che ci rimettono l’Italia, la società, le famiglie, tutti quanti), sia indispensabile fare cultura della sicurezza. La cultura non è fare la multa se si guida a 135 chilometri l’ora; è giusto fare la multa se una persona va a 135 chilometri l’ora, ma non è giusto fare la multa se si è dimenticata di esporre il bollino della revisione che magari ha nel cruscotto. Credo che quello non sia il modo di fare sicurezza; penso sia modo di fare sicurezza controllare che abbia cambiato le pastiglie dei freni.

PRESIDENTE
Nessuno si tedia; noi ascoltiamo con attenzione tutto quello che ci dite.
Desidero ringraziarvi, anche a nome del collega Nerozzi, per la vostra collaborazione e la vostra partecipazione, tenendo presente che la nostra attività di collaborazione può continuare, se lo ritenete opportuno, scrivendoci e comunicandoci le vostre riflessioni, il vostro pensiero.
Per quanto riguarda la cultura – è emerso un po’ in tutti gli interventi – desidero ricordarvi che già dalla legge 3 agosto 2007, n. 123, quindi prima del decreto legislativo n. 81, la volontà era quella di inserire tale argomento nei programmi scolastici. Vi dico questo in quanto fui promotore di un emendamento che in Commissione lavoro al Senato passò, poi in Aula invece la questione fu diluita perché probabilmente il Ministero dell’istruzione si sentiva in qualche modo condizionato. Allora fu stabilito che le scuole, in autonomia, potevano iniziare a fare dei moduli.
Questo discorso da allora è continuato ed è cresciuto anche grazie all’INAIL, con progetti mirati tra la scuola e l’INAIL, anche perché c’è un tavolo, previsto proprio dal decreto legislativo n. 81, dove si siede tra gli altri il Ministero dell’istruzione. Quindi è una via giusta che dobbiamo rafforzare in quanto solamente un fatto culturale di questo tipo potrà abbattere questo enorme dato di infortuni e di morti.
Per tornare al discorso dell’agricoltura, non va bene il dato riguardante le morti in questo settore in Veneto, perché abbiamo un crescendo di casi: 7 nel 2009, 8 nel 2010, 10 nel 2011. Quindi il problema dei morti in agricoltura non è così risolto, anche perché avete accennato a temi centrali e questa Commissione se ne sta facendo carico; chiaramente non è che possa risolvere tutto da sola, ma siamo abbastanza tenaci. Dobbiamo stabilire se non è arrivato il momento, anche in agricoltura, di regolamentare l’utilizzo delle macchine agricole. Non è possibile che macchine di 50-60 anni non siano soggette a revisione perché non c’è nessuna norma che pone l’obbligo; bisogna stabilire se queste macchine si possono guidare, restando in terreno privato, senza alcuna patente o patentino e paradossalmente non solo le macchine obsolete, ma anche le macchine potentissime che sono molto complesse; bisogna stabilire da che età e fino a che età si possono guidare.
In conclusione, in questi settori (ecco il motivo per cui vi chiediamo di fornirci degli elementi, perché facciamo continui approfondimenti; del resto siamo nati per questo) troviamo delle difficoltà.

NEROZZI
Occorre anche trovare risorse per l’agricoltura.

PRESIDENTE
L’Unione europea ci sta contestando pesantemente.
C’è il problema del massimo ribasso e anche dalla Commissione lavori pubblici del Senato abbiamo posto un problema all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici per capire questa tematica; purtroppo non possiamo eliminarlo per una questione di concorrenza, però chiaramente dobbiamo creare una rete molto fitta. Non si può continuare ad accettare il principio secondo il quale si prendono lavori al 40 per cento di ribasso, forse anche di più ; non solo, poi inizia la filiera dei subappalti, che sono sia orizzontali che verticali, quindi si può immaginare chi deve svolgere il lavoro con quali limiti deve farlo.
Cerchiamo di fare del nostro meglio, conosciamo le problematiche, le approfondiamo e quindi anche collaborazioni ulteriori future da parte vostra per noi sono graditissime.
Dichiaro conclusa l’audizione.


Fonte: Senato della Repubblica